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Quali normative di tutela del territorio in caso di venuta meno della legge regionale sarda sulle aree idonee e non idonee per l’installazione degli impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili?


Massiccio dei Sette Fratelli, Tomba dei Giganti di Is Concias

La petizione Si all’energia rinnovabile, no alla speculazione energetica! si firma qui.

Mentre l’Amministrazione regionale Todde sta individuando puntualmente le aree idonee e inidonee per l’installazione di impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili, pur avendo a disposizione ampia, esaustiva e ben nota cartografia digitale disponibile in https://www.sardegnageoportale.it/, una domanda vien spesso posta: che cosa accadrebbe nel caso in cui la Corte costituzionale dichiarasse l’illegittimità costituzionale della legge regionale Sardegna n. 20/2024 di individuazione delle aree idonee e non idonee per l’installazione di impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili?

Ricordiamo, infatti, che il ricorso governativo n. 8 del 2025 ne ha chiesto la declaratoria di illegittimità costituzionale (art. 127 Cost.) per supposta violazione delle competenze esclusive statali in tema di anergia e ambiente.

L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) ritiene che, in una situazione come quella attuale di assenza di concreta ed efficace pianificazione energetica e territoriale a livello nazionale, la disciplina adottata dalla legge regionale Sardegna n. 20/2024 possa costituire un argine alla speculazione energetica in stile Far West che sta ponendo in pericolo i valori ambientali, naturalistici, storico-culturali e identitari dell’Isola senza nemmeno risolvere il problema della decarbonizzazione, ma potendo ben consentire il raggiungimento degli obiettivi in materia fissati a livello nazionale ed europeo.  

Roma, Palazzo Chigi, sede della Presidenza del Consiglio dei Ministri

Per tali motivi il GrIG in qualità di Amicus Curiae, ha inviato (14 marzo 2025) una memoria alla Corte costituzionale in sostegno alla legge regionale Sardegna n. 20/1994.

E’ ben noto che la giurisprudenza costituzionale sia estremamente chiara nell’attribuire allo Stato l’emanazione dei principi fondamentali della materia “energia”, fra cui le disposizioni in materia di individuazione di aree idonee e non idonee per l’ubicazione degli impianti, la predisposizione di un’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio dei medesimi impianti, previa intesa in sede di Conferenza Stato – Regioni – Province autonome (vds. sentenza Corte cost. n. 27/2023sentenza Corte cost. n. 11/2022;  sentenza Corte cost. n. 177/2021sentenza Corte cost. n. 106/2020) e l’abbia recentemente ribadito con la sentenza Corte cost. n. 28 dell’11 marzo 2025 che ha dichiarato illegittima la legge regionale Sardegna n. 5/2024, contenente la moratoria temporanea degli impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili in palese contrasto con l’art. 20, comma 6°, del decreto legislativo n. 199/2021, secondo cui “nelle more dell’individuazione delle aree idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione”.  

Analoga sorte avrebbe, se fosse approvata, la proposta di legge popolare denominata Pratobello ’24, contenente addirittura (art. 3) una moratoria sine die.

Cagliari, Viale Trento, sede della Regione autonoma della Sardegna

Come ampiamente prevedibile e previsto, l’abrogazione della legge regionale Sardegna n. 5/2024 ha aperto la strada a pretese risarcitorie da parte di Imprese energetiche a cui era stata inibita l’autorizzazione per la realizzazione e l’esercizio di impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili (T.A.R. Sardegna, Sez. II, 1 aprile 2025, n. 282).

Ma cosa accadrebbe se anche la legge regionale Sardegna n. 20/2024 venisse dichiarata in tutto o in parte illegittima?

Innanzitutto sarebbe necessario verificare il tenòre della pronuncia della Corte costituzionale.

Qualora venisse meno l’individuazione delle aree idonee e inidonee all’ubicazione impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili, rimarrebbe comunque l’obbligo di provvedere con specifica legge regionale in base ai criteri enunciati dal Giudice delle Leggi, così come previsto dall’art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 e s.m.i. e dal D.M. 21 giugno 2024.

Rimarrebbero, in ogni caso, applicabili le altre discipline di salvaguardia del territorio.

piano paesaggistico regionale (P.P.R.), Baratz e Porto Ferro

In primo luogo, è bene ricordare che in Sardegna fin dall’entrata in vigore del piano paesaggistico regionale (P.P.R. – 1° stralcio costiero, esecutivo con D.P.RAS n. 82 del 7 settembre 2006), “negli ambiti di paesaggio costieri …  è comunque vietata la realizzazione di centrali eoliche e di trasporto di energia di superficie” (art. 112 delle N.T.A.). 

Inoltre, trovano applicazione i vincoli temporanei vigenti fino all’adozione delle norme d’individuazione delle aree idonee e inidonee all’ubicazione di impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili: l’art. 6, comma 1°, del decreto-legge n. 50/2022, convertito con modificazioni e integrazioni nella legge n. 91/2022, in relazione all’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili ha individuato una “fascia di rispetto … determinata considerando una distanza dal perimetro di beni sottoposti a tutela di sette chilometri per gli impianti eolici e di un chilometro per gli impianti fotovoltaici”. Successivamente, con l’art. 47, comma 1°, del decreto-legge n. 13/2023, convertito con modificazioni e integrazioni nella legge n. 41/2023, la fascia di tutela è stata ridotta a “tre chilometri” per gli impianti eolici e a “cinquecento metri” per gli impianti fotovoltaici. 

centrale eolica

Si tratta di fasce di rispetto dal limite delle zone tutelate con vincolo culturale (artt. 10 e ss. del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) e/o con vincolo paesaggistico/ambientale (artt. 136 e ss. e 142 del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), per cui è fondamentale, per esempio, l’incremento dei provvedimenti di vincolo culturale da parte del Ministero della Cultura in presenza di beni di proprietà privata (vds. T.A.R. Sardegna, Sez. I, 29 maggio 2024, n. 414).

Inoltre, non possono esser destinati legittimamente a sede di impianti energetici le aree appartenenti ai demani civici (legge n. 1766/1927 e s.m.i.legge n. 168/2017 e s.m.i.regio decreto n. 332/1928 e s.m.i.), perchè il regime giuridico delle terre collettive “resta quello dell’inalienabilità, dell’indivisibilità, dell’inusucapibilità e della perpetua destinazione agro-silvo-pastorale” (art. 3, comma 3°, della legge n. 168/2017 e s.m.i.).

Nuraghe e rottami

L’importanza delle normative di tutela del territorio è fondamentale alla luce delle dimensioni della speculazione energetica in assenza di qualsiasi realistica pianificazione di settore: qualche sintetica considerazione sulla speculazione energetica in corso in Italia è stata svolta da tempo autorevolmente dalla Soprintendenza speciale per il PNRR, che, dopo approfondite valutazioni, ha evidenziato in modo chiaro e netto: “… è in atto una complessiva azione per la realizzazione di nuovi impianti da fonte rinnovabile (fotovoltaica/agrivoltaica, eolico onshore ed offshore) … tanto da prefigurarsi la sostanziale sostituzione del patrimonio culturale e del paesaggio con impianti di taglia industriale per la produzione di energia elettrica oltre il fabbisogno … previsto … a livello nazionale, ove le richieste di connessione alla RTN per nuovi impianti da fonte rinnovabile ha raggiunto il complessivo valore di circa 328 GW rispetto all’obiettivo FF55 al 2030 di 70 GW” (nota Sopr. PNRR prot. n. 51551 del 18 marzo 2024)”.

Qui siamo alla reale sostituzione paesaggistica e culturale, alla sostituzione economico-sociale, alla sostituzione identitaria.  

centrale agrivoltaica

In tutto il territorio nazionale le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a. (gestore della rete elettrica nazionale) al 28 febbraio 2025 risultano complessivamente ben 6.110, pari a 354,80 GW di potenza, suddivisi in 3.874 richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare per 153,213 GW (43,19%), 2.051 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra per 109,77 GW (30,94%) e 131 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica  a mare 88,59 GW (24,97%). Poche richieste (in tutto 54 per 3,22 GW, 0,92%) per idroelettrico, geotermico e biomasse.

Nella sola Sardegna, le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a. (gestore della rete elettrica nazionale) al 28 febbraio 2025 risultano complessivamente ben 756, pari a 54,04 GW di potenza, suddivisi in 493 richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare per 20,60 GW (38,12%), 230 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra per 15,96 GW (29,53%) e 32 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica  a mare 17,47 GW (32,34%). Una sola richiesta, per 0,01 GW di potenza (0,01%) per idroelettrico, nessuna per geotermico e biomasse.

54,04 GW significa 28 volte gli impianti oggi esistenti in Sardegna, aventi una potenza complessiva di 1,93 GW (i 1.926 MW esistenti, di cui 1.054 MW di energia eolica a terra + 872 di energia solare fotovoltaica, dati Terna, 2021), significa 8,7 volte l’aumento di produzione al 2030 (6,2 GW) richiesto dal D.M. 21 giugno 2024.

Assemini, Macchiareddu, centrale eolica

Significa un’overdose di energia che non potrebbe esser consumata sull’Isola (che già oggi ha circa il 38% di energia prodotta in più rispetto al proprio fabbisogno), non potrebbe esser trasportata verso la Penisola (quando entrerà in funzione il Thyrrenian Link la potenza complessiva dei tre cavidotti sarà di circa 2 mila MW), non potrebbe esser conservata (a oggi gli impianti di conservazione approvati sono molto pochi e di potenza estremamente contenuta).

Significa energia che dovrà comunque esser pagata dal gestore unico della Rete (cioè soldi che usciranno dalle tasse dei contribuenti) per la gioia degli imprenditori energetici.

Uno degli aspetti particolarmente critici è proprio la mancanza di informazione sui reali costi della speculazione energetica.

centrale eolica a mare

Gli unici che guadagnano in ogni caso sono le società energetiche, che – oltre ai passati certificati verdi e alla relativa commerciabilità, nonchè agli altri incentivi – beneficiano degli effetti economici diretti e indiretti del dispacciamento, il processo strategico fondamentale svolto da Terna s.p.a. per mantenere in equilibrio costante la quantità di energia prodotta e quella consumata in Italia: In particolare, riguardo gli impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili, “se necessario, Terna invia specifici ordini per ridurre o aumentare l’energia immessa in rete alle unità di produzione”, ma l’energia viene pagata pur non utilizzata.

 I costi del dispacciamento sono scaricati sulle bollette degli Italiani.

Inoltre, la Commissione europea – su richiesta del Governo Italiano – ha recentemente approvato (4 giugno 2024) un regime di aiuti di Stato “volto a sostenere la produzione di un totale di 4 590 MW di nuova capacità di energia elettrica a partire da fonti rinnovabili”.   In particolare, “il regime sosterrà la costruzione di nuove centrali utilizzando tecnologie innovative e non ancora mature, quali l’energia geotermica, l’energia eolica offshore (galleggiante o fissa), l’energia solare termodinamica, l’energia solare galleggiante, le maree, il moto ondoso e altre energie marine oltre al biogas e alla biomassa. Si prevede che le centrali immetteranno nel sistema elettrico italiano un totale di 4 590 MW di capacità di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. A seconda della tecnologia, il termine per l’entrata in funzione delle centrali varia da 31 a 60 mesi”.

Il costo del regime di aiuti in favore delle imprese energetiche sarà pari a 35,3 miliardi di euro e, tanto per cambiare, sarà finanziato “mediante un prelievo dalle bollette elettriche dei consumatori finali”.

Insomma, siamo all’overdose di energia producibile da impianti che servono soltanto agli speculatori energetici.

Decisamente poco prese in considerazione alternative ben più democratiche di diffusa produzione energetica in assenza di conflittualità.

In tutta Italia, fra le aree idonee dovrebbero esser individuate le zone industriali e quelle già degradate, mentre dovrebbe esser privilegiata e incentivata la soluzione relativa al posizionamento di pannelli fotovoltaici sui tetti di edifici pubblici, capannoni, aziende, edifici privati, ecc.    

Sarebbe più che sufficiente per le necessità energetiche nazionali.

Si rammenta che lo studio ENEA pubblicato sulla Rivista Energies (N. Calabrese, D. Palladino, Energy Planning of Renewable Energy Sources in an Italian Context: Energy Forecasting Analysis of Photovoltaic Systems in the Residential Sector, 27 marzo 2023) afferma che per sopperire ai fabbisogni energetici dell’intero patrimonio residenziale italiano basterebbe realizzare pannelli fotovoltaici sul 30% dei tetti a uso abitativo.

tetti fotovoltaici

Inoltre, come afferma e certifica l’I.S.P.R.A. (vds. Report Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici. Edizione 2023, Report n. 37/2023), è molto ampia la superficie potenzialmente disponibile per installare impianti fotovoltaici sui tetti, considerando una serie di fattori che possono incidere sulla effettiva disponibilità di spazio (presenza di comignoli e impianti di condizionamento, ombreggiamento da elementi costruttivi o edifici vicini, distanza necessaria tra i pannelli, esclusione dei centri storici).

Dai risultati emerge che la superficie netta disponibile può variare da 757 a 989 km quadrati. In sostanza, si spiega, “ipotizzando tetti piani e la necessità di disporre di 10,3 m2 per ogni kW installato, si stima una potenza installabile sui fabbricati esistenti variabile dai 73 ai 96 GW”. A questa potenza, evidenziano i ricercatori dell’Ispra, si potrebbe aggiungere quella installabile in aree di parcheggio, in corrispondenza di alcune infrastrutture, in aree dismesse o in altre aree impermeabilizzate; “ipotizzando che sul 4% dei tetti sia già installato un impianto, si può concludere che, sfruttando gli edifici disponibili, ci sarebbe posto per una potenza fotovoltaica compresa fra 70 e 92 GW”.

Energia producibile senza particolari impatti ambientali e conflitti sociali.

pannelli fotovoltaici su parcheggi

Il GrIG da un lato è favorevole alla produzione energetica da fonti rinnovabili, ma è assolutamente contrario a ogni ipotesi di speculazione energetica.

Il GrIG ha avanzato la proposta della verifica nazionale del quantitativo di energia elettrica realmente necessario e della successiva pianificazione statale in base ai reali fabbisogni energetici delle aree a mare e a terra dove installare gli impianti eolici e fotovoltaici e, dopo coinvolgimento di Regioni ed Enti locali e svolgimento delle procedure di valutazione ambientale strategica (V.A.S.), successivamente da assegnare mediante bandi pubblici al migliore offerente per realizzazione, gestione e rimozione al termine del ciclo vitale degli impianti di produzione energetica.

La prima cosa necessaria, a breve termine, sarebbe una moratoria nazionale (non regionale, già dichiarata costituzionalmente illegittima con sentenza Corte cost. n. 27/2023 e sentenza Corte cost. n. 28/2025), una sospensione di qualsiasi autorizzazione per nuovi impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili.  Oltre l’individuazione normativa delle aree idonee e inidonee a breve termine, a medio termine, è certamente necessario completare il processo di pianificazione paesaggistica.

progetto centrale eolica offshore Sardinia South 2, punto di sbarco del cavidotto sulla spiaggia di Tuerredda, 2023

Il GrIG ha recentemente promosso in proposito la petizione popolare Si all’energia rinnovabile, no alla speculazione energetica!, che ha ormai superato le 21 mila adesioni, dove sono esposte chiaramente le ragioni perché si possano finalmente pianificare gli interventi di una vera e condivisa transizione energetica senza stravolgere superstiti aree agro-naturalistiche, eccellenze alimentari, campi, pascoli, boschi, coste, crinali, avifauna, siti archeologici, beni artistici e culturali, sentieri, cammini, ciclovie, itinerari turistici enogastronomici scampati ad un vorace consumo di suolo e ora gravemente minacciati da questa arrembante deriva affaristica mascherata di verde e senza rischio d’impresa perchè incentivata con le nostre bollette.

Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

progetto centrale eolica offshore Mistral, aree interessate, 2024
Mappa delle aree sensibili per l’avifauna selvatica in relazione alla produzione di energia eolica (LIPU-BirdLife, 2024)
Fenicotteri rosa (Phoenicopterus roseus) in volo e centrale eolica

(foto da mailing list ambientalista, C.B., S.D., archivio GrIG)

  1. Avatar di happilychiefe3eddee6a7
    happilychiefe3eddee6a7
    aprile 9, 2025 alle 5:55 PM

    Ottimo Lavoro!

  2. aprile 11, 2025 alle 6:13 PM

    da L’Unione Sarda, 11 aprile 2025

    Il Ministero snobba la legge sulle aree idonee, la Regione va alla Corte costituzionale.

    Il Mase ha dichiarato «inapplicabile» la norma sarda e ha autorizzato giganteschi impianti agrivoltaici: la Giunta solleva il conflitto di attribuzioni davanti alla Consulta. (Enrico Fresu)

    • aprile 11, 2025 alle 6:17 PM

      comunque un ricorso al T.A.R. Lazio non sarebbe da escludere.

      dal sito web istituzionale della Regione autonoma della Sardegna

      La Regione ricorre alla Corte Costituzionale contro lo Stato per le recenti autorizzazioni VIA concesse dal Ministero dell’Ambiente per gli impianti rinnovabili.

      Cagliari, 11 aprile 2025 – La Regione solleva davanti alla Corte Costituzionale il conflitto di attribuzione con lo Stato per le autorizzazioni di Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) rilasciate di recente dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE). La decisione è stata assunta dalla Giunta regionale questa mattina.

      Il conflitto di attribuzione riguarda tre decreti del Mase, pubblicati a partire dal 17 febbraio scorso, riguardanti l’autorizzazione per tre diversi impianti agrivoltaici che andrebbero ad insistere nei comuni di Siamaggiore, Solarussa, Tramatza, Zeddiani, Zerfaliu. La Direzione generale Valutazione Impatti Ambientali del Ministero ha emesso una valutazione positiva senza neppure verificare se il progetto di volta in volta in esame ricadesse in un’area individuata come idonea dalle legge regionale 20/2024, escludendo aprioristicamente l’applicazione della legge votata dal Consiglio regionale e regolarmente in vigore e ritenendo, inoltre, “illegittima qualsiasi disposizione normativa di rango regionale”.

      Il Mase non solo ha quindi tenuto una condotta contraria alle potestà legislative attribuite dallo Statuto Speciale della Sardegna, in particolare nelle materie dell’urbanistica, dell’edilizia e della tutela del paesaggio (compresa dell’agricoltura e delle foreste), della produzione e distribuzione dell’energia elettrica ma ritiene illegittima qualsiasi disposizione in materia proveniente da qualsiasi regione italiana nell’individuare aree idonee o non idonee all’installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile.

      La Direzione Generale Valutazioni Ambientali del MASE non sostiene che la legge regionale 20 non sia pertinente con la materia oggetto delle proprie valutazioni ma ne esclude a priori l’applicabilità. Un organo dello Stato, quindi, non tiene conto del principio della separazione dei poteri, che sta alla base di ogni ordinamento democratico, disapplica una legge vigente e avoca a sé il potere che spetta a un organo di rango costituzionale – la Consulta, per l’appunto – anticipandone i potenziali effetti censori.

      La disapplicazione della legge regionale si conclude con l’adozione di più decreti che hanno espresso il giudizio di compatibilità ambientale in totale spregio delle prerogative della Regione e del Consiglio regionale sardo.

      Per questi motivi la presidente della Regione, Alessandra Todde, di concerto con l’assessore dell’Ambiente, Rosanna Laconi, ha dato mandato all’Avvocatura della Regione di promuovere il giudizio davanti alla Corte Costituzionale, per chiedere che non spetti allo Stato disapplicare le leggi regionale, né valutarne la legittimità costituzionale e perché venga ribadito che spetti alla Regione Autonoma la potestà legislativa esclusiva in materia di urbanistica, compreso il diritto di tutela paesistico ambientale, la potestà normativa in materia di produzione e distribuzione dell’energia elettrica, oltre che edilizia, in materia di agricoltura e foreste, con conseguente tutela, come previsto dell’articolo 3 dello Statuto.

      La Regione chiede inoltre che le sia riconosciuta la facoltà di regolare la definizione delle aree idonee alla produzione all’installazione di impianti da fonti di energia rinnovabile, ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo 199/2021 e quindi di annullare i provvedimenti del MASE, Direzione Generale Valutazioni Ambientali del 14/02/2025 prot. 68 (impianto agrivoltaico Fattoria Solare 1 a Solarussa e Zeddiani), del 13/03/2025 prot. 125 (impianto agrivoltaico comune di Solarussa e Zerfaliu) e del 13/03/2025 prot. 128 (Tramatza, Siamaggiore, Solarussa e Zeddiani impianto agrivoltaico).

      • Avatar di Fabrizio Quaranta
        Fabrizio Quaranta
        aprile 12, 2025 alle 12:22 PM

        Forza Sardegna, resisti alla piu’ grande predazione ambientale della Storia, dove gli arrembanti speculatori assetati di bottino vengono dipinti come ” verdi” filantropi dai convitati al grande truogolo

  3. aprile 14, 2025 alle 11:03 PM

    reati di cui agli artt. 518 duodecies (Distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici) e 452 quater (disastro ambientale) del codice penale? Mah…

    A.N.S.A., 14 aprile 2025

    Rinnovabili, esposto comitato a procure sarde ‘danni ambientali’.

    Sotto accusa decreti nazionali che impongono all’isola 6.000 MW’.

    Il Comitato scientifico “Insularità in Costituzione” ha presentato un esposto alle procure della Repubblica della Sardegna per richiedere l’avvio di indagini volte ad accertare eventuali responsabilità penali “per danni gravi e irreversibili arrecati al territorio sardo”.
        “Le denunce riguardano in particolare gli effetti del decreto legislativo 199/2021 (“Decreto Draghi”) e del decreto ministeriale 236/2024, che impongono alla Sardegna, entro il 2030, una produzione minima di 6.264 MW da fonti rinnovabili, senza definire un tetto massimo e senza una preventiva pianificazione”, spiega una nota del Comitato secondo il quale “tali provvedimenti violano norme costituzionali (artt. 9, 41, 119), comunitarie (art.191 Tfue, art. 37 Carta di Nizza) e internazionali (Convenzione di Aarhus, Convenzione europea del paesaggio, direttiva Vas), in quanto adottati senza adeguata Valutazione Ambientale Strategica e in assenza della partecipazione pubblica prevista dal diritto vigente”.
        Le conseguenze, per il comitato, includono “alterazioni profonde e irreversibili del paesaggio, del suolo, della biodiversità e dell’economia locale, specie nelle aree interne dell’isola, non ancora coperte dal piano paesaggistico regionale”. L’impatto riguarda anche le attività produttive tradizionali, come agricoltura, pastorizia e turismo. Il comitato sottolinea anche che la Regione Sardegna per effetto dello Statuto speciale, esercita “competenza legislativa primaria in materia ambientale e paesaggistica, confermata dalla giurisprudenza costituzionale”.
        In assenza di misure precauzionali e correttive, il comitato chiede di “verificare la sussistenza dei reati previsti dagli artt. 518-duodecies e 452-quater c.p., con riserva di costituirsi parte civile”. Sollecita inoltre di essere informato su “eventuali proroghe delle indagini o richieste di archiviazione, nel rispetto dei diritti riconosciuti ai cittadini e ai portatori di interessi collettivi”.

  4. aprile 19, 2025 alle 9:54 PM

    beata ignoranza: una legge fin quando non viene eventualmente dichiarata costituzionalmente illegittima si applica.

    Punto e basta.

    E’ l’abc del diritto.

    da L’Unione Sarda, 19 aprile 2025

    Nuovo schiaffo dello Stato alla Regione: «Legge sulla aree idonee illegittima», sì a 41 campi da calcio di pannelli.

    Autorizzato un impianto fotovoltaico a Codrongianos su un’area di 67 ettari: quasi 30 saranno coperti. (Enrico Fresu)

    La legge sarda sulle aree non idonee snobbata ancora una volta. Arrivano a raffica, attraverso decreti direttoriali del Ministero dell’Ambiente,  le autorizzazioni per la realizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile nell’Isola. Dal Sassarese, per arrivare fino all’Ogliastra, lo schema è sempre lo stesso: negli uffici del Mase, per decidere, tengono conto solo delle norme nazionali perché quella voluta dalla Giunta Todde e approvata dal Consiglio regionale a dicembre è considerata «illegittima». E viene scritto nei provvedimenti che danno pareri positivi di compatibilità ambientale per eolico e pannelli. 

    L’ultimo schiaffo in ordine di tempo è arrivato lo scorso 15 aprile al culmine della procedura avviata a febbraio del 2022 dalla Whysol-E Sviluppo Srl per un campo fotovoltaico a Codrongianos. 

    La società ha proposto di realizzarlo su un terreno  di 67,4 ettari attualmente coltivati a seminativi avvicendati per produrre una potenza di 18Mwp: serviranno 28,95 ettari di pannelli (41 campi da calcio). Che, anche se con alcune prescrizioni, sono stati autorizzati.

    Che quella per la Regione fosse un’area idonea o no, al Ministero poco importa. Anche in quest’ultimo decreto è riportata una formula ormai consolidata. Si dà atto del fatto che la Sardegna abbia emanato la legge 20 del 2024. Ma viene aggiunto che esiste «altresì l’ordinanza del Consiglio di Stato che ha sospeso in via cautelare l’art. 7, comma 2, lettera c) del Decreto “aree idonee” del 21 giugno 2024 del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, nella parte in cui sembra essere lasciata alle Regioni la facoltà di restringere il campo di applicazione delle aree definite idonee ai sensi dell’art. 20 c.8 del citato decreto legislativo n. 199/2021, stabilendo che le Regioni dovessero garantire l’osservanza delle aree idonee già individuate dalla leggi nazionali senza discrezionalità, fino alla decisione nel merito non ancora assunta». 

    Intanto «consegue l’illegittimità di qualsivoglia disposizione normativa di rango regionale che, nell’individuare le aree idonee, trovi spazio per incidere, in senso restrittivo, sul minimum di aree idonee identificato dal legislatore statale» con il decreto Draghi. Da qui il via libera. 

    La Regione ha presentato un ricorso alla Corte costituzionale contro lo Stato per conflitto di attribuzioni: vuole far valere il suo peso nel legiferare. Mentre ai attende la decisione, piovono le autorizzazioni. 

  5. Maggio 20, 2025 alle 2:42 PM

    da L’Unione Sarda, 19 maggio 2025

    Aree idonee, il Governo contro il ricorso della Sardegna.

    Il consiglio dei ministri «resisterà nel giudizio per conflitto di attribuzione». L’assessora Laconi: «Ci aspettiamo che venga aperto al più presto un confronto diretto con le Regioni».

  6. dicembre 16, 2025 alle 6:02 PM

    A.N.S.A., 16 dicembre 2025

    La  Consulta boccia la legge sarda sulle aree idonee per le rinnovabili.

    Accolto il ricorso del governo, valide le autorizzazioni già rilasciate.

    E’ arrivata la bocciatura da parte della Corte costituzionale per la legge della Regione Sardegna numero 20 del 2024 sulle aree idonee e non alla realizzazione di impianti da energie rinnovabili.

        La Sardegna era stata la prima regione in Italia a dotarsi di una norma che applicasse i decreti ministeriali, poi modificati.

    La Consulta ha accolto parte delle eccezioni sollevate dal governo che aveva impugnato la norma. In particolare ha stabilito che “la qualifica di non idoneità di un’area non può tradursi in un aprioristico divieto di installazione” degli impianti Fer. Un divieto assoluto avrebbe l’effetto di precludere l’accesso “ai procedimenti autorizzatori semplificati, strumenti previsti dal legislatore statale per accelerare la diffusione delle fonti rinnovabili nelle aree idonee”.    Per questa ragione, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 5, della legge regionale.    Un punto cruciale della decisione riguarda la retroattività della legge regionale sarda sugli atti già in essere. La Corte ha stabilito che la legge regionale “non può travolgere tutti gli atti autorizzativi già rilasciati”.    La normativa impugnata prevedeva che gli atti autorizzativi già emanati per impianti ricadenti in aree non idonee fossero privi di efficacia, ponendo come unico limite la “modifica irreversibile dello stato dei luoghi”. Secondo la Corte, questo travolgimento, “non motivato da ragioni di carattere tecnico o scientifico”, si traduce in una limitazione irragionevole del “legittimo affidamento” e lede il principio della “certezza del diritto”. Inoltre, gli operatori che hanno completato positivamente le procedure hanno già sostenuto ingenti costi tecnici e amministrativi.

     Con queste motivazioni è stata anche cassata parte dell’articolo 1, comma 2, limitatamente alle parole che estendevano l’applicazione della legge anche agli impianti “autorizzati che non abbiano determinato una modifica irreversibile dello stato dei luoghi”.La Corte ha inoltre annullato l’articolo 1, comma 8, che consentiva gli interventi di ammodernamento e potenziamento degli impianti esistenti solo a condizione di non aumentare superfici occupate o, per l’eolico, l’altezza delle strutture.Accolto anche il ricorso sulla parte dedicata agli impianti off-shore. L’articolo 1, comma 9, che individuava aree marine non idonee, è stato dichiarato incostituzionale perché la normativa nazionale non attribuisce alle Regioni competenze legislative in materia.La Consulta ha poi censurato le presunte misure di semplificazione introdotte dalla Regione per autorizzare impianti FER in aree non idonee. Le disposizioni dell’articolo 3 (commi 1, 2, 4, 5 e 6) sono state giudicate incostituzionali perché alterano la disciplina statale dell’autorizzazione paesaggistica, che deve restare uniforme su tutto il territorio nazionale. 

    • dicembre 16, 2025 alle 6:16 PM

      dal sito web istituzionale della Corte costituzionale

      Ufficio comunicazione e stampa della Corte costituzionaleComunicato del 16 dicembre 2025

      IMPIANTI A FONTI DI ENERGIA RINNOVABILE NELLA REGIONE SARDEGNA: LA QUALIFICAZIONE DI NON IDONEITÀ DI UN’AREA NON PUÒ TRADURSI IN UN APRIORISTICO DIVIETO DI INSTALLAZIONE E NON PUÒ TRAVOLGERE GLI ATTIAUTORIZZATIVI GIÀ RILASCIATI.

      Sono tornate all’attenzione della Corte questioni in materia di impianti da fontienergetiche rinnovabili (FER), in un giudizio promosso dal Governo nei confronti di alcune disposizioni della legge della Regione autonoma Sardegna numero 20 del 2024, recante «Misure urgenti per l’individuazione di aree e superfici idonee e non idonee all’installazione e promozione di impianti a fonti di energia rinnovabile (FER) e per la semplificazione di procedimenti autorizzativi».Con la sentenza numero 184, depositata oggi, la Corte, in conformità a quanto già affermato in precedenti pronunce, ha ribadito che la qualifica di non idoneità di un’area non può tradursi in un aprioristico divieto di installazione degli impianti FER, che ha l’effetto di determinare l’impossibilità di accedere ai procedimenti autorizzatori semplificati previsti dal legislatore statale per velocizzare la diffusione delle fonti rinnovabili nelle aree idonee.

      È stato inoltre affermato che la legge regionale non può travolgere, con il solo limite della modifica irreversibile dello stato dei luoghi, tutti gli atti autorizzativi già rilasciati, rispetto ai quali gli operatori del settore si siano già attivati, senza che tale travolgimento sia motivato da ragioni di carattere tecnico o scientifico, perché ciò si traduce in un irragionevole limite al legittimo affidamento che lede il principio della certezza del diritto.Quando poi un progetto ricade in parte nelle aree idonee e in parte nelle aree non idonee, non può automaticamente prevalere la non idoneità, come invece stabilisce la legge sarda. La decisione definitiva in merito alla realizzazione degli impianti FER, in questo caso, va assunta all’esito del singolo procedimento di autorizzazione concernente lo specifico progetto di impianto, nel quale «dovranno tenersi in debita considerazione le esigenze di massima tutela del paesaggio e delle aree naturalistiche protette che giustifichino il procedimento autorizzatorio non semplificato», bilanciando la protezione della natura e la tutela dell’ambiente mediante la riduzione delle fonti di energia inquinanti, anche nell’interesse delle future generazioni.

      Quanto infine alle disposizioni regionali che introducono asserite misure disemplificazione e accelerazione per la promozione di impianti FER nelle aree non idonee, la Corte ha affermato che la Regione non può prevedere una procedura per l’autorizzazione paesaggistica diversa da quella dettata dalla legislazione statale, perché non è consentito alle regioni introdurre deroghe agli istituti statali di protezione ambientale che dettano una disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale, nel cui ambito rientra l’autorizzazione paesaggistica di cui all’articolo 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio, norma di grande riforma economico-sociale che anche la Regione Sardegna deve rispettare.

      Roma, 16 dicembre 2025

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