Home > acqua, difesa del territorio, giustizia, inquinamento, rifiuti, salute pubblica, società, sostenibilità ambientale > Il prossimo 13 novembre il Tribunale di Oristano deciderà sul processo riguardante l’attività inquinante della GECO di Magomadas.

Il prossimo 13 novembre il Tribunale di Oristano deciderà sul processo riguardante l’attività inquinante della GECO di Magomadas.


campo di mais

Si è tenuta il 15 settembre 2023 presso il Tribunale di Oristano in composizione monocratica (dott.ssa Paola Bussu) una nuova udienza pre-dibattimentale relativa all’attività industriale svolta dalla GECO s.r.l. presso la zona industriale S. Pietro di Magomadas (OR) in un impianto di trattamento dei rifiuti “autorizzato a ricevere fanghi di depurazione e a trattarli mediante essicazione e miscelazione con i residui della frantumazione  degli inerti, ai fini della produzione di ammendante per l’agricoltura”.

I Legali dell’unico imputato, l’amministratore unico della GECO Leonardo Galleri, hanno presentato istanza di oblazione.  Il pubblico ministero è apparso favorevole, mentre i Difensori delle associazioni, comitati e singoli cittadini che han presentato istanza di costituzione di parte civile (l’Avv. Susanna Deiana per il Gruppo d’Intervento Giuridico, l’Avv. Alessandro Gamberini per Italia Nostra, ISDE, Adiconsum, Comitati e singoli cittadini, nonché i Legali dei Comuni di Tresnuraghes, Tinnura e Magomadas) si sono opposti.  Le relative memorie possono essere depositate fino a 10 giorni prima della prossima udienza fissata al 13 novembre 2023.

All’udienza del prossimo 13 novembre il Tribunale scioglierà la riserva riguardo alla richiesta oblazione e alle istanze di costituzione di parte civile.

fascia di Girasoli ai margini di un campo

Nella prima udienza tenutasi l’8 giugno 2023 era stata depositata l’istanza di costituzione di parte civile del Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) rappresentato e difeso dall’Avv. Susanna Deiana, del Foro di Cagliari.   

Contestate dalla Procura della Repubblica di Oristano a Leonardo Galleri, amministratore unico della Società, le ipotesi di reato  di cui agli artt. 256, comma 1°, lettera a, del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i. (attività di gestione di rifiuti non autorizzata) e 674 cod. pen. (getto pericoloso di cose/emissioni non autorizzate).

Secondo le contestazioni della Procura, sono state sversate in tre terreni in agro di Tinnura e Magomadas “complessive 7013 tonnellate di fanghi di depurazione miscelati  con residui di frantumazione di inerti, da considerarsi a tutti gli effetti  di legge ‘rifiuti’ (speciali non pericolosi) e non ‘ammendante’, in tal modo effettuando uno smaltimento illecito degli stessi”.

Inoltre, viene contestata la diffusione nell’area contigua dell’impianto e nei centri abitati di Tinnura, Magomadas, Flussio e Tresnuraghes “emissioni odorose nauseabonde, che creavano agli abitanti … rilevanti molestie e fastidi e in alcuni casi anche problemi di salute”.

La realizzazione dell’impianto industriale della Soc. GECO è stata fortemente contestata da buona parte dei residenti a causa del sensibile impatto ambientale e con il tempo il clima locale si è deteriorato sotto ogni aspetto basilare della convivenza civile: incendio degli impianti (1 gennaio 2020), danneggiamento dell’automobile e della vigna del rappresentante del Comitato locale per la tutela dell’ambiente (luglio 2020). Nel mezzo insulti, minacce e fine di qualsiasi confronto civile.

A monte ci sarebbe dovuta essere senza dubbio maggiore attenzione nell’ubicazione della zona industriale di San Pietro, a ridosso del centro abitato, perché è ovvio che in zona industriale vengono ubicati impianti industriali con tutti i prevedibili inconvenienti sulla qualità della vita di chi lì risiede.  Così un’analisi puntuale avrebbe potuto prevedere le ricadute su ambiente e qualità della vita di un impianto che tratta fanghi da depurazione.

Ma così non è stato e Regione ed Enti locali hanno emanato specifica “Autorizzazione per la realizzazione e l’esercizio, ai sensi dell’art. 208 del d.lgs. 152/06, di un impianto di recupero di rifiuti speciali non pericolosi rilasciata alla Geco s.r.l. con sede operativa in loc. San Pietro Z.I. del Comune di Magomadas” con determinazione dirigenziale Prov. OR n. 1283 del 24 ottobre 2018: l’impianto è stato autorizzato per operazioni di recupero fanghi da depurazione (R5) mediante comunicazione in procedura semplificata (artt. 214-216 del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.) per una capacità di trattamento di 15 mila tonnellate annue, come risulta dal catasto nazionale dei rifiuti.

Bombo (gen. Bombus) su Girasole

In precedenza, con deliberazione Giunta regionale n. 16/25 del 28 marzo 2017, si era conclusa positivamente con prescrizioni la procedura di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) – che, tra l’altro, ha autorizzato il trattamento fino a “80.000 tonnellate per i fanghi da essiccare (circa 223 giornate lavorative all’anno)” – e, con la deliberazione Giunta regionale n. 33/25 del 26 giugno 2018, sono stati autorizzati sia la “assegnazione della operazione di recupero R3 a due dei tre codici CER gestiti dall’impianto, in vece della operazione R5”, sia il subentro nella titolarità della Geco s.r.l. nell’esercizio del progetto di “Installazione di un impianto di recupero di rifiuti speciali non pericolosi mediante essicazione e pirogassificazione”. 

Con determinazione dirigenziale Prov. OR n. 394 del 10 aprile 2020 sono stati ritenuti insussistenti gli eventuali motivi di annullamento d’ufficio delle autorizzazioni in favore degli impianti Geco s.r.l., mentre con ordinanza T.A.R. Sardegna, Sez. I, 25 giugno 2020, n. 258 era stata respinta la richiesta di provvedimenti cautelari avverso l’attività di trattamento fanghi della Geco s.r.l.

Viceversa, dopo mesi di indagini, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Oristano ha ottenuto il sequestro preventivo degli impianti (14 luglio 2020), poi parzialmente dissequestrati (16 luglio 2020). 

In seguito, la Provincia di Oristano aveva risposto negativamente (nota prot. n. 10394 dell’11 agosto 2020) all’istanza di adozione dei provvedimenti di annullamento in via di autotutela ovvero, quantomeno, di modifica delle autorizzazioni emanate inoltrata dal GrIG (26 luglio 2020), in quanto aveva ritenuto “di non poter assumere i provvedimenti … richiesti” dopo una valutazione discrezionale della situazione giuridica e di fatto allora esistente.

Ora, alla prossima udienza di novembre, speriamo in un po’ di giustizia per il popolo inquinato.

Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

campo di grano

(foto M.F., S.D., archivio GrIG)

  1. settembre 16, 2023 alle 5:58 PM

    da La Nuova Sardegna, 16 settembre 2023
    Il processo. Fanghi dalla Puglia a Magomadas, una multa può chiudere il caso.
    Il rappresentante legale della Geco ha proposto un’oblazione. Pagando 13.103 euro il reato si estinguerebbe. La giudice deciderà il 13 novembre. (Enrico Carta) (https://www.lanuovasardegna.it/oristano/cronaca/2023/09/16/news/fanghi-dalla-puglia-a-magomadas-una-multa-puo-chiudere-il-caso-1.100383696)

    Magomadas Un’oblazione da 13.103 euro per chiudere il caso fanghi. Il rappresentante legale della Geco, Leonardo Galleri, è pronto a mettere fine alla questione giudiziaria con il pagamento di una multa che chiuderebbe così il procedimento penale garantendogli l’estinzione del reato e la sospensione condizionale della pena. La richiesta ha sbattuto contro il muro di no di cittadini e associazioni ambientaliste, costituiti parte civile. Non sono però loro ad avere l’ultima parola che sarà invece quella della giudice Paola Bussu, che ieri ha condotto l’udienza predibattimentale e che ora dovrà valutare se ammettere la richiesta della difesa oppure rinviare a giudizio e quindi al dibattimento l’unico imputato per la vicenda che da alcuni anni sta agitando gli animi di un’ampia porzione di Planargia.

    La battaglia contro i fanghi era iniziata nel 2019, contestualmente all’arrivo dei primi camion col materiale proveniente dalla Puglia che la Geco aveva iniziato ad accumulare e trattare nell’impianto di Magomadas, dove svolgeva e tutt’ora svolge anche altre attività. La presenza esagerata di insetti, i miasmi e il fetore avevano allarmato i cittadini che avevano immediatamente ricondotto quel fenomeno all’arrivo dei cosiddetti fanghi da oltre Tirreno. Da quel momento in poi era stata un’escalation di proteste, di consigli comunali alquanto agitati e di esposti, culminati, nell’estate 2020, con il sequestro deciso dalla magistratura di quella parte dell’impianto che era deputata ad accogliere e a trattare i fanghi poi da sversare in terreni privati a mo’ di concime.

    Il successivo incidente probatorio, in cui era stato reso noto l’esito della perizia tecnica, aveva portato a stabilire l’esatta composizione di quel materiale: si trattava di rifiuti, per i quali servivano autorizzazioni speciali affinché il trattamento fosse ritenuto regolare. L’assenza di quelle autorizzazioni aveva portato il pubblico ministero Marco De Crescenzo a chiedere il processo per Leonardo Galleri. L’udienza predibattimentale di ieri si è però aperta con la novità della richiesta di oblazione formulata dall’avvocato Danilo Mattana, che tutela Leonardo Galleri. Questa ipotesi chiuderebbe il caso con una doppia ammenda: 13mila euro verrebbero pagati per lo sversamento non autorizzato di rifiuti e 103 per l’altro capo d’imputazione che include tra i reati quello dell’emissione di gas. L’oblazione è una possibilità che viene concessa agli imputati qualora la contestazione sia di lieve entità e tale la ritiene la difesa.

    La giudice Paola Bussu prenderà una decisione e la comunicherà all’udienza del 13 novembre. Intanto però le varie parti civili, che si sono costituite ieri, hanno espresso la loro contrarietà a un’ipotesi del genere. A differenza della difesa, ritengono che il reato contestato non sia affatto di lieve entità, dal momento che nei terreni che, per dimensione avrebbero potuto accogliere un massimo di 40 tonnellate di fanghi, ne furono sversate ben 7mila. Hanno così espresso opposizione il Comune di Magomadas, assistito dall’avvocato Stefano Porcu, e le amministrazioni di Flussio, Tinnura e Tresnuraghes assistite dall’avvocato Giulio Fais. Non sono i soli perché tra le parti civili vanno annoverati alcuni privati cittadini e il Comitato Ambiente Planargia, assistiti dall’avvocata Laura Onida, e ancora le associazioni ambientaliste o che tutelano i consumatori ovvero Italia Nostra e Adiconsum, assistite dagli avvocati Alessandro Gamberini e Giulia D’Aquila, e il Gruppo di intervento giuridico i cui diritti sono tutelati dall’avvocata Susanna Deiana. Le parti hanno ora dieci giorni per presentare ulteriori memorie con le quali rappresentare le proprie tesi. Poi, non resta che attendere la decisione della giudice.

  1. No trackbacks yet.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.