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Speculazioni immobiliari sulle terre collettive sarde, ecco perchè si prepara un nuovo Editto delle Chiudende. Petizione popolare per la difesa delle terre collettive.


Cavallini della Giara presso Mitza Salamessi

qui puoi firmare la petizione popolare per la difesa delle terre collettive ” a rischio” in Sardegna.

Ma davvero qualche anima bella pensa sul serio che sia necessario “avviare un nuovo processo di mappatura dei terreni regionali gravati da uso civico sulla base di un’interlocuzione diretta con le comunità” per venire incontro alle esigenze di tutela dei diritti dei cittadini titolari degli usi civici e per difendere l’ambiente, come pretende di farci capire la risoluzione n. 5/XVII approvata dal Consiglio regionale della Sardegna lo scorso 26 novembre 2025?

Ma davvero c’è questo straordinario lodevole afflato consiliare verso la tutela dei diritti dei cittadini titolari degli usi civici e la difesa dell’ambiente?

Qualche fondato dubbio rimane.

Per esempio, in relazione ai numerosi casi di speculazione immobiliare realizzati nel corso degli ultimi decenni sulle terre collettive sarde.

progetto immobiliare costa di Orosei (2017)

Da tempo è ben nota la vicenda della realizzazione centinaia di ettari di terreni a uso civico della costa di Orosei (in particolare a Cala Liberotto) di estese lottizzazioni edilizie grazie a vendite illegittime da parte del Comune nel corso del tempo.

Sono sorti complessi turistico-edilizi e “seconde case”, spesso gli attuali acquirenti ignorano le vicende degli anni passati.

Le Amministrazioni comunali e il Consiglio regionale – fra i protagonisti il già sindaco e consigliere regionale  Francesco Paolo Mula – hanno tentato le soluzioni più fantasiose e illegittime, venendo sempre fermati da Corte costituzionale (sentenze nn. 210/2014 e 103/2017) e azioni ecologiste, sprecando soldi e tempo, esasperando poi tanti incolpevoli cittadini.

Tuttora è pendente il procedimento n. 1/2012 davanti al Commissario per gli usi civici, nel quale venne realmente rilevato “un concreto e reale conflitto di interessi tra il comune ricorrente e gli utilizzatori residenti nel comune di Orosei”, in quanto l’Amministrazione comunale “contesta la qualità demaniale del suolo e, comunque, l’esistenza degli usi civici” (ordinanza commissariale del 28 settembre 2012).

Orosei, veduta aerea della costa di Cala Liberotto (da Sardegna Geoportale)

Agli amministratori proprio non piace il demanio civico accertato con la determinazione n. 30498/949 del 20 dicembre 2011 del Direttore del Servizio Territorio rurale, ambiente e infrastrutture dell’Assessorato regionale Agricoltura e Riforma Agro-Pastorale, tanto da aver preteso e ottenuto un nuovo procedimento di accertamento regionale, concluso in questi ultimi mesi…..che sembra abbia portato in sostanza più o meno ai medesimi risultati.

Non si ha certezza, perchè gli atti, in nome della trasparenza, non sono stati finora pubblicizzati.

Ignorata finora la soluzione più semplice e rispettosa di leggi e buon senso: trasferire i diritti di uso civico ai sensi della legge n. 168/2017 e s.m.i. dai terreni irrimediabilmente compromessi a boschi e coste di proprietà comunale.   A iniziare da Bidderosa, per esempio.

Villasimius, Cala Giunco

Un po’ meno nota, ma abbastanza curiosa è la motivazione con cui il Comune di Villasimius vorrebbe far dichiarare inesistenti i diritti di uso civico: l’attribuzione “nell’atto di concessione da parte del Re di Spagna Ferdinando il Cattolico che nel 1504 concesse il Feudo di Quirra (che comprende anche l’attuale territorio di Villasimius) alla famiglia Carroz in ‘libero e franco allodio’” (deliberazione Giunta comunale Villasimius n. 33 del 3 giugno 2021).

A parte il fatto che i terreni di Carbonara (Villasimius) vennero infeudati perlomeno il 18 luglio 1363 da Pietro IV d’Aragona in favore di Berengario II Carroz (vds. Mario Enrico Gottardi, Governare un territorio nel Regno di Sardegna Il marchesato di Quirra. Secoli XIV-XIX, Università degli Studi di Cagliari, p. 28), erano sempre e sistematicamente riconosciuti usi e consuetudini dei residenti dei villaggi collocati nel feudo per garantirne la vita quotidiana, la sopravvivenza, il tributo annuo alla Corona e al feudatario (il che, intuitivamente, era interesse della Corona e dello stesso feudatario) attraverso reciproche pattuizioni “conosciute anche come capitoli di grazia, che stabilivano e in qualche misura cristallizzavano il complesso di norme che regolavano i rapporti tra le comunità e il loro signore”.

Ubi feuda, ibi demania, ibi usa. Chiaro e netto è il brocardo ben noto fra chi si occupa di terre collettive e recepito dalla giurisprudenza in tema (vds. Cass. civ., 20 ottobre 1976, n. 3660).

Villasimius, Campus, ristorante Il Miraggio. E’ su terreni a uso civico.

Vi sono, però, motivazioni con tanto di profonde fondazioni cementizie per cercare di far fuori il demanio civico: “«si è potuto appurare che una parte rilevante delle aree individuate dalla Regione Sardegna come gravate da uso civico, ricade non solo su aree inedificate (come le aree di Minni Minni) ma su estesi territori sui quali sono presenti strutture alberghiere tra le più importanti del territorio quali Stella Maris (per intero), Timi Ama (parte), Cormoran (parte), Capo Boi (parte) solo per citarne alcuni, e ville di pregio – che peraltro sono state alienate ai privati molti anni orsono dallo stesso Comune di Villasimius previo nullaosta della Regione Sardegna -, con la conseguenza che una eventuale azione di recupero, benchè possa avere, in teoria, come presupposto la nullità dell’atto dispositivo, esporrebbe l’Amministrazione comunale ad un’azione di risarcimento del danno da parte degli acquirenti che in buona fede hanno confidato nella bontà dell’acquisto, con un conseguente e concreto rischio per il Comune di dover rifondere rilevantissime somme a titolo di danni (in questo senso si veda Corte Costituzionale 1991 n. 51), senza considerare il danno all’industria turistica dell’intero paese».”

Dall’ottobre 2021 pende un procedimento davanti al Commissario per gli usi civici e il GrIG si è costituito per opporsi alla richiesta dell’Amministrazione comunale.

Anche in questo caso, la soluzione più semplice e rispettosa di leggi e buon senso sarebbe quella di trasferire i diritti di uso civico ai sensi della legge n. 168/2017 e s.m.i. dai terreni irrimediabilmente compromessi (evitando così anche ingenti richieste di risarcimento danni) a boschi e coste di proprietà pubblica, recuperando al demanio civico i terreni inedificati occupati illegittimamente e demolendo le opere abusive anche sul piano urbanistico-edilizio e paesaggistico.

San Vero Milis – Narbolia, pineta costiera di Is Arenas

Caso invero poco noto, ma clamoroso per l’estensione delle collettive occupate illegittimamente è quello della pineta litoranea boscata di Is Arenas, parte del territorio comunale di San Vero Milis e parte in quello di Narbolia (OR).

Circa 400 ettari di terreni a uso civico non trasformati ma occupati da una società immobiliare che nell’area ha realizzato un complesso turistico-edilizio e un campo da golf, da recuperare ai rispettivi demani civici (art. 22 della legge regionale Sardegna n. 12/1994 e s.m.i.).

Si tratta di soltanto di alcuni dei tanti casi analoghi esistenti in Sardegna, in cui si pretende di defraudare dei loro diritti proprietari le collettività locali.

Montepescali, cartello riserva di proprietà e diritti di uso civico

Quando si verifica l’avvenuta irreversibile trasformazione di terreni dei demani civici si può avviare il procedimento di trasferimento dei diritti di uso civico: la legge n. 168/2017 in materia di usi civici è stata integrata con le disposizioni poste dall’art. 63 bis della legge n. 108 del 29 luglio 2021 di conversione con modificazioni e integrazioni del decreto-legge n. 77/2021, il c.d. decreto governance PNRR) che consente il trasferimento dei diritti di uso civico da terreni ormai irrimediabilmente compromessi (es. perché edificati) ad aree provenienti dal patrimonio comunale o regionale di valore ambientale (es. boschi, coste, zone umide, ecc.). In Sardegna vi sono già stati diversi procedimenti in proposito (per esempio, a Monti, ad Abbasanta, a San Vero Milis, a Oristano, a Lanusei, a Sindia, ecc.) che hanno consentito un recupero ai demani civici di terreni di valore ambientale e contemporaneamente han risolto le problematiche di tanti cittadini.

Ma ora il Consiglio regionale ha avviato un nuovo tentativo di privatizzazione strisciante delle terre collettive sarde: come nel recente passato, c’è sempre il famelico desiderio di un nuovo Editto delle Chiudende.

Attualmente in Sardegna, secondo quanto oggetto di provvedimenti di accertamento, risultano terreni a uso civico in 340 Comuni sui 369 su cui sono state condotte le operazioni.

Baunei, Baccu Goloritzè

I criteri per l’accertamento degli usi civici sono chiari e sono uguali in tutta Italia: sono i terreni di origine “feudale o ademprivile” e quelli di “antico possesso” o “originaria pertinenza” e si verificano fondamentalmente attraverso l’esame degli archivi dello Stato e degli altri Enti Pubblici Territoriali, degli Archivi notarili, degli archivi commissariali (per la Sardegna vds. la deliberazione del 10 dicembre 2021, n. 48/15 con cui la Giunta regionale sarda ha approvato lo specifico “Atto di indirizzo interpretativo e applicativo per la gestione dei procedimenti amministrativi relativi agli usi civici di cui alla L.R. n. 12/1994, alla L. n. 1766/1927 e alla L. n. 168/2017” anche in attuazione delle disposizioni nazionali in materia di usi civici, comprese quelle sul trasferimento dei diritti di uso civico).

I Comuni sardi sono 377: mancano ancora le attività di accertamento su 7 Comuni, nei quali si stima, comunque, la presenza di terre collettive.

In 30 Comuni, al termine delle operazioni, non sono risultati terreni a uso civico.

Complessivamente (considerando anche gli ultimi 7 Comuni dove devono esser svolte le operazioni di accertamento, ma dove se ne stima la presenza), dovrebbero essere 348 su 377 i Comuni dove sono presenti i demani civici, ben il 92% dei Comuni sardi.

Cagliari, Viale Trento, sede della Regione autonoma della Sardegna

Sono stati, inoltre, verificati e aggiornati i dati (estensione, catasto, ecc.) relativi ai 340 demani civici accertati (luglio 2021), grazie a un buon lavoro condotto dalle strutture regionali competenti.

L’estensione complessiva delle terre collettive finora accertate è di circa 303.676 ettari, pari al 12,62% dell’Isola, riportati nell’Inventario regionale delle Terre civiche, il documento fondamentale, di natura ricognitiva, per la conoscibilità dei terreni appartenenti ai demani civici in Sardegna.

L’Istituto Nazionale di Economia Agraria stimava (1947) la presenza di 314.814 ettari di terreni a uso civico in Sardegna.

In Italia si stima che le terre collettive siano il 7-10% del territorio nazionale e il Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) ha recentemente avviato una indagine conoscitiva in proposito.

Foresta demaniale dei “Sette Fratelli”

I domini collettivi, i terreni a uso civico e i demani civici (legge n. 1766/1927 e s.m.i., legge n. 168/2017, regio decreto n. 332/1928 e s.m.i.) costituiscono un patrimonio di grandissimo rilievo per le Collettività locali, sia sotto il profilo economico-sociale che per gli aspetti di salvaguardia ambientale, valore riconosciuto sistematicamente in sede giurisprudenziale.

I diritti di uso civico sono inalienabili, indivisibili, inusucapibili e imprescrittibili (artt. 3, comma 3°, della legge n. 168/2017 e 2, 9, 12 della legge n. 1766/1927 e s.m.i.). I domini collettivi sono tutelati ex lege con il vincolo paesaggistico (art. 142, comma 1°, lettera h, del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.).  Ogni atto di disposizione che comporti ablazione o che comunque incida su diritti di uso civico può essere adottato dalla pubblica amministrazione competente soltanto a particolari condizioni, previa autorizzazione regionale e verso corrispettivo di un indennizzo da corrispondere alla collettività titolare del diritto medesimo e destinato a opere permanenti di interesse pubblico generale (artt. 12 della legge n. 1766/1927 e s.m.i.).

I cittadini appartenenti alle collettività locali sono gli unici titolari dei diritti di uso civico nei rispettivi demani civici (artt. 2, commi 3° e 4°, e 3, commi 1° e 2°, della legge n. 168/2017 e s.m.i.).  Inoltre, il regime giuridico dei demani civici prevede la “perpetua destinazione agro-silvo-pastorale” (art. 3, comma 3°, della legge n. 168/2017), nonché “l’utilizzazione del demanio civico … in conformità alla sua destinazione e secondo le regole d’uso stabilite dal dominio collettivo” (art. 3, comma 5°, della legge n. 168/2017).

Quindi, i beni in proprietà collettiva sono soggetti per legge a vincolo di destinazione e a vincolo ambientale: non possono essere oggetto di una concessione amministrativa che ne importi la trasformazione.

Portoscuso, Capo Altano – Guroneddu

Un grande patrimonio ambientale collettivo che dobbiamo conservare e custodire per le generazioni future.

E il GrIG, che da decenni agisce concretamente per la salvaguardia delle terre collettive sarde, come già avvenuto negli anni scorsi, farà di tutto per evitare qualsiasi nuovo sciagurato Editto delle Chiudende sotto qualsiasi forma.

Il GrIG chiama, in primo luogo, i cittadini a esprimersi, proponendo una petizione popolare per la difesa delle terre collettive in Sardegna, che può essere sottoscritta qui: https://c.org/5BLCJPwztk 

Difendiamo le terre collettive della Sardegna!

Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

Cavallino della Giara

(foto)

  1. dicembre 7, 2025 alle 4:05 PM
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