Diga sul Fiume Candigliano, scempio ambientale e spreco di soldi pubblici.


Foresta lungo il corso del Fiume Candigliano

Con andamento periodico, viene riproposta l’idea di creare un altro bacino nelle aree interne della  Provincia di Pesaro – Urbino.

La possibilità di accedere ai fondi previsti dal Piano Nazionale Invasi (2019) e, forse, a quelli del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, pare abbia scatenato “violenti  appetiti”, un po’ in tutta Italia. Coldiretti, assieme a Terna, Enel, Eni, Cassa Depositi e Prestiti ha addirittura proposto al governo la costruzione di 1000 (mille) nuovi laghi in montagna (piatto ricco mi ci ficco).

Tale proposta è stata contrastata dal CAI con una lettera al governo  “alcuni organi di stampa ci informano che alcuni colossi del mondo agricolo, dell’energia e della finanza pubblica, come Coldiretti, Enel, Eni e Cassa Depositi e prestiti, propongono al governo di investire 1,8 miliardi di euro del Pnrr, regimentando le acque di montagna e raccogliendole in mille laghi artificiali, ai fini di garantire disponibilità idrica all’agricoltura e alla produzione di energia green, sostenendo perfino che migliorerà il valore paesaggistico dei territori. 1000 nuovi invasi sono un fattore di desertificazione delle terre alte e sottraggono loro risorse idriche a beneficio solo di chi sta a valle. Inoltre non producono migliorie al territorio e risorse idriche contro gli incendi: esattamente il contrario.

 Nelle Marche ha fatto scalpore la decisione di Marche Multiservizi, assecondata dall’ATO, di “promuovere un’attività di ricognizione e screening finalizzata alla valutazione di siti potenzialmente idonei alla realizzazione di invasi ad uso idropotabile”.

Alla fine, però, nessun sito individuato è risultato realmente idoneo e alla scelta di Santa Maria del Piano (alto corso del Fiume Candigliano) si è arrivati solo perché caratterizzata da criticità tecnico-ambientali relativamente “minori” rispetto agli altri siti.

Quindi si tratterebbe, comunque, di una forzatura. 

La zona in questione, di altissimo valore ambientale, è sconosciuta ai più, priva di vie di comunicazione e persino di sentieri escursionistici; già questa condizione dovrebbe essere sufficiente a far comprendere che il sito è un’autentica  rarità nel contesto geografico peninsulare (l’Italia  è  un paese tra i più densamente popolati d’Europa). Un luogo inusuale e di grandi  spazi e foreste abitate solo dagli  animali selvatici dove non scorre semplicemente un piccolo torrente, ma un vero e proprio fiume. Insomma, un grande capitale strategico per la provincia di  Pesaro – Urbino e per le Marche che andrebbe strenuamente difeso.

Tuttavia esiste un concetto che ritorna spesso nella storia ed è quello del famoso “sacrificio necessario” ,un metodo di approccio ai problemi con il quale una parte “forte”, di solito quella legata al business, cerca di far digerire ad una parte “debole”, il cittadino e l’ambiente,  dei sacrifici in nome  di un presunto “fine superiore”.

Così l’invaso del Candigliano viene presentato come scelta inevitabile, addirittura  “green”, mentre, in realtà,  sottende la distruzione di interi ecosistemi.

Appennino Umbro-Marchigiano, alba sotto la neve

Un esempio? Centinaia di migliaia di alberi adulti verrebbero eradicati o sommersi contro ogni logica e progettualità funzionali a prevenire o mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici.

Le problematiche che si legano agli approvvigionamenti idrici ad uso idropotabile, anche lette in prospettiva e al di là di progettualità più o meno fantasiose e impattanti,  come può essere quella di un invaso di grandi dimensioni, non possono prescindere dal recupero di quelle criticità amministrative, tecniche e gestionali  insolute da anni.

Sicuramente, la prima azione da  intraprendere dovrebbe essere una seria  ristrutturazione della rete idrica che attualmente ha perdite inaccettabilmente elevate.

Dal Documento Unico di Programmazione ATO 1 2019/2020/2021 si evince una perdita annua di circa 13 milioni di metri cubi di acqua.

Circa la stessa quantità che dovrebbe essere garantita dall’invaso sul Candigliano. Anche volendo considerare una percentuale importante di perdite fisiologiche quello che verrebbe ad essere recuperato potrebbe ammontare a diversi milioni di metri cubi di acqua ogni anno. 

Altra nota dolente le carenti politiche sul risparmio della risorsa. Le campagne di sensibilizzazione dovrebbero essere continue, capillari e rivolte a tutte le categorie sociali. Quanta acqua si potrebbe risparmiare evitando gli sprechi?

Anche il settore agricolo, ovviamente,  dovrebbe fare la propria parte così come la dovrebbero fare i comuni attraverso coerenti Piani Regolatori Generali.

Come già discusso più volte, andrebbe risolta l’annosa questione dell’interramento degli invasi del Furlo, San Lazzaro e Tavernelle permettendo il recupero di circa un milione di mc di riserva idrica. Ancora altri margini potrebbero essere recuperati grazie ad una puntuale azione di controllo su pozzi e captazioni abusive.

Occorrerebbe investire ulteriori risorse in impianti per  denitrificazione  e in studi sulla   desalinizzazione a vantaggio delle zone costiere,  ma soprattutto occorrerebbe investire di più nello studio del territorio il che darebbe modo di rendersi conto di come il preteso accostamento alla diga di Ridracoli (acquedotto di Romagna), assunta più volte ad esempio, non sia praticabile.

Infatti, l’invaso romagnolo insiste all’interno del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, del Monte Falterone e Campigna, un territorio caratterizzato da una gestione forestale virtuosa a monte e intorno al lago, capace di dare copertura ai suoli impedendone il dilavamento e il conseguente interramento del bacino.

Nel caso del Candigliano invece sarebbe la foresta stessa ad essere allagata.

Coloro che sono a favore degli invasi, amministratori e non, sono coscienti del fatto che affinché le loro idee possano avere una minima possibilità di funzionare, occorrerebbe rivoluzionare totalmente anche il modo di gestire il territorio?      

Gruppo d’Intervento Giuridico odv – Marche

Appennino, boschi

(foto A.L.C., S.L., archivio GrIG)

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  1. Donatella
    aprile 7, 2021 alle 11:03 am

    Sentiamo tanto parlare dai nostri politici governanti ma, a parte le solite parole
    “pseudoecologiche” rituali, nessuna parola come : Boschi, Mare, Fiumi, Ruscelli, Alberi, Fiori, Erba, Api, Rondini, perchè si disinteressano dei veri Beni Comuni
    Invece , chiunque può , cerca di inzuppare nei Fondi per lavori mascherati di pseudoecologia che producono danni se non catastrofi ambientali.
    Ogni uomo, ogni cittadino che guarda la Natura con Amore ha l’obbligo di comportarsi nel modo migliore per rispettarla e di collaborare con chi lotta per difenderla.
    Grazie infinite GrIG

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