Ma quale “transizione ecologica” vorrebbero far fare all’Italia?


l’Italia Verde dei Piani di Castelluccio di Norcia, magari fosse proprio così…

Niente offese al paesaggio, bellezza e cultura sono nostre identità”, anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sente il diritto-dovere di esprimere pubblicamente, mediante un’insolita lettera aperta pubblicata su Vanity Fair (26 maggio 2021), la propria forte preoccupazione e contrarietà per le ventilate disinvolte modifiche normative contenute principalmente sul proposto ennesimo “Decreto Semplificazioni 2021”, finalizzato a sveltire le procedure per attuare il piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) italiano finanziato con i fondi comunitari del Next Generation EU.

La gran parte degli Italiani – e noi del Gruppo d’Intervento Giuridico insieme a loro – la pensano come il Presidente Mattarella.

Paesaggio e cultura sono identità e patrimonio inestimabile di quell’Italia, che è nota nel mondo come il Bel Paese non a caso.

La ripresa economico-sociale non può esser pagata dallo scempio del territorio e della nostra identità.

E i fondi comunitari del Next Generation EU, ben investiti, possono realmente essere fondamentali per il territorio e il contesto economico-sociale.

simulazione posa gasdotto (Studio Newton, Fano)

Non convincono i progettati stravolgimenti delle procedure di valutazione d’impatto ambientale, non convincono i Ministri che vorrebbero avere mani libere sul territorio, men che meno convincono quegli “ambientalisti” che vorrebbero le Soprintendenze smantellate e silenziate, mentre da lungo tempo hanno soggetti vicini che fanno studi di impatto ambientale per centrali eoliche sui crinali appenninici o mille altri interessi nei vari affari delle fonti di energia rinnovabile.

A puro titolo di esempio, nel caso della Tuscia siamo di fronte a ben 51 progetti di campi fotovoltaici presentati, in parte approvati e solo in minima parte respinti in pochi anni, complessivamente oltre 2.100 ettari di terreni agricoli e boschi. Centinaia e centinaia di ettari di terreni agricoli e boscati stravolti dalla speculazione energetica, senza che vi sia alcuna assicurazione sulla chiusura di almeno una centrale elettrica alimentata da fonti fossili.

La realizzazione di questi progetti energetici snaturerebbe radicalmente alcuni dei più pregiati paesaggi agrari della Tuscia con pesanti impatti sull’ambiente e sui contesti economico-sociali locali. Stupisce, infatti, l’assenza di alcuna seria e adeguata analisi preventiva sugli impatti negativi anche sul piano economico-sociale di decine di migliaia di ettari di paesaggio storico della Tuscia sulle attività turistiche.

Tuscia, acquedotto romano

La Provincia di Viterbo detiene il non invidiabile primato per il consumo del suolo per abitante (rapporto ISPRA sul consumo del suolo 2019), 1,91 metri quadri per residente rispetto alla media regionale di 0,47 e nazionale di 0,80.

In Sardegna, al 20 maggio 2021, risultavano presentate ben 21 istanze di pronuncia di compatibilità ambientale di competenza nazionale o regionale per altrettante centrali eoliche, per una potenza complessiva superiore a 1.600 MW, corrispondente a un assurdo incremento del 150% del già ingente comparto eolico isolano. 

A queste si somma un’ottantina di richieste di autorizzazioni per nuovi impianti fotovoltaici.

Complessivamente sarebbero interessati più di 10 mila ettari di boschi e terreni agricoli  

centrale fotovoltaica

Solo questi due esempi possono far comprendere quali veri e propri scempi ambientali annunciati incombono su alcuni dei migliori esempi di paesaggi storici del povero Bel Paese.

Nessuna adeguata e puntuale pianificazione delle reali necessità energetiche nazionali e locali, nessun  meccanismo legale di chiusura coercitiva di impianti produttivi di energia da fonti fossili, eccessivo spazio offerto alla produzione energetica da biomasse (il che significa incremento dei tagli boschivi), palese contrarietà alla normativa comunitaria per la salvaguardia degli habitat naturali e semi-naturali (direttiva n. 92/43/CEE) e la difesa delle acque e del suolo (direttive n. 08/105/CE e n. 06/118/CE).

La delega contenuta nell’art. 5 della legge 22 aprile 2021, n. 53 (legge di delegazione europea) sull’attuazione della direttiva n. 2018/2001/UE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili prevede esplicitamente l’emanazione di una specifica  “disciplina per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee per l’installazione di impianti a  fonti  rinnovabili  nel rispetto delle esigenze di tutela  del  patrimonio  culturale  e  del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualita’ dell’aria e dei corpi idrici, nonche’ delle specifiche competenze dei Ministeri per i beni e le attivita’ culturali e per il turismo, delle politiche agricole alimentari e forestali e dell’ambiente e  della  tutela  del territorio e del  mare,  privilegiando  l’utilizzo  di  superfici  di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, e  aree non  utilizzabili   per   altri   scopi”.  

Disciplina a oggi non emanata.

Fenicotteri rosa (Phoenicopterus roseus) in volo e centrale eolica

Il 10 febbraio 2021 il Parlamento europeo ha adottato la risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un dispositivo per la ripresa e la resilienza chiudendo definitivamente l’iter per la disciplina dei Pnrr (Piani nazionali di ripresa e resilienza) avviato dalla Commissione europea lo scorso 27 maggio 2020, mettendo a disposizione dei Paesi Ue 672,5 miliardi di euro per la ripresa e la resilienza, dunque la parte più sostanziosa dei 750 miliardi del pacchetto Next Generation Eu.

La risoluzione è stata assunta in coerenza con l’accordo storico raggiunto dal Consiglio europeo del 17-21 luglio 2020 che, approvando la proposta della Commissione, ha deciso di assumersi il carico di un debito comune tra stati Ue in risposta alla crisi pandemica.

Il concetto fondante è netto: per ogni euro di spesa dev’essere dimostrato che non nuoce all’ambiente, pena la perdita dei fondi comunitari.

E’ abbastanza chiaro o bisogna fare un disegnino?

Gruppo d’Intervento Giuridico odv

Tuscania, simulazione inserimento centrale eolica nel territorio

da Il Fatto Quotidiano, 19 maggio 2021

Ciafani (Legambiente): “Soprintendenze non blocchino transizione con ambientalismo obsoleto”. Cingolani: “Basta perdere tempo”.

Intervista del presidente di Legambiente Stefano Ciafani che invita il ministero dei beni culturali e ambientali ad aggiornare le sue linee guida per l’installazione di impianti eolici e fotovoltaici. Altrimenti, spiega, il cammino italiano della transizione verde rischia di fermarsi prima ancora di partire. Auspicabile anche la predisposizione di consultazioni pubbliche che recepiscno i pareri dei territori evitando successive tensioni. Secondo il ministro Cingolani non dovrà più essere accettabile che vi sia qualcuno che renda impossibile l’installazione di un impianto.

Com’è lunga e ostacolata la strada della transizione verde. Le tecnologie, i progetti, i soldi….e le soprintendenze. Incaricate di salvaguardare paesaggi e monumenti italiani sono estremamente restie ad autorizzare nuove installazioni eoliche o fotovoltaiche o anche, più semplicemente, a far rimpiazzare i vecchi impianti con nuovi più efficienti. La denuncia arriva oggi dalle pagine di Repubblica da parte di chi l’ambiente l’ha sempre difeso, vale a dire il presidente di Legambiente Stefano Ciafani. “Dobbiamo costruire impianti fotovoltaici ed eolici e dobbiamo farlo in fretta ma i soprintendenti dicono sempre no”, spiega Cifani che cita poi alcuni dei casi più eclatanti “in Sardegna la società che gestisce un campo eolico voleva ridurre le pale per metterne meno ma più grandi e potenti: le è stato impedito. A Taranto è stato bloccato l’impianto eolico off shore (ossia in mare aperto, ndr)”.

Coerentemente con i piani dell’Unione europea l’Italia è impegnata ad accrescere sensibilmente il peso delle fonti rinnovabili entro il 2030 ed azzerare le emissioni di Co2 entro il 2050. I fondi, almeno in parte, ci sono, stanziati con il Recovery plan che distribuisce le risorse in arrivo da Bruxelles. Oggi l’Italia genera circa il 40% della sua elettricità da idroelettrico, eolico e fotovoltaico. La sfida è di salire introno al 70-80% già nei prossimi anni. Bisogna muoversi in fretta anche alla luce dell’avvertimento arrivato ieri dall’Agenzia internazionale dell’energia, secondo cui l’unico modo per centrare gli obiettivi di contenimento dell’aumento della temperatura globale è quello di bloccare da subito qualsiasi nuovo investimento in petrolio, gas o carbone.

frana causata da tagli boschivi

Il presidente di Legambiente ricorda come oggi prevalga spesso una concezione discutibile e obsoleta di ambientalismo. Vengono consentiti “sfregi” di ogni tipo, dai condizionatori che spuntano come funghi sulle facciate delle case, alle migliaia di antenne e parabole che popolano i tetti di molti centri storici. Si dimentica poi come la costruzione di impianti di energie rinnovabile consentiranno di eliminare quelli a combustibile fossile. E dunque le ciminiere e le centrali a gas, petrolio e carbone che impattano pesantemente su tante aree italiane, da Civitavecchia, a Savona, dal Sulcis a La Spezia.

“In questo momento, afferma Ciafani, il destino della transizione ecologica è più nelle mani del ministro dei beni e delle attività culturali Dario Franceschini che in quelle del ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani. Per questo riteniamo che il suo ministero dovrebbe aggiornare le linee guida sull’installazione delle rinnovabili, che risalgono a più di dieci anni fa, per adeguarle in modo chiaro ai nuovi obiettivi del paese“. Secondo il presidente di Legambiente il nuovo documento dovrebbe diventare il testo sacro in base a cui le soprintendenze forniranno i loro pareri. “Ma speriamo anche che nel decreto semplificazioni sia prevista la consultazione pubblica prima di realizzare un’opera, come si fa da anni in Francia. Si apriranno migliaia di cantieri e se non si recepiranno i pareri dei territori il rischio è che l’Italia diventi un paese in guerra civile”, ragiona Ciafani. Di fronte al rischio che iter autorizzativi più rapidi e la mancanza del potere di veto delle soprintendenze mettano a rischio l’integrità del territorio il numero uno di Legambiente ritiene che il pericolo possa essere scongiurato rafforzando i controlli che oggi sono invece molto carenti, soprattutto al Sud.

Sul tema interviene anche il ministro Cingolani che, in un’intervista a Il Foglio, sottolinea “sull’ambiente, le perdite di tempo non saranno più ammissibili e non dovrà più essere accettabile che vi sia qualcuno che renda impossibile l’installazione di un impianto per le rinnovabili con giustificazioni arbitrarie. Lo stesso concetto vale per le verifiche di impatto ambientale. Non sono a favore – dice – di una deregulation spietata ma dobbiamo chiederci come sia possibile che vi siano alcune procedure per ottenere i permessi che durino anche 1.200 giorni“.

La proposta di Cingolani per far marciare il Recovery: sì a pale e pannelli nelle aree vicine a quelle sotto tutela. “A rischio paesaggio e patrimonio archeologico”.

Nella bozza di decreto con “Disposizioni urgenti in materia di transizione ecologica” si esclude la partecipazione delle Soprintendenze all’autorizzazione dei nuovi impianti energetici da realizzare “in aree contermini” a quelle vincolate. Archeologi e associazioni: “Si impedisce di fatto la tutela, rischio procedura d’infrazione”. Negli altri casi è imposta una tagliola di 30 giorni. (Manlio Lilli)

Nel 2018 la Regione Basilicata ha negato l’autorizzazione a realizzare un parco eolico a Corbo, nel territorio di Genzano di Lucania. Salvando l’area del castello Monteserico da aerogeneratori alti quasi 150 metri. Nel 2020, solo l’intervento del consiglio dei ministri ha scongiurato la realizzazione di un parco fotovoltaico esteso 250 ettari a Pian di Vico di Tuscania. Salvando dai pannelli gli insediamenti e le necropoli etrusche e romane del Fosso Arroncino di Pian di Vico, oltre che la torre medievale di Castel d’Arunto e il borgo e la chiesetta medievali di San Giuliano. Dal Veneto alla Sicilia sono numerosi i progetti di parchi eolici, ma anche fotovoltaici, rigettati dalle autorità. Come accaduto anche per diversi impianti idroelettrici e geotermoelettrici. Il motivo? Il loro impatto sul paesaggio, naturale e storico-archeologico. O almeno, finora è stato così.

La bozza di decreto legge “Disposizioni urgenti in materia di transizione ecologica”, presentata il 28 aprile scorso dal ministero guidato da Roberto Cingolani, mostra invece un intento diverso. La giustificazione, esplicitata all’articolo 4 del provvedimento che contiene una delle riforme necessarie per far marciare a pieno ritmo gli investimenti del Recovery plan, è di accelerare i procedimenti di valutazione e autorizzazione ambientale, “con il fine del raggiungimento degli obiettivi nazionali di efficienza energetica contenuti nel Piano nazionale Integrato per l’Energia e il Clima e nel Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, con particolare riguardo all’incremento del ricorso alle fonti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili…”. Insomma, bisogna fare presto. Richiesta legittima, se la celerità non rischiasse di contrastare il rispetto delle tutele. La norma infatti propone di apportare una modifica assai significativa al Testo unico dell’ambiente, il decreto legislativo 152 del 2006.

centrale eolica

Una volta predisposto lo schema di Valutazione di impatto ambientale, si legge, “nei successivi trenta giorni il direttore generale del ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta il provvedimento, previa acquisizione del concerto del competente direttore generale del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo entro trenta giorni, decorso il quale il concreto si intende acquisito”. Insomma, gli uffici delle diverse Soprintendenze hanno trenta giorni per fornire il loro parere. Che risulterà insignificante oltrepassato quel termine. Prima di esprimere un qualsiasi parere al riguardo, può risultare utile osservare gli organici in forza alle Soprintendenzedichiaratamente insufficienti, senza grandi distinzioni tra una Regione e l’altra.

Non è tutto, come dimostrano le aggiunte proposte al Decreto legislativo 387 del 2003: si specificano le circostanze nelle quali “il ministero della cultura e le Soprintendenze partecipano al procedimento unico”. Accade, ovviamente, quando si tratta di “progetti aventi ad oggetto impianti alimentati da fonti rinnovabili localizzati in aree sottoposte a tutela”. Ma anche “nei casi in cui, a seguito di istanza di autorizzazione, la Soprintendenza verifichi che l’impianto ricade in aree interessate da procedimenti di tutela ovvero da procedure di accertamento della sussistenza di beni archeologici in itinere alla data di presentazione dell’istanza di autorizzazione unica”. In sintesi, sembra non sia possibile non tener conto di vincoli esistenti oppure in corso di apposizione. Ma in compenso “la partecipazione è esclusa (…) per i procedimenti di autorizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili da realizzare in aree contermini a quelle sottoposte a tutela …”. Con quel “contermini” si condannano una enormità di aree dall’evidente valore paesaggistico. Aree confinanti con luoghi dal riconosciuto significato storico-artistico-archeologico. Proprio come il Castello Monteserico a Genzano di Lucania o le necropoli del Fosso Arroncino a Pian di Vico, o centinaia di altri luoghi della Cultura disseminati dall’estremo nord all’estremo sud.

Spaventati dalle possibili conseguenze, le associazioni del Tavolo di coordinamento delle rappresentanze del settore Archeologia e le Consulte universitarie hanno redatto un documento inviato ai ministri della Cultura, della Transizione Ecologica, delle infrastrutture e dei Trasporti. “La proposta determina una fortissima compromissione dell’esercizio della tutela sul patrimonio paesaggistico ed archeologico nazionale, oltre che sullo stesso dettato costituzionale”, scrivono . Spiegando che, “così come formulato, il disegno di legge impedirebbe de facto la tutela paesaggistica, sottraendo alla tutela immobili e aree di notevole interesse pubblico”. E risulterebbe “altrettanto esiziale per la protezione del patrimonio archeologico, impedendo l’esecuzione di controlli preventivi…”, dal momento che “per tutte quelle aree dotate di potenziale archeologico, ma non oggetto di dichiarazione di interesse, le Soprintendenze non sarebbero consultate, con il rischio concreto di una irrimediabile perdita della memoria storica del Paese”. E non solo quello. Perché l’adozione delle nuove misure “ci esporrebbe al rischio di procedura di infrazione da parte dell’UE, legata al mancato rispetto della Convenzione europea sul patrimonio archeologico di cui l’Italia è firmataria e da cui le norme sull’archeologia preventiva derivano”.

Città di Castello, loc. Il Grillo, riprendono i tagli boschivi (19 aprile 2020)

13 maggio 2021

La sfida di Italia e Ue, energia quasi solo dalle rinnovabili. “Impatto sul paesaggio? Tante le soluzioni e le tecnologie per limitarlo”.

L’obiettivo è installare 70 Gigawatt da fotovoltaico ed eolico entro il 2030, sfruttando aree dismesse ed edifici, e rafforzando la capacità delle installazioni già esistenti. Le tecnologie hanno fatto veloci e grandi progressi, migliorando la resa ed abbattendo i costi, consentendo un impatto sul paesaggio modesto. La transizione è anche un’occasione per il rilancio e l’ammodernamento della struttura industriale. Le opinioni di Davide Tabarelli (Nomisma energia) e Gianni Silvestrini (Kyoto club).

I paesi del G7 dovrebbero investire collettivamente circa 1.000 miliardi di dollari (820 miliardi di dollari) ogni anno nel prossimo decennio, per garantire che le loro economie si riprendano completamente dalla pandemia e per effettuare la transizione ecologica. La cifra è contenuta in un rapporto appena elaborato dalla London School of Economics su richiesta dal premier britannico Boris Johnson. Le grandi economie, prosegue lo studio, dovrebbero raddoppiare i finanziamenti per il clima per raggiungere e superare l’obiettivo di 100 miliardi di dollari all’anno che è fondamentale per il successo della Cop26 di Glasgow. Goldman Sachs ha stimato un impegno finanziario a livello globale di 3mila miliardi all’anno per almeno un decennio. L’ordine di grandezza è questo. L’impegno finanziario varia naturalmente da paese a paese, l’Italia si trova in uno stato piuttosto avanzato di de-carbonizzazione rispetto a molti altri paesi. Nel maggio del 2020, per la prima volta e nell’ambito un rallentamento dei consumi dovuto alla pandemia, la generazione da rinnovabili ha superato quella da fonti fossili. Ma queste stime riconducono alla loro giusta prospettiva quelle che, a prima vista, sembrano essere somme ingenti, stanziate dal Recovery fund e allocate nei vari piani nazionali di rilancio.

Solo l’Italia dedica alle varie voci della transizione energetica più di ottantina di miliardi di euro. Sembrano tanti ma non lo sono. Se si insisterà sul sul capitolo “green” sono l’antipasto di altri investimenti che dovranno arrivare. Il Recovery plan italiano attinge, ritoccando al rialzo alcuni obiettivi, a piani che già erano stati concordati con Bruxelles dai governi Conte uno e Conte due. L’obiettivo dell’Italia, in linea con quello degli altri paesi europei, è di accrescere sensibilmente il peso delle rinnovabili entro il 2030 e azzerare le emissioni di Co2 entro il 2050.

Oggi il nostro paese ha una potenza installata di 120 Gigawatt. Di questi 32 Gw vengono da eolico e fotovoltaico, 65 Gw da termico (quindi petrolio, gas e carbone) e altri 23 Gw dalle centrali idroelettriche. L’obiettivo dichiarato da Draghi è quello di aggiungere altri 60/ 70 Gw da rinnovabili. Questa sostituzione dovrebbe avvenire soprattutto attraverso impianti fotovoltaici con una potenza aggiuntiva di 50Gw, il resto da eolico. Davide Tabarelli, presidente di Nomisma energia, ha fatto alcune simulazioni di quello che questo significa in termini di impatto ambientale dei nuovi impianti. Premessa: 1 Gigawatt equivale a 1000 Megawatt. Tabarelli spiega quindi come un megawatt di fotovoltaico richieda 1,6 ettari di territorio (più o meno due campi da calcio). 50 Gw equivalgono a 50mila megawatt e quindi ad un utilizzo di 82mila ettari. Gli impianti eolici richiedono più spazio: 6,6 ettari per ogni megawatt. Per raggiungere 20mila megawatt servono quindi 131 mila ettari. In tutto si parla quindi di 214 mila ettari ossia meno dello 0,7% della superficie italiana.

“Quello dell’utilizzo di spazi aggiuntivi, onestamente, non è un grande problema“, sostiene però Tabarelli, che aggiunge: “In teoria si tratta del 2% dei terreni coltivabili e di circa lo 0,7% del territorio italiano ma bisogna fare alcune considerazioni”. “Innanzitutto”, continua l’esperto, “ammodernare gli impianti già esistenti consentirebbe di aumentarne la capacità del 50%, senza occupare altro spazio. Inoltre esistono moltissime aree dismesse, completamente abbandonate, che possono essere utilizzate per pannelli solari, oltre naturalmente ai tetti di fabbriche ed edifici”. Il presidente di Nomisma energia ricorda anche come oggi i costi di queste tecnologie siano nettamente inferiori rispetto al passato, impianti fotovoltaici costano circa un decimo rispetto alle prime installazioni.

Esistono invece due problemi ben più concreti. Il primo è quello dell’intermittenza. Sia eolico che solare sono fonti soggetti a picchi e a cali di produzione. Una condizione che si può, almeno in parte, alleviare attraverso reti energetiche di ultima generazione che consentono di gestire meglio eccessi e deficit di produzione che si verificano nei diversi punti. Quello che soffia sull’Italia è inoltre un vento piuttosto incostante e capriccioso. Il limite agli impianti eolici è questo, non il consumo del suolo. Servirebbero quindi dei parchi eolici in mare, dove le condizioni sono migliori. Come ricorda Tabarelli, nel mare del Nord esistono pale che sono grandi più della torre Eiffel. Il futuro è quello, ammesso che in Italia si accetti di percorrere questa strada che consentirebbe tra l’altro di “liberare” terreno.

campo di grano

“Oggi esiste la possibilità di costruire impianti eolici fino a 65 chilometri dalla costa, quindi con impatti ambientai molto modesti”, spiega Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club e responsabile del master sulle energie rinnovabili del Politecnico di Milano. “E’ fondamentale capire che la transizione energetica rappresenta una grandissima opportunità di sviluppo e di rilancio della nostra industria. Bisogna affrontare quella che è una rivoluzione ineludibile con questo spirito, non sulla difensiva”, spiega l’esperto. Le tecnologie in questo settore si evolvono ad una velocità impressionante, i costi si sono abbattuti e tra i vari paesi sono in atto continui rilanci per collocarsi sulla frontiera più avanzata di questo cambiamento. L’Italia non deve restare indietro, non deve perdere l’occasione. “Impatti sul paesaggio ci saranno ma non dimentichiamo che esistono moltissimi spazi, come cave o discariche oltre ai tetti degli edifici. Il Pnrr stanzia risorse anche per lo sviluppo dell’agrofotovoltaico, ovvero impianti a pannelli solari al di sopra delle coltivazioni nei campi agricoli. Soluzioni che non avrebbero ricadute particolarmente negativa sul paesaggio. Molte delle più importanti organizzazioni ambientaliste, considerano gestibile questo aspetto se paragonato rispetto ai benefici in termini di riduzione dell’inquinamento nell’ambito di una lotta per la salvezza del pianeta”.

Un segnale positivo è arrivato oggi dall’ultimo rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia secondo cui, nel 2020, nonostante le difficoltà dovute alla pandemia, in tutto il mondo sono stati installati quasi 280 gigawatt di nuove fonti di energia rinnovabili, con un aumento di oltre il 45% rispetto al 2019. E’ il maggior incremento annuo negli ultimi due decenni. La stessa Agenzia aveva comunque avvisato nel suo ultimo rapporto che il consumo di petrolio è destinato ad aumentare nei prossimi anni (soprattutto a causa delle dinamiche dei paesi asiatici) superando i 100 milioni di barili al giorno già nel 2023. Ieri la Casa Bianca ha annunciato l’approvazione definitiva del primo parco eolico offshore su scala commerciale, passo importante verso l’obiettivo del presidente Joe Biden di aumentare la produzione di energia rinnovabile negli Usa. Il Vineyard Wind project prevede l’installazione sino a 84 turbine nell’Oceano Atlantico a circa 12 miglia nautiche (22 km) al largo di Marthàs Vineyard, l’isola del Massachusetts diventata uno dei luoghi preferiti delle vacanze dei super-ricchi e dei potenti d’America. Il parco eolico potrà generare circa 800 megawatt di elettricità, sufficiente per alimentare almeno 400 mila case. L’amministrazione Usa stima che il progetto creerà 3600 nuovi posti di lavoro.

centrale a biomassa

30 aprile 2021

Recovery plan, dai fondi per le comunità energetiche agli obiettivi (poco chiari) sulle rinnovabili: cosa c’è davvero per la transizione ecologica. I dubbi degli ambientalisti.

Stanziati quasi 70 miliardi, come nel piano del precedente governo. Ma diminuisce la cifra dedicata a Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici: ora al primo posto c’è il capitolo che comprende la mobilità sostenibile. L’economia circolare punta più sugli impianti che sulla riduzione dei rifiuti. Lo stanziamento sul biometano per Legambiente è una buona notizia, Greenpeace paventa che stimoli le richieste per nuovi allevamenti intensivi. Sull’idrogeno ha un peso l’interesse di Eni e Snam che da tempo puntano su quello blu, ottenuto da fonti fossili. (Luisiana Gaita)

Obiettivi non definiti sulla produzione di energia da rinnovabili, appesa alla riforma delle procedure autorizzative. Risorse e attenzione dedicate all’idrogeno che però pongono questioni mai risolte, come il peso delle esigenze di Eni e Snam che devono riconvertire la loro produzione di metanoEconomia circolare che punta più sugli impianti che sulla riduzione dei rifiuti. Evidente carenza di risorse per la biodiversità. E dubbi sugli stanziamenti per il biometano. Mentre il trasporto locale “sostenibile” incassa lo stanziamento maggiore dopo quello per il superbonus, i fondi sono molti meno di quelli destinati all’Alta velocità. Per la missione ‘Rivoluzione verde e Transizione ecologica’ nel Piano nazionale di ripresa e resilienza del governo Draghi ci sono quasi 70 miliardi, come in quello messo a punto da Conte. Per alcuni settori ci sono risorse mai viste (ad esempio smart gridcomunità energetiche e impianti off-shore per le rinnovabili) ma, a parte l’assenza di dibattito e lo sbilanciamento delle somme in alcuni settori, per altri gli ambientalisti segnalano diversi rischi. Tra cui, secondo Greenpeace, quello che si apra la strada “all’uso massiccio di inceneritori”.

IL CONFRONTO TRA CONTE E DRAGHI – Il governo mette sul piatto 69,96 miliardi: 59,33 del Pnrr (57,5 nella bozza del 23 aprile), 9,3 del fondo complementare e 1,3 di React-Eu (da spendere entro il 2023). Conte aveva previsto, invece, una spesa nel Pnrr di 67,4 miliardi, a cui aggiungerne 2,3 di React-Eu. Totale: 69,8 miliardi (800 milioni in meno). Analizzando le quattro componenti, per ‘Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile’ ora ci sono 25,3 miliardi totali. ‘Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici’ nel cambio di governo hanno perso, insieme alla priorità, anche 7,29 miliardi: siamo a 15,2 miliardi, più 6,7 dal fondo complementare e 320 milioni dal React-Eu per un totale di 22,2 mentre a gennaio erano 29,5. Per entrambi i governi al terzo posto c’è la ‘Tutela del territorio e della risorsa idrica’ (15,3 miliardi totali, 340 milioni più del piano di Conte) e, al quarto, ‘Economia circolare e agricoltura sostenibile’ con 6,9 miliardi totali (30 milioni in meno rispetto a gennaio).

Pellicano (Pelecanus onocrotalus, foto di Cristiana Verazza)

TRASPORTO LOCALE PIÙ SOSTENIBILE – Alla seconda componente, dunque, vanno più risorse e la quota maggiore è per il trasporto locale: 8,5 miliardi, di cui 3,6 per il trasporto rapido di massa (11 km di metro, 85 di tram, 120 di filovie e 15 di funivie) e 3,6 miliardi (più 1,4 dal fondo complementare) al rinnovo di flotte bus e treni. Con 750 milioni si realizzeranno 7.500 punti di ricarica elettrica rapida in autostrada e 13.755 in centri urbani. Entro il 2026 si acquisteranno 3.360 bus a basse emissioni e 53 nuovi treni che andranno a sostituirne altrettanti. Per Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia “sulla mobilità urbana il piano prevede una ‘cura del ferro’ che basterebbe probabilmente per la sola Roma, investimenti nella mobilità ferroviaria locale limitati che, tra l’altro, migliorerebbero ben poco la qualità dell’aria delle città”. Inevitabile il paragone con l’Alta Velocità (Missione 3): 8,5 miliardi solo per le Linee tra il Nord e l’Europa e 4,6 per i collegamenti verso il Sud, più le risorse dal fondo complementare.

ENERGIA RINNOVABILE – Sull’energia rinnovabile si puntano 5,9 miliardi: 2,2 per comunità energetiche e autoconsumo, 1,9 per il biometano, 1,1 per l’agro-voltaico e 600 milioni per impianti innovativi (incluso l’off-shore). Draghi ha detto che per raggiungere il 72% dell’elettricità globale da fonte rinnovabile nel 2030 (il target previsto), occorre installare circa 70 Gigawatt di potenza nei prossimi 10 anni. Nel Pnrr si spiega che l’obiettivo fissato dal Pniec (un incremento di 15 GW entro il 2025 rispetto al 2017) sarà rivisto al rialzo. Passo obbligato, dato che il Pniec è nato già inadeguato alle sfide europee. “Ma il Pnrr non identifica un obiettivo complessivo per le rinnovabili, né lo lega a una risorsa – spiega a ilfattoquotidiano.it Matteo Leonardi, direttore esecutivo del think tank ECCO – ma rimanda a una riforma per semplificare le procedure di autorizzazione per gli impianti, anche questa non connessa a una voce di budget”. Nero su bianco ci sono l’investimento per installare impianti agro-voltaici da 2 GW, la promozione per comunità energetiche e auto-consumo (altri 2 GW) e per gli impianti innovativi, off-shore incluso (200 MW) e, nella componente dedicata all’agricoltura, c’è l’investimento sull’Agrisolare (0,43 GW di potenza). “Non è chiaro se le riforme consentiranno una crescita di almeno 6 GW all’anno, in linea con gli obiettivi europei”, commenta Greenpeace.

Capriolo (capreolus capreolus, foto di Raniero Massoli Novelli)

BIOMETANO E SMART GRID – Lo stanziamento sul biometano (1,92 miliardi) per Legambiente è una buona notizia. Ma per Greenpeace, pur potendo contribuire alla decarbonizzazione, senza una politica agricola orientata a ridurre emissioni e capi allevati rischia di non mitigare gli impatti su ambiente e salute e “addirittura di stimolare richieste per nuove autorizzazioni, in aree già fortemente colpite dagli impatti del settore zootecnico intensivo”. Altri 4,1 miliardi di Pnrr vanno alle ‘Infrastrutture di rete’: 3,6 per le smart grid che consentono una gestione ‘intelligente’ della rete di distribuzione elettrica (più 180 milioni dal React-Eu) e 500 milioni per gli interventi sulla resilienza climatica delle reti, attraverso cui ridurre probabilità, durata ed entità di interruzioni di corrente legate a eventi estremi.

IDROGENO – All’idrogeno vanno 3,19 miliardi (Conte ne prevedeva 2): 2 miliardi per l’utilizzo in settori hard to abate come l’industria siderurgica, 530 milioni per la sperimentazione nel trasporto stradale e ferroviario, 500 milioni per la produzione in aree industriali dismesse e la creazione di ‘hydrogen valley’, oltre a 450 milioni destinati all’idrogeno tra quelli con cui si mira a ‘Sviluppare una leadership internazionale industriale’. Per produrre idrogeno nelle aree dismesse già collegate alla rete elettrica, in una prima fase verranno installati elettrolizzatori. Se l’area è già allacciata alla rete del gas, l’idrogeno sarà trasportato su condotte dedicate esistenti in miscela con gas metano. “L’idea è quella di produrre lì l’idrogeno da rete elettrica – spiega Matteo Leonardi – magari con supporto da rinnovabili in loco (ma non necessariamente e, magari, non su tutta la produzione di idrogeno) e poi usare la rete di distribuzione di gas, in miscela con il gas, per portarlo ai consumatori finali”. Anche se l’utilizzo di elettrolizzatori ha un impatto positivo, questo permette all’industria fossile di mantenere gli utenti finali attaccati alla rete di gas, diminuendo l’impatto di CO2, attraverso la miscela con l’idrogeno, ma continuando a vendere gas e usare le reti. In questo contesto ha un suo peso l’interesse di Eni e Snam che da tempo puntano sull’idrogeno blu, mentre Enel è più orientata a produrre idrogeno verde dall’elettrolisi dell’acqua. “Ma anche l’idrogeno verde deve essere pensato solo per i settori per cui l’elettrificazione non è possibile o molto onerosa, in cui servono le alte temperature, ad esempio quello dell’acciaio primario”, aggiunge Leonardi.

I NODI SUL CLIMA – La capogruppo alla Camera di FacciamoECO Rossella Muroni, pur sottolineando gli aspetti positivi, ha chiesto un incontro con Draghi manifestando dubbi sullo “sbilanciamento dei saldi idrogeno e Alta velocità”. Nel piano, poi, si prevede un aggiornamento del Pniec con un taglio delle emissioni di almeno il 51% entro il 2030 rispetto al 1990. “Più basso dell’obiettivo già inadeguato del 55% fissato in Uem commenta Greenpeace. Enrico Gagliano, co-portavoce dei No-Triv, sottolinea che nel piano “non si specifica l’impatto delle riforme e di tutti gli investimenti sulla riduzione delle emissioni”, se non in parte dei singoli investimenti già delineati. Anche sul capitolo dei sussidi alle fonti fossili (ogni anno 19 miliardi di Sad, ndr), “Draghi parla di una riforma fiscale ma nulla si anticipa su tempi e modalità”.

Castello di Fenis

EFFICIENZA ENERGETICA E RIQUALIFICAZIONE DEGLI EDIFICI – La terza componente della Missione 2, la più penalizzata rispetto al piano di Conte, è tutta concentrata su Ecobonus e Sismabonus fino al 110%. Per questa misura si è passati dai 10,2 miliardi dell’ultima bozza ai 13,8 del piano definitivo più 4,7 dal fondo complementare e 1,7 per le aree colpite da sisma. Il Superbonus 110 si estende al 2023 e resta condizionato al miglioramento di almeno due classi energetiche dell’edificio. Fanno discutere le risorse per edifici giudiziari (410 milioni per 48 edifici su cui fare interventi entro la metà del 2026) e scuole. Con 800 milioni si interviene in circa 195 scuole (“su 32mila nazionali” fa notare il think tank Ecco). Nel Pnrr, però, sono previsti 3,9 miliardi di ‘Piano di messa in sicurezza e riqualificazione dell’edilizia scolastica’ che, pur non vincolati all’efficienza, potrebbero però portare miglioramenti. Nella componente legata alla ‘Tutela del territorio e della risorsa idrica’, inoltre, ci sono 6 miliardi per interventi dei Comuni.

LA TUTELA DEL TERRITORIO – E questa vale 15,37 miliardi per quattro ambiti. Più della metà destinati a ‘dissesto idrogeologico e vulnerabilità del territorio’. Sono 8,49 miliardi: i già citati 6 miliardi per interventi di resilienza, valorizzazione ed efficienza energetica dei Comuni e altri 2,49 per gestire i rischi di alluvione e idrogeologico. Poi c’è il capitolo risorse idriche: 4,38 miliardi, 2 per infrastrutture di derivazione, stoccaggio e fornitura primaria, 600 milioni per fognatura e depurazione (tra i punti deboli del Paese), 900 per le perdite nelle reti di distribuzione e 880 per aumentare la resilienza dell’agrosistema rispetto a siccità e cambiamenti climatici, consentendo più disponibilità d’acqua. A qualità dell’aria e della biodiversità vanno 1,69 miliardi. “Lo 0,8% del piano” commenta il Wwf. Anche se ci sono diversi investimenti degni di nota, come la bonifica dei siti orfani (500 milioni), la tutela di fondali e habitat marini (400 milioni) e la rinaturazione dell’area del Po (360 milioni).

AGRICOLTURA SOSTENIBILE – La prima componente (economia circolare e agricoltura sostenibile) è quella con meno risorse: 6,97 miliardi totali. La quota maggiore per ‘Sviluppare una filiera agricola sostenibile’ (2,80 miliardi, più 1,2 del fondo complementare, per un totale di 4 miliardi). Ma in che senso sostenibile? Andranno al ‘Parco Agrisolare’ 1,5 miliardi, 800 milioni allo ‘Sviluppo della logistica per i settori agroalimentare, pesca e acquacoltura, silvicoltura, floricoltura e vivaismo’ e 500 milioni a ‘Innovazione e meccanizzazione nel settore agricolo e alimentare’. Altri 1,20 miliardi di fondo complementare vanno ai contratti di filiera e distrettuali. “Mancano un riferimento preciso allo sviluppo dell’agricoltura ecologica e biologica – commenta Greenpeace – e un obiettivo di riduzione dei capi allevati, spostando le risorse della Pac su produzioni agroecologiche”.

ECONOMIA CIRCOLARE – All’economia circolare vanno 2,1 miliardi (e 500 milioni del React-Eu): 1,5 per realizzare nuovi impianti di gestione rifiuti e ammodernare quelli esistenti’, 600 milioni per i progetti ‘faro’. Sullo sfondo una strategia per l’economia circolare, il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti e una riforma per il supporto tecnico alle autorità locali. Il piano parla di “nuovi impianti di trattamento/riciclaggio di rifiuti organici, multimateriale, vetro, imballaggi in carta” e di “impianti innovativi per particolari flussi”. Greenpeace fa notare l’assenza “di misure per la riduzione della produzione di rifiuti e del ricorso all’usa e getta”, parlando di un percorso “che potrebbe aprire all’uso massiccio di inceneritori con rischi sanitari pericolosi”.

Lupo europeo (Canis lupus lupus)

(foto da mailing list ambientaliste, Cristiana Verazza, Raniero Massoli Novelli, S.D., archivio GrIG)

  1. Maggio 27, 2021 alle 10:25 am

    da Alghero Live, 26 maggio 2021
    Ma quale “transizione ecologica” ? In Sardegna 21 centrali eoliche con incremento del 150% e scarsa pianificazione: http://algherolive.it/2021/05/26/ma-quale-transizione-ecologica-in-sardegna-21-centrali-eoliche-con-incremento-del-150-e-scarsa-pianificazione/

  2. Maggio 27, 2021 alle 1:08 PM

    controtendenza. Si evidenzia la mancanza di una seria pianificazione relativa ad aree compromesse e industriali dismesse.

    A.N.S.A., 27 maggio 2021
    Rinnovabili, Italia fanalino di coda in Ue, -35% potenza installata nel 2020.
    Politecnico di Milano, il paese non è abbastanza coraggioso. Crolla l’eolico, -79%: https://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/energia/2021/05/27/rinnovabili-italia-fanalino-di-coda-in-ue-35-potenza-installata-nel-2020_e40157a2-f5a2-418e-a2ff-d6432a621e01.html

  3. amico
    Maggio 27, 2021 alle 1:36 PM

    Già con le norme attuali gli enti preposti a rilasciare autirizzazioni o a vigilare fanno il bello ed il cattivo tempo. Permettono ad es una cementificazione selvaggia con conseguente dissesto irogeologico per poi piangere le vittime dei disastri, Se passa questa falsa semplificazione, che altro non è che un liberi tutti, non voglio immaginare cosa possa succedere. Ma il ponte di genova, i morti delle alluvioni la terra dei fuochi e da ultimo, se provato, quanto successo nella funivia non ci insegnano niente? il denaro e il clientelismo fanno fare di tutto e di più.

  4. donatella
    Maggio 27, 2021 alle 2:59 PM

    “Il presidente di Legambiente ricorda come oggi prevalga spesso una concezione discutibile e obsoleta di ambientalismo.”…..non è invece obsoleto , anzi brilla, l’eccelso accordo tra Federparchi (Legambiente) e Federlegno (Assomobili)

    https://www.vglobale.it/2019/07/12/come-distruggo-la-natura-in-5-mosse/

  5. Porico.
    Maggio 27, 2021 alle 5:40 PM

    Ci sono soldi in ballo. L’ambiente sarà tenuto in grande considerazione, ma solo a parole.

  6. Maggio 27, 2021 alle 8:20 PM

    A.N.S.A., 27 maggio 2021
    Semplificazioni, la cabina di regia sul decreto forse già domani in Cdm. Salta massimo ribasso.
    Draghi incontra anche il leader del Pd Letta che aveva riunito al Nazareno la segreteria del partito: https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2021/05/27/semplificazioni-al-via-la-cabina-di-regia-sul-decreto-semplificazioni_0d977e1e-22b3-4dc2-bd19-9f56739b41ef.html

    ___________________________

    da Il Manifesto, 25 maggio 2021
    Soprintendenza speciale unica, scacco matto.
    Patrimonio a rischio. L’idea del ministro Franceschini di creare un organismo con i super poteri per sveltire le procedure in materia di beni culturali e paesaggio significa il commissariamento della tutela. (Arianna Di Genova): https://ilmanifesto.it/soprintendenza-speciale-unica-scacco-matto/

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    da Salviamo il Paesaggio, 16 maggio 2021
    La semplificazione che sospende la tutela: http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2021/05/la-semplificazione-che-sospende-la-tutela

  7. Maggio 29, 2021 alle 10:25 am

    A.N.S.A., 28 maggio 2021
    Draghi vara dl Recovery, subappalti al 50% poi via soglia.
    Stralciato il superbonus agli alberghi, c’è per ospedali e caserme. Obbligo assumere almeno 30% giovani-donne: https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2021/05/27/oggi-in-consiglio-dei-ministri-semplificazioni-e-governance-per-il-recovery_a84be2f7-db7a-4d54-92a0-2029421a251f.html

  8. Claudio
    Maggio 29, 2021 alle 11:14 am

    Andatevelo a leggere il curriculum di quel signor cingolani e capirete tutto..è chiaro che il suo scopo è solo quello di rilasciare permessi e autorizzazioni a tamburo battente. Dell’ambiente non gliene frega niente.

  9. giugno 4, 2021 alle 6:38 PM

    da L’Unione Sarda, 4 giugno 2021
    Parchi eolici nel mare di Sardegna, il Pd contro l’emendamento della Lega.
    I provvedimenti stanziano centinaia di milioni di euro “per impianti a forte impatto”: https://www.unionesarda.it/economia/parchi-eolici-nel-mare-di-sardegna-il-pd-contro-lemendamento-della-lega-yjrns5fb

  10. giugno 4, 2021 alle 6:44 PM

    “transizione ecologica”…

    da Il Fatto Quotidiano, 4 giugno 2021
    Plastica monouso, il ministro della Transizione ecologica esulta perché la Ue ci permette di continuare a inquinare
    “E’ un esempio di ottima discussione, dell’Europa bella. Hanno capito il nostro punto di vista”, festeggia Roberto Cingolani. La notizia è che, in vista dell’entrata in vigore della direttiva del 2019 che mette al bando il monouso scontentando Confindustria, Bruxelles sta valutando per i prodotti “misti” un criterio di calcolo basato sul peso della plastica che contengono- Un piatto compostabile ricoperto da una sottile pellicola di plastica sarebbe valutato “poco inquinante” perché quello strato di polimero pesa poco: https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/06/04/plastica-monouso-il-ministro-della-transizione-ecologica-esulta-perche-la-ue-ci-permette-di-continuare-a-inquinare/6220177/

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    3 giugno 2021
    Decreto Semplificazioni, le valutazioni ambientali “veloci” non bastano: nel 2023 il 30% delle pratiche sarà ancora in ritardo (e lo Stato dovrà rimborsare le aziende)
    Il decreto non risolve tutti i problemi. Restano punti interrogativi su quanto le misure gioveranno davvero alle rinnovabili e sul ruolo del ministero della Cultura e delle Sovrintendenze. L’amministrativista Leonardo Salvemini, esperto di diritto dell’ambiente: “Il testo fa riferimento al Codice dei beni culturali e del paesaggio, che è il cuore del lavoro delle Sovrintendenze, ma nel passaggio successivo si dispone che il parere del ministero non sia vincolante”. Per il Coordinamento Free, sul fronte opposto, gli iter autorizzativi resteranno comunque troppo lunghi. (Luisiana Gaita): https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/06/03/decreto-semplificazioni-le-valutazioni-ambientali-veloci-non-bastano-nel-2023-il-30-delle-pratiche-sara-ancora-in-ritardo-e-lo-stato-dovra-rimborsare-le-aziende/6217828/

  11. Mara machtub
    giugno 7, 2021 alle 4:48 PM

    Non sembrava possibile un Governo che facesse peggio di quelli precedenti, in materia ambientale. Eppure è ciò che sta succedendo. Presidente Mattarella, tutti noi La preghiamo: rimanga a vegliare, su di noi e con noi.

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