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Come le “grandi opere” uccidono i territori, scempiano l’ambiente, sbancano le casse pubbliche: il gasdotto “Rete Adriatica”.


Appennino, Monte Nerone

L’immenso cantiere del Gasdotto gigante dentro alle foreste e ai santuari naturali dell’Appennino,  centrali eoliche senza vento con pale alte più di 200 metri come se ne piovessero dal cielo; sbarramenti di torrenti montani; discariche per “materiali speciali” lontane da occhi indiscreti.

Queste le attività e le proposte per la montagna.  

E’ cominciato col gasdotto “Rete Adriatica l’attacco più diretto e terribile alla montagna.

Un attacco mortale, in grado di azzerare le attività turistiche, ma ancor di più di azzerare il futuro.

 A meno che non si tratti di un futuro di abbandono, nel quale si aprono ghiotte occasioni per speculatori di ogni tipo: le valli più interne, dall’aspetto “verginale”, si prestano bene ad ospitare le cose più immonde e le speculazioni più inconfessabili.

Capriolo (Capreolus capreolus, foto di Raniero Massoli Novelli)

Del resto, è negli intendimenti del Governo abbandonare  le aree interne ad una “fine dignitosa” (qualunque cosa voglia dire). 

Il gasdotto “Rete Adriatica ha ricevuto il riconoscimento di opera di interesse nazionale che, di questi tempi, non si nega a nessuno.

E che permette di calpestare i diritti dei cittadini: nessun risarcimento per le svalutazioni degli immobili interessati dal tracciato (fino all’80 per cento e oltre), interruzione (definitiva) di tutte le attiività legate alla fruizione turistica del territorio; mancanza di un serio  coinvolgimento dei cittadini.  

cantiere gasdotto

Questo super gasdotto è un’opera “vecchia”, legata al fossile climalterante, costruita nella speranza che il Nord Europa possa un giorno approvvigionarsi di gas dall’Italia: un po’ come costruire piste da sci sul Monte Catria nella speranza che nevichi…roba dell’altro mondo.

Senza contare che la rete di trasposto gas attualmente esistente in Italia è utilizzata per metà, che i consumi sono in calo dal 2008 e che è previsto un ulteriore e continuo calo per i tempi a venire.

Ma il dato sconfortante è che i cittadini non contano nulla e che le decisioni non le prende la politica, ma le multinazionali.

tracciato progetto gasdotto “Rete Adriatica” e rischio sismico (elaborazione Il Fatto Quotidiano su dati I.N.G.V.)

Contro quest’ opera si sono espressi Comuni, Comunità montane, Regioni, Camera dei Deputati (magari con voto unanime), ma i permessi sono sempre stato dati.

Eppure il mostro è qui, dopo 22 anni di resistenza dei territori.

A dimostrazione che la politica è ambigua, che le regioni e gli enti intermedi sono incapaci di difendere i territori, specie quelli interni, meno interessanti elettoralmente.

E che, appunto, le decisioni vengono prese altrove, in base agli interessi di pochi.

A noi che viviamo in questi territori non resta che l’estinzione; ma dopo aver pagato tasse e bollette, sempre più care dove, in un modo o nell’altro, finiscono i costi di tutte queste belle opere inutili.

Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) – Marche e Umbria

Lupo (Canis lupus)

(foto Raniero Massoli Novelli, A.L.C., S.D., archivio GrIG)

  1. Avatar di capitonegatto
    capitonegatto
    agosto 10, 2025 alle 11:51 am

    Chi conosce il capitolato dei lavori, dica se dopo aver posizionato i tubi, il territorio sara’ adeguatamente risistemato e piantumato , in modo tale che l’ambiente possa riprendere l’aspetto precedente. Visto che i lavori ( utili o no !! ) procedono, l’aspetto di cui sopra e’ il minimo che si debba fare e pretendere.

  2. Avatar di Juri
    Juri
    agosto 10, 2025 alle 2:26 PM

    Scempio terrificante, vergogna immane. Devastare aree ancora vergini, tra le pochissime rimaste, non può che essere definito un crimine ignobile

  3. Avatar di Aldo Loris Cucchiarini
    Aldo Loris Cucchiarini
    agosto 11, 2025 alle 5:03 PM

    il termine “ripristino ” del territorio è ridicolo, più che inadeguato. Tagliranno milioni di alberi adulti, che dovranno essere “compensati” con un numero ben maggiore di “alberini” autoctoni, garantiscono i “projet manager ” . Dove li prendono ? E dove si è mai visto un tracciato di gasdotto dove vengono ripiantati alberi. ? E se il gasdotto esplode (nella stessa area uno è esploso due volte in c.ca venti anni), cosa succede visto che si tratta di aree boschive vastissime e spesso inaccessibili ? MI sembra che le varie VIA, VAS, ecc. si riducano a semplici formalità da adempiere, dove si dichiarano una serie di interventi irrealizzabili ed un rispetto per l’ambiente impossibile. Ma così “le carte sono a posto”. Solo quelle.

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