Discariche (e lucrosi affari) sulle terre collettive sarde, ecco perchè si prepara un nuovo Editto delle Chiudende. Petizione popolare per la difesa delle terre collettive.
qui puoi firmare la petizione popolare per la difesa delle terre collettive ” a rischio” in Sardegna.
Ma davvero qualche anima bella pensa sul serio che sia necessario “avviare un nuovo processo di mappatura dei terreni regionali gravati da uso civico sulla base di un’interlocuzione diretta con le comunità” per venire incontro alle esigenze di tutela dei diritti dei cittadini titolari degli usi civici e per difendere l’ambiente, come pretende di farci capire la risoluzione n. 5/XVII approvata dal Consiglio regionale della Sardegna lo scorso 26 novembre 2025.
Ma davvero c’è questo straordinario lodevole afflato consiliare verso la tutela dei diritti dei cittadini titolari degli usi civici e la difesa dell’ambiente?
Spiace, ma qualche fondato dubbio permane.
Così come sono parecchi i casi di speculazione immobiliare realizzati nel corso degli ultimi decenni sulle terre collettive sarde e non sono certo in numero inferiore i casi di centrali eoliche realizzate o in progetto che interessano terreni a uso civico, così non mancano anche le discariche realizzate o progettate su terreni appartenenti ai demani collettivi.
A Serdiana, per esempio, fra i vigneti e gli oliveti del Parteolla, fin dal 1984 (deliberazione Consiglio comunale n. 23 del 2 marzo 1984) un’ampia area è destinata a discarica controllata di rifiuti urbani e speciali gestita dalla Ecoserdiana s.p.a., nelle località Su Siccesu e S’Arenaxiu.
Nel corso degli anni sono cresciuti fino a sette moduli per l’abbancamento dei rifiuti, le tipologie trattate, il quantitativo complessivo dei rifiuti stoccati, ormai superiore a quattro milioni di tonnellate.Nel 2019 la Provincia del Sud Sardegna accertò una grave contaminazione delle falde idriche (Cloruro di Vinile, Dicloro Propano, Dicloro Etilene) di predisporre un piano di caratterizzazione e di provvedere ai necessari interventi di bonifica ambientale (ordinanza n. 1 del 5 novembre 2019), per cui si afferma essere in corso da parte della Società di gestione della discarica un “progetto di M.I.S.O. (messa in sicurezza operativa), ex art. 242 delvigente D.Lgs. n. 152/2006, in quanto nell’ambito dell’attività di monitoraggio della discaricasonostati rilevati superamenti delle C.S.C. di alcuni parametri nelle acque sotterranee, in alcuni piezometri della rete di monitoraggio dell’impianto.”.
Eppure, con la deliberazione Giunta regionale n. 21/27 del 17 aprile 2025, è stato concluso positivamente con prescrizioni il procedimento di valutazione d’impatto ambientale (V.I.A.) ed è stato rilasciato il provvedimento ambientale unico regionale (PAUR) per un ulteriore modulo (l’ottavo) di 172 mila metri cubi di rifiuti speciali non pericolosi per cinque anni.
Soprattutto, si continua a ignorare che la discarica, per ben 46 ettari, è stata realizzata e vien gestita su terreni a uso civico, appartenente al demanio civico di Serdiana (individuazione con determinazione ARGEA n. 7321 del 17 dicembre 2018), i cui unici titolari sono i cittadini di Serdiana.
E’ davvero incredibile come anche la precedente autorizzazione all’ampliamento della discarica del 2019 (deliberazione Giunta regionale Sardegna n. 19/24 del 23 giugno 2019) abbia eluso la presenza dei diritti di uso civico ed è analogamente incredibile come si possa solo pensare che, ora, si possa superare la presenza dei diritti di uso civico con una mera autorizzazione al mutamento di destinazione e sospensione dei medesimi diritti per dieci anni (determinazione Ass.to reg.le Agricoltura RAS n. 852/17623 del 4 luglio 2024) affermando che “al termine della vita utile dell’attività le aree dovranno essere restituite alla condizione di naturalità ed alla destinazione agro-silvo pastorale, in conformità alle previsioni del piano di ripristino ambientale approvato dagli enti competenti in materia”, quando è pacifico e palese che una qualsiasi discarica controllata mai e poi mai potrà ritornare fruibile come pascolo o terreno agricolo per la collettività.
L’unica cosa sensata, una volta accertato l’utilizzo illecito delle terre collettive, sarebbe stata l’irrogazione delle sanzioni previste e l’avvio del procedimento di trasferimento dei diritti di uso civico su terreni pubblici di valore ambientale (art. 3, commi 8 bis - 8 quater, della legge n. 168/2017 e s.m.i.), vista la loro irreversibile trasformazione.
Il GrIG, accogliendo le accorate richieste del locale Comitato popolare di salvaguardia del Parteolla, rappresentato e difeso dall’Avv. Carlo Augusto Melis Costa, del Foro di Cagliari, ha pertanto impugnato davanti al T.A.R. Sardegna la deliberazione di Giunta regionale dell’aprile 2025. Il ricorso è tuttora pendente.
Il bacino dei “fanghi rossi” è una folle discarica di residui della lavorazione della bauxite per ottenere alluminio primario posta sulla costa di Portoscuso, nell’area industriale di Portovesme.
E’ stato realizzato nel 1978 – prima i residui si scaricavano a mare al largo di Carloforte, come i “fanghi rossi” di Scarlino – ed è stato ampliato fino a 159 ettari. Con il progetto di ripresa degli impianti Eurallumina, presentato negli anni scorsi e comprendente anche la nuova centrale a carbone, sarebbe ampliato a 178 ettari, con argini alti mt. 46 sul livello del mare.
Una parte ricadente su terreni a uso civico, rientranti nel demanio civico di Portoscuso, accertato nel 2005 (determinazione direttoriale Ass.to Agricoltura R.A.S. n. 210 del 23 febbraio 2005), venne in seguito sdemanializzata nel 2018 insieme alle altre aree ricadenti nella zona industriale (determinazione direttoriale ARGEA n. 2653 del 14 maggio 2018) senza che nemmeno un centesimo andasse alla collettività locale titolare dei diritti grazie all’art. 3, comma 17°ter, del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito con modificazioni nella legge 3 agosto 2017, n. 123(c.d. decreto per il Sud), norma che ha stabilito che i “terreni” rientranti nei “piani territoriali di sviluppo industriale” di cui alle norme per gli interventi pubblici nel Mezzogiorno “sono sottratti dal regime dei terreni ad uso civico, con decorrenza dalla data di approvazione dei piani o loro atti di variante“. Più di 700 ettari, complessivamente. Con buona pace di tutti.
Sul Monte Arci, invece, le cose sono andate diversamente.
Nel 2019 il Comune di Morgongiori intendeva realizzare una discarica controllata nella cava di perlite dismessa di Serra Bingia, su terreni a uso civico appartenenti ai demani civici di Morgongiori e di Uras.:
175 mila metri cubi di rifiuti, di cui 25 mila di rifiuti contenenti amianto.
Il relativo procedimento di valutazione d’impatto ambientale vide l’intervento del GrIG che chiese la dichiarazione di incompatibilità per la presenza dei diritti di uso civico e la successiva comunicazione (nota prot. n. 21621 dell’11 dicembre 2019) dell’Assessorato dell’Agricoltura della Regione autonoma della Sardegna che comunicava l’impossibilità giuridica dell’autorizzazione alla realizzazione della discarica.
Si tratta di solo di alcuni dei tanti casi analoghi esistenti in Sardegna, in cui si pretende di defraudare dei loro diritti proprietari le collettività locali.
Quando si verifica l’avvenuta irreversibile trasformazione di terreni dei demani civici si può avviare il procedimento di trasferimento dei diritti di uso civico: la legge n. 168/2017 in materia di usi civici è stata integrata con le disposizioni poste dall’art. 63 bis della legge n. 108 del 29 luglio 2021 di conversione con modificazioni e integrazioni del decreto-legge n. 77/2021, il c.d. decreto governance PNRR) che consente il trasferimento dei diritti di uso civico da terreni ormai irrimediabilmente compromessi (es. perché edificati) ad aree provenienti dal patrimonio comunale o regionale di valore ambientale (es. boschi, coste, zone umide, ecc.). In Sardegna vi sono già stati diversi procedimenti in proposito (per esempio, a Monti, ad Abbasanta, a San Vero Milis, a Oristano, a Lanusei, a Sindia, ecc.) che hanno consentito un recupero ai demani civici di terreni di valore ambientale e contemporaneamente han risolto le problematiche di tanti cittadini.
Ma ora il Consiglio regionale ha avviato un nuovo tentativo di privatizzazione strisciante delle terre collettive sarde: come nel recente passato, c’è sempre il famelico desiderio di un nuovo Editto delle Chiudende.
Attualmente in Sardegna, secondo quanto oggetto di provvedimenti di accertamento, risultano terreni a uso civico in 340 Comuni sui 369 su cui sono state condotte le operazioni.
I criteri per l’accertamento degli usi civici sono chiari e sono uguali in tutta Italia: sono i terreni di origine “feudale o ademprivile” e quelli di “antico possesso” o “originaria pertinenza” e si verificano fondamentalmente attraverso l’esame degli archivi dello Stato e degli altri Enti Pubblici Territoriali, degli Archivi notarili, degli archivi commissariali (per la Sardegna vds. la deliberazione del 10 dicembre 2021, n. 48/15 con cui la Giunta regionale sarda ha approvato lo specifico “Atto di indirizzo interpretativo e applicativo per la gestione dei procedimenti amministrativi relativi agli usi civici di cui alla L.R. n. 12/1994, alla L. n. 1766/1927 e alla L. n. 168/2017” anche in attuazione delle disposizioni nazionali in materia di usi civici, comprese quelle sul trasferimento dei diritti di uso civico).
I Comuni sardi sono 377: mancano ancora le attività di accertamento su 7 Comuni, nei quali si stima, comunque, la presenza di terre collettive.
In 30 Comuni, al termine delle operazioni, non sono risultati terreni a uso civico.
Complessivamente (considerando anche gli ultimi 7 Comuni dove devono esser svolte le operazioni di accertamento, ma dove se ne stima la presenza), dovrebbero essere 348 su 377 i Comuni dove sono presenti i demani civici, ben il 92% dei Comuni sardi.
Sono stati, inoltre, verificati e aggiornati i dati (estensione, catasto, ecc.) relativi ai 340 demani civici accertati (luglio 2021), grazie a un buon lavoro condotto dalle strutture regionali competenti.
L’estensione complessiva delle terre collettive finora accertate è di circa 303.676 ettari, pari al 12,62% dell’Isola, riportati nell’Inventario regionale delle Terre civiche, il documento fondamentale, di natura ricognitiva, per la conoscibilità dei terreni appartenenti ai demani civici in Sardegna.
L’Istituto Nazionale di Economia Agraria stimava (1947) la presenza di 314.814 ettari di terreni a uso civico in Sardegna.
In Italia si stima che le terre collettive siano il 7-10% del territorio nazionale e il Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) ha recentemente avviato una indagine conoscitiva in proposito.
I domini collettivi, i terreni a uso civico e i demani civici (legge n. 1766/1927 e s.m.i., legge n. 168/2017, regio decreto n. 332/1928 e s.m.i.) costituiscono un patrimonio di grandissimo rilievo per le Collettività locali, sia sotto il profilo economico-sociale che per gli aspetti di salvaguardia ambientale, valore riconosciuto sistematicamente in sede giurisprudenziale.
I diritti di uso civico sono inalienabili, indivisibili, inusucapibili e imprescrittibili (artt. 3, comma 3°, della legge n. 168/2017 e 2, 9, 12 della legge n. 1766/1927 e s.m.i.). I domini collettivi sono tutelati ex lege con il vincolo paesaggistico (art. 142, comma 1°, lettera h, del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.). Ogni atto di disposizione che comporti ablazione o che comunque incida su diritti di uso civico può essere adottato dalla pubblica amministrazione competente soltanto a particolari condizioni, previa autorizzazione regionale e verso corrispettivo di un indennizzo da corrispondere alla collettività titolare del diritto medesimo e destinato a opere permanenti di interesse pubblico generale (artt. 12 della legge n. 1766/1927 e s.m.i.).
I cittadini appartenenti alle collettività locali sono gli unici titolari dei diritti di uso civico nei rispettivi demani civici (artt. 2, commi 3° e 4°, e 3, commi 1° e 2°, della legge n. 168/2017 e s.m.i.). Inoltre, il regime giuridico dei demani civici prevede la “perpetua destinazione agro-silvo-pastorale” (art. 3, comma 3°, della legge n. 168/2017), nonché “l’utilizzazione del demanio civico … in conformità alla sua destinazione e secondo le regole d’uso stabilite dal dominio collettivo” (art. 3, comma 5°, della legge n. 168/2017).
Quindi, i beni in proprietà collettiva sono soggetti per legge a vincolo di destinazione e a vincolo ambientale: non possono essere oggetto di una concessione amministrativa che ne importi la trasformazione.
Un grande patrimonio ambientale collettivo che dobbiamo conservare e custodire per le generazioni future.
E il GrIG, che da decenni agisce concretamente per la salvaguardia delle terre collettive sarde, come già avvenuto negli anni scorsi, farà di tutto per evitare qualsiasi nuovo sciagurato Editto delle Chiudende sotto qualsiasi forma.
Il GrIG chiama, in primo luogo, i cittadini a esprimersi, proponendo una petizione popolare per la difesa delle terre collettive in Sardegna, che può essere sottoscritta qui:https://c.org/5BLCJPwztk
Siamo già più di 2 mila ad averla firmata.
Difendiamo le terre collettive della Sardegna!
Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)
(foto da mailing list ambientalista, J.I., M.D., S.D., archivio GrIG)














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