Occupazioni abusive dei corsi d’acqua delle Apuane? Sdemanializziamoli!


Alpi Apuane, marmettola cementata in un corso d’acqua

Sulle Alpi Apuane i corsi d’acqua, appartenenti al demanio idrico regionale, sono stati utilizzati fin troppo spesso e volentieri come discariche per gli scarti del marmo estratto dalle cave.

Sono stati inquinati e ridotti a discarica (ravaneti), da dove la marmettola percola e va a inquinare sorgenti, falde e torrenti.

Un disastro ambientale permanente che il Gruppo d’Intervento Giuridico odv (GrIG) ha denunciato in tutte le sedi.

Tale consueto inquinamento produce “pesanti ripercussioni sull’ambiente fluviale”, degradando drasticamente la qualità ecologica dei corsi d’acqua delle Apuane, come afferma l’A.R.P.A.T. (Progetto Cave: qualità ecologica nel triennio 2017-2019, febb. 2021).

E che fanno le amministrazioni pubbliche competenti?  Sanzionano i trasgressori e impongono il ripristino ambientale?

Ma quando mai, si adoperano per sdemanializzare i corsi d’acqua ridotti a ravaneti marmettolizzati e, così, premiare gli inquinatori.

Così ne parla il GrIG – Presidio Apuane.

Gruppo d’Intervento Giuridico odv

Pontestazzemese, manifestazione GrIG Apuane in occasione di riunione dei sindaci del Parco naturale regionale delle Alpi Apuane (10 gennaio 2017)

Il GrIG legge con diletto e stupore le varie prese di posizione che intendono favorire le escavazioni con una nuova sanatoria ambientale, utile a forzare le normative erette a tutela dei corsi idrici superficiali.

Le attività estrattive da sempre fanno strame di consuetudini, regolamenti e leggi avvalendosi di un perenne lasciapassare, ieri garantito dalle astuzie legali e dalla prepotenza dell’oligarchia, oggi dalla preziosa merce di scambio altrimenti nota come ricatto occupazionale. Si tratta di sistemi super efficienti per ottenere facilitazioni, leggine, articoli bis,deroghe e manine furtive che sanano ogni illegittimità commessa, che stanno commettendo e commetteranno. Questa volta è emerso il guaio dell’assalto perpetrato al reticolo idrico superficiale, che è sì protetto dalle leggi ma non dalle benne che lo hanno letteralmente sbriciolato senza ritegno, con la convinzione dell’impunità garantita da una politica serva (non tutta) che, lo dimostrano i fatti, al momento opportuno viene chiamata ad agire per riparare i cocci.

Possibile che Carrara abbia già dimenticato che le cave sono all’origine del dissesto idrogeologico e delle conseguenti otto alluvioni che l’hanno sconvolta nel nuovo millennio?È certo che è sì, almeno nel novero degli eroi, oggi più forti che pria, che hanno continuato a divorare i crinali, invaderei canali, distruggere il reticolo idrico, scavare nelle fosse demaniali, scaricare tonnellate di detriti nei compluvi, violare il vincolo idrogeologico come niente fosse. E dopo aver spianato le rughe della montagna per imporre il loro concetto di restyling paesaggistico, oggi vanno alla ricerca dell’ennesimo salvacondotto per superare la flagranza dei reati.

Ci siamo illusi che l’Amministrazione pubblica, con uno scatto di dignità fino ad ora vanamente atteso, mostrasse il volto severo e giusto del militante per la legalità, che si alzasse finalmente per respingere certe pretese rispolverando le normative che da anni ammuffiscono nel dimenticatoio delle cattive consuetudini. Abbiamo scoperto che è prona, come è già successo in altre occasioni ha chiamato in causa la Regione e la politica per trovare adeguate formule per dare una soluzione ai misfatti compiuti da ditte che hanno abusato i beni comuni come fossero cosa loro, per di più in assenza di concessione; questo è quanto a noi risulta. Del resto, non è nelle corde dell’usurpatore chiedere permessi.

Mentre la carovana degli industriali èin rotta su Firenze, i soci del GrIG si chiedono se le leggi valgano per tutti fuorché per le cave e si interrogano se queste appartengano a una sovranità superiore e divina, o se ci siano in ballo interessi particolari e così potenti da esentarle da ogni norma ead ogni costo per la sicurezza nazionale. Non lo sapremo mai. I Magi sono andati in Regione per plasmare le regole puntando la minaccia della disoccupazione, il solito espediente collaudato e redditizio come quello del bimbo, superbo e incapace, che vuole giocare centravanti altrimenti porterà via il pallone. Si è appreso che ci sono tecnici al lavoro da settimane per “sdemanializzare” le fosse in cambio di un canone a carico degli imprenditori. Vi stupireste se tra costoro ci fossero anche quelli nella lista dei non paganti i contributi di estrazione al Comune di Carrara?

Insomma: pare si sia indirizzati a mercificare l’abuso. Un tale esito, assolutamente sconveniente, produrrebbe un duplice vantaggio per il reo: cancellare le colpe e rafforzare l’idea che le leggi si possono aggiustare e quindi si può continuare a spremere a piacimento ogni ruga del territorio. No, questo proprio non va: sia perché è indegno moralmente, sia perché la modifica del reticolo idraulico comporta disfunzioni e rischi inaccettabili per l’incolumità della cittadinanza e dei suoi beni. È per questo che esistono le leggi di salvaguardia del territorio, è per questo che si impongono divieti. Qualora non bastassero le leggi del nostro ordinamento, gli stessi concetti sono rimarcati nelle normative europee a rimarcarlo, che sono multilingue e perciò comprensibili in ogni angolo del globo.

Di fronte al tentativo di coartare le regole e per evitare l’ennesimo disastro ambientale, chiediamo con forza il ripristino della funzionalità dei fossi demaniali e del reticolo idrico,già abusati, e ci permettiamo di suggerire l’impiego delle maestranze, eventualmente espulse,nel ripristino e per la salvaguardia ambientale e idrogeologica del territorio. Per una volta tornerebbero anche i conti della politica, della giustizia, dell’ambiente e dell’occupazione. Qualcuno si chiederà chi dovrà pagare il conto. Semplice: lo pagherà chi è colpevole e chi chiede la deroga non ha forse già ammesso la propria colpa?

GrIG Presidio Apuano

Alpi Apuane, Fivizzano, Cava Vittoria, scarico detriti (15 luglio 2016)

da Il Tirreno, 22 febbraio 2021

Carrara, fossi e canali di cava demaniali, cronistoria di un caso irrisolto.

Il tema era già stato affrontato in un protocollo d’intesa firmato e datato 2012 Il nodo è tornato alla ribalta dopo il blocco alla lavorazione al Polvaccio di Barattini.

Carrara. Che quei fossi e canali alle cave fossero un tema da affrontare si sapeva da quasi dieci anni, almeno. Sicuramente dal 2012, quando nell’estate di quell’anno il Comune di Carrara e la Provincia apuana – al tempo la competenza era di palazzo ducale, poi passata a Firenze successivamente – firmano un protocollo d’intesa “sull’assetto idraulico delle fosse demaniali e degli impluvi nei bacini marmiferi di Carrara”. E tracciano di fatto quella che è ora tra le soluzioni al vaglio degli uffici regionali (leggi sdemanializzazione). Piazza II Giugno nel luglio di 9 anni fa mette nero su bianco l’impegno con una delibera di giunta e la provincia risponde con una determina. «Nelle attuali mappe catastali all’interno dei bacini marmiferi di Carrara, in corrispondenza di impluvi dove originariamente scorrevano le acque superficiali, sono riportate numerose fosse demaniali (circa 79 denominazioni)», si spiega nei documenti che condensano gli studi a firma del geologo Antonino Criscuolo (per il Comune) e di quello della Provincia Luigi D’Argliano. «La maggior parte di queste fosse storicamente sono state utilizzate a servizio dell’attività d’escavazione, in particolare per lo scarico e il deposito dei detriti di lavorazione, costituendo i cosiddetti ravaneti, e per la realizzazione della viabilità di cava, perdendo così la precedente valenza idraulica», si legge nel carteggio; e allora, si ragiona, visto che per «l’eventuale utilizzo delle aree identificate come fosse demaniali occorre specifico parere da parte della Provincia, ente competente sul demanio idrico, che certifichi la perdita delle caratteristiche di corso d’acqua e ne assegni la gestione al Comune», si arriva alla soluzione che dovrebbe essere facilitata proprio dal protocollo: per «la semplificazione amministrativa dei procedimenti di autorizzazione all’escavazione e per la corretta gestione del territorio» è «necessario individuare e certificare in un unico documento la diversa fisionomia assunta dalle aree catastali identificate come fosse demaniali».

Z.P.S. Alpi Apuane

situazione oggi. Ma, per un motivo o per l’altro, la questione rimarrà nel cassetto per rispuntare fuori solo in coda al 2020, come abbiamo scritto in questi giorni raccogliendo varie voci dopo che Fillea Cgil Massa Carrara aveva sollevato il caso della cava Polvaccio del gruppo Barattini, con quattro lavoratori coinvolti. Infatti nei Piani attuativi dei bacini estrattivi (con la scheda 15 approvata a novembre), all’articolo 33 comma 5 si disciplina quel «progetto di escavazione» che «interessi elementi del reticolo regionale», o «del demanio idrico dello Stato» e per cui anche «in proiezione il richiedente dovrà presentare istanza di concessione al settore regionale competente», viene spiegato sull’autorizzazione in questi casi. Ed è per sciogliere il nodo prima che possa interessare altre cave che a Firenze nei prossimi giorni ci sarà un vertice per cercare di capire quale sarà la soluzione percorribile: sul tavolo la sdemanializzazione, appunto, come detto, e il canone d’occupazione come possibile opzione provvisoria. E arriviamo alla domanda d’obbligo: come è possibile che la tematica sia rimasta congelata per tutti questi anni. «La direzione rimane quella della delibera – conferma Andrea Vannucci, oggi consigliere di Insieme per Carrara, dal 2012 al 2015 vicesindaco con delega al lapideo (anche dal 2002 al 2007) –. Purtroppo poi per vari motivi e sicuramente anche per il cambio della competenza tra Provincia e Regione, è rimasto un protocollo e non si è dato seguito. È vero anche che all’epoca non c’era l’urgenza di adesso. La soluzione c’è: con tempi più lunghi la sdemanializzazione come si dice nel documento, ma per non far perdere settimane di lavoro si può trovare una soluzione temporanea come il pagamento di un canone». «Dal 2019, da quando ho ricevuto la delega al marmo non sono mancati i temi da affrontare dal regolamento degli agri ai Pabe; l’ufficio è stato impegnato su argomenti e atti molto importanti. Adesso confidiamo in una risoluzione della questione in tempi rapidi», conclude Martinelli. 

Alpi Apuane

(foto per conto GrIG, A.G., archivio GrIG)

  1. marzo 12, 2021 alle 5:58 PM

    da La Nazione, 26 febbraio 2021
    Il Grig contro la sanatoria alle cave “Il reticolo idrico rotto dalle ruspe”. (https://www.lanazione.it/massa-carrara/cronaca/il-grig-contro-la-sanatoria-alle-cave-il-reticolo-idrico-rotto-dalle-ruspe-1.6066503)

    “Come può Carrara dimenticare che le cave sono all’origine del suo dissesto idrogeologico e delle alluvioni che l’hanno sconvolta, sono ben otto nel nuovo millennio?” E’ la domanda che si pongono dal Gruppo d’intervento giuridico che, come Italia Nostra, puntano il dito contro quella che, a loro avviso, sarebbe “una nuova sanatoria ambientale che forza le normative erette a tutela dei corsi idrici superficiali”. Il riferimento è alla battaglia in atto a cavallo tra Carrara e Firenze attorno a chi debba legiferare sul reticolo idrico superficiale. Fossi e canali di scolo che, per ora hanno bloccato l’escavazione alla cava Polvaccio, ma secondo i sindacati in futuro potrebbero portare allo stop di molti altri siti. “Il reticolo idrico superficiale – dicono dal Grig – è protetto dalle leggi ma non dalle ruspe che lo hanno letteralmente sbriciolato senza ritegno e con la consapevolezza dell’impunità. Mentre la carovana dei supplicanti è in rotta su Firenze, ci chiediamo se le leggi valgano per tutti fuorché per le cave. C’è sentore di beffa: tra i paganti il nuovo canone ci saranno anche quelli che il Comune ha già incluso nella lista dei morosi del contributo di estrazione?”.

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