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La marmettola avvelena i corsi d’acqua delle Alpi Apuane, che cosa si aspetta per intervenire?


Alpi Apuane, Canale Renara inquinato da marmettola (16 settembre 2016)

Alpi Apuane, Canale Renara inquinato da marmettola (16 settembre 2016)

Centinaia di migliaia di metri cubi di acqua dei fiumi e dei torrenti delle Alpi Apuane sono inquinati dalla marmettola (marmo finemente tritato scaricato negli impluvi e corsi d’acqua).  La causa è esclusivamente l’attività illecità rappresentata dagli scarichi abusivi dell’estrazione del marmo.

I danni ambientali ed economici sono enormi.

I maggiori costi sopportati per la potabilizzazione delle acque dal gestore pubblico del servizio idrico integrato Gaia s.p.a. a causa del pesante inquinamento da marmettola delle sorgenti del Cartaro e per le sensibili carenze gestionali pubbliche di numerose cave di marmo in Comune di Massa, ammontano a 300 mila euro all’anno[1].  Tali maggiori òneri sono stati oggetto (8 aprile 2016) di specifica segnalazione per ipotesi di danno erariale da parte del Gruppo d’Intervento Giuridico onlus.

il Fiume Frigido reso bianco dalla marmettola

il Fiume Frigido reso bianco dalla marmettola

L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus ha inoltrato (18 settembre 2016) una nuova richiesta di informazioni ambientali e adozione degli opportuni provvedimenti riguardo il pesante inquinamento ambientale da marmettola riscontrato lo scorso 16 settembre nel Canale Renara, affluente del Fiume Frigido.

In seguito a precedenti esposti (20 agosto 2015, 20 gennaio 2016) del Gruppo d’Intervento Giuridico onlus, il grave stato di inquinamento dei corsi d’acqua dell’area è stato recentemente riconosciuto dal Comando delle Guardie del Parco naturale regionale delle Alpi Apuane (nota prot. n. 3835 del 30 settembre 2015), con indicazioni precise della provenienza degli sversamenti illeciti di marmettola da siti di cava che si trovano nella zona di Piastrone e Rocchetta al di sopra degli abitati di Caglieglia e Casette (in Comune di Massa) nei bacini industriali estrattivi dei Comuni di Massa e Carrara”.  L’ultimo sopralluogo del 29 agosto 2015, in conseguenza dell’esposto ecologista, ha consentito di verificare che “la marmettola proviene dal Fosso della Rocchetta (nei pressi degli abitati di Caglieglia e Casette) che regolarmente, ad ogni evento di piogge intense, si riempie di questi fanghi bianchi che vanno a riversarsi nel fiume Frigido in corrispondenza del punto di confluenza del canale di Rocchetta con il fiume (coord. GPS: N 44° 04′ 11” ed E 10° 10′ 18”)”.  Inoltre, “è stata verificata anche la parte a monte del fiume Frigido ed in particolare il corso dell’affluente Renara che ha origine dalle pendici del monte Sella, al di sopra del quale insiste una vecchia discarica di materiale lapideo di vecchie attività estrattive (dicasi “ravaneto”) che nel tempo, a seguito di abbondanti piogge, ha portato, per dilavamento, apporti di marmettola nei corsi d’acqua in questione”.

Alpi Apuane, marmettola cementata in un corso d'acqua

Alpi Apuane, marmettola cementata in un corso d’acqua

Come noto, in precedenza l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana (A.R.P.A.T.) con la sua newsletter n. 168 del 13 agosto 2015 ha presentato un report sulle “Alpi Apuane e marmettola” e ha descritto gli eventi di inquinamento ambientale altamente pregiudizievoli per la salvaguardia dei Fiumi Carrione e Frigido e gli habitat naturali connessi: nella parte alta dei bacini imbriferi dei Fiumi Carrione e Frigido sussistono perlomeno 178 cave, di cui più di 118 attive. A partire dagli anni ’70 del secolo scorso i ravaneti, accumulo di sassi sui pendii costituiti dagli scarti derivanti dal taglio del marmo a fini commerciali, adibiti a sede stradale, sono stati irrorati dalla c.d. marmettola, marmo finemente tritato scaricato negli impluvi e corsi d’acqua.   La marmettola, secondo quanto asserito dall’A.R.P.A.T., è fortemente inquinante, contaminata “da oli e grassi … e da metalli”. “la marmettola, per l’ecosistema, è inquinante per l’azione meccanica: riempie gli interstizi, ed impermealizza le superfici perciò elimina gli habitat di molte specie animali e vegetali, modifica i naturali processi di alimentazione della falda, rende più rapido lo scorrimento superficiale delle acque (in pratica è come se il fondo del fiume fosse cementato), infiltrata nel reticolo carsico , modifica i percorsi delle acque sotterranee e può esser causa del disseccamento di alcune sorgenti e/o del loro intorbidamento”.

Massa, Fiume Frigido biancastro per la marmettola (11 gennaio 2016)

Massa, Fiume Frigido biancastro per la marmettola (11 gennaio 2016)

Se è vero che “il tratto di mare prospiciente la foce del torrente Carrione è da considerarsi non balneabile perché il torrente sfocia in zona portuale”, le Foci del Torrente Frigido e del Fosso Brugiano sono soggette a divieto permanente di balneazione … per motivi igienico-sanitari” perché “l’ambiente risulta ‘molto inquinato o comunque molto alterato’.

L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus, consapevole della piena conoscenza del fenomeno da parte delle Amministrazioni pubbliche competenti (Ministero dell’ambiente, Regione Toscana), ha chiesto loro di adottare gli urgenti provvedimenti per metter fine a questo ignobile e continuo inquinamento delle acque e dell’ambiente apuano determinato da un’attività estrattiva del marmo lasciata fin troppo libera di spadroneggiare sulla Terra e sulle vite di chi quella Terra abita.

Di conseguenza l’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus ha provveduto a informare la magistratura e la polizia giudiziaria competente, nonché le Istituzioni comunitarie.

Che cosa si aspetta a intervenire concretamente una volta per tutte?

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

 

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[1] Come evidenziato dalle dichiarazioni provenienti dalla stessa società Gaia (vds. “Marmettola nel Frigido, rendere potabili le acque costa 300.000 euro in più all’anno”, di Melania Carnevali, su Il Tirreno, 3 febbraio 2016), “i maggiori costi legati alla presenza di materiali fini derivanti dall’esercizio delle cave sono valutabili nell’ordine di 300 mila euro all’anno”.

 

Alpi Apuane, marmettola in un corso d'acqua

Alpi Apuane, marmettola in un corso d’acqua

 

Il Tirreno, 20 settembre 2016

Il Tirreno, 20 settembre 2016

(foto A.R., F.L., archivio GrIG)

  1. settembre 19, 2016 alle 3:03 PM

    da La Gazzetta di Massa Carrara, 18 settembre 2016
    “La marmettola avvelena i corsi d’acqua delle Alpi Apuane, che cosa si aspetta per intervenire?”: http://www.lagazzettadimassaecarrara.it/cronaca/2016/09/la-marmettola-avvelena-i-corsi-d-acqua-delle-alpi-apuane-che-cosa-si-aspetta-per-intervenire/

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    da Qui News Massa Carrara, 19 settembre 2016
    La marmettola avvelena i corsi d’acqua. Migliaia di metri cubi di acqua di fiumi e torrenti delle Alpi Apuane sono inquinati dalla marmettola. I danni ambientali ed economici sono enormi: http://www.quinewsmassacarrara.it/la-marmettola-avvelena-i-corsi-dacqua.htm

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    da Controradio, 19 settembre 2016
    La Marmettola avvelena i corsi d’acqua – come risolvere questo problema legato alla produzione del marmo: http://www.controradiolive.info/podcastgen/?p=episode&name=2016-09-19_marmettola.mp3

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    da La Nazione, 20 settembre 2016
    Marmettola nel canale Renara Il Grig si rivolge ancora alla procura: http://www.versiliaproduce.it/index.php/il-marmo-sui-quotidiani/la-nazione/item/3899-marmettola-nel-canale-renara-il-grig-si-rivolge-ancora-alla-procura

  2. Terrae
    settembre 19, 2016 alle 4:34 PM

    È davvero impressionante. Sembra latte di calce.
    Mi chiedo se, anziché essere dispersa nell’ambiente, possa essere utilizzata in edilizia magari per la produzione di rivestimenti plastici murari (intonaci premiscelati, pitture, e simili).
    Ad ogni buon conto ho sempre avuto l’impressione che sulle Apuane l’estrazione del marmo sia semplicemente eccessiva e persino scriteriata.

    Forse è giunto il momento di limitare l’attività di cava allo stretto necessario e limitatamente ai bisogni legittimi del mercato nazionale, cioè escludendo il consumo di marmo per oggetti e opere palesemente inutili.

    Fatto salvo, primariamente, l’utilizzo dei materiali per le opere di consolidamento,di bonifica e di ripristino ambientale, se già non lo si fa, sarebbe opportuno utilizzare anche gli sfridi di lavorazione in modo più oculato ed appropriato per evitare, per esempio, l’apertura di nuove cave di lapidei da costruzione.

    L’auspicio è che si smetta, finalmente, di praticare un’attività di cava di tipo predatorio sulle e nelle Apuane come nel e sul resto del territorio italiano (e non solo).

    • Mara
      settembre 22, 2016 alle 7:20 PM

      Cara Terrae, ho avuto la tua stessa idea. Possibile che non si trovi il modo di raccogliere e utilizzare queste polveri di marmo? Forza GRIG, come sempre…

      • Terrae
        settembre 22, 2016 alle 11:31 PM

        La marmettola, polvere di montagna che fu.

        Mi viene da piangere a pensare che tutto quello sfacelo, come infiniti altri, è dolorosamente irreversibile.

        Mia cara Mara.

  3. Carlo Forte
    settembre 19, 2016 alle 8:19 PM

    Potrebbero rivestirci Terrae quelli che non muovono un dito per fermare questo scempio.

    • Terrae
      settembre 19, 2016 alle 10:06 PM

      Vero, ma noi che ci siamo a fare?

      Siamo liberi cittadini di questa Repubblica.
      O no?

  4. ottobre 3, 2016 alle 6:18 PM

    da Il Tirreno, 30 settembre 2016
    MARMO. Si estrae di più, si lavora meno. E l’export vola.
    I dati della Regione sul comparto lapideo. La trasforazione locale perde il 3% all’anno: http://www.territorialmente.it/wordpress/wp-content/uploads/2016/10/30-sett-TIRR-MS.-Si-estrae-di-pi%C3%B9-si-lavora-meno-E-lexport-vola.pdf

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    da La Nazione, 30 settembre 2016
    Dodici nuovi ispettori regionali per sicurezza e tutela ambientale: http://www.territorialmente.it/wordpress/wp-content/uploads/2016/10/30-sett-NAZ-V.GGIO_.-Dodici-nuovi-ispettori-regionali-per-sicurezza-e-tutela-ambientale-nelle-cave.pdf

  5. agosto 13, 2017 alle 1:19 PM

    da La Nazione, 13 agosto 2017
    DEPURAZIONE NEL 1980 GIUNTA E CONSIGLIO APPROVARONO UNA SPESA PUBBLICA DI 114 MILIONI DI LIRE. Marmettola nel Cartaro: 37 anni di silenzi. (Francesco Scolaro) (http://www.versiliaproduce.it/index.php/il-marmo-sui-quotidiani/la-nazione/item/8176-marmettola-nel-cartaro-37-anni-di-silenzi)

    LE CAVE inquinano con la marmettola le acque del Cartaro, la principale sorgente che serve l’acquedotto comunale di Massa: per filtrarle e servire la città, mantenendo la qualità del servizio anche in caso di forti piogge, Gaia impegna ogni anno dai 200 ai 300mila euro in più, fra gestione e costo del personale. C’è stato chi ha gridato allo ‘scandalo’ quando il dato è venuto alla luce e non sono mancati gli attacchi diretti alla gestione di Gaia. Eppure il problema arriva da lontano, molto lontano e, soprattutto, dagli uffici del Comune di Massa dove sono decenni, infatti, che il problema è conosciuto, ben prima che Gaia nascesse. Lo sapevano bene, in particolare, gli amministratori degli anni ’80, quelli fra le cui mani passavano tutti gli atti, anche quelli che oggi magari sono di competenza dei dirigenti e degli uffici tecnici.

    LA DATA è quella del 17 ottobre del 1980. Riunione della giunta municipale, guidata dal sindaco Umberto Barbaresi. Al tavolo siedono anche Silvio Tongiani, Sauro Panesi, Oliviero Bigini, Rodolfo Quintavalle, Olga Mariotti e Nino Ianni. L’atto da approvare riguarda proprio l’acquedotto del Cartaro. Quello che c’è scritto nel documento non lascia spazio a dubbi: nero su bianco, la giunta passa al vaglio un atto che certifica l’eccessivo ‘intorbidamento’ della sorgente in caso di forti piogge, quando le ‘parti per milione’ di corpi estranei (polvere di marmo, in particolare) arrivano fino a 2.200, undici volte il limite che può reggere l’impianto. Il problema è talmente complicato che, si legge ancora, quando piove in abbondanza i tecnici sono costretti a escludere le sorgenti maggiore e a far entrare in funzione le polle, senza comunque riuscire a evitare scompensi nella rete di distribuzione. La decisione, allora, fu quella di spendere 114 milioni delle lire di quel tempo per potenziare l’impianto e comprare un ulteriore dissabbiatore per diminuire la torbidità dell’acqua. Soldi prelevati dalle casse del Comune, dalle tasche dei cittadini insomma, per ovviare a un problema provocato dalle cave di marmo. Trentasette anni fa sapevano già tutto: sindaco e giunta, che firmarono l’atto, e il consiglio comunale che lo ratificò il 4 novembre. Tutti sapevano ma si è andati avanti così, nel silenzio, fino a oggi.

  1. Maggio 27, 2018 alle 9:48 am
  2. dicembre 9, 2018 alle 5:09 PM
  3. marzo 25, 2021 alle 7:08 am

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