Home > "altri" animali, biodiversità, difesa del territorio, grandi foreste, Italia, società, sostenibilità ambientale > Ecco i primi risultati del censimento del Lupo in Italia.

Ecco i primi risultati del censimento del Lupo in Italia.


Lupo (Canis lupus)

Coordinato dall’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale (I.S.P.R.A.), si sta svolgendo il censimento e monitoraggio del Lupo (Canis lupus) in tutta Italia.

Iniziato nell’autunno del 2020, ora giungono i primi risultati.

La stima della popolazione italiana del Lupo nel 2020 era di 1.000 – 2.500 esemplari, dei quali circa 300 sulle Alpi.

Ora se ne sa un po’ di più, perché molto si dice, molto se ne parla, molto se ne scrive.

Spesso a sproposito, spesso supera le favole.

Tarquinia, Lupo massacrato (24 gennaio 2014)

Basta che compaia un Lupo, magari in fase di erratismo giovanile, e gli interessi consolidati del territorio (come s’usa dire) non capiscono più nulla.

Ora si stimano 2.400 Lupi lungo tutto il crinale appenninico, altri 950 su tutto l’arco alpino. Circa 3.300 Lupi in tutta Italia.

A metà degli anni ’70 del secolo scorso erano un centinaio.

Il Lupo, lungo la Penisola, è il migliore fattore di contenimento del Cinghiale (Sus scrofa), di cui tanto si lamentano i danni all’agricoltura.

La presenza del Lupo fa bene alla biodiversità, fa bene agli equilibri ecologici, fa bene anche al turismo, fa bene all’anima (per chi ce l’ha).

W il Lupo, W Cappuccetto Rosso (quella vera)…e chi non è d’accordo peste lo colga.

Gruppo d’Intervento Giuridico

il Lupo e Cappuccetto Rosso

I.S.P.R.A., maggio 2022

On line i risultati del primo monitoraggio nazionale del lupo Il lupo: in aumento la popolazione italiana.

Ispra stima oltre 3000 esemplari in Italia Un numero stimato intorno ai 950 esemplari si muove nelle regioni alpine, mentre sono quasi 2400 quelli distribuiti lungo il resto della penisola. Complessivamente in Italia si stima la presenza di circa 3300 lupi.

Se si calcola l’estensione delle aree di presenza del lupo (41.600 km2 nelle regioni alpine e 108.500 km2 nelle regioni peninsulari), si può affermare che la specie occupa la quasi totalità degli ambienti idonei nell’Italia peninsulare. Ovunque la popolazione di lupo è cresciuta, sulle Alpi si è registrato l’aumento più significativo.

Sono le stime di presenza del lupo in Italia prodotte dall’Ispra su mandato del Ministero della Transizione Ecologica al termine del progetto di monitoraggio della specie realizzato a livello nazionale. Un’attività che, tra il 2020 e 2021, ha coinvolto una vasta rete di esperti nella raccolta dei segni di presenza del lupo da Nord a Sud.

la storia recente del Lupo in Italia

Nelle regioni alpine il monitoraggio è stato coordinato dal Centro referenza grandi carnivori del Piemonte e dall’Università di Torino (DBIOS) nell’ambito del progetto Life WolfAlps EU.

Lo studio ha richiesto l’integrazione di tecniche di indagine di campo e genetiche, analizzando i risultati con i più recenti modelli statistici prodotti dalla comunità scientifica.

Trattandosi di stime, per ciascuno dei numeri relativi alla presenza va considerata una forchetta di errore: tra gli 822 e i 1099 per le regioni alpine, tra 2020 e 2645 per le aree peninsulari.

Il monitoraggio è stato condotto suddividendo in celle di 10×10 km il territorio nazionale e realizzando due analisi distinte per le Regioni/Province Autonome della zona Alpi e le Regioni dell’Italia peninsulare.

La presenza del lupo è stata documentata da 6520 avvistamenti fotografici con fototrappola, 491 carcasse di ungulato predate, 1310 tracce, 171 lupi morti, oltre che da 16.000 escrementi rinvenuti sul terreno. Sono state condotte 1500 analisi genetiche che hanno permesso di identificare la specie.

I.S.P.R.A., distribuzione del Lupo in Italia (2022)

Complessivamente sono stati percorsi a piedi 85.000 km per raccogliere i dati necessari all’indagine. Il monitoraggio ha impegnato una rete di oltre 3000 persone, tra operatori volontari formati e personale dei Parchi nazionali e regionali, Regioni e Provincie autonome, università, musei, 5 associazioni nazionali (Aigae, Cai, Legambiente, Lipu, Wwf Italia), 37 associazioni locali, 504 reparti dei Comando Unità Forestali Ambientali e Agroalimentari (CUFAA) dell’Arma dei Carabinieri.

La rete di operatori è stata coordinata nella regione alpina dal progetto Life WolfAlps EU e nella regione dell’Italia peninsulare da 20 tecnici incaricati da Federparchi Europarc Italia (la Federazione Italiana dei Parchi e delle Riserve Naturali).

Un progetto innovativo di monitoraggio a scala nazionale e sotto il coordinamento dell’Ispra, che ha permesso di superare la disomogeneità dei monitoraggi finora realizzati, definendo protocolli standardizzati che potranno permettere in futuro di analizzare le dinamiche della popolazione.

Il progetto, oltre a sviluppare e applicare tecniche di indagine avanzate che assicurano il massimo rigore, ha creato una rete nazionale di operatori formati diffuso in tutto il paese. I dati raccolti e la rete creata possono fornire un supporto a Enti locali e Parchi nazionali per una corretta conservazione del lupo e per mitigare i conflitti di questo predatore con le attività dell’uomo. Disponibili sul sito Ispra materiali video relativi alla campagna di monitoraggio https://www.isprambiente.gov.it/it/attivita/biodiversita/monitoraggio-nazionale-del-lupo

Roma, 17 maggio 2022

UFFICIO STAMPA ISPRA Cristina Pacciani 329.0054756 Anna Rita Pescetelli 320.4306683 stampa@isprambiente.it

Lupo italiano o appenninico (Canis lupus italicus)

Monitoraggio nazionale del lupo

Lupo (Canis lupus, foto Raniero Massoli Novelli)

I risultati del Monitoraggio nazionale del lupo.

I risultati ufficiali, che vengono brevemente descritti di seguito, si possono trovare nella relazione consegnata in data 12 maggio 2022 al Ministero della Transizione Ecologica MiTE dall’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale ISPRA.

Il primo monitoraggio nazionale sul lupo in Italia, coordinato dall’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale ISPRA, su mandato del Ministero della Transizione Ecologica MiTE, cerca di rispondere alle domande: quanti sono i lupi in Italia? Dove sono? Il lavoro è stato svolto tra il 2018 e il 2022, con una raccolta dati realizzata tra Ottobre 2020 – Aprile 2021 che ha permesso di stimare l’abbondanza (intesa come numero di individui, N) e la distribuzione (area minima occupata nella regione alpina e la area stimata nella zona peninsulare) della specie.

Perché fare un monitoraggio nazionale?

Il lupo è una specie rigorosamente protetta dalla normativa Internazionale (Direttiva ‘Habitat’ CEE 1993/43, Convenzione di Berna) e nazionale (l. 157/92, DPR 357/97) e tale protezione ha sicuramente contribuito significativamente alla ripresa demografica e geografica rilevata negli ultimi decenni, ma non è stata mai adeguatamente documentata, a scala nazionale, attraverso attività di monitoraggio coordinate. Il monitoraggio nel tempo di alcuni parametri della popolazione (come la distribuzione e l’abbondanza) rappresenta uno strumento essenziale per valutare lo status di conservazione e verificare l’efficacia delle misure gestionali e di conservazione applicate. I dati scientificamente attendibili potranno indirizzare azioni di mitigazione dei conflitti con le attività umane, favorendo la coesistenza uomo lupo.

C’è differenza tra i lupi delle Alpi e quelli dell’Italia peninsulare?

La popolazione di lupo in Italia è suddivisa in due componentiquella alpina e quella appenninica o meglio peninsulare, considerate due entità gestionali separate secondo le Guidelines for Population Level Management Plans for Large Carnivores”, approvate nel 2008 dalla Direzione Generale Ambiente della Commissione Europea e dal Comitato Permanente della Convenzione di Berna (Linnell et al. 2008). In realtà, le due componenti condividono lo stesso pool genetico dall’Aspromonte alle Alpi, ma il flusso genico tra i due nuclei è limitato; inoltre ci sono differenze del contesto ecologico-gestionale tra la penisola e le Alpi, dove la popolazione è condivisa anche con altri Paesi (Francia, Svizzera, Germania, Austria e Slovenia), e la sua conservazione richiede una collaborazione internazionale. Per questi motivi appare opportuno analizzare in modo disgiunto i due contesti territoriali.

L’impostazione dell’indagine condotta nel 2020-21 ha dovuto tenere conto di tali differenze e ha richiesto un adattamento della strategia di raccolta dei dati alle condizioni locali e alle risorse disponibili. Pur assicurando un approccio coordinato e coerente, basato su protocolli condivisi per la raccolta dei dati, il campionamento e le procedure analitiche sono stati pertanto declinati in modo differente per le due componenti, ‘alpina’ e ‘peninsulare’, distribuite rispettivamente nella zona delle regioni alpine e nelle regioni dell’Italia peninsulare.

Il coordinamento delle regioni alpine è stato seguito dal Centro referenza grandi carnivori del Piemonte e dall’Università di Torino (DBIOS) nell’ambito del progetto Life WolfAlps EU.

espansione del Lupo italiano sulle Alpi orientali (2010)

Ma prima del piano di monitoraggio nazionale come si “contavano” i lupi in Italia?

I lupi si sono sempre “contati” nel nostro Paese, lo fanno a scala locale le Regioni e le Provincie autonomei Parchi nazionali e regionali. La formazione degli operatori, il campionamento, la raccolta ed archiviazione dei dati con cui tali conteggi venivano effettuati non erano omogeni nelle modalità e non venivano eseguiti in contemporanea. L’uso di protocolli standardizzati e coordinati condivisi su base nazionale che ha caratterizzato il monitoraggio realizzato da ISPRA ha permesso di superare la frammentazione metodologica fornendo dati rigorosi, analizzati con un unico approccio scientifico, oggettivo e condiviso.

Dove sono stati raccolti i segni di presenza?

Le attività di raccolta dei segni di presenza si sono svolte da Ottobre 2020 ad Aprile 2021 in 1000 celle 10×10 selezionate da esperti ISPRA con il supporto di un pool di ricercatori universitari che hanno combinato in modo estremamente innovativo un disegno di campionamento probabilistico con le più avanzate tecniche di indagine di campo e analisi genetica sulla specie. 

In particolare, per le regioni alpine (dalla Liguria al Friuli-Venezia Giulia) sono state selezionate il 100% delle celle.

Nelle regioni peninsulari, tenuto conto della maggiore estensione dell’areale di presunta presenza della specie, sono state campionate il 35% delle celle identificate idonee. Per estrapolare i risultati verso il restante 65% di celle, si sono utilizzati i più recenti ed avanzati modelli statistici prodotti dalla comunità scientifica.

Apecchio, Lupo morto investito da auto (2 novembre 2013)

Quali sono i segni di presenza raccolti?

Nella campagna di campionamento sono stati percorsi a piedi 85000 km, due volte il giro della terra e sono stati raccolti 24490 segni di presenza della specie: 6520 avvistamenti fotografici da fototrappola, 491 carcasse di ungulato predate dal lupo, 1310 tracce di lupo, 171 lupi morti. Su 1500 escrementi, dei 16000 registrati, sono state condotte analisi genetiche che hanno permesso l’identificazione della specie.

Chi ha raccolto i segni di presenza?

Una rete di 3000 persone, opportunamente formate e appartenenti a 20 Parchi nazionali e regionali, 19 regioni e provincie autonome, 10 università e musei, 5 associazioni nazionali (Aigae, Cai, Legambiente, Lipu, Wwf Italia), 34 associazioni locali, 504 reparti del Comando Unità Forestali Ambientali e Agroalimentari (CUFAA) dell’Arma dei Carabinieri, ha avuto un ruolo fondamentale nelle attività di raccolta dei segni di presenza, rese ancora più complesse dalla pandemia Covid-19.

La rete di operatori è stata coordinata nelle regioni alpine dal Centro referenza grandi carnivori del Piemonte e dall’Università di Torino (DBIOS) nell’ambito del progetto Life WolfAlps EU e nelle regioni dell’Italia peninsulare da 20 tecnici incaricati da Federparchi Europarc Italia (la Federazione Italiana dei Parchi e delle Riserve Naturali).

La formazione degli operatori, il campionamento, la raccolta ed archiviazione dei dati è avvenuta con protocolli standardizzati e coordinati su tutto il territorio nazionale come descritto dalle Linee Guida per il monitoraggio del lupo di ISPRA.  Le stime di distribuzione e abbondanza della specie sono state estrapolate utilizzando i più recenti ed avanzati modelli statistici prodotti dalla comunità scientifica.

branco di Lupo europeo (Canis lupus)

Perché i risultati vengono restituiti come una stima?

risultati finali vengono presentati in termini di stima di abbondanza e distribuzione. Potrebbe creare confusione avere come risultato un valore numerico compreso tra un minimo e un massimo, anche se il dato probabilistico ormai è entrato a far parte della nostra cultura, si pensi agli exit poll elettorali che vengono spesso forniti con una forchetta di errore. La necessità di esprimere il risultato come valore medio accompagnato dalla forchetta di errore è anche correlata alle caratteristiche ecologiche della specie. Il lupo ha una bassa contattabilità, si muove in gruppo e su aree molte vaste. Questo significa che in un dato territorio, se anche la specie fosse presente, potremmo non essere in grado di intercettarne i segni di presenza. Per ovviare a questo problema, che è comune a tutte le indagini di tipo scientifico e si definisce come problema della misurabilità di una determinata grandezza, si ricorre a dei modelli statistici. Per la stima dell’abbondanza, a partire dal numero di animali che sono effettivamente rilevati sul territorio, tenendo conto della contattabilità, i modelli restituiscono un intervallo di possibili valori dove cadrà la nostra misura degli animali totali presenti. Il non aver il numero certo, ma una stima media con un intervallo di valori, rende paradossalmente il risultato più corretto perché tiene conto dei possibili errori sistematici e casuali insiti nel processo di misura. Il concetto importante, che è sempre bene ribadire in una indagine scientifica, è che ogni grandezza che descriviamo ha un grado di incertezza che andrebbe sempre stimato.

Quanti lupi ci sono in Italia?

Le stime dell’abbondanza della specie per le regioni alpine e per le regioni dell’Italia peninsulare sono state prodotte in maniera indipendente con i medesimi modelli statistici. I due valori risultanti e i rispettivi intervalli sono stati integrati, ottenendo una stima della consistenza complessiva a livello nazionale.

La stima della popolazione del lupo a scala nazionale è risultata pertanto pari a 3.307 individui (forchetta 2.945 – 3.608).

ZonaStima dell’abbondanza
Zona Regione alpine946 (822 – 1099)
Zona Regioni Italia peninsulare2388 (2020 – 2645)
Totale in Italia3307 (2945 – 3608)

Questi risultati indicano che la popolazione di lupi del nostro paese è molto cresciuta negli ultimi anni, soprattutto nelle regioni alpine.

Dove sono i lupi in Italia?

La stima della distribuzione del lupo in Italia viene fornita in due mappe distinte ottenute da una base metodologica comune. Nelle regioni alpine sono state campionate il 100% delle celle di presunta presenza della specie ottenendo una mappa di distribuzione minima. Nelle regioni peninsulari, tenuto conto della maggiore estensione dell’areale di presunta presenza della specie, sono state selezionate per la raccolta dei dati il 35% delle celle identificate idonee. Per estrapolare i risultati verso il restante 65% di celle, si sono utilizzati modelli statistici ottenendo una mappa di probabilità di presenza.

Sulla base dei dati raccolti, il range minimo di presenza del lupo nelle regioni alpine nel 2020-2021, considerando l’anno biologico della specie (1° maggio 2020 – 30 aprile 2021), è stato stimato di 41.600 km2. Nelle regioni peninsulari, l’estensione complessiva della distribuzione è risultata pari a 108.534 km2 (forchetta = 103.200 – 114.000 km2). Il lupo occupa quindi una larga parte del paese e nelle regioni peninsulari ha colonizzato la quasi totalità degli ambienti idonei.

Lupo europeo (Canis lupus)

Cosa è l’ibridazione e perché è una minaccia per la conservazione della specie?

In Europa, la potenziale ibridazione con il cane (Canis lupus familiaris) rappresenta una tra le principali minacce per la conservazione del lupo. L’ibridazione lupo cane determina l’introduzione di geni non adattativi nella popolazione selvatica e può modificare l’identità genetica e, conseguentemente, l’ecologia, la morfologia, il comportamento, gli adattamenti, mettendo in pericolo il patrimonio genetico evoluto nel corso dei millenni e che ha permesso al lupo di sopravvivere e di adattarsi al mutamento delle condizioni ambientali. Dalle analisi genetiche condotte sui campioni raccolti nell’area peninsulare sono stati identificati geneticamente 513 individui di lupo. Il 72,7 % non ha mostrato ai marcatori molecolari analizzati alcun segno genetico di ibridazione recente o antica con il cane domestico, l’11,7 % mostrava segni di ibridazione recente con il cane domestico, il 15,6 % hanno mostrato segni di più antica ibridazione (re-incrocio con il cane domestico avvenuto oltre approssimativamente tre generazioni nel passato). Occorre sottolineare che i valori dei tassi di ibridazione antica o recente ottenuti da questa indagine e dalle analisi molecolari non rappresentano una stima formale del fenomeno, né a livello nazionale né locale, e che sarebbero necessarie ulteriori indagini per poter valutare il tasso di ibridazione della popolazione italiana di lupi.

Appennino, Lupo (Canis lupus italicus)

Risultati

I risultati ottenuti rappresentano una base di conoscenza per indirizzare le scelte gestionali e permettere di valutare il raggiungimento degli obiettivi di conservazione, assicurando il mantenimento, a livello nazionale, di uno status di conservazione favorevole della specie e al contempo mitigando i conflitti che il lupo causa. L’adozione di protocolli standardizzati a scala nazionale sotto il coordinamento dell’ISPRA ha permesso di superare la disomogeneità delle strategie di monitoraggio effettuate a scala locale negli anni passati, dovuta alla frammentazione amministrativa e all’assenza di un coordinamento tra enti e istituti locali, disomogeneità ritenuta una delle principali minacce per la conservazione della specie.

Inoltre sono stati realizzati:

  • un database nazionale dei segni di presenza e dei dati delle analisi genetiche, che verrà messo a disposizione di regioni e altri enti a supporto delle future azioni di monitoraggio.
  • uno studio dell’impatto del lupo sulle attività zootecniche in Italia attraverso l’analisi dei danni intercorsi nel periodo 2015-2019 che è stato trasmesso a tutte le regioni per un’ulteriore verifica dei dati e che verrà pubblicato nelle prossime settimane.
  • uno studio sul Monitoraggio molecolare del fenomeno dell’ibridazione antropogenica tra lupo e cane domestico in Italia peninsulare, che rappresenta una base per gli approfondimenti su questa rilevante minaccia.

I risultati del lavoro saranno pubblicati in articoli scientifici riportando tutti i dettagli dell’indagine, in maniera tale da permettere una verifica da parte della comunità scientifica delle metodologie utilizzate e una condivisione di metodi e risultati.

Le attività svolte nell’ambito dell’indagine 2020-2021 hanno interessato Istituzioni e associazioni di tutta Italia, stimolando la creazione di una rete nazionale di operatori formati, che è uno dei risultati più importanti di questo lavoro, patrimonio importante per la conservazione della biodiversità a scala nazionale nel lungo termine.

Il monitoraggio nazionale del lupo ha anche contribuito ad aumentare il livello di consapevolezza e conoscenza della specie nei cittadini grazie alla campagna di formazione e informazione che ha accompagnato le varie fasi del monitoraggio.

Lupo (Canis lupus)

(foto Raniero Massoli Novelli, da mailing list ambientalista, S.D., archivio GrIG)

  1. Mara machtub
    Maggio 27, 2022 alle 11:00 am

    VIVA il lupo, uno degli animali più belli e intelligenti che conosco. In Sardegna non esistono ma farebbero molto comodo per tenere a bada il surplus di cinghiali, nutrie ecc.immagino però che i pastori non sarebbero PER NIENTE d’accordo.. 🙂 (scherzo)

  2. giugno 3, 2022 alle 2:57 PM

    A.G.I., 1 giugno 2022
    Ecco perché il numero dei lupi in Italia aumenterà ancora.
    Il biologo dell’Università di Roma, Luigi Boitani, parla del record di 3.300 esemplari stimati da Ispra e del fatto che sulle Alpi ci sono le condizioni per una maggiore diffusione. (Fabio Florindi) (https://www.agi.it/cronaca/news/2022-06-01/numero-lupi-in-aumento-in-italia-16939124/?fs=e&s=cl)

    Con il declino dell’agricoltura di montagna e lo spopolamento delle zone interne, è scattato il ritorno del lupo. Gli ultimi dati di Ispra, infatti, stimano la presenza in Italia di circa 3.300 esemplari, un record da quando esistono i censimenti. E non è finita qui, perché questo carnivoro ha ancora margini di espansione, in particolare sull’arco alpino.

    Il biologo dell’Università di Roma, Luigi Boitani, intervistato dall’AGI, traccia un quadro della situazione: “I numeri dati da Ispra producono una forchetta tra i 3.000 e i 3500 esemplari, sulle Alpi sono un po’ meno di mille e il resto sono sugli Appennini. I lupi aumentano perché in italia per loro c’è molto da mangiare, con cinghiali, cervi e caprioli che proliferano, qualche animale domestico (ma non tanti) e molti rifiuti. In generale sono aumentati gli animali selvatici nel loro complesso, perché è diminuita l’agricoltura di montagna”. Secondo Boitani “sulle Alpi il lupo non ha terminato la sua espansione: ci sono molte zone dove non c’è ancora, mentre sull’Appennino non credo ci sia margine per un ulteriore aumento”.

    Ma non è stata sempre così facile la vita per il lupo, anzi qualche decennio fa ha rischiato addirittura l’estinzione. Considerata una specie nociva, a metà anni ’70 era scomparso dalle Alpi e la sua presenza sugli Appennini si riduceva a un centinaio di esemplari. Per questo il governo corse ai ripari e tolse il lupo dalle specie nocive, vietando la caccia e l’uso di bocconi avvelenati. Pochi anni dopo, fu considerato “specie integralmente protetta”. La popolazione ha iniziato lentamente a crescere negli anni ’80 e poi nel decennio successivo c’è stato un primo boom.

    Oggi sembra che una convivenza tra uomo e lupo sia possibile: “Come si sta vedendo, lo è. La maggior parte della gente vive nelle città, quindi il lupo è un fantasma. Poi ci sono quelli più a stretto contatto, che vivono in centri più isolati”, sottolinea Boitani. Il pericolo che questo animale rappresenta per gli allevamenti è spesso sovrastimato: “Che il lupo si mangi le pecore è una realtà, ma da noi sono pochissime ormai le greggi. Certo, localmente ci possono essere momenti di frizione fortissima ma perché molti si sono abituati a lasciare gli animali liberi, sperando di ritrovarli tutti vivi. Invece con il lupo bisogna mettere in atto azioni che costano tempo e lavoro. Come in passato, dove si usciva con cani pastori e greggi più piccoli, e bisognerebbe utilizzare anche reti elettriche e più pastori”. Con questi accorgimenti i problemi verrebbero quasi azzerati.

    Il lupo è una specie utile per combattere i danni all’agricoltura provocati dagli ungulati, visto che tra le sue prede ci sono cinghiali e cervi: “Ogni specie – sottolinea Boitani – serve perché ha un suo ruolo nell’ecosistema. Il lupo sicuramente aiuta nel contenere le popolazioni degli ungulati. In Italia, poi, il lupo è un elemento centrale della nostra cultura, è ovunque, è anche il simbolo di alcune città, tra cui Roma. Farne a meno significherebbe perdere un pezzo della nostra cultura. Tra l’altro hanno anche un ruolo sul piano economico, basta pensare ai 2 milioni di visitatori del Parco nazionale d’Abruzzo che vanno lì per vedere l’orso e il lupo”. Infine, è cambiata la percezione delle persone verso questo carnivoro: “Secondo un recente sondaggio il 95% degli italiani lo considera intoccabile, quasi sacro”, conclude il biologo.

  1. No trackbacks yet.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.