Inasprire le pene per i farabutti? Ma quando mai, assolviamoli, piuttosto…..


Sull’onda del marcio scandalo Mafia Capitale, l’ennesimo di questa povera Italia, il Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi ha dichiarato urbi et orbi che sarebbero state inasprite le pene e allungati i termini di prescrizione per i reati contro la pubblica amministrazione.

Effettivamente, nella seduta n. 41 del 12 dicembre 2014, “il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha approvato delle norme che saranno inserite nel disegno di legge di riforma della normativa penale sostanziale e processuale, con le quali si mira a inasprire la normativa di repressione in materia di corruzione, per un più efficace contrasto giudiziario del grave fenomeno criminale”.

Tutto questo, seppure parziale, sarebbe anche molto bello, sempre se il Parlamento l’approvasse ma la realtà attuale è ben diversa.

Infatti, solo 10 giorni prima, il Consiglio dei Ministri ha approvato in prima lettura uno schema di decreto legislativo in attuazione della delega ricevuta dal Parlamento con la legge n. 67/2014  per “escludere la punibilità di condotte sanzionate con la sola pena pecuniaria o con pene detentive non superiori nel massimo a cinque anni, quando risulti la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento, senza pregiudizio per l’esercizio dell’azione civile per il risarcimento del danno e adeguando la relativa normativa processuale penale”. La pena dell’arresto “è destinata ad essere eliminata dalle pene principali e ad essere sostituita dall’arresto domiciliare”.

Sacrofano, arresto di Massimo Carminati (2 dicembre 2014)

Sacrofano, arresto di Massimo Carminati (2 dicembre 2014)

In queste categorie (reati punibili con la sola pena pecuniaria o con pene detentive non superiori nel massimo a cinque anni) rientrano, a puro titolo di esempio, reati contro la pubblica amministrazione come l’abuso d’ufficio (art. 323 cod. pen.), rifiuto o omissione di atti d’ufficio (art. 328 cod. pen.), malversazione in danno dello Stato (art. 316 bis cod. pen.), traffico di influenze illecite (art. 346 bis cod. pen.), turbata libertà degli incanti (art. 353 cod. pen.), frode nelle pubbliche forniture (art. 356 cod. pen.), tutti delitti tipici delle organizzazioni criminali che puntano a controllare e gestire a proprio piacere le amministrazioni pubbliche a tutti i livelli.

corso d'acqua inquinato da scarichi

corso d’acqua inquinato da scarichi

Vi ricadono anche reati contro la salute pubblica, come adulterazione e contraffazione di cose in danno alla salute pubblica (art. 441 cod. pen.),  per non parlare di quasi tutti i reati ambientali e urbanistici, dalla lottizzazione abusiva (art. 30 L del D.P.R. n. 389/2001 e s.m.i.) alla violazione del vincolo paesaggistico (art. 181 del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), dall’inquinamento delle acque (art. 137 del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.) al traffico illecito di rifiuti (art. 259 del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.).

Senza storia i reati in danno degli altri animali come quelli previsti dagli artt. 544 bis (uccisione di animali), 544 ter (maltrattamento di animali), 544 quinques (divieto di combattimento di animali).

Secondo le intenzioni del Governo Renzi, la nuova causa di non punibilità (nuovo art. 131 bis cod. pen.) per “irrilevanza del fatto unita alla non abitualità del comportamento consentirà “una più rapida definizione, con decreto di archiviazione o con sentenza di assoluzione, dei procedimenti iniziati nei confronti di soggetti che abbiano commesso fatti di penale rilievo caratterizzati da una complessiva tenuità del fatto, evitando l’avvio di giudizi complessi e dispendiosi laddove la sanzione penale non risulti necessaria. Resta ferma la possibilità, per le persone offese, di ottenere serio ed adeguato ristoro nella competente sede civile”.

In parole povere, se la valutazione del G.I.P. propenderà per una scarsa rilevanza del danno causato da un trasgressore considerato non abituale, reati contro la pubblica amministrazione, contro l’ambiente, la salute, gli altri animali saranno impuniti.

E i signori delinquenti, come nel Paese di Acchiappacitrulli visitato da Pinocchio, la faranno franca riveriti e ossequiati. E non solo nella Toscana di Pinocchio e di Matteo Renzi…..

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

 

S. Antioco, cane seviziato e curato dal Servizio veterinario dell'ASL n. 7

S. Antioco, cane seviziato e curato dal Servizio veterinario dell’ASL n. 7

 

qui lo schema di decreto legislativo “Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto”.

 

 

 

 

S. Anna Arresi, Porto Pino, complesso abusivo (prima della demolizione)

S. Anna Arresi, Porto Pino, complesso abusivo (prima della demolizione)

Consiglio dei Ministricomunicato stampa dell’1 dicembre 2014

NON PUNIBILITÀ PER PARTICOLARE TENUITÀ DEL FATTO
Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto (decreto legislativo  – esame preliminare)

Su proposta del Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pietro Carlo Padoan, il Consiglio dei Ministri ha approvato uno schema di decreto delegato che recepisce le proposte elaborate dalla commissione ministeriale nominata con D.M. 27 maggio 2014 e presieduta dal  prof. Francesco Palazzo con l’obiettivo di rivedere il sistema sanzionatorio e dare attuazione alla legge delega 67/2014 in materia di pene detentive non carcerarie e depenalizzazione.
L’istituto, costruito quale causa di non punibilità, consentirà una più rapida definizione, con decreto di archiviazione o con sentenza di assoluzione, dei procedimenti iniziati nei confronti di soggetti che abbiano commesso fatti di penale rilievo caratterizzati da una complessiva tenuità del fatto, evitando l’avvio di giudizi complessi e dispendiosi laddove la sanzione penale non risulti necessaria. Resta ferma la possibilità, per le persone offese, di ottenere serio ed adeguato ristoro nella competente sede civile. L’attuazione della delega consentirà ragionevolmente, nel breve periodo, di deflazionare il carico giudiziario restituendo alla giustizia la possibilità di affrontare con nuove energie indagini e processi complessi, la cui definizione possa essere ritardata o ostacolata dalla pendenza di processi relativi a fatti di particolare tenuità.

 

 

pinocchio_carabinieri_03

da Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino, di Carlo Collodi (1883)

Nel Paese di Acchiappacitrulli (cap. 19).

Pinocchio preso allora dalla disperazione, tornò di corsa in città e andò difilato in tribunale, per denunziare al giudice i due malandrini, che lo avevano derubato.
Il giudice era uno scimmione della razza dei Gorilla: un vecchio scimmione rispettabile per la sua grave età, per la sua barba bianca e specialmente per i suoi occhiali d’oro, senza vetri, che era costretto a portare continuamente, a motivo d’una flussione d’occhi, che lo tormentava da parecchi anni.
Pinocchio, alla presenza del giudice, raccontò per filo e per segno l’iniqua frode, di cui era stato vittima; dètte il nome, il cognome e i connotati dei malandrini, e finí chiedendo giustizia.
Il giudice lo ascoltò con molta benignità; prese vivissima parte al racconto: s’intenerí, si commosse: e quando il burattino non ebbe piú nulla da dire, allungò la mano e sonò il campanello.
A quella scampanellata comparvero subito due can mastini vestiti da giandarmi.
Allora il giudice, accennando Pinocchio ai giandarmi, disse loro:
— Quel povero diavolo è stato derubato di quattro monete d’oro: pigliatelo dunque, e mettetelo subito in prigione. —
Il burattino, sentendosi dare questa sentenza fra capo e collo, rimase di princisbecco e voleva protestare: ma i giandarmi, a scanso di perditempi inutili, gli tapparono la bocca e lo condussero in gattabuia.
E lí v’ebbe a rimanere quattro mesi: quattro lunghissimi mesi: e vi sarebbe rimasto anche di piú se non si fosse dato un caso fortunatissimo. Perché bisogna sapere che il giovane Imperatore che regnava nella città di Acchiappa-citrulli, avendo riportato una bella vittoria contro i suoi nemici, ordinò grandi feste pubbliche, luminarie, fuochi artificiali, corse di barberi e di velocipedi, e in segno di maggiore esultanza, volle che fossero aperte anche le carceri e mandati fuori tutti i malandrini.
— Se escono di prigione gli altri, voglio uscire anch’io — disse Pinocchio al carceriere.
— Voi no, — rispose il carceriere — perché voi non siete del bel numero…
— Domando scusa; — replicò Pinocchio — sono un malandrino anch’io.
— In questo caso avete mille ragioni — disse il carceriere; e levandosi il berretto rispettosamente e salutandolo, gli aprí le porte della prigione e lo lasciò scappare.”

 

 

(foto da La Repubblica, da mailing list ecologista, per conto GrIG, S.D., archivio GrIG)

  1. Nicola Putzu
    dicembre 18, 2014 alle 10:30 am

    Della serie “la prima si perdona, la seconda si ragiona, etc. etc.”.
    E’ un modo vigliacco e irresponsabile di spostare temporaneamente avanti nel tempo il problema irrisolto del sovraffollamento delle carceri. A discapito dei cittadini onesti.

  2. Francesco
    dicembre 18, 2014 alle 2:20 PM

    Se ci fosse stata una vera intenzione di colpire coloro che hanno compiuto fatti cosi gravi nei confronti della società “Stato” avrebbero fatto un decreto legge. Ogni altro ragionamento viene percepito come Spot publicitario e lascia intendere che hanno coinvolgimento essi stessi in atti di degrado sociale,culturale e morale.
    .Amen.

  3. Capitonegatto
    dicembre 18, 2014 alle 5:32 PM

    Ovviamente il colpevole…. non si unge la corda. Ed ecco perche’ molti esponenti politici , non propio puliti , si oppongono a leggi anticorruzione “davvero serie”. L’unico strumento che ha chi vota , e non votare costoro . E attenzione , non andare a votare e’ un errore , visto che non esiste un quorum . Basta sentire come ci si vanta del 41% con il 50 % dei votanti !!!

  4. Cristiana Verazza
    dicembre 21, 2014 alle 9:41 PM

    Leggo l’articolo in ritardo. Sono basita. Dopo tante battaglie, dopo tanti sacrifici per dare voce al rispetto della Natura e del Regno Animale, ci ritroviamo in questa situazione. Io mi auguro che l’Europa dia una bella bacchettata sulle mani di chi vuole che si faccia un enorme passo indietro. Spero che ogni associazione animalista, ecologista, ogni libero cittadino che crede in quelle battaglie e che vive tutto questo come un’ingiustizia, si opponga con tutte le sue forze. Lo diceva Ghandi: la grandezza di una Nazione si giudica da come tratta i suoi animali.

  5. dicembre 23, 2014 alle 2:56 PM

    in realtà, resta il reato, diventa incerta la condanna.

    da Il Secolo XIX, 22 dicembre 2014
    Maltrattamento di animali, il reato resta. Soddisfatte le associazioni: http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2014/12/22/ARE39fxC-maltrattamento_soddisfatte_associazioni.shtml?fb_action_ids=10205530556572378&fb_action_types=og.likes&fb_ref=uu%3D7c2fd7f249474c55b35254ded7bd051d%3As%3DshowShareBarUI%3Ap%3Dfacebook-like

    ——————————

    20 dicembre 2014
    I maltrattamenti sugli animali potrebbero essere non più punibili. Intanto in Italia aumenta la zoorastia: http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2014/12/20/ARXbZRwC-maltrattamenti_potrebbero_zoorastia.shtml

  6. max
    dicembre 28, 2014 alle 7:47 am

    siccome che tra nostrani e immigrati le carceri sono piene di delinquenti, anziche’incrementare SIGNIFICATIVAMENTE l’edilizia carceraria cosa che oltretutto genererebbe LAVORO si sceglie l’indulto o la depenalizzazione per i reati minori.
    ma perche’ noi italiani continuiamo a farci del male?

  7. gennaio 1, 2015 alle 7:05 PM

    da Il Manifesto Sardo, n. 183, 1 gennaio 2015
    Farabutti liberi. (Stefano Deliperi): http://www.manifestosardo.org/farabutti-liberi/

  8. febbraio 13, 2015 alle 3:00 PM

    ecco una testimonianza lampante della nostra “giustizia”.
    La “colpa” non è tanto dei giudici, che devono applicare (più o meno bene) la legge. Nemmeno del piccione.
    Questo accade perchè sono previsti tre gradi di giudizio per ogni fesseria, senza filtro procedurale.

    da Il Corriere della Sera, 15 febbraio 2015
    LA STORIA. I 18 magistrati impegnati per il piccione ucciso.
    Già sei gradi di giudizio per la vicenda del volatile colpito col fucile ad aria compressa da un legale. (Giuseppe Guastella) (http://milano.corriere.it/notizie/cronaca/15_febbraio_13/i-18-magistrati-impegnati-il-piccione-ucciso-d32b11ce-b355-11e4-8ea5-42a1b52c991f.shtml)

    Per quasi 5 anni 18 magistrati si sono occupati della morte di un piccione in un andirivieni di processi che è la dimostrazione lampante di come la giustizia italiana possa riuscire a perdere tempo pestando acqua in assurdi bizantinismi. E non è ancora finita. Tutto comincia il 6 giugno 2010 quando un avvocato di 50 anni si affaccia ad una finestra della sua villetta nella zona est di Milano e con un colpo di fucile ad aria compressa centra un piccione che cade morto nel cortile del palazzo a fianco. I vicini, secondo i quali da due anni l’avvocato sparava agli uccelli, chiamano i Carabinieri.

    Ai militari che bussano alla villetta si presenta un uomo «in palese stato di ebbrezza alcolica», scrivono nel verbale firmato in quattro, che dice di avere sparato perché anni prima suo figlio si era ammalato ed era «entrato in coma a causa di uno di questi volatili». Per rimuovere la carcassa dell’animale deve intervenire un mezzo speciale del Comune. Uccisione di animali con crudeltà e «getto pericoloso di cose» (il proiettile) in luogo privato di uso altrui, recita l’accusa formulata dal pm della Procura al gip Bruno Giordano, che quattro mesi e mezzo dopo il fatto emette un decreto penale condannando il reo confesso a ottomila euro di multa. L’imputato non ci sta, si oppone e chiede di essere giudicato con il rito abbreviato. Per quei reati la prescrizione è di cinque anni. I primi due vanno via ancor prima che il fascicolo arrivi sul tavolo del giudice Andrea Ghinetti che il 6 marzo 2012, su richiesta di un secondo pm, condanna l’avvocato a un mese e 20 giorni di arresto con la condizionale.

    La cosa potrebbe finire qui, ma anche stavolta lo sparatore non si ferma e, avvalendosi di ogni suo diritto, fa appello perché, sostengono i suoi due difensori, le prove erano insufficienti, nessuno ha visto sparare, i Carabinieri non hanno «redatto un verbale per constatare lo stato del piccione» e, poi, chi l’ha detto che l’uccello è stato ucciso dal proiettile? Non potrebbe essere che si è fatto male da solo andando a sbattere contro un ramo? E «se fosse davvero morto per cause naturali?». E la confessione? «Inutilizzabile» perché resa senza la presenza di un avvocato.
    Il processo d’appello (tre giudici e un sostituto procuratore generale per l’accusa) l’ 8 ottobre 2012 conferma la condanna dopo aver analizzato il caso da capo a piedi. Neppure questo basta a far desistere gli avvocati che spostano la battaglia in Cassazione. La prescrizione continua a correre.

    Bisognerà aspettare 16 mesi prima di sapere cosa 5 giudici della terza sezione penale rispondono al pm che, manco a dirlo, chiede la conferma della condanna. Gli ermellini approfondiscono anche loro il caso, quasi ci si appassionano. Vergano tre pagine di motivazioni che confermano come al solito la condanna. Ma attenzione, solo per l’uccisione dell’animale rimandando indietro la questione del «getto pericoloso» perché non era stata sufficientemente motivata dall’Appello. Si torna a Milano il 30 gennaio 2015, Corte d’appello, sezione quarta. Il ricordo del piccione continua a vivere solo nelle aule di giustizia. Tre giudici e il sostituto pg Gaetano Amato Santamaria, che con tutti gli altri che li hanno preceduti fanno la bellezza di 18 magistrati con i quali hanno lavorato qualche decina di cancellieri e impiegati, per l’ennesima volta analizzano la sorte dell’animale finendo perfino a disquisire se il «getto» potesse riguardare la caduta «del corpo stesso del piccione ferito e agonizzante precipitato tra le persone» e non il pallino che lo ha trapassato ad un’ala. Sentenza confermata di nuovo anche per il secondo reato. Ci vorrebbero 30 giorni per le motivazioni, ma il presidente Francesca Marcelli le deposita il 10 febbraio.

    Il gong finale della prescrizione suonerà a giugno 2015, ma c’è ancora la possibilità di un ricorso in Cassazione: altri sei magistrati. Resta la condanna definitiva per il primo reato, ammesso che ci sia un magistrato dell’esecuzione che tra i fascicoli che gli sommergono l’ufficio abbia anche lui tempo da dedicare al povero piccione e al suo uccisore.

  9. Maggio 23, 2017 alle 2:48 PM

    evviva, impunità garantita.

    da Il Fatto Quotidiano, 22 maggio 2017
    Parlamentare che si vende una legge? Non processabile. La sentenza: “I suoi atti sono insindacabili, dibattimento inutile”.
    È l’Espresso che racconta il caso giudiziario dell’ex deputato Udc Luca Volontè, elevato a emblema del vuoto normativo che assilla molti pubblici ministeri e in particolare il procuratore capo di Milano Francesco Greco dai tempi di Tangentopoli quando le bustarelle milionarie intascate dai politici dovevano essere contestate come finanziamento illecito. (Giovanna Trinchella): http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05/22/parlamentare-che-si-vende-una-legge-non-processabile-la-sentenza-i-suoi-atti-sono-insindacabili-dibattimento-inutile/3605608/

  1. dicembre 28, 2014 alle 3:59 PM

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