L’overdose di turismo degrada ambiente e cultura.
Ormai da diverso tempo vi sono località del Bel Paese decisamente oggetto di eccessiva frequenza in ambito turistico.
Spiagge, centri storici, montagne, luoghi della cultura sono troppo spesso preda del turismo mordi e fuggi, più per il desiderio di un selfie che per effettiva voglia di conoscerli.
Spesso misure come il numero chiuso si rivelano esclusivamente un modo per fare cassa da parte dei Comuni territorialmente competenti, senza alcuna misura di effettiva salvaguardia ambientale, senza sicurezza pubblica, senza alcuna offerta di servizi, per una pura mercificazione di ambiente e cultura.
Non ha alcuna utilità il sensazionalismo di chi beneficia di un quarto d’ora di notorietà, annunciando denunce di non ben chiara natura.
Situazioni conclamate di overdose turistica, casi di sovraffollamento turistico ben noti a livello internazionale come overtourism, come da anni accade, a puro titolo di esempio, nell’Arcipelago della Maddalena, hanno bisogno di interventi strutturali, con aumento numerico di mezzi e persone dei controlli ambientali.
Inutile e un po’ ridicolo stracciarsi le vesti, se non si vuol intervenire concretamente.
Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)
da Il Corriere della Sera, 23 agosto 2025
In Francia si arriva a 100 mila di multa. Uno degii ecosistemi più belli e delicato del mondo viene sfruttato nell’esclusivo interesse del turismo di lusso. Il Parco: «Così non possiamo difenderci e le spiagge sono a rischio». (Gian Antonio Stella)
«Spiaggia sabbiosa, selvaggia e incontaminata». Sì, ciao. Trent’anni fa, forse. O in pieno inverno. Basta una foto postata tre giorni fa della cala Bassa Trinita per masticare amaro sulla citazione di TripAdvisor: un tappeto fitto fitto di decine di tende, sdrai e ombrelloni ammucchiati fino all’inverosimile in pochi metri di battigia. Un chiassoso alveare. Con l’aggravante della nota finale: «Acqua cristallina, ma contaminata da forte vento e posidonia». Ma come: è la posidonia che «contamina»?
Centomila euro di multa, ha rifilato un giudice francese, a giugno, agli armatori di un catamarano che aveva gettato l’ancora sulla prateria sottomarina davanti alle isole Riou e Plane nel Parc National des Calanques: 50 mila di sanzione, 49 mila di risarcimento alla riserva naturale più indennizzi vari ad associazioni ambientaliste. «Ce l’avevano chiesto i turisti a bordo», hanno balbettato gli imputati incastrati dal Gps e ora esclusi dall’elenco degli operatori autorizzati. Peggio ancora. «La posidonia, infatti, svolge un ruolo chiave nella stabilizzazione dei fondali, nella produzione di ossigeno e nella protezione della biodiversità marina», ha scritto solovela.net, «Ogni danno causato da ancoraggi inappropriati in queste aree può risultare devastante e irreversibile nel lungo periodo». Rileggiamo: irreversibile.
Quella «tollerenza» all’italiana
Fossero stati beccati alla Maddalena? «Avrebbero pagato, temo, solo 51 euro», sospira Giulio Plastina, direttore del Parco Nazionale istituito 31 anni fa ma mai dotato degli strumenti necessari per operare sul serio: «Il divieto di gettare l’ancora sulla prateria di posidonia c’è, ma quando l’Italia fece sue le direttive comunitarie, non pensò al regime sanzionatorio…» Risultato: chi fa il furbo rischia otto volte meno della multa massima per sosta vietata di un’auto.
Paradiso terrestre devastato
Ma si può trattare così un paradiso terrestre? Le immagini di questi giorni, quelle centinaia di motoscafi, gommoni e panfili appiccicati l’uno l’altro nelle «piscine naturali» di Cala Coticcio, Cala Corsara o Cala Spalmatore (dove è stato avvistato lo yacht «La pausa» di Daniela Santanchè e Ignazio La Russa e dove giacciono preziosi resti archeologici) tolgono il fiato. E così quelle dei bagnanti scaricati a frotte ogni giorno dai barconi turistici sulle spiagge più a rischio come quella di Santa Maria, a dispetto dei limiti messi nel ‘19 dal Piano Utilizzo Litorali del Comune.
Lo stupro alla spiaggia rosa e gli ingorghi di Caprera
Limiti violati così brutalmente sulla Spiaggia del Cavaliere di Budelli da spingere nel ‘22 al totale divieto di calpestio «essendosi ridotta di circa la metà per l’asportazione di considerevoli quantità di sabbia». Uno stupro che già aveva costretto il parco a chiudere l’accesso alla celebre «Spiaggia Rosa».
«Sono avvelenata», tuona Rosanna Giudice, l’ex sindaco de La Maddalena nominata da poco presidente del parco dopo una spossante vacatio: «Questo turismo implosivo, fastidioso e ingestibile a terra e a mare non può essere più consentito. Non così. Lo dico per i cittadini dell’arcipelago e per tutti gli italiani. Troppo, troppo! Io rappresento il Ministero dell’Ambiente: che devo fare? Quando si è malati bisogna tagliare. Per salvare il resto, bisogna tagliare. Ecco il punto». Vale per l’isola centrale, vale per quelle minori («Sono appena andata a Santa Maria: un formicaio. Non c’è più la spiaggia che conoscevo. Abbiate pazienza: si vede la terra, la roccia con le radici dei ginepri che emergono dalla sabbia. Da brividi: quello che perdiamo come sabbia non lo recuperiamo più. Ho detto: portatemi via sennò affogo qualcuno»), vale per Caprera: «Sette o ottocento auto al giorno. Senza vie di fuga in caso d’incendio. Come si fa? Non voglio far la parte del giustiziere della notte e dare un colpo di mannaia, ma una svolta è indispensabile».
Una flottiglia da 30mila imbarcazioni
Ma come, se l’immenso parco nazionale (5.100 ettari di isole e isolotti più 15.046 di superficie marina con 180 km di coste dalle Bocche di Bonifacio all’isola di Mortorio a protezione integrale, con sessantatré specie di animali protette dal Gabbiano Corso alla Moretta tabaccata o al Falco di palude) non ha mai potuto contare, anche dopo la delusione e lo scandalo per il mancato G8, su quanto è assolutamente indispensabile perché una riserva naturale funzioni? Se i suoi dipendenti, un manipolo di volenterosi, possono solo accompagnare i visitatori e segnalare alla Capitaneria di Porto o ai Forestali (peraltro troppo impegnati sul fronte manutenzione e incendi per uscire di pattuglia in mare) le violazioni più insultanti delle regole ma non possono neppure multare i più sfacciati nemici dell’ambiente? Se la riserva deve fare i conti con una flottiglia di «30 mila imbarcazioni, natanti e navi da diporto che ogni anno frequentano l’area marina» quasi impossibili oggi da controllare?
Gli interessi del turismo nautico e quelli del territorio
Pochi dati: con un 37° degli abitanti italiani, la Sardegna ha un nono dei posti barca nazionali. E di questi il 47% è in Gallura, che pure rappresenta solo un quinto (scarso) della regione e un sesto delle coste. Una concentrazione fortunata indice di benessere, dirà qualcuno. Ma è davvero così? «Abbiamo in cassa 20 milioni di euro, pronti per essere spesi, ma siamo paralizzati dall’assenza di ogni autonomia gestionale, dalla impossibilità di assumere, dall’obbligo di ricorrere a convenzioni che ci costano il 40% di più, dalla mancanza di un Cda che deve essere insediato e non si insedia — si sfoga Giulio Plastina — È incredibile ma non possiamo fare nulla. Mentre insistono interessi del turismo nautico che sono pazzeschi. Ogni anno arrivano decine di barche, di catamarani, di imprese che investono milioni e milioni di euro e io inizio a farmi una domanda: ma da dove arrivano tutte queste società? E noi qui, con la fionda contro i titani… Moscerini, ecco cosa siamo. E ci vogliono così. Il sistema ci vuole così. Non dobbiamo dare fastidio, non dobbiamo metterci di traverso…».
L’evasione dell’obolo alla conservazione dell’arcipelago
Un dettaglio dice tutto: l’evasione da parte dei proprietari di barche dell’obbligo di pagare, anche on-line, l’accesso nelle acque dello stupendo arcipelago (un gommone di 5 metri paga intorno ai 10 euro al giorno, uno yacht di 30 sui 400) viene stimata dalle stesse autorità del parco tra il 30 e il 35%. Con una falla nelle casse del parco superiore ai 700 mila euro l’anno. Eppure con metà di quei soldi e con regole diverse potrebbero essere assunti decine di ragazzi in grado di far rispettare davvero le norme. E dare al Parco, a chi lavora col turismo (e sono tanti) nel modo più corretto e più ancora ai turisti stessi un futuro vero. Rispettoso dei diritti, dei sogni, degli interessi di tutti. A partire, ovvio, dall’ambiente.
da Il Corriere della Sera, 19 agosto 2025
Freniamo l’invasione dei turisti guidati dai like.
La montagna non può diventare un luna park. Oggi si arriva praticamente ovunque: cavi e corde fisse tolgono la responsabilità. Si perde il senso dell’avventura. (Gian Antonio Stella)
«Ci sono luoghi speciali, pochi e piccoli, che sono stati promossi dagli influencer», ha spiegato Reinhold Messner a Hoara Borselli de Il Giornale: «Questi girano coi portatili e i cellulari e fanno le foto a una certa località, a una chiesa, a un prato. E quelli diventano luoghi cult. Tutti vanno là perché pensano che sia il posto più bello del mondo. È una forma di propaganda ma è una propaganda che non fa bene a quei luoghi, anzi fa male». Una denuncia nella scia di tante altre lanciate negli anni dal mitico scalatore contro la musica sparata a tutto volume in certi rifugi alpini dove dovrebbe regnare il silenzio o la «montagna troppo facile» alla portata di tutti: «La montagna non può diventare un luna park. Oggi si arriva ovunque, cavi e corde fisse tolgono la responsabilità. Si perde il senso dell’avventura».
Certo è che il boom del turismo montano preferito al caldo torrido di quest’estate sotto ombrelloni spesso vuoti, vede riemergere dubbi sugli eccessi dell’overtourism che parevano fino a ieri riservati solo alle riviere marine. Dice tutto lo sfogo dei 78 albergatori e ristoratori dolomitici guidati da Osvaldo Finazzer (Pordoi) e Stefano Illing (Falzarego) ripreso da Francesco dal Mas sul Corriere delle Alpi contro la «notorietà superficiale, di facciata, legata solo all’immagine da cartolina e come racconto da catturare col telefonino e condividere sui social» dovuti secondo loro al «bollino Unesco». Esempio? «Il Lago di Braies: l’essere scenario delle riprese di Un passo dal cielo ha amplificato la notorietà del luogo e i social hanno fatto il resto creando un circuito vizioso: la serie televisiva rende famoso un luogo accessibile, i social amplificano».
Risultato? Dolomiti, Costiera Amalfitana o Cinque Terre sono «territori venduti solo come immagine da cartolina condannati a una notorietà mondiale e ora vittime e prigionieri addirittura con le Ztl come si ipotizza per le Dolomiti». L’opposto di «un’economia turistica di qualità, con servizi di qualità, con un turismo che si ferma nel territorio, che cammini sui sentieri, che conosce l’identità e la cultura dei luoghi». Da qui la sfida: «Le due cose, immagine da cartoline e turismo di qualità, non possono convivere… Forse è giunto il momento di rinunciare al riconoscimento Dolomiti Unesco, che ha fatto un danno incredibile…». Una provocazione? Certo. Però…
(foto Mauro Coppadoro, da mailing list ambientalista, S.D., archivio GrIG)








PARADISO TERRESTRE DEVASTATO : Nel 1987 il Corpo Forestale dello stato aveva indetto un appalto concorso per la realizzazione di un sistema di monitoraggio incendi e controllo del territorio anche per la verifica e controllo di eventuali imbarcazioni presenti intorno all’isola realizzato dalla sarda Teletron ,collaudato ed entrato in funzione nel 1988. Nel 1989 visto gli ottimi i risultati ottenuti con l’esercizio dell’impianto fu messo a disposizione un elicottero AB 412 nel piazzale adiacente alla sala operativa a Caprera.L’impianto divenne il riferimento del Corpo Forestale dello Stato come esempio di alta tecnologia per il controllo del territorio come riportato anche in numerose trasmissioni televisive sulla Rai nazionale, ma i primi anni del 2000 la competenza sulla gestione dell’impianto fu affidata al Corpo Forestale e di Vigilanza ambientale della Sardegna che ha completamente abbandonato l’impianto .
Ogni estate, la Sardegna viene invasa. Migliaia di turisti che si definiscono “amanti del mare” arrivano in massa, occupano ogni angolo di costa, e poi lasciano dietro di sé solo caos, smog, plastica e parcheggi selvaggi in mezzo alla macchia mediterranea.
Le spiagge? Ridotte a distese di ombrelloni e rifiuti.
I sentieri? Distrutti da SUV e camper posteggiati ovunque, anche dove è vietato.
La natura? Calpestata in nome di un “diritto alla vacanza”.
Questo non è turismo, è predazione di massa.
Il Grig dovrebbe “premere” contro le istituzioni perchè facciano rispettare il nostro fragile ambiente.
Per fare un esempio (spiaggia di Porto Sa Ruxi), guardate (si può notare anche da google earth) l’invasione delle auto parcheggiate in mezzo alla vegetazione! per quel che mi riguarda, quelle auto, rilasciano ogni sorta di inquinamento, compreso olio, benzina e nafta, ecc. e nella peggiore delle ipotesi potrebbero prendere fuoco, e allora addio vegetazione e fauna selvatica! Questi sindaci hanno previsto un sistema di antincendio efficace o pensano solo a fare cassa? per quel che mi riguarda, in zone simili dovrebbero permettere solo l’accesso pedonale o in bicicletta, tutto il resto è speculazione.
il GrIG deve fare questo, il GrIG deve fare quello, il Gr(IG di qua, il GrIG di là…e così via.
Tanto le giornate del GrIG durano 35 ore.
Il GrIG riceve ogni giorno che scende su ‘sta povera Terra in media un centinaio di segnalazioni/richieste di ogni genere da tutta Italia, è un’associazione ecologista di volontariato “puro”, cioè nessuno riceve un soldo per quel che fa.
E quello che fa il GrIG è già tanto, per i miracoli bisogna attendere.
Buona serata.
Stefano Deliperi
Le mie sono proposte non direttive e in quanto socio già verso una quota, quindi anche se pochi il mio contributo lo fornisco. Non mi aspetto miracoli, altrimenti andrei in Chiesa ma è già tanto essere ascoltati e presi in considerazione. Buona serata
si, Daniele, tutti vengono ascoltati e presi in considerazione, ma c’è modo e modo di proporre, non si può non riconoscere che il GrIG – unica associazione ambientalista, mi pare – abbia affrontato in tutti i modi possibili – legali, di sensibilizzazione, di proposta – il grave problema della sicurezza pubblica negli accessi al mare, in particolare proprio a Villasimius, e l’altrettanto grave problema del sovrasfruttamento turistico dei luoghi di rilevante valore ambientale/culturale. Come Socio, poi, esiste soprattutto la proposta diretta agli organi sociali.
Buona giornata.
Stefano Deliperi
Il problema è che non c’è nessun controllo. In Supramonte e su tutti i Tacchi calcarei per il turismo le stesse amministrazioni locali stanno favorendo la chiodatura di tutte le pareti rocciose che cosi attrezzate consentono di salire e scendere impunemente ai cosidetti climber ma non ai grandi rapaci (aquile e avvoltoi) la cui nidificazione soprattutto di questi ultimi (gli avvoltoi), che sono in larga parte ancora in fase di reintroduzione, viene di fatto impedita. Se poi con il contributo delle lobby energetiche si sta provvedendo a cambiare il paesaggio della Sardegna con le centrali eoliche e fotovoltaiche in ogni dove lo scenario si completa.
da La Nuova Sardegna, 26 agosto 2025
La Maddalena, ingressi low cost nelle acque del parco: per una settimana un 200 metri paga 760 euro.
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Yacht davanti a Cala Coticcio (foto Gp Carcangiu)
La presidente Giudice: «Tariffe da rivedere, senza esagerare. Basta mortificare il territorio: i servizi e la bellezza si pagano ovunque».
Ottimo e pungente pezzo giornalistico, che va dritto al punto.
Turismo nautico “indispensabile” dice qualcuno?
E chi se ne frega, fa più male che bene. Si stava meglio senza.
Ma se è per questo, si stava pure meglio senza il cemento della Costa Smeralda o di tutte le altre coste sarde.
I “nautici” vadano pure altrove con le loro barcacce, presenti ormai da tempo in numero spropositato. Ho letto che la sanzione per i trasgressori è di 51 euro: una miseria, così come è una miseria l’obolo di 760 euro per un 200 metri.
E poi: numero spropositato di camper in zone non attrezzate per la sosta, e fanno quel che gli pare
https://www.unionesarda.it/news-sardegna/sassari-provincia/porto-torres-camper-scarica-le-acque-nere-nel-tombino-laria-e-irrespirabile-qv0otjnb
Numero spropositato di SUV e fuoristrada fatti passare ovunque, devastando anche gli stagni.
https://www.unionesarda.it/news-sardegna/oristano-provincia/entrano-col-fuoristrada-nello-stagno-di-mistras-e-restano-impantanati-soccorsi-e-sanzionati-due-turisti-pg2ex4yf
E il bello è che a certi ingordi non basta mai: li senti parlare della necessità di avere più alberghi, più cemento, più litorali trasformati in porti turistici, più possibilità di accesso a spiagge, più stabilimenti balneari ovviamente a pelo d’acqua; loro si riempiono di soldi e qui lasciano la spazzatura e il degrado.
Modesto calo di presenze negli alberghi? Parte la tragedia greca.
Allungare la stagione? Sarebbe una pietra tombale sull’ambiente; la situazione era già a malapena tollerabile quando i turisti arrivavano da metà luglio a metà settembre, adesso si è passato il limite.
Come giustamente conclude l’autore di questo articolo, se conoscete qualche posto ancora fruibile e non sovraesposto, non pubblicizzatelo
https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/08/27/overtourism-turismo-non-partecipare/8099288/
allo Scoglio di Peppino.
A.N.S.A., 30 agosto 2025
Ombrelloni, lettini e gazebo abusivi sulle spiagge di Muravera.
Blitz della Forestale, 15mila euro di multe per i concessionari.