Basta con le “balle” sul Lupo!


Lupo italiano o appenninico (Canis lupus italicus)

Nei mesi scorsi, con il coordinamento dell’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale (I.S.P.R.A.), sono stati resi noti i primi dati del censimento e monitoraggio del Lupo (Canis lupus) in corso in tutta Italia e avviato nell’autunno del 2020.

La stima della popolazione italiana del Lupo nel 2020 era di 1.000 – 2.500 esemplari, dei quali circa 300 sulle Alpi.

Ora si stimano 2.400 Lupi lungo tutto il crinale appenninico, altri 950 su tutto l’arco alpino. Circa 3.300 Lupi in tutta Italia.

A metà degli anni ’70 del secolo scorso erano un centinaio.

distribuzione del Lupo in Italia (2021)

E’ e rimanespecie particolarmente protetta” ai sensi della Convenzione internazionale di Berna.

In questi ultimi anni se ne sa un po’ di più, perché molto si dice, molto se ne parla, molto se ne scrive.

Spesso a sproposito, spesso supera le favole.

Basta che compaia un Lupo, magari in fase di erratismo giovanile, e gli interessi consolidati del territorio (come s’usa dire) non capiscono più nulla.

Il Lupo, lungo la Penisola, è il migliore fattore di contenimento del Cinghiale (Sus scrofa), di cui tanto si lamentano i danni all’agricoltura.

La presenza del Lupo fa bene alla biodiversità, fa bene agli equilibri ecologici, fa bene anche al turismo, fa bene all’anima (per chi ce l’ha).

W il Lupo, W Cappuccetto Rosso (quella vera)…e chi non è d’accordo peste lo colga.

Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

il Lupo e Cappuccetto Rosso

Ecco un po’ di balle o fake news che dir si voglia, analizzate dal progetto LIFE WolfAlps EU.

“No, i lupi non aggrediscono le persone”.

In Europa il lupo non è considerato una specie pericolosa per l’uomo.

Una delle reazioni più frequenti nelle zone di ricolonizzazione recente del lupo è la paura: di essere aggrediti, di non poter più girare nei boschi in tranquillità, di non poter più lasciare i bambini da soli a prendere l’autobus perché saranno aggrediti dai lupi affamati. 

In Europa il lupo non è considerato una specie pericolosa per l’uomo, anzi il lupo tendenzialmente cerca di evitarlo come dimostrato anche da uno studio recente su lupi radiocollarati in Svezia. Nel caso di un avvistamento diretto è importante  avere un corretto approccio evitando il disturbo come indicato di norma per tutta la fauna selvatica. Trattandosi di un animale selvatico, tenere infatti un comportamento di rispetto è d’obbligo: nel caso in cui ci si imbatta in animali che si stanno nutrendo è ovviamente bene allontanarsi, così come nel caso in cui ci si imbatta in una cucciolata. È importante inoltre evitare l’approccio di un lupo ferito o in difficoltà e impossibilitato alla fuga: in questi casi è raccomandato allertare immediatamente  le Autorità territoriali competenti (ASL, Carabinieri Forestali, Parchi Naturali, Polizia Provinciale). Altro principio fondamentale è non nutrire mai la fauna selvatica per evitare qualsiasi forma di abituazione, che potrebbe portare gli animali a diventare confidenti e quindi potenzialmente pericolosi per l’uomo, come nel caso recente (2020) del lupo di Otranto

Lupo europeo (Canis lupus)

Il lupo non identifica gli esseri umani come prede. La sua dieta dipende dalla disponibilità e dalla accessibilità delle prede presenti sul territorio: principalmente il lupo si nutre di ungulati selvatici di grandi e medie dimensioni, altre specie in proporzioni variabili sono i domestici e piccoli mammiferi. Nelle Alpi Occidentali (cfr. Anche il Report del Progetto Lupo Piemonte 2010 a p. 57) compaiono nella dieta del lupo soprattutto gli ungulati selvatici, in particolare cervi, caprioli, camosci, cinghiali. Il lupo è diffidente nei confronti degli esseri umani, che considera potenziali minacce e, se può, evita di incontrare. In Italia dove il lupo è ormai presente in modo esteso nell’Italia peninsulare anche in zone di pianura e collina, sulle Alpi Occidentali e sulle Alpi Centro Orientali, a partire dal secondo dopoguerra, non sono state documentate aggressioni confermate da parte di lupi nei confronti di persone fino al recente caso eccezionale del lupo di Otranto (un episodio risalente al 2017, verificatosi in Piemonte, ha visto coinvolta – senza conseguenze – una persona che è intervenuta per allontanare dei lupi dal proprio cane). Il lupo di Otranto (articolo di cronaca) catturato il 15 luglio 2020 – sotto indicazione di ISPRA – è il primo incidente  documentato nei confronti dell’uomo: questo lupo è un caso particolare in quanto definito problematico per il suo comportamento confidente con l’uomo, con segni evidenti che presumono l’accrescimento in cattività.

Lupo (Canis lupus)

MA ALLORA, DA DOVE VIENE LA CATTIVA FAMA DEL LUPO?

Nei documenti d’archivio  (p.e. archivi parrocchiali, cronache, annali, ordinanze, bandi, editti, …) si riportano attacchi da lupo a partire dal Medioevo in contesti rurali e alpini molto differenti da quelli di oggi, in cui la presenza umana era maggiore e capillare e il numero di prede selvatiche a disposizione del lupo molto minore (cfr. per esempio il bel libro di Riccardo Rao, Il tempo dei lupi. Storia e luoghi di un animale favoloso, UTET, 2018 ma anche altre risorse online qui qui). Nelle campagne e nelle montagne coltivate e disboscate di un secolo fa, persone, e lupi (cani randagi e selvatici) erano in competizione diretta per gli spazi e per le risorse alimentari. In questi documenti dell’epoca si riportano degli episodi di aggressione da parte dei lupi come atti predatori: le vittime  spesso erano bambini, più rari incidenti verso gli adulti (soprattutto donne). I bambini erano lasciati da soli a sorvegliare gli animali al pascolo, una pratica diffusa in Italia fino ai primi del 1900. Nel passato il metodo per accertare la responsabilità dell’attacco era totalmente soggettivo e dettato dal contesto dell’epoca, oggi il contributo dell’analisi genetica effettuata sulla saliva nel punto del morso permette un riscontro oggettivo e robusto della responsabilità del predatore – discriminando tra lupo, cane o altro selvatico – inoltre il test  della rabbia accerta se affetto da rabbia o sano. In Italia, almeno a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, non sono stati più registrati attacchi all’uomo.

Lupo (Canis lupus)

Una parte  degli attacchi (mortali o meno) a persone registrati in passato in Italia e in Europa sono stati causati da lupi affetti da rabbia, malattia non documentata per l’Italia dal 1997 al 2008. Dopo alcuni casi eccezionalmente documentati nel 2008-2011 in zone limitate al Nordest, oggi l’Italia è tornata indenne da rabbia. La probabilità di essere aggrediti oggi da un lupo affetto da rabbia è dunque di fatto assente. 

Il Lupo è una specie particolarmente adattabile, come risulta evidente dalla sua amplissima distribuzione geografica. Frequenta quasi tutti gli habitat dell’emisfero settentrionale ed ha un’elevata adattabilità. È infatti in grado di vivere in qualsiasi ambiente dove siano disponibili prede (deserto, prateria, tundra, terreni aridi, dal mare fino ad altitudini elevate). Oggi si verificano incidenti fra lupi e persone solo raramente in alcune aree del mondo dove è ancora presente la rabbia e  in contesti molto diversi da quelli italiani o europei (p.e.in Asia). In Europa e Nord America il rischio di essere attaccato da un lupo è considerato molto basso, vista la casistica degli attacchi documentati in rapporto al numero dei lupi nelle varie popolazioni, tuttavia non può essere escluso in modo assoluto. Nel caso di lupi definiti problematici e confidenti è indicata una gestione specifica volta proprio a prevenire gli incidenti con le persone. A fronte di una popolazione di circa 60.000 lupi in Nord America si sono registrati nel periodo 2002-2012, solo due episodi di persone uccise da un attacco predatorio da parte di lupi non affetti da patologie (fonte: Alaska Department of Fish and Game). Questi episodi riguardano  lupi dell’Alaska di notevoli dimensioni, in aree remote e con livelli di antropizzazione neanche lontanamente comparabili con quelli alpini (p.e. sulle Alpi ci sono in media 60 abitanti per kmq, in Alaska 0,43 abitanti per kmq). Per saperne di più sugli incidenti fra lupi e persone nel mondo, il documento più completo  (di cui Predators that Kills Humans, del 2016, costituisce un aggiornamento) è The fear of wolves. A review of wolf attacks on humans, liberamente scaricabile anche in francese

“No, il lupo non è stato reintrodotto”.

Ripopolamento: un mito duro a morire

No: in Europa nessun lupo, è stato mai catturato per essere poi spostato e liberato a scopo di ripopolamento. L’espansione del lupo in Italia negli ultimi quarant’anni è frutto solo ed esclusivamente di dinamiche naturali della specie.

Noi umani tendiamo a sottovalutare le capacità di spostamento degli animali, come se, solo per il fatto di non poter guidare un’automobile o prendere un treno, debbano essere condannati a trascorrere la loro vita nel raggio di pochi chilometri quadrati. Alcune specie terrestri, fra cui il lupo, sono invece in grado di compiere grandi spostamenti (cfr. Per esempio gli articoli di Petter Wabakken et al. 2007 e Wesley Andersen et al. 2015): decine di chilometri in un solo giorno anche solo nell’ambito del proprio territorio, che possono diventare di diverse centinaia di chilometri nel giro di qualche mese se si tratta di dispersioni

La dispersione è un comportamento caratteristico della specie ed è un processo dinamico e graduale nel quale i giovani abbandonano il branco d’origine e il territorio stabile su cui insiste, per andare in cerca di un nuovo territorio adatto, e di un lupo del sesso opposto con cui riprodursi e insieme al quale dare vita a un nuovo branco. I giovani lupi in dispersione si trovano a dover percorrere anche grandi distanze e sono esposti a molteplici pericoli durante  il loro viaggio: insidie naturali (aggressioni con altri lupi di branchi territoriali, scarsità di risorse alimentari e difficoltà a predare da solitari) e pericoli  rappresentati dall’uomo. I lupi in dispersione infatti, spesso attraversano anche  zone  antropizzate e abitate, dove  il rischio di essere investiti è elevato a causa della frammentazione del territorio imposta dalle vie di comunicazione. La mortalità di questi animali è quindi elevata. 

L’elevata capacità di dispersione della specie è alla base del processo di ricolonizzazione naturale del lupo in Europa (cfr. per esempio F. Marucco. Il lupo. Biologia e gestione, Il Piviere 2014 o anche l’approfondimento online) insieme ad altri fattori di natura ecologica e sociale: per esempio, in Italia, a partire dalle poche decine di lupi sopravvissuti all’estinzione in alcune zone dell’Appennino centro-meridionale, generazione dopo generazione, la specie ha riconquistato i territori da cui era stata eradicata (sulle Alpi, nei primi del ‘900).

espansione del Lupo italiano sulle Alpi orientali (2010)

COME LO SAPPIAMO?

È stato possibile documentare numerose dispersioni, attraverso l’analisi genetica dei campioni biologici (p.e. escrementi, tessuti, saliva, peli) che i lupi lasciano dietro di sé. I “nodi” sulla mappa rappresentano i luoghi dove sono stati raccolti, a mesi di distanza, i campioni biologici appartenenti allo stesso esemplare, maschio (M) o femmina (F).

Inoltre, alcuni esemplari di lupo sono stati catturati e rilasciati in natura con un radiocollare gps, uno strumento capace di trasmettere in tempo reale la posizione dell’animale. Tra le più famose dispersioni documentate c’è quella del lupo “Ligabue”, dall’Appennino Tosco-Emiliano alle Alpi Liguri (descritta in Ciucci P. et al. 2009, “Long-Distance Dispersal of a Rescued Wolf from the Northern Apennines to the Western Alps”, Journal of Wildlife Management 73(8): 1300-1306).

viaggio del Lupo Slavc dall’Istria interna (Slovenia) alla Lessinia (Italia, fra Veneto e Provincia autonoma di Trento)

Più recente e altrettanto famosa è la dispersione del lupo “Slavc”, che dalla Slovenia ha raggiunto, dopo un lungo viaggio, l’altopiano dei monti Lessini, dove nel 2012 ha formato con la femmina “Giulietta” il primo branco costituito da un lupo della popolazione dinarica e un lupo della popolazione alpina, documentata dai ricercatori dell’Università di Ljubljana nell’ambito del progetto LIFE SloWolf.

Negli ultimi quarant’anni il ritorno del lupo è stato favorito da fattori di natura ecologica e socio-economica e di sicuro anche l’uomo ha contribuito a questo processo con la protezione legale a livello nazionale e internazionale della specie (un tempo il lupo era considerato un animale nocivo e, in quanto tale, ne era promossa l’eliminazione) e l’abbandono in massa delle campagne e delle montagne italiane, che in molte aree si sono spopolate e ricoperte di boschi favorendo il ripristino di condizioni ecologiche idonee per un grande predatore. Negli spazi disabitati e boscati il lupo ha inoltre trovato una massiccia presenza di ungulati selvatici (p.e. cinghiali, caprioli, daini, cervi) oggi ampiamente diffusi anche grazie a ripopolamenti effettuati in passato in alcune aree per ragioni venatorie e conservazionistiche.

Conclusione: l’attuale espansione del lupo è in ogni modo frutto solo ed esclusivamente di dinamiche naturali della specie, nessun ripopolamento è stato mai operato in Europa

branco di Lupo europeo (Canis lupus)

“No, le aree faunistiche non allevano lupi per poi rilasciarli”.

Le aree faunistiche non “allevano” lupi e tanto meno li rilasciano.

Le aree faunistiche sono centri di recupero autorizzati che accolgono temporaneamente animali feriti o malati e bisognosi di cure. I lupi feriti vengono curati allo scopo di restituirli nel più breve tempo possibile alla vita selvatica. Solo nei casi di incidenti che causano danni permanenti agli animali o quando la permanenza dell’animale in cattività è troppo lunga per un reinserimento di successo in natura, i lupi vengono trattenuti a vita all’interno delle aree faunistiche.

“No, il numero di lupi non crescerà in modo esponenziale a scala locale”.

Il numero di animali su uno stesso territorio rimane stabile nel tempo

La natura è fatta troppo bene per permettere una cosa simile. Il lupo è un superpredatore che occupa il vertice della catena alimentare: se i lupi diventassero troppo numerosi finirebbero per ridurre eccessivamente il numero delle prede a disposizione, minacciando le stesse basi della propria sussistenza. 

Invece funziona così: i lupi sono organizzati in branchi, ovvero famiglie composte dai genitori (il maschio e la femmina dominanti) e dai cuccioli. Insieme occupano un territorio esclusivo molto vasto (sulle Alpi in media circa 200 kmq) che difendono dall’intrusione di altri lupi. Solo la coppia dominante si riproduce, una sola volta all’anno e i giovani abbandonano il branco di origine e vanno in dispersione solitamente tra il 1° e 2° anno di vita. Mediamente sulle Alpi ne sopravvive uno su quattro (Marucco et al. 2006).

Se non ci fossero gli umani, i lupi si auto-limiterebbero uccidendosi a vicenda, come succede per esempio regolarmente nel Nord America, dove la pressione antropica è minore. Anche sulle Alpi Occidentali sono già state documentate diverse aggressioni letali intraspecifiche, ovvero uccisioni di lupi da parte di altri lupi (cfr. per esempio l’elenco riportato dal Centro Grandi Carnivori della Regione Piemonte dei lupi recuperati morti con le cause di morte accertate).

Lupo europeo (Canis lupus)

(immagini I.S.P.R.A., foto S.D., archivio GrIG)

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  1. Patrizia
    dicembre 7, 2022 alle 6:02 PM

    Viva il lupo !

  2. dicembre 13, 2022 alle 9:44 PM

    Un grazie a Luigi Boitani (mio coscritto..) con il suo “Dalla parte del lupo” ha insegnato a me e innumerevoli altre persone il rispetto per questo bellissimo animale.

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