Energie rinnovabili, i paraocchi di Legambiente.

La petizione Si all’energia rinnovabile, no alla speculazione energetica! si firma qui.
Nel suo rapporto Scacco matto alle rinnovabili 2025, Legambiente, come di consueto, descrive la sua pretesa realtà della transizione energetica in Italia, fa considerazioni e da pagelle in base ai suoi desideri.
Una visione incentrata sul via libera alla realizzazione di tutte le centrali produttive di energia elettrica da fonti rinnovabili senza se e senza ma. Visione legittima, sebbene piuttosto assurda e assolutamente non condivisibile.
L’avremmo lasciata lì dov’è, se non avesse così affermato:
“Petizione particolare è quella partita in Sardegna dal Grig, gruppo d’intervento giuridico, associazione che nel nome della tutela ambientale e la salvaguardia dell’identità territoriale contro la speculazione delle rinnovabili chiede addirittura una moratoria nazionale con blocco di tutte le autorizzazioni esistenti in Italia al momento”.
Le posizioni del Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) – insieme a migliaia di associazioni e comitati ambientalisti, piccoli e grandi, analogamente a centinaia di amministratori pubblici di ogni livello – in materia sono semplicemente antitetiche: siamo a favore della transizione energetica dalle fonti fossili tradizionali (petrolio, carbone, gas naturale), ma siamo radicalmente contrari alla speculazione energetica disinvoltamente ignorata da Legambiente e non abbiamo mai chiesto il “blocco di tutte le autorizzazioni esistenti in Italia al momento”, ma semplicemente lo stop alle migliaia di arrembanti progetti presentati e non approvati.
Siamo in assenza di una reale e concreta pianificazione energetica e territoriale: quanta energia serve davvero, quali metodologie privilegiare in quanto meno impattanti, individuare aree idonee e non idonee su tutto il territorio nazionale.
Sono questi i punti fondamentali della petizione popolare Si all’energia rinnovabile, no alla speculazione energetica! indirizzata al Governo nazionale, che ha ormai raggiunto i ventunmila sottoscrittori.

Fra le migliaia di sottoscrizioni, quelle di personalità della cultura impegnate nella tutela del Bel Paese (fra queste Caterina Bon Valsassina, dirigente del Ministero della Cultura e Direttrice dell’Istituto Centrale del Restauro, Margherita Eichberg, Soprintendente per Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Provincia di Viterbo e l’Etruria Meridionale, Gino Famiglietti, dirigente del Ministero della Cultura), archeologi (fra loro Carlo Tronchetti, Angela Antona, Margherita Corrado), uomini di scienza (come l’antropologa Maria Gabriella Da Re, lo psicoterapeuta Alberto Schön, il biologo ed etologo Sandro Lovari), personalità impegnate nella società, in politica e nell’economia, come Renato Soru, Vannozza Della Seta, Cesare Baj, anche personaggi dello spettacolo, come l’attrice Caterina Murino e la notissima cantante Nada, impegnata da tempo per contrastare la speculazione energetica nella sua Maremma.
Soprattutto migliaia e migliaia di cittadini che vogliono esser ascoltati.
La cosa buffa è che sono parecchi i soci e le realtà locali di Legambiente che segnalano scempi e rischi ambientali, anche relativi a impianti produttivi di energie rinnovabili, al vituperato GrIG, che, naturalmente, li ascolta.
Il sacrosanto passaggio all’utilizzo delle fonti di energia rinnovabile (sole, vento, acqua) dalle fonti fossili tradizionali (carbone, petrolio, gas naturale) in assenza di alcuna seria pianificazione e anche di semplice buon senso sta favorendo le peggiori iniziative di speculazione energetica.
Il fenomeno della speculazione energetica, oltre che in Sardegna, è pesantemente presente in modo particolare nella Tuscia, in Puglia, nella Maremma, in Sicilia, sui crinali appennnici.
In tutto il territorio nazionale le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a. (gestore della rete elettrica nazionale) al 31 dicembre 2024 risultano complessivamente ben 6.071, pari a 348,62 GW di potenza, suddivisi in 3.881 richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare per 152,21 GW (43,66%), 2.057 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra per 109,94 GW (31,53%) e 133 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a mare 86,48 GW (24,81%).
La Soprintendenza speciale per il PNRR, organo del Ministero della Cultura, dopo approfondite valutazioni, ha evidenziato in modo chiaro e netto che “è in atto una complessiva azione per la realizzazione di nuovi impianti da fonte rinnovabile (fotovoltaica/agrivoltaica, eolico onshore ed offshore) … a livello nazionale, ove le richieste di connessione alla RTN per nuovi impianti da fonte rinnovabile ha raggiunto il complessivo valore di circa 328 GW rispetto all’obiettivo FF55 al 2030 di 70 GW” (nota Sopr. PNRR prot. n. 51551 del 18 marzo 2024), cioè 4,7 volte l’obiettivo previsto a livello europeo.
No, non si può sfasciare il Bel Paese senza se e senza ma senza alcun reale vantaggio per il contrasto ai cambiamenti climatici, come giustamente afferma il Giudice amministrativo Paolo Carpentieri: “Prima di distruggere i nostri paesaggi … dovremmo riflettere bene e a lungo su cosa sta accadendo nel mondo e su quali possano essere le risposte reali e vere al mutamento climatico”.
Il Consiglio di Stato l’ha ricordato in questi giorni con la sentenza Sez. IV, 5 marzo 2025, n. 1872.
Gli unici che guadagneranno in ogni caso saranno le società energetiche, che – oltre ai certificati verdi d’un tempo e alla relativa commerciabilità, nonchè agli altri incentivi – beneficiano degli effetti economici diretti e indiretti del dispacciamento, il processo strategico fondamentale svolto da Terna s.p.a. per mantenere in equilibrio costante la quantità di energia prodotta e quella consumata in Italia: In particolare, riguardo gli impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili, “se necessario, Terna invia specifici ordini per ridurre o aumentare l’energia immessa in rete alle unità di produzione”, ma l’energia viene pagata pur non utilizzata. I costi del dispacciamento sono scaricati sulle bollette degli Italiani.
Inoltre, la Commissione europea – su richiesta del Governo Italiano – ha recentemente approvato (4 giugno 2024) un regime di aiuti di Stato “volto a sostenere la produzione di un totale di 4 590 MW di nuova capacità di energia elettrica a partire da fonti rinnovabili”. In particolare, “il regime sosterrà la costruzione di nuove centrali utilizzando tecnologie innovative e non ancora mature, quali l’energia geotermica, l’energia eolica offshore (galleggiante o fissa), l’energia solare termodinamica, l’energia solare galleggiante, le maree, il moto ondoso e altre energie marine oltre al biogas e alla biomassa. Si prevede che le centrali immetteranno nel sistema elettrico italiano un totale di 4 590 MW di capacità di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. A seconda della tecnologia, il termine per l’entrata in funzione delle centrali varia da 31 a 60 mesi”.
Il costo del regime di aiuti in favore delle imprese energetiche sarà pari a 35,3 miliardi di euro e, tanto per cambiare, sarà finanziato “mediante un prelievo dalle bollette elettriche dei consumatori finali”.
Un’overdose di energia potenziale che non potrebbe esser nemmeno esser consumata. Significa energia che dovrà esser pagata dal gestore unico della Rete (cioè soldi che usciranno dalle tasse dei contribuenti).
In tutta Italia, fra le aree idonee dovrebbero esser individuate le zone industriali e quelle già degradate, mentre dovrebbe esser privilegiata e incentivata la soluzione relativa al posizionamento di pannelli fotovoltaici sui tetti di edifici pubblici, capannoni, aziende, edifici privati, ecc.
Sarebbe più che sufficiente per le necessità energetiche nazionali.
Si rammenta che lo studio ENEA pubblicato sulla Rivista Energies (N. Calabrese, D. Palladino, Energy Planning of Renewable Energy Sources in an Italian Context: Energy Forecasting Analysis of Photovoltaic Systems in the Residential Sector, 27 marzo 2023) afferma che per sopperire ai fabbisogni energetici dell’intero patrimonio residenziale italiano basterebbe realizzare pannelli fotovoltaici sul 30% dei tetti a uso abitativo.
Per esempio, come afferma e certifica l’I.S.P.R.A. (vds. Report Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici. Edizione 2023, Report n. 37/202)), è molto ampia la superficie potenzialmente disponibile per installare impianti fotovoltaici sui tetti, considerando una serie di fattori che possono incidere sulla effettiva disponibilità di spazio (presenza di comignoli e impianti di condizionamento, ombreggiamento da elementi costruttivi o edifici vicini, distanza necessaria tra i pannelli, esclusione dei centri storici).
Dai risultati emerge che la superficie netta disponibile può variare da 757 a 989 km quadrati. In sostanza, si spiega, “ipotizzando tetti piani e la necessità di disporre di 10,3 m2 per ogni kW installato, si stima una potenza installabile sui fabbricati esistenti variabile dai 73 ai 96 GW”. A questa potenza, evidenziano i ricercatori dell’ISPRA, si potrebbe aggiungere quella installabile in aree di parcheggio, in corrispondenza di alcune infrastrutture, in aree dismesse o in altre aree impermeabilizzate; “ipotizzando che sul 4% dei tetti sia già installato un impianto, si può concludere che, sfruttando gli edifici disponibili, ci sarebbe posto per una potenza fotovoltaica compresa fra 70 e 92 GW”. Energia producibile senza particolari impatti ambientali e conflitti sociali.
Ma è poi vero quanto afferma Legambiente?
E’ vero che ”l’Italia … rischia di arrivare agli obiettivi del 2030 con ben 8,1 anni di ritardo”?
Paolo Arrigoni, è il Presidente del Gestore Servizi Energetici (G.S.E.), “società del Ministero dell’Economia e delle Finanze che in Italia promuove lo sviluppo sostenibile attraverso l’incentivazione delle fonti rinnovabili, dell’efficienza energetica e della mobilità sostenibile”, pensiamo che ne sappia più di Legambiente ed è molto chiaro nelle sue affermazioni: la crescita delle installazioni di impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili in Italia è forte ed è innegabile.
“Tra gennaio e agosto di quest’anno (2024, n.d.r.) in Italia sono stati installati ulteriori 5 gigawatt di capacità provenienti da impianti fotovoltaici, tecnologia che si conferma trainante sul fronte delle rinnovabili. A fine 2023, infatti, su complessivi 67 gigawatt di capacità installata, 30,3 provenivano dal fotovoltaico, 23 dall’idroelettrico e 12 dall’eolico”. Non solo, “il trend dell’installazione è positivo se verifichiamo gli ultimi 4 anni, ma soprattutto ci sono tanti strumenti … tutti i gestiti dal Gse, che hanno dei contingenti che assommati vanno ben oltre l’obiettivo 2030”.

Capito? “ben oltre l’obiettivo 2030”.
Solo gli sprovveduti per il clima e i mezzi di informazione acritici possono parlare di guerra in corso alle energie rinnovabili in Italia.
La guerra – sacrosanta e doverosa per chiunque abbia un po’ di buon senso – è contro la speculazione energetica arrembante nel povero Bel Paese.
Ribadiamo ancora una volta la nostra proposta: dopo aver quantificato il quantitativo di energia elettrica realmente necessario a livello nazionale, sarebbe cosa ben diversa se fosse lo Stato a pianificare in base ai reali fabbisogni energetici le aree a mare e a terra dove installare gli impianti eolici e fotovoltaici e, dopo coinvolgimento di Regioni ed Enti locali e svolgimento delle procedure di valutazione ambientale strategica (V.A.S.), mettesse a bando di gara i siti al migliore offerente per realizzazione, gestione e rimozione al termine del ciclo vitale degli impianti di produzione energetica.
In realtà, la prima cosa necessaria, a breve termine, sarebbe una moratoria nazionale (non regionale, già dichiarata costituzionalmente illegittima con sentenza Corte cost. n. 27/2023), una sospensione di qualsiasi autorizzazione per nuovi impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili.
E’ ora che ciascuno di noi faccia sentire la sua voce: firma, diffondi e fai firmare la petizione popolare Si all’energia rinnovabile, no alla speculazione energetica! .
Ormai siamo ventunmila ad averlo già fatto.
Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)
(foto AFP Photo/Ted Aljibe – Il Corriere della Sera, Google Earth, da mailing list ambientalista, S.D., archivio GrIG)








Questa pur ottima, condivisibile e approfondita disamina, difetta dell’accettazione dell’ evoluzione dinamica, concretamente popolare e realmente pragmatica della lingua italiana. Ormai infatti il linguaggio aulico e propositivo degli anni ’60, quello con la L per esempio, si e’ involuto in un arrogante arrivismo sviluppista speculativo che giustamente ormai la lingua parlata esprime sinteticamente ed efficacemente con la N. 🤷♂️
😂
solo per comprendere le dimensioni del “problema”. Nel 2023 la Cina ha emesso 15.943,99 milioni di tonnellate di CO2 equivalente (in sistematica crescita dal 1990, + 411%), il 30% delle emissioni globali mondiali, l’Italia ha emesso 374,12 milioni di tonnellate di CO2 equivalente (in drastica diminuzione dal 1990, – 27%), lo 0,71% delle emissioni globali mondiali.
L’International Energy Agency (IEA), nel World Energy Outlook del 2023, sottolinea come il governo cinese preveda di arrivare al picco delle emissioni nel 2030, per cui non possiamo che prevedere ulteriori aumenti delle emissioni cinesi di CO2.
E’ ben chiara la follìa di chi vorrebbe in Italia una transizione energetica votata al proliferare senza se e senza ma di centrali eoliche, centrali fotovoltaiche, centrali a biomassa in spregio a qualsiasi salvaguardia del territorio: e anche se l’Italia scendesse allo 0,5% delle emissioni globali mondiali di CO2 per la nostra Terra non cambierebbe un fico secco.
E ha ragione da vendere il magistrato Paolo Carpentieri con il suo forte richiamo al buon senso che dovrebbe guidarci tutti nella transizione ecologica ed energetica: “…è del tutto inutile auto-distruggere qui e ora, subito, i nostri paesaggi, coprendoli di pale eoliche e di campi fotovoltaici, mentre il resto del mondo non fa nulla (anzi, continua a crescere con un’esplosione demografica fuori controllo). È come voler svuotare il mare con un cucchiaino.”.
Per questi motivi, a puro titolo d’esempio, è semplicemente criminale voler assediare la reggia nuragica di Barumini con cinque centrali eoliche e svariate centrali fotovoltaiche, per non parlare della Sardegna inquinatrice d’Italia, una fesseria buona solo per chi si rifiuta di ragionare.
da La Stampa, 7 marzo 2025
IL REPORT. La metà delle emissioni di CO2 a livello mondiale è prodotto da sole 36 aziende.
Secondo i dati di Carbon Majors Se la compagnia petrolifera Saudi Aramco fosse un paese, sarebbe il quarto maggiore inquinatore al mondo, dopo Cina, Stati Uniti e India.
La metà delle emissioni di CO2 a responsabili del riscaldamento globale proviene dai combustibili fossili prodotti da sole 36 aziende. (https://www.lastampa.it/economia/2025/03/07/news/inquinamento_emissioni_co2_mondiali-15040020/)
Il rapporto di Carbon Majors ha evidenziato che le 36 principali aziende di combustibili fossili, tra cui Saudi Aramco, Coal India, ExxonMobil, Shell e numerose aziende cinesi, hanno prodotto carbone, petrolio e gas responsabili di oltre 20 miliardi di tonnellate di emissioni di CO2 nel 2023.
Se la compagnia petrolifera Saudi Aramco fosse un paese, sarebbe il quarto maggiore inquinatore al mondo, dopo Cina, Stati Uniti e India. ExxonMobil, invece, è responsabile di emissioni simili a quelle della Germania, il nono maggiore inquinatore al mondo. Con l’accordo di Parigi, l’obiettivo fissato a livello internazionale vuole che le emissioni globali si riducano del 45% entro il 2030 se si vuole avere una possibilità concreta di limitare l’aumento della temperatura a 1,5°C. Tuttavia, le emissioni continuano a crescere, accelerando i fenomeni climatici estremi che stanno causando vittime e danni in tutto il pianeta.
L’Agenzia Internazionale per l’Energia ha affermato che i nuovi progetti di combustibili fossili avviati dopo il 2021 sono incompatibili con l’obiettivo di raggiungere emissioni zero entro il 2050. La maggior parte delle 169 aziende nel database Carbon Majors ha aumentato le proprie emissioni nel 2023, l’anno più caldo mai registrato.
«Queste aziende continuano a rendere il mondo dipendente dai combustibili fossili senza alcun piano per rallentare la produzione», ha dichiarato Christiana Figueres, ex responsabile del clima delle Nazioni Unite durante l’adozione dell’accordo di Parigi nel 2015. «La scienza è chiara: non possiamo tornare indietro verso l’uso di più combustibili fossili e maggiore estrazione. Dobbiamo invece andare avanti verso le molteplici opportunità offerte da un sistema economico decarbonizzato che funzioni per le persone e per il pianeta».
Emmett Connaire, di InfluenceMap, il think tank che ha prodotto il rapporto Carbon Majors, ha dichiarato: «Nonostante gli impegni globali sul clima, un ristretto gruppo composto dalle più grandi aziende produttrici di combustibili fossili sta aumentando significativamente la produzione e le emissioni. La ricerca evidenzia l’impatto sproporzionato che queste aziende hanno sulla crisi climatica e supporta gli sforzi per far rispettare la responsabilità delle imprese».
https://datawrapper.dwcdn.net/pK05B/2/
Un portavoce di Shell ha affermato: «Shell è impegnata a diventare un’azienda energetica a emissioni zero entro il 2050. I nostri investimenti in nuove tecnologie stanno contribuendo a ridurre le emissioni, sia per Shell che per i nostri clienti».
I dati di Carbon Majors sono stati utilizzati come prova a sostegno di leggi approvate negli Stati di New York e Vermont, che chiedono risarcimenti alle aziende di combustibili fossili per i danni causati dal cambiamento climatico. I dati sono stati anche citati da gruppi legali come supporto per potenziali accuse penali contro i dirigenti delle aziende di combustibili fossili e in azioni normative, come nel caso della denuncia di ClientEarth contro BlackRock per aver fuorviato gli investitori.
Il rapporto Carbon Majors calcola le emissioni rilasciate dalla combustione di carbone, petrolio e gas prodotti da 169 aziende principali nel 2023. Il database include anche le emissioni derivanti dalla produzione di cemento, che sono aumentate del 6,5% nel 2023.Più di 1200 super fughe di metano dalle discariche di tutto il mondo, gli esperti: “Entro il 2050 raddoppieranno, sarà una catastrofe”
Le 36 aziende responsabili di metà delle emissioni globali nel 2023 comprendono imprese statali come China Energy, la National Iranian Oil Company, la russa Gazprom e la UAE’s Adnoc. Le aziende private in questo gruppo includono Petrobras, con sede in Brasile, ed Eni, dall’Italia.Il dominio delle imprese statali
Su 36 aziende, la maggior parte sono statali: sul totale sono 25. Dieci di queste si trovano in Cina, il paese più inquinante al mondo. Il carbone ha rappresentato il 41% delle emissioni registrate nel 2023, il petrolio il 32%, il gas il 23% e il cemento il 4%.
Il dataset di Carbon Majors include anche le emissioni storiche dal 1854 al 2023. Mostra che due terzi delle emissioni di carbonio da combustibili fossili dall’era della Rivoluzione Industriale provengono da 180 aziende, 11 delle quali non esistono più.
Kumi Naidoo, presidente dell’Iniziativa per il Trattato di Non Proliferazione dei Combustibili Fossili, ha dichiarato: «Stiamo vivendo un momento cruciale nella storia dell’umanità. È fondamentale che i governi intervengano e usino la loro autorità per fermare la causa principale della crisi che stiamo affrontando: l’espansione dei combustibili fossili».
ecco.
A.N.S.A., 10 marzo 2025
Pretende tangente da Italgas, arrestato dirigente comunale.
In manette ingegnere di Sestu nel Cagliaritano: https://www.ansa.it/sardegna/notizie/2025/03/10/pretende-tangente-da-italgas-arrestato-dirigente-comunale_7d2e755b-129a-47e4-b637-f036c24c5243.html
Troppi interessi ruotano sulle cosidette “rinnovabili”.