Neuroni cementificati per le coste sarde.

anche su Il Manifesto Sardo (“Neuroni cementificati per le coste sarde“), n. 292, 16 ottobre 2019

Niente da fare.
Se è vero che l’evoluzione ha avuto bisogno di milioni e milioni di anni, non c’è nemmeno speranza.
Incurante dei fatti e del mondo che corre a gran velocità, la politica sarda è ancora al Cretaceo.
Per costoro è il Sardistàn, oscura isola del Mediterraneo occidentale dove sopravvivono credenze e riti ormai scomparsi.
L’adorazione del mattone, per esempio.
Davanti a un’abissale crisi economico-sociale, davanti a drammatiche problematiche come quella dell’abbandono scolastico che sta portando sempre più l’Isola a un futuro ignorante da manodopera dequalificata, davanti a un dissesto idrogeologico foriero di mille calamità innaturali, davanti a un contesto da terzo mondo nel settore dei trasporti, il mondo politico sardo è capace di dare una sola risposta, sempre la stessa da decenni: cemento sulle coste con la pretesa di favorire il turismo.

Questa è anche la richiesta della Confindustria sarda, ormai indirizzata dalle imprese immobiliari: nel consueto convegno gallurese al sapor di calcestruzzo, ha recentemente ribadito la sua ricetta per il turismo nell’Isola: riprendere a costruire sulle coste.
La cosa non sorprende, visto lo scarso dinamismo dell’imprenditoria sarda, volendo esser buoni e tralasciando le gesta di alcuni cavalli di razza e il benevolo contesto del settore.
Turismo uguale mattone, per costoro, un obiettivo ottuso e autolesionista, la ricetta di una minestra stantìa andata a male.
Lo ripete alla noia e lo condensa in progetti di legge il centro-destra berlusconizzato e zuppo di interessi particolari, all’unisono le dichiarazioni in materia da parte della nuova Amministrazione regionale Solinas.

Eppure, oltre al pesante degrado della risorsa ambientale, che da solo allontanerebbe parecchi turisti, basterebbe evidenziare in proposito il ridotto tasso di occupazione delle strutture: 22% per le strutture alberghiere e 9,1% per quelle extralberghiere (dati inferiori alla media italiana, ma in linea con quelli delle regioni competitor italiane: Sicilia, Puglia e Calabria).
I motivi risiederebbero nella forte stagionalità dei flussi, tipica del turismo marino-balneare. Basti pensare che le strutture vengono utilizzate per non più del 54% nel mese di agosto e solamente per l’1% nei mesi di gennaio e di dicembre (dati XXIV Rapporto Crenos sull’economia della Sardegna, 2017).

Non solo.
Il recente report della C.N.A., elaborato sui dati ISTAT, indica in ben 261.120 le “abitazioni vuote”, cioè il 28,2% del patrimonio edilizio complessivo e propone una soluzione intelligente sia in chiave turistica che per il contrasto al consumo del suolo: “la creazione di alberghi diffusi, alberghi residenziali e B&B, concepiti come sistema a rete a gestione centralizzata delle prenotazioni e dei servizi accessori (dalle pulizie, alla ristorazione, alle visite guidate, al noleggio di mezzi di trasporto, ecc.). Si tratta un modello di offerta ricettiva di recente diffusione in Italia ed Europa, tra l’altro riconosciuto in modo formale per la prima volta proprio in Sardegna con una normativa specifica del 1998, la cui particolarità consiste nell’offrire agli ospiti l’esperienza di vita in un autentico borgo storico o in un piccolo nucleo rurale, alloggiando in case e camere che distano non oltre 200 metri dal “cuore” dell’albergo diffuso, dove è situata la reception, gli ambienti comuni, l’area ristoro e tutti gli altri servizi che contraddistinguono l’ospitalità alberghiera”.
Il potenziale isolano è notevole e ben potrebbe rivitalizzare i tanti borghi semi-abbandonati: “nel 2018 i 14 alberghi diffusi e gli 80 alberghi residenziali, con una offerta complessiva di 14.278 posti letto (l’1,5% delle strutture e il 6,5% dei posti letto), hanno infatti accolto 192.756 arrivi e 1.182.513 presenze, pari rispettivamente all’8,1% degli arrivi e l’11% delle presenze complessivamente registrate in regione”.

In realtà, per migliorare l’offerta turistica sembrano prioritarie altre iniziative, a iniziare dal radicale miglioramento dei collegamenti aerei e navali in regime di continuità territoriale o comunque attraverso meccanismi di abbattimento dei costi per i non residenti, continuando con una politica efficace delle aree naturali protette e dei beni culturali per ampliare offerta e stagione turistica (per esempio, l’istituzione del parco naturale della Giara in connessione con l’area archeologica di Barumini, itinerari eno-gastronomici e culturali locali), per finire con la promozione di veri e propri “pacchetti turistici” specifici per mète ed eventi (es. S. Efisio, Carnevale, Pasqua, Candelieri, turismo naturalistico, ciclo-turismo, ecc.) nell’ambito di una politica di promozione turistica degna di questo nome, cosa che la Sardegna non ha mai avuto.
Altro che la solita banale speculazione immobiliare sulle coste, roba da neuroni cementificati.
Il mondo si evolve, ma costoro frequentano fondamentalmente i Flinstones.

Comunque, in attesa che qualche barlume evoluzionistico compaia, poche cose, ma chiare.
Normative di salvaguardia costiera e piano paesaggistico sono obblighi non derogabili, previsti dalla normativa nazionale (decreto legislativo n. 4272004 e s.m.i.) in attuazione dei principi costituzionali (artt. 9 e 117, comma 2°, lettera s), mentre il piano paesaggistico dev’essere predisposto in collaborazione (c.d. copianificazione) con il Ministero per i beni e attività culturali, come da giurisprudenza costituzionale costante.
Ricordiamo che siamo riusciti a far annullare (1998, 2013) dai Giudici amministrativi i piani territoriali paesistici del 1993, che tutelavano le speculazioni immobiliari e non l’ambiente, abbiamo contribuito ad affossare il tentativo dell’Amministrazione regionale Cappellacci di stravolgere il P.P.R. (2013-2014), abbiamo contribuito a fermare le norme eversive della pianificazione paesaggistica proposte dalla Giunta Pigliaru (2018).

Non ci spaventano certo le battaglie per la salvaguardia del territorio sardo e, in particolare, della sua parte più pregiata, le coste.
C’è una sensibilità ambientale sempre più forte, trasversale, diffusa.
C’è ancora chi vuol ancora dar fiato alla speculazione immobiliare? Troverà la risposta adeguata.
Tutto qui.
Stefano Deliperi, Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

(foto per conto GrIG, S.D., archivio GrIG)
Sono disponibile sin da ora a sostenere le iniziative che si renderanno necessarie per contrastare la ricorrente e malsana piaga della cementificazione delle coste sarde.
È molto probabile che l’attuale maggioranza del CR della Sardegna non abbia ben chiaro che la salvaguardia del paesaggio sardo NON È una questione strettamente isolana . Riguarda ed è parte preziosa e unica del paesaggio italiano ; saranno gli italiani tutti, che da nord a sud amano quest’isola, , a fermare i progetti di scempio
Angelo
concordo in pieno
grazie Angelo, c’è e ci sarà bisogno dell’aiuto di tutti!
Stefano Deliperi
Vien da chiedersi pero’ come mai i sardi continuino ad eleggere ‘sta gente.
Mi vien da pensare che la maggiorparte di noi sia a favore del riprendere a costruire sulle coste. Quelli contrari come me non possono che ringraziare questo benemerito gruppo per la sua valorosa opera di protezione della nostra, malgrado noi, ancora bellissima isola.
Posso contribuire in qualche modo che non sia solo inviare commenti? Vorrei fare una parte piu’ attiva anch’io perche’ la Sardegna non ci merita.
Per Angelo: Sono d’accordo con Lei riguardo al fatto che l’Isoletta bella sia ( sarebbe meglio usare l’Indicativo “è”, modo della realtà) patrimonio di Tutti; prezioso patrimonio. A patto che Tutti, nessuno escluso, ne abbia cura, sia come nativi e residenti, sia come ospiti occasionali o affezionati.
Ma come… cittadina nativa e residente ( ed orgogliosa) mi permetto di sottolineare che NON solo a parole, ma con fatti corerenti e concreti bisogna innanzitutto rispettare l’Isola ed anche difenderla da maleducati e da distruttori, nei modi e nelle modalità che ciascuno possiede, perché un conto è difenderla da migliaia e da milioni di km di distanza, un conto è VIVERCI, affrontando l’isolamento, la difficoltà di avere i servizi necessari, la limitata possibilità di raggiungere in tempi brevi strutture ospedaliere non sempre a portata di mano ed anche superando i vincoli della realtà che, di fatto, impediscono contatti umani ed interazioni.
Sono davvero lieta che l’Isola abbia persone come Lei, gentile Angelo a sostenerla.
Grazie.
Per Donatella: grazie tante 🙂
Per Sig. Pusceddu:
non sempre una maggioranza di cittadini che esprime la classe dirigente scelta, dagli stessi, per amministrare la cosa pubblica, è maggioranza illuminata; talvolta è illuminata per niente, e mi fermo qui perché ho rispetto della scelta popolare in democrazia. Ma aggiungerei ben altro se non avessi rispetto per me stessa e per le Istituzioni, anche quando le Istituzioni amministrano SOLO per coloro che li hanno espressi e NON per il bene comune ( ossia anche per coloro che NON li hanno votati).
Mi perdonerà se mi premetto di dirLe che le maggioranze REALI e confortanti non sono, (per me ma solo per me), soltanto quelle che votano e che esprimono a volte in modo opportunistico chi più gradiscono, ma quelle che amano il proprio territorio, che lo difendono e che non consentono ad amministratori improvvidi e superficiali di svenderlo; perciò sono convinta che la più parte dei nostri conterranei non consentiranno scempi e stravolgimenti, mi creda.
Sono totalmente in disaccordo con Lei quando dice che la Sardegna non ci merita. Forse voleva dire “Non ci meritiamo la Sardegna”?
In tutti i casi, sia nell’una che nell’altra ipotesi: l’Isola ci merita e noi meritiamo l’Isola; Io credo di meritarmi l’amore e l’affetto della mia Isoletta bella: uno perché ci sono nata, due perché la amo, tre perché mi ha nutrito e quattro, cinque e sei… perché l’Isola è nel mio cuore, nel mio DNA, nel mio presente e nel mio passato e ci sarà sempre anche quando io smetterò di ESISTERE.
Chiedo perdono alla mia beneamata isola per l’errore e a Lei per avermelo comunicato. Quindi a scanso di equivoci: la maggiorparte dei sardi non si meritano una terra ancora tanto bella nonostante i continui assalti col cemento, il fuoco, i trattori, le motoseghe, i pallettoni…e potrei continuare a lungo! La Sardegna, nonostante non goda della biodiversita’ tipica di climi piu’ tropicali e pluviali o forse proprio per questo, possiede il miracoloso potere di neutralizzare tutti questi attacchi incalzanti della popolazione e dei turisti e di mantenersi sempre abbastanza bella e selvaggia. Bisogna pero’ aiutarla nell’impresa perche’ sempre piu’ luoghi nell’isola cadono preda delle brutture di questa civilta’ cosidetta moderna e dei suoi aguzzini i consumatori, dei quali la classe politica non e’ che mera rappresentanza.
Ciò che ha in mente di fare questa nuova sfornata “politica” è , a mio modesto avviso , di assoluta gravità ambientale e quindi ,economica. Non sono in pericolo solo le coste ,boccone riservato alle solite elite di marca Italica e straniera , ma bensì tutto il territorio Sardo. La legge prevede di trasformare tutte le aree agricole in edificabili -perché di questo si tratta- quando si propone la superficie di un solo Ha. per poter costruire una casa, anche se non si ha qualifiche agricole professionali . In pratica, per avere la certezza del voto di scambio, si trasformano i Sardi in piccoli speculatori edilizi. Si parcellizzano quindi le aree destinate all’attività agricola tradizionale sottraendole a questo uso. Ora, non bisogna essere dei grandi economisti per capire il fatto che l’unica speranza per noi Sardi è quella di impiantare attività agricole moderne , un turismo fondato sulle attuali bellezze del territorio, e,forse sulla tecnologia avanzata.
Eppure sono proprio le attivita’ agricole “moderne” che stanno distruggendo il pianeta forse anche piu’ del cemento. Per intenderci quelle basate sui mezzi meccanici, fertilizzanti e pesticidi. Le qualifiche agricole professionali vergono tutte sull’uso di tali pratiche distruttive.
Bisognerebbe invece cambiare l’agricoltura trasformandola in una pratica a minimo impatto ambientale e incentivare coloro i quali vogliano vivere di questa, permettendogli per esempio di costruirsi una casa in campagna, a patto che anche la casa sia a basso impatto ambientale. Anzi oggi abbiamo le conoscenze e la tecnologia necessarie per farle anche a impatto positivo anziche’ negativo, ovvero con metodi che sequestrano la CO2 anziche’ emetterne di nuova in circolo.
Gentile Riccardo,bisogna capirci. Agricoltura moderna non è sinonimo di agricoltura industrializzata . Per modernità s’intende sopratutto organizzazione commerciale. Capacità di piazzare ciò che produci nei vari mercati. Noi abbiamo dei prodotti agricoli unici. Latte caprino e ovino.per esempio, prodotto da pascolo naturale e non da pascoli forzati con concimi o,da animali allevati in stalla. Ebbene,noi siamo capaci di buttarlo via sulle strade per il semplice motivo che l nostro prodotto viene acquisito a prezzi bassi dai padroni del mercato. Il nostro latte ha caratteristiche uniche e dovrebbe essere venduto per il suo reale valore, non ceduto ai Francesi o alla “Granarolo ” per essere rivenduto da loro a prezzi remunerativi. Questa non è la bacheca per discutere problemi agricoli . Tuttavia, appare chiaro che noi non potremmo mai essere competitivi con le vacche Olandesi o con le capre Francesi allevate in stalla. Noi abbiamo bisogno di superfici aziendali ben maggiori di quelle necessarie all’agricoltura intensiva. Abito in un Comune costiero. Fatalmente,se va in porto questa visione politica, vedrò sorgere una miriade di lottizzazioni abusive con lotti minimi di 1 ha, da rivendere a caro prezzo . L’esempio del caos urbanistico delle aree di espansione di Sassari o di Nuoro,per non parlare degli altri Comuni, sorge proprio dalle “lottizzazioni abusive in zona agricola le quali sono state risanate con i soldi pubblici dei contribuenti. Avrei,in qualità di tecnico agricolo e di agricoltore , esporre alcune mie personali esperienze . Rischierei di tediare chi legge. Forse avremmo occasione di discutere l’argomento in altra sede .
Pero’ anche sulla commercializzazione dei prodotti agricoli attuale ci sarebbe poi da ridire in quanto essa accresce vieppiu’ i danni dell’agricoltura al pianeta. Mi riferisco naturalmente all’esportazione. Fiumi di petrolio vengono utilizzati per far circolare merci, non solo agricole naturalmente che invece dovrebbero essere consumate in loco senza la conseguente emissione di CO2 che deriva dall’esportazione/importazione.
Per quanto riguarda la farsa delle case coloniche sanate, ne ho disegnate diverse io stesso quando lavoravo ancora in Sardegna. La maggioranza erano appunto una farsa e infatti la maggiorparte sono state condonate in tempi successivi. Il risultato e’ che adesso la campagna e’ affollata di gente che va e viene in macchina. Altri fiumi di petrolio.
A mio avviso l’unica soluzione alla crisi ambientale e produttiva non solo isolana ma globale, l’unico modo di coniugare lavoro e ambiente risiede nell’abbandono delle pratiche agricole moderne, inclusa la commercializzazione in mercati distanti dei prodotti agricoli.
Una rivoluzione che non penso si attuera’ mai, almeno fino a quando ci sara’ ancora un goccio di petrolio o un grumo di carbone a disposizione da bruciare solo che quando cio’ accadra’ sara’ troppo tardi e avremo gia’ perso il 90% della biodiversita’ globale e forse anche il 90% della popolazione.
Per PORICO, ho letto con interesse ciò che ha scritto; ma non sono spaventata da:
(…) “Non sono in pericolo solo le coste ,boccone riservato alle solite elite di marca Italica e straniera , ma bensì tutto il territorio Sardo. (…) Anche ” tutte le aree agricole in edificabili -perché di questo si tratta- quando si propone la superficie di un solo Ha. per poter costruire una casa, anche se non si ha qualifiche agricole professionali.”
Bisogna stare in guardia, ma sono consapevole del fatto che, se sarà necessario, scenderemo in piazza a mostrare a questa gente di che cosa siamo capaci. Come abbiamo fatto SEMPRE, in passato.
E’ assolutamente vero che anche quando non si hanno qualifiche agricole professionali ed imprenditoriali, si concede di costruir casa nei poderi o in area agricole ( “Per fare un esempio, su un terreno di un ettaro (10.000 mq) sarà possibile costruire 300 metri cubi di fabbricato, corrispondenti più o meno a un’abitazione di 100 metri quadri di superficie”)* .
* Fonte:Linked-in, “I requisiti per costruire su un terreno agricolo”, 2017.
Nel mio territorio, alcuni giovani hanno costruito delle abitazioni all’interno dei poderi, secondo tipologia “case coloniche” ( ma non sempre) dove sin da piccoli, hanno lavorato ma soprattutto perché legati al territorio dove tornano ogni settimana o dove addirittura dimorano.
Purtroppo molti contadini hanno venduto ad esterni o hanno diviso tra figli e così, nel tessuto agrario, si sono inseriti degli ospiti che oggi vivono nel territorio, che vi dimorano e che amano la nostra comunità come l’amiamo noi.
Ollu biri su chi anta a fai ( “voglio vedere quel che saranno capaci di fare”…libera traduzione); “de terra cind’è pon di torrai a arai” ( di terra ce n’è per ararla…e per ararla ancora…).Tanto spazio per due gatti due…alla fine!
🙂
Serena giornata, gentili signori.
E non proidi…( e non piove…)
Per Porico: Il Suo mi sembra un discorso di grande buon senso; sottoscrivo molte cose che ha detto o scritto:
(…) ” Noi abbiamo dei prodotti agricoli unici. Latte caprino e ovino.per esempio, prodotto da pascolo naturale e non da pascoli forzati con concimi o,da animali allevati in stalla.”
Non è da oggi che si dibatte la questione del prezzo del latte. Ricordo che, anche negli anni ’80 e ’90, c’era una discriminazione consistente tra i prezzi del latte ovino e del latte vaccino, a danno di quest’ultimo. Chi aveva allevamenti ovini, era fortunato; nel mio territorio erano pochi gli allevamenti ovini, contro la più parte di quelli vaccini. E si trattava di latte di qualità prodotto da animali che pascolavano SOLO in pascoli naturali, sottoposti a rotazione agraria e arricchiti da una concimazione naturale ( con i rifiuti organici delle stesse bestie, depositati nell’ampia corte colonica per invecchiare) che però veniva pagato a prezzi vergognosi e poco dignitosi per i contadini che lavoravano come schiavi!
Sto parlando di contadini che si levavano alle 04 del mattino per riordinare la stalla, per pulire gli animali e per mungerli. Per poi conferire il latte alle prime ore dell’alba: mica bruscolini…
Per un prezzo da schifo!
Quanto alle lottizzazioni abusive, Le chiedo, come è possibile, oggi? C’è una prassi precisa, complessa e “osservata” e controllata…Nella mia comunità sono state fatte diverse lotizzazioni in passato e molti contadini si sono arricchiti vendendo poderi e terreni che però, credo, facessero parte di zone che potevano essere edificate sulla base di piani precisi e deliberati. Altri poderi sono stati acquistati da allevatori che vivevano e vivono nel territorio da utilizzare come pascolo. Oggi, anche chi potrebbe vendere, o non lo fa o lo fa con prudenza.
Serena giornata
🙂
Oi puru non proidi… ( anche oggi, non piove!)
Grazie Grig per l’interesse e il lavoro che fatte cercando di salvare il possibile, e personalmente penso che la nostra terra e’ sempre stata trattata male e noi Sardi abbiamo fatto ben poco per difenderla. E se i nostri governanti, non votati da me, pensano che cementificando le nostre coste possano far arrivare molti turisti, credo proprio che si sbagliano. La gente intelligente non ha voglia di caos e va a cercare l’autenticità della terra non il mattone e il cemento,
Comunque resto a disposizione per eventuale manifestazione .
Buon lavoro .
grazie Patrizia, c’è bisogno dell’aiuto di tutti!
da La Nuova Sardegna, 27 ottobre 2019
«Le coste non si toccano, in Sardegna non serve altro cemento». Ppr e proposte di Piano casa al centro del convegno di Progressisti e Possibile. L’architetto Roggio: «Il messaggio “più costruisci, più turisti” è fuorviante». (Stefano Ambu): https://www.lanuovasardegna.it/regione/2019/10/26/news/le-coste-non-si-toccano-non-serve-altro-cemento-1.37795691