Per una vera legge in difesa dei parchi naturali italiani.
Il Senato della Repubblica, nonostante puntuali osservazioni e richieste di gran parte delle associazioni ambientaliste, ha approvato nel novembre 2016 il testo unificato delle proposte di legge n. 119, 1004 e 1034 riguardante la modifica della legge n. 394/1991 e successive modifiche e integrazioni sulle aree naturali protette.
Il testo unificato, ora in esame presso l’VIII Commissione “Ambiente” della Camera dei Deputati – se approvato – causerebbe un pesante e deleterio passo indietro per i nostri parchi naturali.
Lo abbiamo già sottolineato numerose altre volte.
Il testo unificato costituisce la proposta di legge n. 4144 presso la Camera dei Deputati.
Il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus ha sottoscritto – insieme a gran parte delle associazioni ambientaliste (WWF, Italia Nostra, Legambiente, F.A.I., ecc.) un documento di commento critico e richieste di modifica alla proposta di legge n. 4144 con l’obiettivo di renderla effettivamente una legge in difesa dei parchi naturali.
E’ necessario che i cittadini sappiano che cosa sta accadendo e quali rischi corrano i “nostri” parchi naturali, la “cassaforte di natura” del Bel Paese.
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus
qui il documento delle associazioni ambientaliste con commenti e richieste di modifica alla proposta di legge n. 4144
qui il documento Aree protette, tesoro italiano (2016)
(foto Cristiana Verazza, S.D., archivio GrIG)
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- Codice dell'ambiente (decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.)
- Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.)
- Testo unico dell'edilizia (D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i.)
- direttiva n. 92/43/CEE sulla salvaguardia degli habitat naturali e semi-naturali, la fauna, la flora
- direttiva n. 2009/147/CE sulla salvaguardia dell'avifauna selvatica
- V.I.A. e V.A.S. di competenza regionale (Sardegna)
- normativa nazionale sulla caccia (legge n. 157/1992 e s.m.i.)
- normativa regionale sulla caccia (l.r. Sardegna n. 29/1998 e s.m.i.)
- legge quadro nazionale sulle aree protette (legge n. 394/1991 e s.m.i.)
- legge quadro regionale sulle aree protette (l.r. Sardegna n. 31/1989)
- normativa sul diritto all'informazione ambientale (decreto legislativo n. 195/2005)
- normativa nazionale sull'elettrosmog (legge n. 36/2001 e s.m.i.)
- limiti all'inquinamento elettromagnetico ad alta frequenza (D.P.C.M. 8 luglio 2003)
- limiti all'inquinamento elettromagnetico a media-bassa frequenza (D.P.C.M. 8 luglio 2003)
- normativa nazionale sugli usi civici (legge n. 1766/1927 e s.m.i.)
- regolamento attuativo in materia di usi civici (regio decreto n. 332/1928 e s.m.i.)
- normativa regionale sugli usi civici (l.r. Sardegna n. 12/1994 e s.m.i.)
- normativa sul vincolo idrogeologico (regio decreto n. 3267/1923 e s.m.i.)
- legge quadro nazionale sul randagismo (legge n. 281/1991 e s.m.i.)
- normativa regionale su animali e anagrafe canina (l.r. Sardegna n. 21/1994)
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- direttiva n. 2014/52/UE sulla V.I.A. (codificazione e testo coordinato)
- legge sul procedimento amministrativo (legge n. 241/1990 e s.m.i.)
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Stefano, forse l’autrice te l’avrà già segnalato, ma il Gabbiano qui sopra non è il reale (molto più grosso di corpo e di becco). Mi sembra il Gabbiano roseo (Larus genei).
Per tutto il resto sei perfetto! ciao Raniero
“Viva le aree protette!”
La “condicio sine qua non” è che queste aree vengano gestite e utilizzate con criterio per la crescita del luogo, che non siano calate politicamente dall’alto senza il volere della popolazione del luogo per imporre assurdi limiti ai cittadini che vi abitano.
Oggi per esempio non ha senso istituire nuove aree se prima non s’impara a gestire già quelle esistenti.
Io ringrazio molte delle associazioni ecologiste per il lavoro fatto in questi anni, e ringrazio anche voi.
Perchè? Se un domani, un nuovo arrivato in questa terra conoscerà il perchè in Sardegna la Costa Verde si chiami così è grazie alle aree protette. Se un domani un bambino potrà conoscere il cervo sardo o il muflone sarà grazie all’esistenza di queste aree.
Sono un baluardo della biodiversità italiana e vanno pertanto tutelate ma gestite e non abbandonate a se stesse in maniera tale che vengano viste come risorse dai cittadini. A mio avviso, depotenziare le aree protette è solo un tentativo per eliminare vincoli ambientali e permettere nuove speculazioni edilizie (strade, case, servizi) in quelle piccole oasi salvate dal progresso industriale.
Le leggi che hanno portato alla creazione di tali aree sono, per la stragrande maggioranza, merito delle associazioni ecologiste.
Molte delle note associazioni ecologiste italiane sono nate negli anni 70-80 anni del progresso industriale italiano. Si respirava l’esigenza di tali associazioni protezioniste proprio perchè la devastazione dell’ambiente per creare economia e occupazione era la ricetta principale della crescita dello Stato.
Molte altre associazioni sono nate negli anni referendari anticaccia sostenuti dai radicali, e hanno fatto della lotta alla caccia la loro esistenza di vita. Si sono create così una propria etica e filosofia di ambiente; una Natura molto Disneyana molto lontana dalla realtà. Per tante di queste associazioni l’unica specie nociva, l’ uomo, doveva essere sbattuto fuori e tenuto distante da uno schermo, dal film “Natura” in maniera tale da relegarlo al solo compito di spettatore passivo e non protagonista.
Perchè faccio questa premessa Grig? Voi siete un’associazione ecologista moderna e come sapete le esigenze ambientali oggi sono notevolmente cambiate.
Ci sono nuovi problemi che 30 anni fa, con la creazione delle aree protette, non c’erano.
La gestione faunistica è uno di quelli. Ed è forse il problema fondamentale che nei prossimi anni decreterà l’esistenza di tali aree.
Quando sono state costituite le aree protette a tutto si è pensato fuorché alla gestione degli ungulati in quanto non vi erano le condizioni ambientali per supporre oggi un enorme proliferazione di ungulati a livello nazionale.
L’abbandono di tante aree protette con il ritorno del bosco e gli squilibri faunistici impongono la gestione.
E’ ora di rivalutare la posizione dell’uomo non più come spettatore ma come protagonista.
L’etica e la morale di tante associazioni animaliste non permette di vedere l’uomo tanto animale, quanto gli altri animali, e nega a lui la sua funzione ecologica di predatore.
Piuttosto che riconoscere l’importanza della gestione con la predazione di specie faunistiche invadenti come i cinghiali e altri ungulati (oltretutto in maniera etica e naturale in quanto verrebbero destinati all’alimentazione umana), molte di queste associazioni pur di non perdere lo spirito anticaccia che è stato il motivo e lo slogan principale per cui sono state concepite negli anni 80, arrivano a parlare di progetti innaturali e non etici come la sterilizzazione di una specie selvatica.
E’ chiaro che le unghie sugli specchi a furia di graffiare prima o poi si consumano e poi si scivola. E più si va avanti negli anni e non si riuscirà a trovare una soluzione in grado di come dire soddisfare moralmente anche l’opinione pubblica, tanto più il problema crescerà di dimensione. L’idea del controllo delle specie
selvatiche con gli anticoncezionali non è totalmente ben vista anche nell’ambiente ecologista.
Il mio invito è quello di dimostrare allo Stato che siete in grado di gestire al livello faunistico un’area protetta, altrimenti in questa sfera di cristallo che le tutela (la legge) si formeranno delle crepe dove si insinuerà la politica per romperla.
Ovviamente queste proposte devono essere etiche e naturali.
Anche i progetti da applicare “ad hoc” per una singola specie ha i suoi limiti. Ad esempio le recinzioni dei fondi privati anti lupo o anti cinghiale che servono per non far passare gli animali nei terreni coltivati, non sono selettive, ma rompono e spezzano i corridoi biologici ed a farne le spese è tutta la biodiversità faunistica, comprese le specie che di quei corridoi biologici hanno esigenza per un ricambio genetico.
E’ assurdo che in virtù di fanatismi etici che ripudiano l’idea che l’uomo si possa sporcare le mani di sangue di un’altro animale, oltre tutto per un fine ecologico, naturale e alimentare si possano proporre soluzioni del genere. Ti immagini se per ogni specie animale in esubero su questo Pianeta si traviassero le leggi della Natura e si adoperasse che ne so una lotta biologica simile a quella effettuata sui conigli in Australia che muoiono a milioni a causa di malattie trasmesse da un virus creato in laboratorio?
I progetti sulla sterilizzazione proposta per il controllo dei cinghiali è sullo stesso piano. Non è meglio che la figura dell’uomo cambi prospettiva nell’ecosistema e la Natura facesse il suo corso?
Per me che, ancor prima di essere cacciatore, mi reputo Naturalista, tutto ciò mi sa di Horror!
ma non ti annoi a far mille girate di frittata per arrivare sempre allo stesso punto?
Ti dico la verità: io mi annoio a legger ‘ste cose.
Parti pure bene, poi finisci sempre lì: doppietta e piombo.
Toh, ti do un paio di spunti di riflessione: a Molara qualche imbecille ha introdotto i Cinghiali, che prima non c’erano (http://lanuovasardegna.gelocal.it/olbia/cronaca/2017/02/21/news/cinghiali-a-molara-ora-sono-a-rischio-le-specie-autoctone-1.14916565?ref=hfnsolec-8). Sta a vedere che è per ragioni venatorie, come già fatto a Carloforte, a S. Antioco, a La Maddalena.
Oppure come l’introduzione dei Mufloni sull’Isola d’Elba.
Proprio in quest’ultimo caso, grazie alla segnalazione di un cacciatore intelligente (Pietro Pirredda), abbiam provato a riportarli in qualche modo in Sardegna e Corsica, scontrandoci con i dinieghi dati più per ragioni economiche e venatorie (i sele-controllori locali son ben felici di sparargli) che per altro (https://gruppodinterventogiuridicoweb.com/2016/08/27/mufloni-dellisola-delba-a-morte/).
Altro aspetto, il Lupo e l’idiota tentativo di sparargli.
“Il lupo ‘fa un servizio all’ecosistema perchè garantisce l’equilibrio naturale’ visto che ad esempio ‘si nutre per il 70% di cinghiali che si sono notevolmente diffusi e fanno tantissimi danni all’agricoltura’”, parole di Dario Febbo, direttore del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (Pnlam) (http://www.regione.vda.it/notizieansa/details_i.asp?id=258295), cioè uno che parla di quello che conosce bene.
Oppure vogliamo parlare di quello splendido “esemplare” di cacciatore-politico-cacciatore di Sergio Berlato, che in Veneto vuol consentire a cave e tagli boschivi di finir di massacrare i Colli Euganei con l’alibi della caccia al Cinghiale, lì immesso per ragioni venatorie? (https://gruppodinterventogiuridicoweb.com/2016/10/20/la-propaganda-della-regione-veneto-per-cancellare-il-parco-naturale-regionale-dei-colli-euganei/)
Forse, la prima cosa da fare per avere una buona gestione delle aree naturali protette e, più in generale, del territorio è proprio eliminare in partenza gli interessi squisitamente venatori.
Ne guadagneremo tutti.
Stefano Deliperi
Scusa ma secondo te chi si deve occupare della gestione faunistica l’esercito o i carabinieri, (perché la forestale non esiste più)? E poi che si fa? Si bruciano le carcasse e si seppelliscono in fosse comuni? Nessuna soppressione può eticamente essere accettata se non per un fine alimentare. L’attività venatoria da quando è nato il mondo si basa su questa filosofia. Mi fa sorridere il gioco di parole politico per non utilizzare il termine caccia. Se un agente dovesse uccidere un animale per esplicare il controllo di che si parla? Predatore che uccide una preda.
In Sardegna poi, siamo sempre stati forti del fatto che noi cacciatori siamo gli unici predatori naturali, non abbiamo competitor. La Regione per controllare i cinghiali per la PSA tira in ballo i cacciatori, non i lupi. Tu spesso nel tema guardi ciò che ti piace vedere. Ci sono stati degli errori in passato anche dal mondo venatorio, non lo nego, ma l’aumento dei cinghiali o di altre specie non sono certo solo causa di immissioni ma di un mix concomitante di fattori. Però esistono migliaia di casi di parchi nazionali dove gli ungulati sono sempre esistiti e sono semplicemente aumentati in maniera esponenziale. Qual’ è la vostra soluzione? P.S. ma nutrie e ogni tipo di animale alloctono rilasciato in Natura è sempre colpa dei cacciatori??..Come si dovrebbero eradicare?
secondo me, dovresti andare in analisi. Anche se parli di calcio, finisci con doppiette e cartucce?
Ma per te proprio ogni salmo finisce in gloria?
Amen 😊
Stefano Deliperi
Buongiorno Stefano,
intervengo sommessamente per dire il mio pensiero sulla vicenda.
P.S.: per i mufloni dell’Elba sono ancora amareggiato in quanto le motivazioni di diniego sono assurde!
Ebbene se i parchi diventassero tutti aree “rete natura 2000”, secondo me si arriverebbe ad una vera gestione del patrimonio ambientale Italiano. Spiego:
I parchi prima della L.394/91 erano 4 (se non erro). I successivi nacquero per proteggere certe aree considerate di pregio dal normale prelievo venatorio. Subito dopo infatti nacque la gemella 157/92.
Oggi ci troviamo in una situazione opposta a ciò che prevedeva la Legge. (394 e 157).
Nei parchi si ritiene (non lo decido io ma lo fanno molti parchi da vario tempo) di dover intervenire anche con le armi per “potare” il numero di alcune specie, ritenuto secondo analisi ambientale comprovata da ISPRA e Ministero Ambiente, eccessiva per il mantenimento di quell’ecosistema.
Nelle aree aperte al prelievo venatorio (che dovrebbe attestarsi tra il 70% e l’80% della superficie agro silvo-pastorale dell’intera nazione) invece si è di fronte ad una vera e propria “defaunificazione”.
Lo ha permesso la 157/92 (in realtà l’hanno permesso i vari regolamenti che hanno depotenziato la 157/92 – ma nessuno ha detto nulla) inventando gli ATC e soprattutto inventando l’indice di densità venatoria. http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1993/02/15/093A0764/sg
Cosi si è permesso il nomadismo tra regioni e un territorio dove prima vi erano pochi cacciatori e tanta selvaggina – con una buona biodiversità-, grazie a scelte di marcheting a cura dei vari ATC (Vere e proprie aziende a scopo di lucro), sono diventate zone – faunisticamente parlando – vuote. In queste zone per far cacciare la nobile stanziale dalla terza di settembre anche fino ai primi di dicembre (3 giorni a settimana a scelta su 5 – cosi permette la 157/92) si provvede sistematicamente a lanciare polli colorati.
Non è finita.
In toscana (scritto minuscolo volutamente) si è certificato che vi è un numero di ungulati 4 volte superiore alla consistenza ottimale. Con ciò si sono inventati il “CCT” Comitato Cacciatori Toscani che ha proposto e ottenuto, oltre all’aumento degli abbattimenti di ungulati (Cinghiale-Cervo-Daino-Muflone-Capriolo) la commercializzazione delle carni degli ungulati abbattuti….(bello no??) Io sono furioso perchè al massimo la cacciagione, secondo tradizioni ancestrali, si regala.
Mi domando, ma erano proprio necessarie queste due fantomatiche leggi che invece di migliorare la situazione, l’hanno peggiorata, facendo della selvaggina un business per i soliti noti??
Nella “Rete Natura 2000” ci sono più vincoli voluti dall’Europa sia in terra che in mare. Per cacciare nelle zone inserite nella normativa “Habitat” ci vuole la VAS e non si può andare oltre. Sono limitati i tempi e carnieri rispetto al territorio aperto.
Io ovviamente sono cacciatore tu/voi lo sapete ma non sono
contento di come si va a caccia oggi in Italia.
Pensiero personale ribadito più volte: In Sardegna ci salviamo perchè pur con vari problemi non abbiamo ancora il turismo venatorio (perchè non abbiamo e non vogliamo gli ATC – ci pensi a vedere cacciatori provenienti da tutta Italia, dal 01/09 al 10/02 per 5 giorni a settimana nei nostri territori??)
La Legge “sui parchi” coma la si vuole modificare non migliorerà le cose. Da una mano a vari portatori di interesse di cui non fa parte “Lo STATO – ambiente”.
Noi cacciatori siamo la cartina tornasole dell’Italia. Siamo tanti e tra noi ci sono tutte le categorie buone e cattive che si trovano alla Camera e in Senato, ma di certo la stragrande maggioranza non va in campagna a sparare ad ogni cosa che si muove. Esiste “l’etica venatoria” ed è giusto che nel dialogo tra persone che la pensano diversamente si possa arrivare a un comune accordo, per il bene dell’ambiente—almeno penso e spero. 😉
Pietro Pirredda – Arzachena
Salve Pietro, concordo ogni parola del tuo intervento.
Vorrei soffermarmi sulla parte inerente la “mercificazione” della fauna selvatica, cui anche io sono profondamente contrario. In quest’ultimo anno sono state avanzate varie proposte da parte di varie Associazioni del mondo animal-ambientalista e Movimenti sull’attribuire un valore economico alla fauna selvatica, patrimonio indisponibile dello Stato, per poter inasprire le sensazioni del bracconaggio per contrastare il fenomeno. Tutto bello e giusto se non vivessimo in Italia. Dal momento che si attribuisce legalmente un valore economico alla fauna, il bracconaggio, a mio avviso, non viene disincentivato, anzi. Specialmente nel Centro-Sud italia in concomitanza con la soppressione del Corpo Forestale dello Stato e buttiamoci in mezzo anche la crisi economica, se approvata, tale follia creerà un nuovo business per le Ecomafie, grazie al listino prezzi formulato dallo Stato.
Un’altra proposta portata avanti dagli stessi schieramenti è l’abolizione dell’art.842 del codice civile, che permette a noi cacciatori l’accesso nei fondi privati.
Sicuramente l’obbiettivo sarà quello di limitare fortemente l’attività venatoria, sottraendo tante zone di caccia, ma in determinate realtà invece potrebbe essere proprio l’opposto. Non dubito che in Veneto ad esempio, ci possa essere un’elevata densità venatoria per territori fortemente antropizzati tale da esasperare i cittadini che si ritrovano rinchiusi tra fazzoletti di terra delimitata da autostrade, tangenziali e capannoni industriali.
Ma in realtà dove predomina la cultura agro-pastorale come in Sardegna o Toscana, dove il mondo venatorio è costituito per larga parte da pastori e contadini, ossia gli attuali latifondisti, cosa accadrebbe in ottica di tutela della fauna selvatica? e se poi aggiungiamo la “mercificazione” della fauna e la creazione degli ATC? Si tornerebbe indietro con il tempo, dove la fauna selvatica veniva considerata “res nullius”, ma in versione moderna; ossia senza tutele: tecnicamente, in virtù della 157/92 di proprietà allo Stato, magari potrà possedere in futuro anche un valore economico, ma, di fatto, solamente il proprietario del terreno dove stanzia in quel preciso momento la selvaggina, spesso egli stesso cacciatore, avrebbe in mano le sorti della conservazione faunistica di una determinata specie.
Ricordo poi che in altre regioni Italiane, dove esistono da 25 anni gli ATC, nei loro Direttivi, accanto alle associazioni venatorie, siedono i rappresentanti delle associazioni agricole riconosciute ( prevalentemente CIA e Coldiretti). Cosa accadrebbe in questi territori con l’abrogazione dell’articolo 842? Con l’attuale numero di ungulati si formerebbero accordi tra le parti sotto forma di baratti faunistici della serie: ” Io (agricoltore) ti autorizzo, ad entrare nel mio terreno per cacciare i cinghiali.”
“io (cacciatore) vado a cacciare i cinghiali nel tuo terreno, a condizione che tu mi autorizzi ad entrare nel tuo terreno per effettuare tutte le tipologie di caccia concesse dal calendario venatorio, senza troppi rompimenti di scatole, in caso contrario tieniti pure i cinghiali e lavora per 365 giorni all’anno per farti distruggere le terre.”
Morale della favola, se nelle campagne per quanto riguarda la caccia passerà il concetto che “a casa mia comando io”, la LEGGE 11 febbraio 1992, n. 157. “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio” cesserà praticamente di esistere a discapito di tutte le associazioni ecologiste pur restando tecnicamente in vigore.
Chissà, se questo articolo tanto odiato e su cui si è tanto dibattuto esiste tutt’oggi, nonostante siano passati 70 anni e passa dall’approvazione…vuol dire forse che alle conseguenze della sua abrogazione ci hanno già pensato pro e contrari all’attività venatoria.
….dimentichi una cosa tanto banale quanto vera e impattante: spesso e volentieri in numerose parti d’Italia i Cinghiali sono stati introdotti stupidamente, senza calcolarne le conseguenze, da associazioni venatorie o da amministrazioni pubbliche a fini venatori.
La stessa cosa è accaduta in varie parti della Sardegna, soprattutto nelle Isole minori. Ultimamente anche a Molara.
E in Sardegna si sconta parecchio anche l’ibridazione con il Maiale tenuto al pascolo brado, con tutte le conseguenze del caso.
Il legame cacciatore – territorio dovrebbe servire fondamentalmente proprio a responsabilizzare il cacciatore, così come il consenso del proprietario dei terreni all’accesso dei cacciatori dovrebbe servire a responsabilizzare agricoltori e cacciatori.
Questo sarebbe il minimo.
Ok va bene, ma sai benissimo che parliamo di errori commessi stupidamente, e in molti casi a norma di legge, (perchè gli ATC basano la caccia programmata proprio sul ripopolamento del territorio della selvaggina stanziale lepri, conigli, fagiani, starne, pernici) in altre epoche storiche, quando il cinghiale non era diffuso e i cacciatori erano 3 volte tanto il numero attuale.
sai benissimo che l’introduzione di animali in maniera legale e non, la nascita di corridoi biologici con l’abbandono delle campagne, assenza di predatori naturali, la diffusione di habitat e la carenza di cacciatori ha causato il boom del cinghiale.
In Sardegna, non ho notizie di immissioni di Cinghiali alloctoni all’Isola, se non leggende da verificare di immissioni di cinghiali Maremmani in Goceano 30 anni fa. Ho notizie di immissioni di cinghiali sardi, in passato, nelle isole minori e anche delle ibridazioni subite dal sus scrofa meridionalis causate dall’allevamento dei maiali allo stato brado, questo si! Ma tralasciando le cause che hanno scatenato il boom demografico del cinghiale, bisogna valutare attualmente quali possano essere le conseguenze di scelte politico-ambientali sbagliate.
Il tuo discorso potrebbe funzionare bene laddove il cacciatore è una cosa e l’agricoltore/allevatore gestore del fondo è un’altra.
In Sardegna, in forma lecita (anche grazie ai controlli dei Carabinieri) potrei scommettere che quasi in ogni ovile esista un’arma da fuoco, regolarizzata da un p.d.a e per la maggior parte di questi, ad uso caccia. Vi è un connubio tra il mondo agro-pastorale sardo e il mondo venatorio, e sono convinto che anche in altre realtà italiane specialmente al Sud sia così. Certo, non dico che tutti i pastori o allevatori siano cacciatori, specialmente nell’hinterland urbanizzato di Cagliari o Sassari, sicuramente c’è chi vieterebbe tassativamente la caccia nel proprio fondo, ma in compenso nel resto dell’isola ne conosco tantissimi che partecipano alla caccia al cinghiale in forma attiva e passiva.
Il timore più grande è che in questa maniera, rendendo privata la caccia, possano nascere tantissime piccole riserve di caccia dislocate sul territorio, dove la disciplina dell’attività e la protezione della fauna selvatica omeoterma, garantita dalla 157/92 lascerebbero il tempo che trova ai danni del patrimonio faunistico.
E’ lo stesso timore che abbiamo noi cacciatori sardi con l’istituzione degli ATC, riserve pubbliche sub provinciali.
Altro che responsabilizzare il cacciatore con il legame al territorio…
per come la vedo io, laddove viene acquistato il diritto da parte del cacciatore ( che paga per cacciare in quel fondo o in quell’ambito) sarà scaricato dal cacciatore sul proprietario del fondo o sull’ ATC la responsabilità di garantire (ripopolando con la selvaggina) che il cacciatore possa cacciare, e quindi pagare. E’ nell’interesse del proprietario o delle istituzioni, far funzionare l’azienda perchè si crea un business economico che coinvolge troppe aziende del settore e che in molte realtà italiane, ha avuto pesanti conseguenze sotto il profilo ambientale.
Non mi stancherò mai di ripetere fino alla nausea che in Sardegna fino ad oggi, siamo privilegiati e non mi riferisco a noi cacciatori, ma a noi cittadini sardi. Mi piacerebbe trovare un riscontro dalla vostra parte perchè essendo la vostra associazione dislocata in altre realtà italiane potete appurare tutto ciò.
Spesso ho letto in questo blog degli ATC in Veneto, delle false associazioni ambientaliste nel loro direttivo, delle leggi regionali ad hoc etc etc etc etc etc….
quanto dici avrebbe senso se l’accesso al fondo privato fosse a pagamento, cosa che nessuno ha chiesto.
Attualmente se il proprietario terriero ottiene sui suoi terreni la realizzazione di “fondo chiuso”, nessuno può andarvi a caccia, nemmeno il proprietario. Non può chiedere alcun pagamento per l’accesso di alcun cacciatore.
La situazione è meno pesante in Sardegna e in varie altre aree alpine e appenniniche, dove, in buona sostanza, la pressione venatoria è inferiore.
In aree fortemente antropizzate, come la campagna veneta o quel che ne resta, la situazione è semplicemente drammatica: lì chi decide sono di fatto le associazioni venatorie locali.
Stefano Deliperi
http://www.bighunter.it/Caccia/ArchivioNews/tabid/204/newsid730/21265/Default.aspx
Assurdo! L’idea è quella di creare una filiera del prodotto, utilizzando motivazioni di qualità della carne e addiritura turismo gastronomico. La selvaggina abbattuta è sempre patrimonio dello Stato? Ahahah ma secondo la consigliera Umbra per quale motivo noi paghiamo le concessioni governative e regionali per esercitare il prelievo venatorio se non potessimo usufruire delle prede catturate a norma di legge?
Se noi ipoteticamente fossimo “assunti” e facessimo parte della filiera, allora saremo remunerati economicamente per quanto concerne tasse, armi, munizioni, cani o ci darebbero rimborso spese o ci danno la possibilità di vendere il carniere?
Ahahah..o pretendono un servizio civile? Della serie si considera i cacciatori come psicopatici armati, che si divertono ad ammazzare la fauna senza nessun fine etico o naturale come quello dell’autoconsumo alimentare (com’è valido il concetto per ogni genere di raccolta ad esempio i funghi o la pesca)? Si sfrutta l’indole venatoria di pochi per far mangiare carne di selvaggina a tutti?
Per quanto mi riguarda è una proposta a dir poco surreale!
Ahahah dai Deliperi è una questione seria la gestione faunistica delle aree protette!
Mi stavo pure concentrando su come smontarti sul piano etico qualsiasi tesi bizzarra su sterilizzazioni e quant’altro..
E invece con il tuo commento mi mandi in analisi 🙂 🙂
A questo punto non ti stupiarai se ti confido che il mio calciatore preferito di tutti i tempi è Roby Baggio.. Indovina il perché! 🙂
grandissimo calciatore, straordinario, ma anche lui da mandare in analisi 😊…ma dove s’è mai visto un buddista che va a caccia?!
Promuoviamo pacchetti completi venatorio-psicanalitici? 😉
Buona giornata!
Stefano Deliperi
Dai Stefano, Roby è un grande in tutti i sensi. 😉 😉
sì, bravino 😉 ma ben poco davanti a Rombo di Tuono 😛
Stefano Deliperi
Spesso alcuni calciatori nella loro carriera vincono meno trofei per la scelta di tener fede a una maglia…..Riva, Totti, Antognoni….Tutti giocatori che se avessero scelto maglie diverse avrebbero una sala trofei molto più ampia.
assolutamente si 😊
Credo che alcune associazioni nazionali sono soggetti partiticamente ricattabili e non sono credibili fino i fondo nel ruolo. Se un presidente della commissione ambiente proviene da una di queste associazioni blasonate ma non incide in questa come in altre vicende note significa che qualcosa non funziona. Per tutelare quello che rimane di un ambiente ormai compromesso serve fare pulizia di falsi protagonisti. Ma forse è già tardi: The Age of Stupid avanza senza particolari problemi.
🙂 🙂 🙂
il livello…
da Il Fatto Quotidiano, 14 marzo 2017
Case abusive, strafalcione nella legge sui parchi: le decisioni sull’abbattimento ritornano ai sindaci (insieme ai condoni).
Dopo quattro anni di gestazione il Senato approva in prima lettura il testo unificato sulle aree protette. Quello proposto dal governo e poi unificato dalle camere contiene due macroscopici errori: un articolo fa riferimento a un condono incostituzionale e fa rivivere le norme che rimettono gli abbattimenti al voto delle giunte comunali. Topica anche sulla tutela delle aree marine. Gli onorevoli non se ne accorgono e votano, è bastato l’Ufficio Studi della Camera per stanare le falle. (Thomas Mackinson): http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/03/14/case-abusive-strafalcione-nella-legge-sui-parchi-le-decisioni-sullabbattimento-ritornano-ai-sindaci-insieme-ai-condoni/3439559/
da Il Fatto Quotidiano, 17 marzo 2017
Ddl parchi, il relatore Pd nega il “pasticcio” su demolizioni. Il presidente Realacci (Pd) chiede verifiche.
Il testo del DDl Parchi contiene una serie di rimandi a leggi cassate che cristalizzano nella nuova legge le competenze di sindaci e giunte sugli abbattimenti degli edifici abusivi. Il relatore al Senato Borghi (Pd) nega e fa uscire il testo così com’è, a distanza di 24 ore lo stesso presidente della Commissione Ambiente della Camera Ermete Realacci, sempre del Partito Democratico, chiede “verifiche al Ministro”. (Thomas Mackinson): http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/03/17/ddl-parchi-il-relatore-pd-nega-il-pasticcio-su-demolizioni-il-presidente-realacci-pd-chiede-verifiche/3456225/
da La Stampa, 28 marzo 2017
Soldi, sponsor e gestione: i motivi dello scontro.
Le nuove norme prevedono una rivoluzione nel sistema di tutela ambientale. Ma non piace ai puristi dell’ecologia. Chi la porta avanti ammette: ci sono degli errori, ma l’Italia è un Paese antropizzato, sono necessari compromessi. (Roberto Giovannini): http://www.lastampa.it/2017/03/28/italia/politica/soldi-sponsor-e-gestione-i-motivi-dello-scontro-R1Qn40bjNY9FNrvBa2yYVK/pagina.html
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Si privilegiano gli affari e non si protegge la natura. Così perdiamo un’occasione. (Mario Tozzi): http://www.lastampa.it/2017/03/28/cultura/opinioni/editoriali/si-privilegiano-gli-affari-e-non-si-protegge-la-natura-cos-perdiamo-unoccasione-TKupMcGXM1wbWEG4OH1lFJ/pagina.html