Proposte per la ripresa dell’Italia.


bosco e girasoli

Questa è la lettera inviata (17 febbraio 2021) dal Gruppo d’Intervento Giuridico odv al nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi contenente proposte per la programmazione finalizzata all’utilizzo dei fondi comunitari del Next Generation EU da inoltrare ai vertici europei entro il mese di aprile 2021.

Gruppo d’Intervento Giuridico odv

Gent.mo Presidente,

quale Associazione ecologista impegnate da anni nell’attività di tutela delle risorse ambientali e storico-culturali, così come per l’equilibrata e sostenibile crescita economico-sociale, desideriamo formulare le seguenti sintetiche proposte per un’efficace programmazione dei fondi connessi al Next generation EU, che unitamente al bilancio a lungo termine dell’Unione Europea (2021-2027), attualmente costituisce il punto di riferimento fondamentale per consentire all’Italia e agli altri Paesi europei di superare le devastanti conseguenze della tristemente nota pandemia di coronavirus Covid-19.

Alcune considerazioni spingono per quanto ci sembra opportuno segnalarLe.

Il territorio nazionale rivela un diffuso rischio idrogeologico: il 91% dei Comuni è interessato da fenomeni di dissesto idrogeologico, circa 3 milioni di nuclei familiari risiedono in tali aree ad alta vulnerabilità. Complessivamente, il 16,6% del territorio nazionale è mappato nelle classi a maggiore pericolosità per frane e alluvioni (50 mila chilometri quadrati). Quasi il 4% degli edifici italiani (oltre 550 mila) si trova in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata e più del 9% (oltre 1 milione) in zone alluvionabili nello scenario medio (Rapporto I.S.P.R.A. sul dissesto idrogeologico 2018).

In nove Regioni (Valle D’Aosta, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Molise, Basilicata e Calabria) abbiamo il 100% dei Comuni a rischio idrogeologico. L’Abruzzo, il Lazio, il Piemonte, la Campania, la Sicilia e la Provincia di Trento hanno percentuali di Comuni a rischio tra il 90% e il 100%. In Sardegna circa l’80%.

Per contro, emerge la fragile consistenza del complessivo livello di scolarizzazione, fondamentale per il ritorno occupazionale.

La quota di popolazione tra i 25 e i 64 anni in possesso di almeno un titolo di studio secondario superiore è il principale indicatore del livello di istruzione di un Paese. Il diploma è considerato, infatti, il livello di formazione indispensabile per partecipare con potenziale di crescita individuale al mercato del lavoro (Rapporto ISTAT su livelli di istruzione e ritorni occupazionali 2019).

In Italia, nel 2019, tale quota è pari a 62,2% (+0,5 punti rispetto al 2018), un valore decisamente inferiore a quello medio europeo (78,7% nell’Ue28) e a quello di alcuni tra i più grandi Paesi dell’Unione: 86,6% in Germania, 80,4% in Francia e 81,1% nel Regno Unito. Solo Spagna, Malta e Portogallo hanno valori inferiori all’Italia. Non meno ampio è il divario rispetto alla quota di popolazione di 25-64enni con un titolo di studio terziario: in Italia, si tratta del 19,6%, contro un valore medio europeo pari a un terzo (33,2%). Anche la crescita della popolazione laureata è più lenta rispetto agli altri paesi dell’Unione, con un incremento di soli +0,3 punti nell’ultimo anno (+0,9 punti in media Ue) e di +2,7 punti nell’ultimo quinquennio (+3,9 punti).

Inoltre, il tasso di dispersione scolasticache si determina misurando la quota degli Early Leavers from Education and Training, secondo i dati EUROSTAT 2019 in Italia è del 14,5% della popolazione scolastica.

Dati, questi ultimi, molto probabilmente aggravati dalla purtroppo prolungata fase di scuola a distanza.

Problematiche ambientali e di buona gestione del territorio unite alla gravissima crisi, con conseguenze pesantissime sul contesto economico-sociale.

Riteniamo, quindi, opportuno proporre che almeno un quarto del complessivo importo dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che dovrà esser presentato agli Organi dell’Unione Europea entro il prossimo mese di aprile 2021 per accedere ai fondi del Next Generation EU, il nuovo e strategico strumento comunitario che integra il Quadro finanziario pluriennale 2021-2027, sia destinato a un vero un vero e proprio piano trasversale nel campo del risanamento idrogeologico, così anche da fornire occasioni di lavoro per imprese, professionalità, maestranze di ogni livello e ogni qualificazione professionale, con indubbi riflessi positivi sulla qualità ambientale e della sicurezza del territorio, nonché del miglioramento del contesto economico-sociale sardo nel breve-medio termine.

Certi dell’interesse e delle ricadute positive di tali obiettivi di massima, anche per l’efficacia dell’utilizzo del sostegno finanziario comunitario, cogliamo l’occasione per formularLe i più cordiali saluti e auguri per un proficuo lavoro per la nostra Terra.

Gruppo d’Intervento Giuridico odv

Riccio (Erinaceus europaeus)

(foto S.D., archivio GrIG)

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  1. Donatella
    febbraio 19, 2021 alle 1:31 PM

    Sono molto orgogliosa di appartenere al GrIG, grazie

  2. raniero massoli novelli
    febbraio 20, 2021 alle 8:07 PM

    Mi unisco pienamente all’orgoglio di Donatella. Da anziano geologo ambientale ed ex vicepresidente nazionale della SIGEA complimenti al bravissimo Stefano Deliperi!!!

  3. Riccardo Pusceddu
    febbraio 21, 2021 alle 12:43 PM

    Ma come, neanche una parola sul lavoro a distanza che si e’ potuto collaudare durante la pandemia e che se continuato anche dopo potrebbe portare ad inquinare molto meno con inutili spostamenti in auto o altri mezzi?

    • febbraio 21, 2021 alle 5:02 PM

      ..certo, raccontalo ai milioni di persone che hanno il titolo di studio della scuola media inferiore e che sperano di trovare un qualche lavoro manuale “in presenza”.

      • Riccardo Pusceddu
        febbraio 22, 2021 alle 12:43 PM

        Ovviamente non mi riferivo ai lavori manuali ma ai milioni di impiegati che svolgono lavori d’ufficio. Sei d’accordo almeno su questo?
        Si tratta dell’unico effetto positivo della pandemia in corso e sarebbe un peccato non capitalizzarci sopra continuando col telelavoro (quando possibile).
        Certo, e’ solo una goccia nel mare delle cose da cambiare nell’economia e nelle societa’ globali, la prima quasi interamente alimentata a combustibili fossili e la seconda basata sull’incremento demografico del terzo mondo, il decremento demografico dell’occidente e conseguente immigrazione di massa.
        Altrimenti a che serve fare tante emerite battaglie per salvare le spiagge e i boschi se poi sara’ tutto rovinato dalla sovrapopolazione e dal riscaldamento globale?

      • febbraio 22, 2021 alle 6:44 PM

        il lavoro agile o smart working o telelavoro non richiede un intervento straordinario e trasversale quali quelli che saranno oggetto di finanziamento nell’ambito del Next Generation EU.
        Non avrebbe avuto senso inserirlo in una proposta simile.
        Certo, ha degli aspetti positivi, senza dubbio, ma riguarda altro.

        Stefano Deliperi

      • Riccardo Pusceddu
        febbraio 22, 2021 alle 9:42 PM

        Dopo una sommaria lettura dei finanziamenti a cui ti riferivi, mi pare invece che il telelavoro faccia parte proprio della voce principale di finanziamento, quella sulla digitalizzazione. Allego stralcio del documento che ho letto sul sito ufficiale del Ministero dell’economia e delle finanze, nel quale il lavoro agile e’ specificatamente menzionato (sebbene purtroppo solo a riguardo delle pubbliche amministrazioni invece che incentivarlo anche alle aziende private).

        https://www.mef.gov.it/focus/Next-Generation-Italia-il-Piano-per-disegnare-il-futuro-del-Paese/

        “Uno sforzo molto importante, per quasi 12 miliardi, è destinato alla componente Digitalizzazione, innovazione e sicurezza della P.A. Queste risorse verranno utilizzate su vari fronti, a partire da un cloud nazionale e dall’interoperabilità delle banche dati della P.A. Inoltre, verrà sviluppato un ‘Programma di innovazione strategica della PA’, basato sull’innovazione organizzativa anche attraverso l’utilizzo del lavoro agile, la valorizzazione e il rafforzamento del capitale umano, la semplificazione delle procedure, la diffusione di piattaforme, servizi digitali e pagamenti elettronici per arrivare a una P.A più competente, semplice, connessa, al servizio dei cittadini e in grado di evolvere verso nuovi modelli organizzativi del lavoro (Smart e co-working). Accanto a questi progetti, ci saranno le importanti iniziative di innovazione organizzativa della Giustizia, che accompagneranno e velocizzeranno il suo processo di riforma.”

      • febbraio 22, 2021 alle 9:55 PM

        non riusciamo proprio a capirci, in una proposta trasversale relativa al risanamento idrogeologico il telelavoro non è un punto qualificante, rientra – nell’ambito della digitalizzazione – fra gli “assi strategici” e le sei “missioni” in cui è strutturato il Next Generation EU.

        Stefano Deliperi

      • Riccardo Pusceddu
        febbraio 22, 2021 alle 11:42 PM

        Allora perche’ non fare un proposta “non trasversale” e suggerire a Draghi di promuovere e implementare il telelavoro sia con lo strumento dei finanziamenti europei sia con altra legislazione regionale, oltre a risolvere l’ormai annoso e importantissimo problema del dissesto idrogeologico?
        Insomma, credo che la lezione piu’ correlata alla pandemia sia la necessita’ di digitalizzare i contatti ed il lavoro di chi a questi contatti deve provvedere per dovere costituizionale (pubbliche amministrazioni) o per motivi di mercato (settore privato) e mi pare infatti che il piano finanziario messo a punto dall’Unione Europea dia proprio la priorita’ a questi obbiettivi piuttosto che al risanamento idrogeologico, pure importante ma forse meno correlato alla pandemia in corso.

      • febbraio 23, 2021 alle 6:25 am

        ..perchè il Governo Draghi ci ha già pensato di suo. Il senso della nostra proposta è quello di coniugare un intervento fondamentale per la tutela ambientale e la sicurezza pubblica con la necessità di creare occasioni di lavoro per il più ampio numero di persone, dalle più qualificate a quelle prive di qualifica. Fra le tante posizioni lavorative, ovviamente, vi saranno quelle svolgibili anche con modalità a distanza.
        Buona giornata.

        Stefano Deliperi

      • Riccardo Pusceddu
        febbraio 23, 2021 alle 1:14 PM

        Ah, c’ha gia’ pensato di suo. Sarebbe interessante sapere come. Potresti mandarmi qualche link relativo ai siti che hai consultato per trarre questa positiva conclusione?

      • febbraio 23, 2021 alle 3:11 PM

        ..è nel P. N. R. R. adottato dal Governo nel gennaio scorso e inviato ai due rami del Parlamento, linkato nell’articolo 😉

      • Riccardo Pusceddu
        febbraio 24, 2021 alle 2:51 PM

        Trovato, grazie. Avevi ragione te: la mobilita’ sostenibile e’ compresa nella missione 3 del piano, mentre il risanamento idrogeologico del territorio non e’ direttamente citato ma forse lo si potrebbe includere nella missione 2, quella sul risanamento ambientale quindi hai fatto benissimo a includerla nella lettera a Draghi. Gli interventi a favore dell’istrizione invece sono espressamente citati nella missione 4 ma nonostante questo hai ritenuto opportuno ribadirne la priorita’ nella lettera aperta a Draghi, quindi perche’ non ribadire la priorita’ anche della mobilita’ sostenibile? Gia’ che c’eri!
        Noto con tristezza che una delle missioni si concentra ancora sul mito dell’inequita’ tra generi nel mercato del lavoro quindi soldi sprecati su quella voce.

      • febbraio 24, 2021 alle 5:20 PM

        te l’ho detto: il senso della nostra proposta è quello di coniugare un intervento fondamentale per la tutela ambientale e la sicurezza pubblica con la necessità di creare occasioni di lavoro per il più ampio numero di persone, dalle più qualificate a quelle prive di qualifica.
        E, purtroppo, la carenza di adeguata scolarizzazione e qualifica della popolazione nasce dalla scarsità di investimenti nel settore.
        Buona serata.

        Stefano Deliperi

      • Riccardo Pusceddu
        febbraio 25, 2021 alle 4:30 PM

        Quindi non hai pensato utile ribadire il promuovere le modalita’ della mobilita’ sostenibile perche’ pensi che tali modalita’ non creino posti di lavoro? Meglio allora costruire oggetti superflui perche’ danno lavoro? Certo mettere in sicurezza idrogeologica il territorio non e’ longi dall’essere inutile ma occorre energia, e tanta, mentre per la mobilita’ sostenibile le infrastrutture e i mezzi sono gia’ tutti la quindi si tratterebbe di risparmiare energia da subito.
        Se la memoria non m’inganna il settore dei trasporti, soprattutto di persone piu’ che di beni e’ fra le maggiori cause di emissioni di anidride carbonica, mi pare al secondo posto dopo gli usi residenziali (riscaldamento ed elettricita’ per elettrodomestici e luce).
        Forse non ci capiamo su cosa intenda io per mobilita’ sostenibile. Per me e’ la necessita’ di far lavorare da casa tutte quelle persone che svolgono lavori d’ufficio, sia nel settore privato che nella pubblica amministrazione. Grazie a questa pandemia si sono potute affinare le modalita’ e i mezzi per rendere tali mansioni lavorative ancora piu’ agevoli da casa, persino come ben sai nel campo dell’istruzione a distanza. Allora perche’ non continuare in questa sana direzione anziche’ perdere lo slancio che ci ha dato COVID19?

        Mi dispiace avere sempre questo tono polemico con te ma non mi pare che il tuo sia il giusto approccio, sempre che abbia capito bene la tua ultima risposta.
        Ricambio gli auguri di buona giornata.

      • febbraio 25, 2021 alle 7:43 PM

        Riccardo, questo articolo ha oltre 2 mila letture. Non so che dirti, mi sembra che solo tu abbia difficoltà nel comprendere l’oggetto della proposta.
        Te lo ripeto, però per l’ultima volta: il senso è quello di coniugare un intervento fondamentale per la tutela ambientale e la sicurezza pubblica con la necessità di creare occasioni di lavoro per il più ampio numero di persone, dalle più qualificate a quelle prive di qualifica.
        Questo non vuol dire disinteressarsi del resto, pure del benedetto lavoro a distanza, solo che è già previsto ed è una “modalità di lavoro”, non “il lavoro”.
        Se non c’è lavoro, ti assicuro che non lo puoi svolgere nemmeno a distanza: in questo caso puoi svolgere solo la disoccupazione in presenza.
        Buona serata.

        Stefano Deliperi

      • Mara machtub
        febbraio 25, 2021 alle 9:31 PM

        “Disoccupazione in presenza” è bellissimo! Grande Stefano.

      • febbraio 25, 2021 alle 9:32 PM

        🙂

  4. Mara machtub
    febbraio 22, 2021 alle 4:13 PM

    Anche io mi unisco a Donatella. Grazie Grig!

  5. Porico.
    febbraio 22, 2021 alle 6:38 PM

    Speriamo che questo governo ascolti le istanze proposte dal GRIG . In tal caso i soldi sarebbero ben impiegati non solo dal punto di vista strettamente ambientale ma anche economico. Si pensi solo ai risparmi dai mancati danni prodotti da calamità naturali.

  6. marzo 4, 2021 alle 12:20 PM

    dati drammatici. Risanamento ambientale = lavoro per tanti.

    A.N.S.A., 4 marzo 2021
    Istat: Nel 2020 335mila famiglie in povertà assoluta in più. E’ record da 15 anni.
    Calo record della spesa per consumi delle famiglie, è ai livelli del 2000. Incremento della povertà più al Nord che al Sud. (https://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2021/03/04/istat-nel-2020-335mila-famiglie-in-poverta-assoluta-in-piu.-e-record-da-15-anni_15e7fa21-cb63-469c-a1e8-dc9f614d8970.html)

    La povertà assoluta torna a crescere e tocca il record dal 2005. Le stime preliminari Istat del 2020 indicano valori dell’incidenza di povertà assoluta in crescita sia in termini familiari (da 6,4% del 2019 al 7,7%), con oltre 2 milioni di famiglie, sia in termini di individui (dal 7,7% al 9,4%) che si attestano a 5,6 milioni.

    Nell’anno della pandemia si azzerano i miglioramenti registrati nel 2019. Dopo 4 anni consecutivi di aumento, si erano infatti ridotti in misura significativa il numero e la quota di famiglie (e di individui) in povertà assoluta, pur rimanendo su valori molto superiori a quelli precedenti la crisi del 2008.

    Secondo le stime preliminari, nel 2020 le famiglie in povertà assoluta sono oltre 2 milioni (il 7,7% del totale, da 6,4% del 2019, +335mila) per un numero complessivo di individui pari a circa 5,6 milioni (9,4% da 7,7%, ossia oltre 1milione in più rispetto all’anno precedente).

    Nel 2020 si è registrato un calo record della spesa per consumi delle famiglie. E’ quanto emerge dalle stime preliminari Istat pubblicate oggi in Statistica today . L’aumento della povertà assoluta si inquadra nel contesto di un calo record della spesa per consumi delle famiglie (su cui si basa l’indicatore di povertà). Secondo le stime infatti, nel 2020 la spesa media mensile torna ai livelli del 2000 (2.328 euro; -9,1% rispetto al 2019). Rimangono stabili solo le spese alimentari e quelle per l’abitazione mentre diminuiscono drasticamente quelle per tutti gli altri beni e servizi (-19,2%).

    L’incremento della povertà assoluta registrato nel 2020 è maggiore nel Nord del Paese e riguarda 218mila famiglie (7,6% da 5,8% del 2019), per un totale di 720mila individui. Peggiorano anche le altre ripartizioni ma in misura meno consistente. Il Mezzogiorno resta l’area dove la povertà assoluta è più elevata: coinvolge il 9,3% delle famiglie contro il 5,5% del Centro. E’ quanto emerge dalle stime preliminari dell’Istat pubblicate in Statistica today.

    In generale l’incidenza di povertà assoluta, spiega l’Istat, cresce soprattutto tra le famiglie con persona di riferimento occupata (7,3% dal 5,5% del 2019). Si tratta di oltre 955mila famiglie in totale, 227mila famiglie in più rispetto al 2019.

    Tra queste ultime, oltre la metà ha come persona di riferimento un operaio o assimilato (l’incidenza passa dal 10,2 al 13,3%), oltre un quinto un lavoratore in proprio (dal 5,2% al 7,6%).

    • giugno 22, 2021 alle 2:53 PM

      dati ancora più drammatici, sebbene non siano una novità.

      A.G.I., 20 giugno 2021
      Maturità negata all’8,5% degli alunni, Sardegna maglia nera.
      Nell’isola solo il 91,5% degli studenti dell’ultimo anno è stato ammesso alla prova di diploma. Le ragioni? Tante, è una questione di “contesto sfavorevole”. (Eleonora Bullegas) (https://www.agi.it/cronaca/news/2021-06-20/sardegna-esame-maturit-ammessi-12977341/)

      Solo il 91,5% degli studenti e studentesse iscritti all’ultimo anno delle superiori della Sardegna è stato ammesso all’esame di maturità. Nell’isola sono 13.264 in totale quelli chiamati dal 14 giugno scorso scorso a sostenere l’esame, con la nuova formula (solo orali) dettata dalla pandemia. Rispetto ai 12.680 del 2020, quest’anno i maturandi e le maturande sardi sono 600 in più. Ma la regione è maglia nera in Italia per percentuale di ‘scartati ‘ in vista della prova di diploma.

      I non ammessi sono stati l’8,5%, ben al di sopra del 3,8% nazionale. Alunni pigri e demotivati? Docenti troppo severi? Conseguenze nefaste della didattica a distanza imposta dal Covid in un’isola in cui ancora sconta un pesante divario digitale? La débacle non è dipesa da un’unica causa.

      Per spiegare il dato negativo sardo il direttore dell’Ufficio scolastico regionale, Francesco Feliziani, parla di “contesto sfavorevole”.

      Tutte le possibili cause
      “Andrebbe presa in considerazione una serie di fattori”, argomenta il direttore, interpellato dall’AGI, “come il tasso di spopolamento, quello di industrializzazione, di disoccupazione, il dato medio pro capite, la percentuale di copertura dei servizi e il digital divide”

      “Questi numeri devono essere collegati a una situazione sfavorevole di contesto”, aggiunge Feliziani. “La vera chiave standardizzata per valutare la qualità della scuola per me sono i test Invalsi, perché sono prove standardizzate. Anche queste risentono del contesto, ma almeno danno dei dati verificabili. L’ammissione agli esami può risentire di una valutazione più o meno rigida a seconda dei territori all’interno della stessa regione”.

      “Vanno calcolati i precari”
      Secondo Feliziani, per un’analisi accurata del dato bisognerebbe prendere in considerazione anche “la percentuale dei docenti precari e di ruolo, il tasso di scopertura, il dato di rotazione degli insegnanti rispetto alle singole scuole e gli interventi di supporto scolastico da parte delle regioni o la presenza di formazione professionale”.

      “Penso che il dato regionale”, ipotizza Stefano Manca, dirigente scolastico del ‘Canopoleno’ di Sassari, convitto nazionale che comprende i licei classico europeo, scientifico sportivo e classico (un solo escluso su 120 maturandi), “sia causato dalle difficoltà che tanti, sia docenti che allievi, hanno dovuto affrontare in questo anno di didattica a distanza anche dal punto di vista psicologico”.

      • giugno 24, 2021 alle 3:46 PM

        finalmente, era ora. Sebbene non si possa sperare nella bacchetta magica della magistratura minorile.

        A.N.S.A., 24 giugno 2021
        Scuola: ritiri e assenze per Covid, oltre 600 casi nell’Isola.
        Dati procure minori su Dad: aumentano solitudine e fobie. (Stefano Ambu) (https://www.ansa.it/sardegna/notizie/2021/06/24/scuola-ritiri-e-assenze-per-covid-oltre-600-casi-nellisola_5b70187f-0699-4dc5-a881-b9c358c4b0f2.html)

        C’è chi già faticava a stare dietro a spiegazioni e interrogazioni. Ma con il Covid e la didattica a distanza ha detto basta alla scuola pubblica e si è rivolto ai privati.

        O ha salutato addirittura con un addio a prof e libri. Ad altri è andata anche peggio: durante la pandemia sono aumentati solitudine, atti di autolesionismo, interventi dei servizi sociali e ricoveri in psichiatria. Studenti che hanno mollato o faticato a frequentare anche le lezioni a distanza: in Sardegna i tribunali dei minori hanno raccolto oltre 600 appelli e casi di situazioni a rischio.

        Grazie anche alla collaborazione dell’ufficio scolastico regionale, su sollecitazione delle procure, ora c’è una mappa del disagio degli studenti alle prese con le lezioni a distanza da ottobre a gennaio in maniera continuativa. E spesso a turni settimanali da febbraio in poi. Circa trecento i casi segnalati nel centro sud in un territorio che comprende le aree dei tribunali di Cagliari, Oristano e Lanusei. E altri trecento riguardano il nord dell’Isola nelle zone di competenza dei tribunali di Sassari, Nuoro e Tempio.

        “La premessa – spiega all’ANSA la procuratrice del tribunale dei minori di Cagliari Anna Cau – è quella che ci fosse una possibile difficoltà da parte dei minori a causa delle restrizioni dei diritti legati alla pandemia, compresa la frequenza scolastica. L’idea era quella di promuovere un controllo perché era ragionevole presumere che ci fosse bisogno di aiuto da parte dello Stato. È la scuola ha risposto”. Circa trecento le segnalazioni tra ritiri e frequenza zoppicante.

        “Si è accertato ad esempio che in una serie di casi di alta adolescenza – spiega- c’era già magari una disaffezione. Ma, sino a quando non c’era il Covid, si andava a scuola. La pandemia in alcuni casi è stata la molla per intraprendere altre strade. In altri casi si è accertato che la disaffezione si accompagnava a una situazione personale o familiare di difficoltà. C’è stata l’immediata attivazione del servizi sociali e della stessa procura: un lavoro ancora in corso”. Il nesso tra ritiri e Covid? “Sicuramente la pandemia ha inciso – spiega – la scuola non è solo sapere ma anche garanzia di socialità e quindi possibilità di crescita. Se già il minore arrancava a scuola con la Dad è ragionevole dire che possa avere avuto maggiori difficoltà. Sino a ieri dicevamo di non stare troppo davanti al computer. Ma poi abbiamo detto ai ragazzi di stare davanti al computer”.

        Dalla procura di Sassari altre 323 segnalazioni che hanno portato all’apertura di 306 fascicoli. L’anno prima il tribunale aveva ricevuto solo quattro avvisi in merito. Più studenti, 209, che studentesse, 114. Soprattutto delle superiori, 204. Il resto elementari, 61, e medie, 58. “Dalle indagini socio familiari svolte – spiegano la procuratrice capo Luisella Paola Fenu e la sostituta Roberta Del Giudice – è emerso che molte delle assenze scolastiche erano legate alle indisponibilità da parte dei minori dei supporti informatici necessari per la didattica a distanza.

        Evidentemente il Covid ha aumentato le distanze sociali e le differenze socio economiche. Molti comuni hanno stanziato dei fondi”. È stato anche osservato come in alcuni casi l’assenza dalla scuola fosse legata ad una “fobia del prossimo che ha portato a un progressivo isolamento dei minori. Tanto da indurre i servizi sociali ad attivare non solo una assistenza di tipo domiciliare ma anche psicologica”.

  7. luglio 14, 2021 alle 2:47 PM

    semplicemente un disastro.

    A.N.S.A., 14 luglio 2021
    I ‘danni’ della Dad, 1 su 2 termina la scuola impreparato.
    Rapporto Invalsi, al Sud oltre la metà degli studenti non raggiunge la soglia minima di competenze in Italiano. (https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2021/07/14/i-danni-della-dad-1-su-2-termina-la-scuola-impreparato_d1d292cc-5576-4fdf-916b-ccf7cde643df.html)

    Alle medie il 39% degli studenti non ha raggiunto risultati adeguati in italiano, il dato sale al 45% in matematica. Alle superiori il dato sale rispettivamente al 44% e al 51% con un + 9%. In molte regioni del Sud oltre la metà degli studenti non raggiunge la soglia minima di competenze in Italiano: Campania e Calabria 64%, Puglia 59%, Sicilia 57%, Sardegna 53%, Abruzzo 50%. In Campania il 73% degli studenti è sotto il livello minimo di competenza in matematica, in Sicilia 70%, 69% Puglia.

    Il calo è generalizzato in tutto il Paese e solo la Provincia autonoma di Trento rimane sopra alla media delle rilevazioni del 2018 e del 2019 La quota di studenti sotto il livello minimo cresce di più tra gli studenti socialmente svantaggiati e presumibilmente anche tra quelli immigrati.

    Sono il 9,5%, ovvero oltre 40 mila i giovani di 18-19 anni, coloro escono da scuole senza competenze, impreparati: “sono la metà della città di Ferrara – ha fatto notare Roberto Ricci, responsabile nazionale delle prove Invalsi – un terzo di Modena.

    La bocciatura non cambia le cose, è più funzionale all’organizzazione della scuola che alle competenze. I dati dicono che anche gli studenti che hanno avuto una bocciatura, continuano ad avere esiti sensibilmente più bassi di chi non è stato bocciato, dunque la bocciatura non è la soluzione. La sfida credo sia cercare risposte alternative, che sono già tutte nell’ordinamento vigente, non necessitano di particolari risorse le indicazioni nazionali”.

    “Il tempo che è trascorso – ha concluso il ricercatore – non lo recuperiamo con la bacchetta magica, ma usare questi dati può aiutare a prendere decisioni da calare nella realtà”. La Puglia, ha fatto notare, che per diversi anni è stata citata come esempio in controtendenza incoraggiante, rispetto al resto del sud, si è giocata con la pandemia quel guadagno che aveva accumulato: “questo ci deve dire quanto il miglioramento va coltivato con garbo e affetto, non va deplano, una volta raggiunto”.

    • Riccardo Pusceddu
      luglio 14, 2021 alle 2:05 PM

      Non bisogna sottovalutare anche la composizione etnica del corpo studentesco. Forse il calo di eccellenza scolastica e’ dovuto anche all’influsso di emigrati dal terzo mondo dove, a parte qualche eccezione, il quoziente d’intelligenza medio e’ sensibilmente piu’ basso a quello degli italiani che invece ce n’hanno uno tra i piu’ alti al mondo.
      Altra causa potrebbe farsi risalire al fatto che ovunque e quindi anche in Italia, le persone piu’ intelligenti e di successo fanno meno figli di quelli che non lo sono, con conseguente graduale peggioramento dello stock genetico totale.

    • Riccardo Pusceddu
      luglio 14, 2021 alle 5:20 PM

      Non bisogna sottovalutare anche la composizione etnica del corpo studentesco. Forse il calo di eccellenza scolastica e’ dovuto anche all’influsso di emigrati dal terzo mondo dove, a parte qualche eccezione, il quoziente d’intelligenza medio e’ sensibilmente piu’ basso di quello degli italiani che invece ce n’hanno uno tra i piu’ alti al mondo.
      Altra causa potrebbe farsi risalire al fatto che ovunque e quindi anche in Italia, le persone piu’ intelligenti e di successo fanno meno figli di quelli che non lo sono, con conseguente graduale peggioramento dello stock genetico totale.

      • Mara machtub
        luglio 15, 2021 alle 8:39 am

        Grazie Riccardo. Abbiamo imparato a leggere e non serve rileggere due volte per capire che non siamo d’accordo con te 🙂

      • donatella
        luglio 15, 2021 alle 9:15 am

        Ah, ecco perchè gli Italiani sono così furbi!
        Qualcuno ha sentito mai parlare di un certo Don Milani?

      • Riccardo Pusceddu
        luglio 15, 2021 alle 2:37 PM

        Mai sentito. E chi sarebbe costui?

      • Riccardo Pusceddu
        luglio 15, 2021 alle 2:44 PM

        Per Mara: ce ne sono 2 uguali di commenti perche’ il primo che avevo inviato non appariva nella lista dei commenti e cosi ho pensato di riinviarlo. Solo in un secondo tempo ho scoperto che il primo era arrivato a destinazione.

      • luglio 15, 2021 alle 2:52 PM

        Riccardo, se non sai di che cosa parli, perché ne parli?
        La stragrande maggioranza degli iscritti nelle scuole sarde è di origine locale.
        E dove trovi scritto, in base a quale ricerca, che chi è immigrato in Sardegna ha un quoziente intellettivo inferiore?
        Mah…

        Stefano Deliperi

      • Riccardo Pusceddu
        luglio 15, 2021 alle 4:06 PM

        Veramente io stavo rispondendo al tuo commento di cui sopra che mi pare si riferisse alla situazione in tutta Italia e non solo in Sardegna dove penso anch’io che non vi siano molti studenti del terzo mondo, almeno per ora.
        Per quanto riguarda il quoziente d’intelligenza basta fare una ricerca online sulla variazione di quoziente d’intelligenza su base geografica. I siti che ne trattano riportano piu’ o meno gli stessi dati.

        https://www.google.com/search?q=quoziente+intelletivo+mappa&rlz=1C1GCEA_enGB944GB944&sxsrf=ALeKk03h_l9yvasRkAPH_zbq2CZ0H80XWg%3A1626357438541&ei=vj7wYNi8IJCU8gK-oo74Bw&oq=quoziente+intelletivo+mappa&gs_lcp=Cgdnd3Mtd2l6EAMyBAgAEBMyCggAEAgQDRAeEBM6BwgAEEcQsAM6BAgjECc6BggAEBYQHjoHCCMQ6gIQJzoFCAAQkQI6CwguEMcBEK8BEJECOgUILhCxAzoCCC46CwguELEDEMcBEKMCOgUIABCxAzoICAAQsQMQgwE6CAguELEDEIMBOgIIADoECAAQQzoICAAQsQMQkQI6BwgAELEDEEM6CggAELEDEIMBEEM6BAguEEM6BAgAEAo6BAguEAo6BwgAELEDEAo6CAgAEBYQChAeOgQIABANOgYIABANEB5KBAhBGABQ-lNYt7gBYNS7AWgEcAJ4A4ABhgGIAa8YkgEEMzkuM5gBAKABAaoBB2d3cy13aXqwAQrIAQjAAQE&sclient=gws-wiz&ved=0ahUKEwjYk5vLneXxAhUQilwKHT6RA38Q4dUDCA4&uact=5

        Infine la mia affermazione che gli immigrati del terzo mondo in Italia abbiano in media un QI inferiore a quello degli italiani, si tratta solo di una constatazione basata sulla logica, in quanto non credo che solo quelli piu’ intelligenti arrivino in Italia. Magari la media nel QI dei migranti e’ un po’ piu’ alta che la media delle popolazioni dai quali provengono, perche’ comunque anche per immigrare ci vuole un’intelligenza minima.

      • luglio 15, 2021 alle 7:27 PM

        ..ma la cosa non cambia se ci riferiamo a tutta Italia: ma dove sta scritto che “gli immigrati del terzo mondo in Italia abbiano in media un QI inferiore a quello degli italiani”?
        Ma per carità…
        Comunque, per chi volesse approfondire vds. Differenze di quoziente intellettivo nelle popolazioni (Stefano Spina): https://www.biopills.net/differenze-quoziente-intellettivo-popolazioni/

        Stefano Deliperi

      • Riccardo Pusceddu
        luglio 19, 2021 alle 12:59 am

        Un laureando in psicologia che pensa di saperne di piu’ di James Watson, lo scopritore del DNA?
        Ma “per carita’” lo dico io invece!!!
        Le razze non esistono? Ma per carita’!
        Gli studi sui gemelli che dimostrerebbero la preponderanza dell’ambiente sui geni? Ma per carita’!
        Il Flynn effect che ancora non e’ scemato? Ma per carita’!
        I fattori epigenetici importanti quanto quelli genetici? Ma per carita’ di Dio!!!
        Ci mancava solo che Stefano Spina tirasse in ballo anche Lewontin!!!

      • luglio 19, 2021 alle 6:39 am

        …sei sulla buona strada, già percorsa da tanti tizi a passo sincrono dietro un tamburino

      • Riccardo Pusceddu
        luglio 19, 2021 alle 3:50 PM

        Ecco, ci mancava pure l’accusa di razzismo! Chiunque veda che le razze (o chiamamole etnie, popolazioni, gruppi etnici o quantaltro, il concetto non cambia) non sono un’illusione ottica e’ un razzista.
        I chirughi con le loro analisi per stabilire la compatibilita’ dei tessuti prima del trapianto: razzisti.
        Quelli che fanno i test del DNA per stabilire la provenienza geografica dei geni: razzisti.
        La polizia quando compila il profilo etnico dei sospettati: razzisti (ma solo se bianchi).
        I censimenti di popolazione quando sottopongono domande sul gruppo etnico di appartenenza: ancora razzisti.

      • luglio 19, 2021 alle 4:09 PM

        sei tu che parli di “razze”, quando esistono al massimo i “fenotipi”.

        Stefano Deliperi

      • Riccardo Pusceddu
        luglio 19, 2021 alle 5:46 PM

        I fenotipi sono l’espressione dei genotipi, quindi dei geni con la piccola eccezione di quelli recessivi e di quelli metilati epigeneticamente.
        Io parlo di razze ma non nel senso che si dava ad esse all’epoca del Nazismo, ovvero non esistono razze pure ma sicuramente esistono razze disinte che sono il risultato di isolamento geografico e di ibridazioni varie con popolazioni distinte.

      • luglio 19, 2021 alle 6:10 PM

        “razza” vuol dire “razza” e non può riferirsi alla specie umana. Punto e basta.

        Buona serata 🙂

        Stefano Deliperi

  8. Riccardo Pusceddu
    luglio 19, 2021 alle 11:33 PM

    Ma perche’ hai cosi paura di una parola che descrive cosi bene la realta’ e gli conferisci un significato cosi’ negativo solo perche’ e’ stata usata dai nazisti?
    Le pistole non sono sempre diaboliche se a usarle sono le persone giuste e io non sono un nazista.
    E si fa piu’ danno con parole apparentemente buone come “comunismo” quando vanno invece contro la natura umana come ci ha insegnato Stalin che sicuramente non era un razzista incallito come Hitler ma ha ucciso molta piu’ gente di Hitler nel nome di una presunta uguaglianza tra lavoratori veri o potenziali.
    E poi c’e’ gente come Churchill che predicava bene ma razzolava molto male e ha finito coll’essere co-responsabile della morte di milioni di ebrei e di europei di tutte le razze.

    • luglio 20, 2021 alle 6:23 am

      nessuna paura della parola “razzismo”, è semplicemente sbagliata nel contesto. Fuori luogo. Buona giornata.

      Stefano Deliperi

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