Reportage sulla speculazione immobiliare lungo le coste della Sardegna.
Ampio e documentato reportage di Ferruccio Sansa, Thomas Mackinson e Roberto Morini per Il Fatto Quotidiano sulla speculazione immobiliare lungo le coste della Sardegna, lunedi 24 giugno 2013.
Da leggere, per riflettere e rimboccarsi le maniche, perché non c’è più tempo da perdere.
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus e Amici della Terra
da Il Fatto Quotidiano, 24 giugno 2013
Non lasciamola sola la Sardegna. Ferruccio Sansa
Non lasseus assola sa Sardigna. Si deppeus ponni de bona voluntadi e aggiudai sa genti sarda. Cust’Isola non deppit accabbai pappada de su ciumentu. Non lasciamo sola la Sardegna. Prendiamo questo impegno. Non abbandoniamo quest’isola che rischia di finire in pasto al cemento: 50 milioni di metri cubi di nuove costruzioni sulla costa significano la fine. Non porteranno turismo, ma un’umiliante colonizzazione compiuta con i soldi del Qatar o della nostra finanza. Ce ne dimentichiamo facilmente, basta scendere dal traghetto che ci riporta a casa alla fine delle ferie. Ma alla Sardegna dobbiamo molto. Non solo vacanze felici. Il blu della sua acqua per tanti di noi è la misura di ogni mare. Il profumo che ci accoglie all’arrivo appena si apre il portellone della nave resta dentro per mesi, anni. Ricorda che c’è un altrove dove tornare e rifugiarsi. Anche solo nei pensieri. Questa è la Sardegna che appartiene alla sua gente, ma cui tutti siamo legati. Una terra grande, con una sua cultura. Una lingua (noi abbiamo azzardato un passaggio nella variante campidanese). Arriva l’estate, la stagione del riposo, della leggerezza. Del distacco da pensieri e fatiche. Forse ormai crediamo che questo bisogno dentro di noi, proprio nel corpo, sia suggerito dal calendario del lavoro, delle fabbriche (dove ci sono ancora). No, non è così. Le stagioni dell’uomo sono dettate da quelle della natura. Ce ne accorgiamo soprattutto in estate: questo risveglio che sentiamo nei muscoli (ahimé, quando ci sono) è lo stesso che vediamo negli alberi, nell’aria, negli animali. L’estate riavvicina al mondo, ricorda che ne siamo parte. Allora le vacanze – giuste, sacrosante, spesso dimenticate per colpa della crisi – potrebbero farci riallacciare un legame essenziale. Con il mondo, ma anche proprio con la terra… avete presente quelle zolle rosse, luccicanti che emergono quando l’aratro è appena passato nei campi… ecco quella. Un’appartenenza che a volte temiamo possa svilire il nostro essere uomini e che, invece, può essere fonte di consolazione e compagnia. Come diceva Vladimir Nabokov: “Mi sentii tuffato di colpo in una sostanza fluida e lucente che altro non era se non il puro elemento del tempo. Lo si condivideva con creature – proprio come bagnanti eccitati condividono la scintillante acqua del mare – che non erano te, ma a te erano unite dal comune scorrere del tempo”. Non sembrano parole scritte nel mare della Sardegna? Il ministro Andrea Orlando, intervistato da noi ha preso impegni di rilievo. Ha ricordato l’importanza della terra che ci dà la vita e, se maltrattata, ce la toglie. Prendiamo anche noi un impegno, in italiano o in sardo: non abbandoniamo la Sardegna e la terra dove viviamo. Ricordiamocene mentre ci tuffiamo. Buona estate.
Sulla Sardegna la colata perfetta. Ferruccio Sansa, Thomas Mackinson
Salvare la Sardegna. Ora o mia più. Sull’isola di Smeraldo stanno per scaricarsi 50 milioni di metri cubi di cemento. Una colata senza precedenti, concentrata su coste tra le più belle e delicate del mondo. Luoghi che rendono unica la Sardegna e, proprio perché intatte, garantiscono la maggiore ricchezza economica di un’isola in gravissima crisi.
C’è la minaccia del cemento targato Qatar, uno schiaffo irrimediabile al paesaggio, ma anche all’orgoglio della gente sarda che vedrebbe la propria terra colonizzata con i soldi del petrolio. E ci sono imprenditori nostrani, come i Benetton, che alle origini della loro fortuna – prima di diventare i padroni delle Autostrade – amavano darsi un’immagine politically correct. Poi tanti grandi della finanza italiana, come il Monte dei Paschi o i Marcegaglia, che hanno chiesto di poter costruire o gestire alberghi. Insomma, nomi che contano nei salotti della politica e del potere nazionale, di fronte ai quali la gente di Sardegna pare disarmata.
Il grimaldello per aprire la porta è quello della crisi, come ricorda Stefano Deliperi, che con il Gruppo di Intervento Giuridico è una delle voci più appassionate e agguerrite nella difesa della terra di Sardegna: “Il 30% dei residenti in Sardegna in età lavorativa – dai 15 anni in poi – sono disoccupati o sottoccupati, mentre il 62,7% è privo di qualifica professionale. In tre anni (2008-2011) l’edilizia in Sardegna ha perso il 40,86% degli addetti, passando da 44.032 a 26.176 (dati Fillea Cgil)”.
La risposta della politica e della giunta di centrodestra guidata da Ugo Cappellacci sembra essere solo una: costruire. Non importa che l’attuale maggioranza tra pochi mesi scada e che decisioni tanto importanti non debbano essere prese da chi, forse, presto tornerà a casa. Non importa, soprattutto, che altre strade siano percorribili, “con vantaggi per l’ambiente e per l’economia”, come ricorda Deliperi. Una, per dire: la giunta di Renato Soru aveva previsto investimenti per mezzo miliardo per recuperare paesi e borghi dell’entroterra. Un modo per dare lavoro al settore edile, per portare il turismo oltre le coste, ma anche per risparmiare il paesaggio. Salvando dall’abbandono i centri dell’interno – la vera anima della civiltà e della cultura sarde – altrimenti destinati all’abbandono. Eccole, allora, le principali minacce che incombono sulla Sardegna.
Costa Smeralda, la grande preda. É sempre lei il sogno degli immobiliaristi di mezzo mondo. Quella manciata di chilometri di granito affacciati sul blu. Ma stavolta l’incubo potrebbe diventare realtà: nel 2012 l’intera Costa Smeralda è stata acquistata (per 600 milioni) dalla Qatar Holding, il braccio finanziario della famiglia Al Thani, casa regnante del Qatar. “Con la benedizione di Cappellacci e degli amministratori di Olbia e Arzachena, è stato presentato un piano di massima per investimenti immobiliari da un miliardo”, racconta Deliperi. Un progetto che prevede tra l’altro: 500 mila nuovi metri cubi di volumetrie, il restyling della piazzetta di Porto Cervo e dei quattro hotel “storici”, un “parco acquatico” a Liscia Ruja, un kartodromo, decine di ville extra-lusso, trasformazione di 27 caratteristici “stazzi” galluresi in ville esclusive. E subito sono partiti gli esposti delle associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico onlus e Amici della Terra e l’intervento del Servizio valutazione impatti della Regione autonoma della Sardegna. Sostiene Deliperi: “A nostro avviso il progetto viola il piano paesaggistico regionale e le altre normative di salvaguardia ambientale. Non ci risulta che siano stati svolti i necessari procedimenti sulle valutazione di impatto sull’ambiente”. Risultato: la “Costa Smeralda 2” targata Qatar finora è stata bloccata dagli uffici tecnici della Regione.
Dune di Badesi. Costruire perfino in riva al mare. Addirittura sulle dune. “A Badesi”, racconta Deliperi, “a poche decine di metri dalla battigia marina, stanno fiorendo ville sulle dune. E nell’immediato entroterra appartamenti”. Servizio completo. Ancora Deliperi: “Mancherebbero le necessarie procedure di impatto sull’ambiente (come certificato del Servizio valutazione impatti della Regione autonoma della Sardegna) e il piano di lottizzazione degli anni ’70 del secolo scorso è ormai ampiamente scaduto”. Il contrattacco degli ambientalisti è a colpi di carte bollate, interrogazioni al Parlamento europeo (del deputato ecologista Andrea Zanoni), al Senato e alla Camera (Cinque Stelle) e in Regione (l’indipendentista Claudia Zuncheddu). La Commissione europea e il Ministero dell’Ambiente hanno chiesto chiarimenti.
Piscinas – Ingurtosu. Siamo sulla costa occidentale, in una distesa di verde a perdita d’occhio. Poi profumo di mirto e davanti solo mare. Ma il paesaggio cambierà se arriveranno 40-50 mila metri cubi di ville, residence, centro benessere, campo da golf. Nelle aree minerarie di Ingurtosu e Piscinas, a ridosso delle splendide dune costiere di Piscinas – Scivu. E le norme per la tutela del paesaggio? “Non sono state rispettate”, scrivono ambientalisti e comitati nei loro esposti. Ancora una volta la sorte del paesaggio sardo è nelle mani dei giudici.
Tuvixeddu. La più importante area archeologica sepolcrale punico-romana del Mediterraneo (oltre 2.500 tombe dal VI sec avanti Cristo fino all’Alto Medioevo). Dentro Cagliari. All’estero ne farebbero un’attrazione capace di richiamare centinaia di migliaia di turisti (e tanto denaro). In Italia invece neanche sappiamo che c’è. C’è voluto il giornale inglese Times per tirare fuori la storia. Se digiti “Tuvixeddu” su internet ti compare il sito della società costruttrice: “Abitare non è mai stato così piacevole”, con tanto di immagini della futura colata. L’accordo del 2000 prevedeva 400 mila metri cubi affacciati sulla necropoli. Un progetto caro alla potentissima famiglia Cualbu, sostenitrice di Cappellacci, ma con amici nel centrosinistra. Marcello Sanna, che abita a pochi metri la descrive così: “Qui non è solo una questione di ambiente e storia. Ma di rispetto dei morti”.
Ma dopo anni di dispute legali le ruspe affilano di nuovo i denti.
Capo Malfatano. Una lingua di terra e di vegetazione bassa, piegata dal vento. Una manciata di case di pietra, i furriadroxus, testimonianza di una comunità unica: anziani pastori, tutti uomini, che hanno speso qui ogni giorno della loro vita. Ecco cos’è Capo Malfatano, nell’estremo sud della Sardegna. Per rendervene conto potete vedere su internet il bellissimo documentario “Furriadroxus” di Michele Mossa e Michele Trentini. Un luogo perso in fondo alla Sardegna, ma gli appetiti delle grandi imprese sono arrivati fin qui: il progetto prevede 140mila metri cubi di cemento, come dietri grandi palazzi, sui 700 ettari incontaminati del promontorio. Un’operazione voluta da colossi nazionali del settore: società della famiglia Toti, dei Benetton, del Monte dei Paschi. Per capire cosa ne verrebbe fuori basta vedere il sito www.silvanototi.com. Anche la Mita che fa capo ai Marcegaglia era pronta a gestire gli alberghi. Ma il progetto per adesso è fermo dopo la sentenza del Tar. La parola al Consiglio di Stato. Una buona notizia per i vecchi abitanti dei Furriadroxus che temevano di dover lasciare le loro case dopo una vita. Per far posto ad alberghi e centri benessere.
Stintino, spiaggia Pelosa sarà ben poco virtuosa. Roberto Morini
La Turisarda potrà costruire altri 40 mila metri cubi di cemento davanti alla spiaggia più bella del nord Sardegna, la Pelosa di Stintino, in una delle zone più belle del Mediterraneo, capo Falcone, in faccia alla splendida isola-parco dell’Asinara. Aumenterà così del 20 per cento la volumetria di quello che è giustamente considerato uno degli ecomostri sardi più noti, l’hotel Roccaruja. Il lungo serpentone alto quattro piani costruito dai Moratti negli anni Sessanta, quando in mezzo a quelle dune non si era ancora visto nemmeno un mattone, passato poi sotto il controllo dell’Eni attraverso Snam, quando i petrolieri di stato facevano ancora gli imprenditori turistici, è finito nel 2000 in mano a una società sarda, la Turisarda, appunto. Di volontà di eliminazione dell’ecomostro riferirono tutti i giornalisti presenti alla conferenza stampa durante la quale il sindaco di Stintino Antonio Diana aveva presentato nel giugno 2010 quello che aveva battezzato “Puc salva coste”. Diana, il politico che nell’ultimo decennio ha partecipato più di tutti gli altri alle decisioni relative al cemento sulle coste di Stintino, prima come assessore all’Urbanistica poi, dal 2007, come sindaco, rieletto l’anno scorso per il secondo mandato, in quella conferenza stampa aveva parlato di svolta ambientalista. Aveva annunciato che l’albergo sarebbe stato demolito e ricostruito più lontano dalla spiaggia, che la Pelosa sarebbe rinata anche attraverso la cancellazione della strada che ora separa la spiaggia dall’albergo e dalla lunga e ininterrotta teoria di ville costruite in quarant’anni a Capo Falcone.
UNA SPIAGGIA ormai dimezzata nella sua superficie, trasformata in duro campo di sabbia umida e battuta dalle centinaia di migliaia di turisti che la calpestano ogni estate in ogni suo centimetro, rendendola impraticabile per chi non sia disposto a conquistarsi un posto al sole alle 7 del mattino. “L’hotel Roccaruja – aveva detto in quella occasione Antonio Diana – dovrà essere sottoposto a un radicale adeguamento con un progetto meno impattante”. Eppure a Stintino la distanza tra parole e fatti era stata osservata più volte. Come quando, negli anni Novanta, il Comune di Stintino aveva sfregiato uno dei panorami più belli del mondo con l’installazione di un filare di lampioni che spezzava, e continua a spezzare, una vista fino ad allora mozzafiato. Ora dietro le parole ambientaliste viene lanciato un aumento di cubature di cui nessuno si era accorto. Il vero contenuto del Puc del Comune di Stintino viene alla luce solo ora perché a puntare la lente d’ingrandimento sui numeri del piano urbanistico ci ha pensato un geometra sassarese, Alfonso Chessa, con un esposto alle procure della Repubblica di Cagliari e Sassari e al Tribunale di Brescia. Chessa si riteneva vittima indiretta del grande crac Bagaglino-Italcase, un fallimento da 600 milioni di euro che in primo grado aveva visto la condanna di alcuni dei nomi più grossi della finanza nazionale, da Cesare Geronzi a Roberto Colaninno a Stena Marcegaglia, poi assolti in appello da una sentenza che confermava solo le condanne di Mario Bertelli, titolare del gruppo turistico bresciano travolto dal fallimento, e di alcuni imprenditori locali, come Pietro Dessole. Secondo il geometra sassarese, infatti, il Comune di Stintino aveva trasferito nel 2006 le cubature precedentemente attribuite al Country Village, il villaggio turistico di Bertelli, ad altre aree, tra le quali quella dell’hotel Roccaruja. Proprio nella causa relativa al fallimento Bagaglino-Italcase, Chessa era poi diventato perito del Tribunale di Brescia, che si era trovato svalutati, perché non più edificabili, i terreni che avrebbe dovuto vendere per tentare di pagare i numerosi creditori. E aveva già denunciato, con una serie di esposti, quell’operazione da lui ritenuta illegittima. Ora, dopo il Puc, il nuovo esposto presentato da Chessa fa emergere la conferma di quella scelta, fatta nel 2006 quando l’attuale sindaco era ancora assessore all’Urbanistica nella giunta guidata da Lorenzo Diana. Nel Puc l’ipotesi di demolizione e ricostruzione dell’ecomostro esiste, ma sembra poco allettante per i proprietari dell’albergo: la premialità aggiuntiva in caso di demolizione e ricostruzione è infatti di soli 6 mila metri cubi. Mentre i 40 mila metri cubi, che si aggiungono agli attuali 200 mila, sono immediatamente utilizzabili, senza nessuna demolizione, senza nessuno spostamento lontano dal mare. A sua difesa il Comune sostiene di aver addirittura ridotto la volumetria che l’attuale proprietario del Roccaruja avrebbe a sua disposizione, dai 50 mila metri cubi concessi nel 2006 ai 40 mila del Puc. Ma Chessa afferma, norme e carte alla mano, che il diritto di costruire, in base alla lottizzazione avvenuta negli anni Sessanta, era scaduto nel 1978 ed era stato rinnovato solo fino al 1992. Da allora i proprietari avevano perso la possibilità di realizzare nuove costruzioni.
LO SCONTRO LEGALE arriva a raffinatezze normative e verifiche sul campo come quella relativa all’esistenza o meno delle opere di urbanizzazione: strade, fogne, acquedotto. Secondo il Comune erano già quasi terminate e quindi il nuovo cemento sarebbe un diritto acquisito anche se l’area è a meno di trecento metri dal mare. Secondo Chessa quelle opere non ci sono, non ce n’è traccia. E all’occhio del profano sembra abbia ragione lui. Secondo il Comune invece ci sono. Ma in un atto della Regione, servizio Tutela del paesaggio, che nel 2006 autorizzava le nuove costruzioni approvate dal Comune negandone l’impatto ambientale, si affermava: “Resta fermo che tutte le opere di urbanizzazione (…) dovranno essere specificamente autorizzate”. Pare dunque che dovessero essere ancora realizzate. C’è un altro fatto che solleva dubbi sull’operazione. Nel 2003, tre anni prima delle delibere con cui il Comune autorizza per la prima volta l’aumento di cubatura per il Roccaruja, Turisarda srl vendeva a Forrazzu srl un terreno di 16 mila metri quadri di fronte alla Pelosa. Secondo alcuni a prezzi stracciati. I protagonisti hanno sempre difeso la correttezza dell’operazione. Un altro passaggio di proprietà tra le due società è registrato alla fine del 2006, pochi mesi dopo le due delibere favorevoli a Turisarda. In quel periodo Antonio Diana è assessore all’Urbanistica e contemporaneamente amministratore unico della Forrazzu srl. Si dimette da quell’incarico societario nel giugno 2007, quando viene eletto sindaco di Stintino. E resta socio al 25 per cento. Chiara e immutata una domanda di fondo: chi difenderà quel che resta di questo meraviglioso angolo di Sardegna che rischia di diventare una striscia di cemento senza soluzioni di continuità?
Il Ministro. “Basta consumare terra, rischiamo catastrofi”. Ferruccio Sansa
Il territorio non regge più. Ce ne siamo accorti tutti. In pochi anni per colpa di frane e alluvioni abbiamo rischiato che si ripetesse un Vajont. Basta. Serve una legge che difenda senza tentennamenti il nostro territorio. Per questo abbiamo presentato il disegno di legge per contenere drasticamente il consumo del territorio”. Andrea Orlando (Pd), è ministro dell’Ambiente da pochi mesi. Al suo arrivo c’era stato chi aveva puntato il dito sulla sua mancanza di esperienza specifica. Proprio al dicastero che deve affrontare nodi come l’Ilva. Ma ecco che Orlando si appresta a presentare un disegno di legge sul consumo del territorio più severo di quello (molto criticato) lanciato da Ermete Realacci. Una disciplina che raccoglie consensi anche tra gli ambientalisti. Ministro, che cosa prevede il vostro testo? Vogliamo ridurre drasticamente il consumo del territorio. Come, concretamente? Tanto per cominciare prima di consumare suolo il pianificatore dovrà dimostrare il recupero e il riuso dell’esistente. Secondo, sarà fissato – regione per regione – un limite all’estensione massima di terreni agricoli consumabili. Ancora, si prevede l’istituzione di un Comitato interministeriale che controlli e monitori il consumo. Le associazioni ambientaliste, come il Wwf, chiedono che ogni comune predisponga un “bilancio” del consumo del proprio suolo… Sono previsti censimenti comunali delle aree già interessate all’edificazione, ma non utilizzate e dove è possibile fare rigenerazione e recupero dei terreni. Sarà anche vietato per cinque anni trasformare i terreni agricoli che hanno usufruito di aiuti di Stato o Comunitari. Basteranno cinque anni? La proposta di Realacci, che pure viene dal mondo dell’ambientalismo, è stata bersaglio di critiche perché non abbandonerebbe la logica delle compensazioni. Nel nostro decreto c’è un punto chiave: i comuni potranno utilizzare i proventi di concessioni e autorizzazioni edilizie solo per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, per il risanamento dei centri storici e la messa in sicurezza del rischio sismico e idrogeologico. É un passo avanti epocale. Finora i comuni erano istigati a cedere il suolo, a far costruire perché gli oneri potevano essere utilizzati per far quadrare i bilanci. Ora basta. Non si potrebbe osare ancora di più e premiare chi non costruisce? Le premesse ci sono. Viene incentivato il recupero del patrimonio edilizio rurale evitando la costruzione di nuovi edifici con finanziamenti in materia edilizia. Ed è istituito il Registro dei Comuni che non prevedono un incremento di aree edificabili. Con le leggi di stabilità si potranno prevedere premi ai comuni virtuosi. Ministro, dobbiamo crederle? Possibile che d’un tratto ci si ricordi dell’ambiente? La questione non era più rinviabile. Abbiamo rischiato tragedie, il nostro territorio non regge più. É pensabile che la lobby del mattone che ha tanti appoggi nel centrodestra, e anche nel suo Pd, pieghi il capo? Non nego che le lobbies del cemento abbiano ancora peso politico e che magari ci sia chi vorrebbe reagire alla crisi con la solita soluzione: il mattone. Appunto, non finirà con le solite belle intenzioni e il nulla di fatto? É un momento ideale per voltare pagina: in Italia ci sono milioni di case nuove invendute. Non si può costruire ancora. Non solo: oggi non costruire, risparmiare il suolo può portare più denaro e lavoro. Pensi che l’ 85 % del nostro patrimonio di 2 miliardi di metri quadrati di abitazioni richiede una riqualificazione. É un’occasione straordinaria per imprese e lavoratori. Ancora: la principale industria del nostro Paese è il turismo, che si tutela proteggendo il territorio. Infine: riducendo il consumo del territorio diamo un forte impulso all’agricoltura, un settore in espansione. Insomma, meno cemento più sviluppo? Sì. Perdoni la diffidenza, ma voi siete alleati con il centrodestra dei condoni… Il condono non ci sarà mai. E sul consumo del suolo non ho avuto ostacoli. Chissà, forse le mire delle grandi imprese si sono concentrate sulle infrastrutture. O forse sono tutti convinti che non arriverete in fondo e resteranno belle parole? Può darsi che qualcuno creda che il cammino sia troppo lungo. Che speri in emendamenti. Ma io credo che non sarà così, e i punti essenziali del nostro disegno di legge potremmo proporli con un decreto perché diventino subito legge. Ora o mai più. Difendere il territorio oggi significa uscire dalla crisi. Ed evitare tragedie. Gli italiani lo sanno e ci sosterranno.
(foto per conto GrIG, S.D., archivio GrIG)
Bah, non so. Se si costruisce bene e in rispetto all’ambiente forse un turismo qualificato che ormai è fuggito dalla Sardegna si può ancora attrarre. Continuare a costruire appartamentini di bassa lega serve solo a consumare il territorio e riempire le solite tasche. Non trovo niente di male a recuperare gli stazzi: o qualcuno preferisce lasciarli andare in malora, come i nuraghe? Lavorare sulla qualità del costruire non è così fuori luogo. O si preferisce che i turisti vadano all’estero dove le strutture e i servizi sono molto più qualificati? La difesa del territorio non è obbligatoriamente in antitesi con il costruire (ovviamente salvaguardando l’ambiente).
Eh, già, avremmo potuto trasformare i nuraghe in bellissimi residence, peccato non averci pensato prima.
Mai detto. Però invece di farli andare in rovina si potrebbero valorizzare. La Sardegna è ricca di grandi patrimoni, di una storia e un territorio, tradizioni e cultura che ne farebbero la perla di tutto il Mediterraneo. E invece lasciamo che i turisti vadano dove c’è una migliore accoglienza, ripiegando su posti che non hanno nulla per competere con la Sardegna. Lo dice una che è innamoratissima della “nostra” terra e vive in Sardegna buona parte dell’anno.
Le costruzioni possono creare maggiore o minore impatto, ma comunque creano un impatto. Come si può dire che il “costruire” può non essere in antitesi con la difesa del territorio? e come si può dire che si può costruire difendendo l’ambiente? è una assurdità, come dire che esistono le bombe intelligenti…
Non ci si rende conto, pur con tutta la buona fede, che lasciare anche piccoli spiragli ad operazioni immobiliari di qualunque gusto o dimensione, si apre la strada a assurde speculazioni? Non ci si rende conto che famelici speculatori non aspettano altro che trovare, tra le maglie di una legislazione permissiva e di una politica consenziente, gli strumenti per dar sfogo a tutti gli scempi possibili? e che non gliene frega assolutamente niente del nostro territorio, della nostra cultura, dei nostri nuraghi e delle nostre tradizioni?
Non lasseus assolu su Grig!!!!
Penso che se si recuperassero tutte le strutture inagibili o abbandonate ai vandalismi,nei paesi sardi si potrebbero ospitare migliaia di persone.A Diana dico che è giusto recuperare gli stazzi,ma stazzi devono rimanere e molti nuraghi sono vicini a bellissimi paesini con alloggi che nulla hanno da invidiare alle mega strutture,impattanti,antieconomiche e che non danno lavoro ai sardi.Albergo diffuso,b&b,ostelli,campeggi con servizi qualificati esistono anche da noi,potrei elencarti centinaia di posti,a dei prezzi veramente modesti,dove si mangia a km 0.Ma per soddisfare le esigenze del turismo di massa si è smarrita la rotta e così importiamo la bottarga di muggine dal brasile,il maialino dai paesi dell’est,spacciamo per cinghiale maiale australiano,cozze alla diossina,orate agli antibiotici e così via.Fermiamoci un attimo e rimettiamo un pò di ordine nella nostra terra prima che sia troppo tardi.
È proprio il turismo di massa che fa male alla Sardegna, e che della Sardegna non capisce nulla. Quanto dici è sacrosanto. La strada da seguire è quella del turismo qualificato che sappia apprezzare la Sardegna in tutte le stagioni (noi sappiamo bene che il periodo meno “bello” è proprio agosto). Sono proprio quelli che vengono fuori stagione che decidono, potendolo fare, di vivere nell’isola per buona parte dell’anno.
E, in definitiva, in cosa dovrebbe consistere questa “valorizzazione”?
L’ha ribloggato su Fabio Argiolas.
da Eddyburg, 24 giugno 2013
Sulla Sardegna la colata perfetta: http://www.eddyburg.it/2013/06/sulla-sardegna-la-colata-perfetta.html#postilla
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da Jack’s Blog – il blog di Giacomo Salerno, 24 giugno 2013
SULLA SARDEGNA LA COLATA PERFETTA (Mackinson e Sansa): http://giacomosalerno.com/2013/06/24/sulla-sardegna-la-colata-perfetta-mackinson-e-sansa/
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da Piemonte News, 24 giugno 2013
Sulla Sardegna la colata perfetta: http://piemontenews.wordpress.com/2013/06/24/sulla-sardegna-la-colata-perfetta/
Per questo parlavo di piccole strutture ricettive,a conduzione famigliare ,che non dico ti arricchiscono,ma ti danno la possibilità di vivere dignitosamente.Valorizzare per mè significa dare la giusta importanza ai nostri tesori,natura,percorsi storico naturalistici,enogastronomici.I nostri musei sono all’aria aperta e per gran parte dell’anno fruibili,però il più delle volte sono irraggiungibili perchè non serviti da mezzi pubblici e quando ci arrivi dopo mille peripezie rischi anche di non trovare nessuno,o tutto appare in forma molto dismessa.La sardegna non ha nulla da invidiare alle città culturali e mi auguro che prima o poi si desti dal torpore nel quale è caduta
“parlavo di piccole strutture ricettive, a conduzione famigliare, che non dico ti arricchiscono, ma ti danno la possibilità di vivere dignitosamente.”
Hai ragione, Shardana. Cosí funziona in tante valli alpestri dove si ha capito che il modo migliore di “valorizzazione” turistica è di lasciare l’ambiente cosí come piace agli abitanti, cosí come ha piacuto ai nonni e cosí come piacerà ai nipoti – senza di trasformare le loro valli in mostrosi mega-latrine turistiche che, certo, producono più ricchezza ma meno benessere. Non raramente si trovano famiglie di turisti che non si fregano di SPA, centro sportivo, piscine ecc. e che già in terza generazione tornano ogni anno nella stessa valle dalle stesse famiglie o agriturismi perché amano di vivere le loro vacanze tra la gente locale (ospitale non meno dei sardi) piuttosto che nei resort o nei villaggi turistici stereostipati.
Purtroppo, i sardi viaggiano poco e perciò sanno poco sul fatto che è loro la scelta quale tipo di turista vogliono attirare. A questo punto mi sembra utile di ricordare le ultime righe di un saggio importante di Giulio Angioni sulle vicende della Sardegna a partire degli anni sesssanta (cit. da http://www.ilisso.it/catalogo/libri/MARIANNE+SIN-PF%C3%84LTZER+Sardegna%2C+paesaggi+umani/547):
“il modo migliore di fare turismo è fare almeno in modo che un luogo sia buono per il turista, e per qualunque altro visitatore, perché è buono per chi ci vive e ci vivrà da normale residente, nel suo paesaggio, nei suoi luoghi, con la sua gente.”
Grazie panurk,ne ero completamente all’oscuro
ma sei vai nei paesini a parli con la gente, lí dove non si legge un giornale “communista” come Il Fatto Quotidiano, …. “beh, il cemento ci porta del benessere”
da Salviamo il Paesaggio, difendiamo i Territori, 26 giugno 2013
Salviamo la Sardegna dal cemento. Ora o mai più!: http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2013/06/salviamo-la-sardegna-dal-cemento-ora-o-mai-piu/
Anche senza leggere basterebbe guardarsi intorno per capire che le grosse strutture hanno dato ben poco al territorio e alla gente che lo abita.Mentre B&B,albergo diffuso e piccoli hotel anche con grandissimi sacrifici riescono a sopravvivere e non fanno morire i piccoli centri
da Rai News 24, 30 giugno 2013
Sardegna, la macchina del cemento.
Il solo fatto di esserci sul pianeta Terra crea un impatto ambientale notevole! Altro che costruire difendendo l’ambiente!
la gente del Sulcis si beve qualsiasi cosa.
da L’Unione Sarda on line, 13 luglio 2013
Nel Sulcis la Costa Smeralda del sud. Un emiro arabo è pronto a investire. (http://www.unionesarda.it/articolo/cronaca_sardegna/2013/07/13/sulcis_rinascita_turistica_nel_progetto_dell_emiro_arabo-6-322214.html)
Un emiro arabo è pronto a investire petrodollari a Sant’Antioco per un gigantesco polo turistico sulla costa.
Nei siti dismessi della Ex Sardamag e della Palmas-cave una società di imprenditori del golfo Persico «di comprovata affidabilità e di solida consistenza patrimoniale» è pronta a creare la Costa Smeralda del sud.
Agli arabi non è sfuggita l’importanza della posizione strategica di Sant’Antioco nel Mediterraneo: di lì il progetto che prevede la realizzazione di due grandi insediamenti sul mare.
Sardegna in offerta speciale.
da L’Unione Sarda, 6 settembre 2013
Un hotel a Porto Tramatzu. Villaputzu. Un bando pubblico per i terreni già lottizzati. (Raffaele Serreli): http://consiglio.regione.sardegna.it/rassegnastampa/pdf/80907_Un_hotel_a_Porto_Tramatzu.pdf
da La Nuova Sardegna, 7 settembre 2013
Torregrande, i dubbi degli ambientalisti. Wwf, Italia nostra e Amici della terra esprimono perplessità sull’accordo Comune-Ivi petrolifera.
ORISTANO. Una discutibile valorizzazione del territorio, attraverso la cessione di uno dei suoi gioielli. Così i gruppi ambientalisti Amici della Terra – Gruppo di Intervento Giuridico, Italia Nostra Sinis Cabras Oristano, e Wwf Oristano vedono il progetto turistico-immobiliare che riguarda Torregrande, già sancito dall’accordo di programma firmato tra Comune e Ivi Petrolifera. L’accordo prevede a favore di quest’ultima, oltre alla cessione di parte della pineta litoranea per la durata di 75 anni, la cessione di volumetrie per la costruzione di seconde case in cambio di un beneficio economico (intorno al milione di euro). Secondo gli ambientalisti, le ragioni che il sindaco porta a giustificazione della cessione della pineta non hanno molto a che fare con il bene comune, che passa anche attraverso la oculata gestione del patrimonio pubblico. Senza considerare che la disponibilità di una zona boscosa a ridosso della città, importante opportunità sociale, non viene considerata evidentemente tale dalla giunta in carica. «Se il Comune ha impellente necessità di denaro se lo potrà procurare senza cedere le poche cose migliori. Non sappiamo se l’amministrazione ha un censimento aggiornato delle sue proprietà. Possiamo suggerire al sindaco di liberarsi dei numerosi appartamenti pensati per tamponare le emergenze di alcune famiglie che li avrebbero dovuti occupare in via assolutamente provvisoria ma che sono ora abitati in via definitiva dagli inquilini senza pagare neanche una lira. Oppure il Comune potrebbe disfarsi dei terreni da costruzione abbandonati e ridotti oggi a foreste vergini. Certamente la pineta ha bisogno di cure: va ripulita, protetta dalle incursioni dei fuoristrada, bisognerà attrezzarla per il tempo libero e soprattutto sarà indispensabile affidare l’intera pineta a chi non chiede in cambio la concessione eterna del bosco», sono alcuni dei rilievi mossi dalle associazioni.
da La Nuova Sardegna, 10 settembre 2013
TORREGRANDE » IL PROGETTO. Un albergo in più e meno residence. Cambia l’ipotesi di intervento turistico-immobiliare della Ivi Petrolifera. Campo da golf più lontano dalla spiaggia. (Roberto Petretto)
ORISTANO. Riveduto e corretto, il progetto della Ivi Petrolifera per la realizzazione di un insediamento turistico-immobiliare a Torregrande si appresta a approdare in aula. Le modifiche al progetto dovrebbero, nelle intenzioni dell’amministrazione, fugare i timori e le perplessità di chi vedeva in questo intervento un qualcosa di poco turistico e molto immobiliare. L’assessore Filippo Uras, da buon ingegnere, vuole lasciare ai numeri la descrizione dell’intervento previsto. Numeri che sono mutati rispetto all’ultima versione conosciuta del progetto. Diminuisce la cubatura dedicata alla parte residenziale destinata all’affitto e aumenta quella dedicata agli alberghi. Anzi, aumentano proprio gli alberghi: ce ne sarà uno in più. La volumetria alberghiera passa infatti dai circa 40mila metri cubi della versione precedente agli attuali 65mila. I residence destinati all’affitto occuperanno una volumetria che scende a 7.500 metri cubi. Immutata la parte destinata al residenziale per la vendita. La parte più contestata, anche da alcune componenti, della maggioranza, prevede costruzioni per 15.500 metri cubi. Questi i numeri. L’assessore Uras spiega: «Crediamo che con queste modifiche si rispettino tutte le caratteristiche di verifica ambientale e di riqualificazione. Diminuisce la volumetria complessiva, che passa da 95mila e 600 a 92mila e 800 metri cubi. Non verrà costruito nulla sulle dune, il campo da golf viene arretrato dalla spiaggia rispetto al progetto originario. Inoltre le costruzioni sono più basse, aumenta la superficie alberata, che passa da 40 a 45 ettari». Le novità sono anche altre: «Le volumetrie in zona F – dice ancora l’assessore all’Urbanistica – non verranno realizzate nella pineta, ma interamente nel lotto della Sipsa». L’assessore ricorda inoltra che le volumetrie previste nei 13 ettari di proprietà della Ivi Petrolifera consentirebbero un’edificazione cinque volte superiore. Il progetto dovrebbe arrivare in consiglio comunale in una delle prossime sedute, preceduto dalla diffusione degli elaborati progettuali ai consiglieri che avranno così modo di conoscere il dettaglio dell’intervento ipotizzato dalla Ivi a Torregrande. Sarà solo il primo passo, prima dell’adozione di una variante urbanistica e prima degli ulteriori adempimenti: «Ci dovranno poi essere i pareri dell’Ufficio tutela del paesaggio, dell’Ufficio ambiente della Regione e della Forestale». Insomma, un iter ancora lungo. Senza parlare, poi, delle eventuali difficoltà politiche: il circolo cittadino del Pd aveva bocciato la parte residenziale del progetto. Chissà se cambierà idea.
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Nuova vita per l’area del Pontile. Via libera della al progetto da 497mila euro per la riqualificazione della piazza. (Enrico Carta)
ORISTANO. Eccola sul tavolo la piazza del nuovo pontile. Per ora la si può solo immaginare guardando i progetti, ma presto sarà un nuovo punto di riferimento per la borgata di Torregrande. Il Comune non spenderà un solo euro, perché il rifacimento della piazza avverrà grazie agli accordi siglati con la Ivi Petrolifera. È un progetto a margine di quello più ampio legato all’insediamento turistico, che però prevede anche alcune novità importanti per le aree confinanti con quelle dell’insediamento alberghiero. Quella del pontile è proprio una di questa e su di essa si è concentrata l’attenzione della giunta comunale che nei giorni scorsi ha approvato la delibera che dà il via libera alla riqualificazione. Per cambiare il volto di un pezzo di storia del litorale caduto in disgrazia ci sono nel piatto 497mila euro. Di questi, 297mila sono stati ottenuti attraverso la Regione che aveva finanziato il progetto presentato nel 2009 dall’amministrazione. Gli altri 200mila escono dalle tasche della Ivi Petrolifera, la società che è confinanziatrice e si sostituisce al Comune in base all’accordo di programma stipulato tra l’amministrazione pubblica e il privato. I lavori partiranno successivamente all’approvazione del progetto definitivo che dovrà avvenire entro il 21 settembre, cosa scontata dopo il via libera della giunta. È il passaggio preliminare che precede l’approvazione del progetto definitivo e la successiva assegnazione dei lavori entro altri 120 giorni. L’area oggi versa in una situazione di degrado. Il pontile è inaccessibile da mesi, dopo essere crollato in seguito alle mareggiate e all’usura del tempo, ma su questo non si potrà intervenire perché la proprietà è del Demanio. Per il resto è vicino il momento del colpo di spugna sulle brutture che riempiono quell’area, tra cui altri ruderi di edifici che sono a loro volta di proprietà del Demanio. Il progetto non prevede solo la riqualificazione della piazza che avverrà con la pavimentazione in pietra. In quei 497mila euro è infatti compresa una serie di servizi come l’illuminazione pubblica, l’acqua, la corrente elettrica, il collegamento alla rete del gas, le aree verdi e le condutture fognarie. Il paradiso dei pescatori dilettanti, nelle idee dell’amministrazione, dovrebbe diventare anche un punto di ritrovo turistico con tanto di attività commerciali, primo passo della trasformazione generale di Torregrande.
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I numeri.
92.000 – I metri cubi previsti nel progetto della Ivi Petrolifera a Torregrande. Un leggero decremento rispetto agli oltre 95mila della prima versione del piano di investimenti.
65.000 – I metri cubi destinati alla volumetria per alberghi. Rispetto al progetto iniziale è previsto un albergo in più. Prevista anche la realizzazione di un campo da golf.
15.000 – I metri cubi destinati all’edilizia residenziale da immettere sul mercato per la vendita. Altri 7.500 metri cubi, sempre di edilizia residenziale, dovrebbero essere destinati alla locazione.
da La Nuova Sardegna, 11 settembre 2013
TORREGRANDE » IL SOPRALLUOGO. La maggioranza vicina all’accordo su alberghi e golf.
Ieri la visita di un gruppo di consiglieri del centrosinistra La Ivi Petrolifera ha presentato loro tutti i progetti. Lunedì conferenza stampa della società. (Enrico Carta)
Passata l’inattesa tempesta estiva e coi consiglieri del Pd che sembrano avere molti meno dubbi rispetto a qualche settimana fa, la Ivi Petrolifera ha deciso di giocare a carte ancor più scoperte. Per evitare qualsiasi tipo di fraintendimento e di incomprensioni, con tutta probabilità lunedì mattina, convocherà la stampa per spiegare nei minimi dettagli l’accordo di programma. Il dibattito politico ora si sposta invece nelle stanze del Pd, mentre gli i gruppi di Insieme, NoiOR e Sel non hanno dubbi sulla bontà del progetto.
ORISTANO. La quadra del cerchio non sembra essere lontana. A Torregrande sui tavoli dei propri uffici la Ivi Petrolifera ha srotolato le carte del progetto ai curiosi. Non curiosi qualsiasi ovviamente, ma un cospicuo numero di consiglieri di maggioranza che hanno voluto conoscere da vicino i piani per l’investimento turistico che la società vuole compiere a Torregrande. Sindaco e assessori li hanno accompagnati direttamente nella “tana del lupo”, che appare quanto mai mansueto e collaborativo e ha ribadito ancora una volta l’intenzione di non voler mangiare alcuna preda, tanto che i responsabili della società hanno volentieri aperto le porte della loro sede operativa a mezzo consiglio comunale. Nei prossimi giorni, secondo quanto poi ribadito anche dal sindaco Guido Tendas al termine dell’incontro, non è escluso che a Torregrande il primo cittadino faccia nuovamente tappa accompagnato dalla minoranza. Stesso tragitto sino ai terreni dell’ex fabbrica della Sipsa e stessi motivi che dovrebbero portare altri consiglieri nel cuore del progetto di sviluppo turistico da 50 milioni di euro. Quello che, forse un po’ enfaticamente, è stato definito come il Master Plan oristanese. Prima di pensare al centrodestra, che già durante la scorsa consiliatura si era espresso favorevolmente al progetto e aveva ulteriormente mandato avanti l’iter avviato nel 1995 dal sindaco di centrosinistra Mariano Scarpa, Guido Tendas aveva evidentemente da sbrigare le faccende di casa, anche se di panni sporchi da lavare pare ce ne siano pochi. Difficile prevedere cosa accadrà in aula al momento di votare la necessaria variante urbanistica, ma non sembra che il clima da battaglia interna vada per la maggiore. Le prese di posizione della segreteria cittadina del Pd, che aveva contestato non più di un mese fa l’eccessivo spazio dato alle cubature per l’edilizia residenziale ed era andato contro l’opinione del suo sindaco, appaiono meno critiche. Al momento sembra difficile che in aula i consiglieri del Pd si prendano la responsabilità di bloccare l’iter che deve precedere l’investimento immobiliare o che gli stessi lascino eventualmente che la variante venga votata dal resto del Consiglio, opposizione compresa. Del resto, anche se le dichiarazioni ieri mattina erano merce rara per non dire inesistente, si è intuito che la dozzina di consiglieri di maggioranza sia rimasta soddisfatta dalle spiegazioni rilasciate dalla Ivi Petrolifera. In poco più di un’ora e mezza hanno potuto visionare il progetto e capire direttamente quali siano i programmi per l’intera area. La Ivi non si occuperà esclusivamente delle volumetrie, ma il progetto prevede la nascita di un campo da golf con diciotto buche, un serie di oneri di urbanizzazione e non ultima la bonifica di un sito che per decenni è stato area industriale e che ultimamente è stato scambiato dai soliti incivili ignoti per una grande discarica. Basti pensare che il primo intervento di raccolta di rifiuti costato alla Ivi 30mila euro ha portato alla raccolta di dodici tonnellate di materiali di ogni tipo: ferro, amianto e tutto quel che i non praticanti della differenziata hanno voluto lasciare sul terreno.