La Regione può modificare i piani urbanistici comunali per adeguarli agli atti di pianificazione regionali per la salvaguardia ambientale.

P.U.C. di Capoterra, particolare della tavola n. 5 (zonizzazione territoriale con pericolosità idraulica)
Rilevante pronuncia del Consiglio di Stato in tema di poteri regionali per l’adeguamento degli strumenti urbanistici comunali per ragioni di salvaguardia ambientale.
La sentenza Cons. Stato, Sez. IV, 17 settembre 2013 ha confermato l’indirizzo giurisprudenziale costante secondo cui alla Regione è in ogni caso consentito, ai sensi dell’art. 10 della legge n. 1150/1942 e s.m.i., apportare, al momento dell’approvazione degli strumenti urbanistici comunali, quelle modifiche e correzioni necessarie per assicurare il rispetto degli atti di pianificazione sovraordinati in materia di tutela del paesaggio e dei valori storico-culturali del territorio, modifiche qualificabili come obbligatorie: “alla regione è comunque consentito, all’atto di approvazione dello strumento urbanistico, apportare modifiche per assicurare il rispetto di altri strumenti di pianificazione regionali e per la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici (Cons. St. Sez. IV, 1.12.2011, n. 6349), modifiche che si atteggiano come obbligatorie per la stessa autorità regionale (Cons. St. Sez. IV, 26.2.2013, n. 1182) e che, per altre aree , sono state recepite dallo strumento urbanistico, data la presenza in tutto il territorio comunale di emergenze culturali ed ambientali rinvenienti sia da leggi statali che regionali (Cfr. Cons. St. Sez. IV, 5.3.2008, n. 925 e n. 928; 10.4.2008, n. 1516 )”.
L’indirizzo giurisprudenziale del massimo Organo di giustizia amministrativa dovrebbe far riflettere approfonditamente quelle Regioni, come la Regione autonoma della Sardegna, che non si dimostrano in grado di far rispettare i propri atti di pianificazione sovraordinata nell’ambito delle procedure di controllo in materia urbanistica.
La procedura di verifica di coerenza, prevista dall’art. 31, commi 3° e 5°, della legge regionale n. 7/2002, è svolta dalla Direzione generale della pianificazione territoriale urbanistica e della vigilanza edilizia della Regione sugli atti di pianificazione urbanistica degli Enti locali al fine di renderli coerenti con i sovraordinati atti di pianificazione paesaggistica e di settore (es. piano-stralcio per l’assetto idrogeologico, piani dei parchi, ecc.).
Dopo l’emanazione del piano paesaggistico regionale (P.P.R. – 1° stralcio costiero) con il D.P.Re 7 settembre 2006, n. 82, solo 9 piani urbanistici comunali (P.U.C.) hanno superato la procedura di verifica di coerenza, mentre altri 9 sono in corso di esame, un solo piano urbanistico provinciale (Medio Campidano) l’ha superata, un altro (Cagliari) è in corso di esame.
In realtà, il P.U.C. di Badesi non l’ha superata per niente, anzi aveva ricevuto numerosi rilievi, ma – illegittimamente – l’Amministrazione comunale ha provveduto alla sua pubblicazione sul B.U.R.A.S. e la Regione autonoma della Sardegna, pur obbligata a intervenire, non ha fatto un bel nulla, con il risultato di mantenere una situazione di illegittimità rilevabile in ogni eventuale contenzioso giurisdizionale con potenziale grave danno per i cittadini. Recentemente anche il Comune di Ossi – vista l’ignavia regionale – ha seguito l’esempio di Badesi per il suo P.U.C. Ovviamente le conseguenze sono le medesime.
L’ignavia regionale si basa su due pronunce del T.A.R. Sardegna – la sentenza Sez. II, 4 luglio 2007, n. 1488 e la sentenza Sez. II, 2 agosto 2012, n. 767 – che ha affermato: “…la verifica di coerenza prevista all’ultimo comma del citato articolo 31 non può essere considerata come un’attività di controllo sulla delibera del Consiglio comunale di approvazione del proprio strumento urbanistico, stante l’eliminazione dei controlli sugli atti degli Enti locali per effetto dell’abrogazione dell’art. 130 della Costituzione disposto con l’art. 9 della legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3, e stante l’adeguamento della stessa legge regionale alla modifica costituzionale, con l’inequivoca disposizione di cui al primo comma dell’art. 31 che così recita : ‘1. Il controllo preventivo obbligatorio sugli atti degli enti locali è soppresso.’
La disposizione di cui al penultimo comma dell’art. 31, che prevede la verifica di coerenza, deve essere letta in armonia con il mutato assetto costituzionale ed in particolare come un’attività collaborativa della Regione che segnala al Comune eventuali incongruenze dell’atto di pianificazione comunale rispetto agli strumenti urbanistici sovraordinati.
L’atto regionale, adottato in sede di verifica di coerenza, proprio perché non è un atto di controllo, non può evidentemente disporre l’annullamento dell’atto Comunale, potendo soltanto contenere una possibile richiesta di riesame e di eventuale adeguamento, cui il Comune può uniformarsi, ove ritenga corretto il rilievo della Regione, oppure, in caso contrario, non modificare lo strumento urbanistico e chiedere la pubblicazione dello stesso sul BURAS al fine di fargli conseguire l’efficacia, assumendosi semmai la responsabilità dell’adozione di un atto ritenuto dalla Regione difforme dagli strumenti sovraordinati…”.
In realtà, alla luce della giurisprudenza costante del Consiglio di Stato, le procedure regionali di verifica degli strumenti urbanistici comunali appaiono configurarsi quali controlli necessari per la conformità a pianificazioni generali e di settore per la tutela degli interessi paesaggistici, ambientali, idrogeologici, storico.culturali di valore superiore ai meri interessi urbanistici locali, espressione della potestà legislativa concorrente in materia di “governo del territorio” delle Regioni ai sensi dell’art. 117, comma 3°, cost. e, in particolare, della potestà legislativa primaria della Regione autonoma della Sardegna in materia di “edilizia ed urbanistica” ai sensi dell’art. 3, comma 1°, lettera f, dello statuto speciale (legge cost. n. 3/1948 e s.m.i.).
E le tragedie umane e materiali che la Sardegna vive in queste settimane fondamentalmente a causa dell’attività edilizia sottratta a ogni controllo non possono che ammonire riguardo il necessario rispetto degli atti di pianificazione preposti alla salvaguardia ambientale e del territorio.
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus
pubblicato sulla Rivista telematica di diritto ambientale Lexambiente, 13 novembre 2013
Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 4614, del 17 settembre 2013
Urbanistica. Approvazione definitiva P.R.G. e modifiche della Regione.
Ai sensi dell’art. 10 L. n. 1150 del 1942 (Legge urbanistica), alla regione è comunque consentito, all’atto di approvazione dello strumento urbanistico, apportare modifiche per assicurare il rispetto di altri strumenti di pianificazione regionali, per la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici, modifiche che si atteggiano come obbligatorie per la stessa autorità regionale e che, per altre aree, sono state recepite dallo strumento urbanistico. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).
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N. 04614/2013REG.PROV.COLL.
N. 00313/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 313 del 2006, proposto da:
D’Ambrosio S.R.L., rappresentata e difesa dall’avv. Aldo Loiodice, con domicilio eletto presso Aldo Loiodice in Roma, via Ombrone, 12 Pal. B;
contro
Regione Puglia;
Comune di Cassano delle Murge, rappresentato e difeso dagli avv. Nicolo’ De Marco e Luigi Paccione, con domicilio eletto presso Sandro De Marco in Roma, via Cassiodoro n.1/A;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA – BARI: SEZIONE III n. 05145/2004, resa tra le parti, concernente approvazione definitiva prg.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 giugno 2013 il Cons. Francesca Quadri e uditi per le parti gli avvocati Aldo Loiodice e Vito Aurelio Pappalepore su delega dell’avvocato Luigi Paccione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società ricorrente, proprietaria di suoli nel Comune di Cassano delle Murge, ha impugnato in primo grado la deliberazione n. 270 dell’11.3.2003 della Giunta della Regione Puglia , con cui è stato approvato il Piano regolatore generale del Comune di Cassano delle Murge, nonché la precedente deliberazione n.7019 del 26.9.1997, con cui venivano introdotte modifiche, condizioni e prescrizioni, relativamente all’avvenuto stralcio della destinazione turistico residenziale attribuita dal Comune ai suoli di sua proprietà ed all’assegnazione della destinazione agricola.
Secondo la ricorrente, così facendo la Regione avrebbe introdotto una modifica illegittima perché in violazione della competenza comunale.
2. Il Tar, respinte le eccezioni preliminari in rito, ha rigettato nel merito il ricorso, considerando la mancata approvazione della destinazione turistico residenziale alla stregua di uno stralcio e non di una modifica del piano e l’assegnazione della destinazione agricola come naturale ripristino della vigente destinazione, di carattere residuale, in attesa delle decisioni del Comune. Ha, in ogni caso, considerato la possibilità, nella specie, anche una modifica unilaterale, perché resa necessaria dal coordinamento con la pianificazione paesaggistica regionale.
Ha altresì respinto la censura di difetto di motivazione, considerando legittimo il richiamo al parere del Comitato urbanistico regionale pronunciatosi in ordine alla destinazione dell’area.
3. Propone appello l’interessata per i seguenti motivi:
– avrebbe errato il Tar nel considerare la deliberazione regionale alla stregua di uno stralcio, trattandosi di illegittima modificazione unilaterale sulla destinazione agricola del suolo;
– avrebbe errato il Tar nel ritenere possibile, nella fattispecie, il coordinamento regionale con altri piani, non essendo tale natura evincibile dalla sua motivazione, né essendo stato seguito il procedimento di cui all’art. 16 L.R. n. 56/1980, che prevede la successiva delibera comunale; in ogni caso, mancherebbe l’interesse ambientale o paesaggistico ostativo alla destinazione turistico residenziale dell’area;
– gli interessi considerati sarebbero pienamente soddisfatti dall’osservanza dell’art. 26 NTA
A sostegno della propria linea difensiva, l’appellante deposita perizia giurata di parte.
4. Si è costituito il Comune di Cassano delle Murge , chiedendo il rigetto dell’appello ed opponendosi al deposito della perizia in secondo grado, in virtù del divieto di nuove prove in appello.
5. All’udienza del 25 giugno 2013, in vista della quale sono state depositate memorie, l’appello è stato trattenuto in decisione.
6. Preliminarmente, occorre dichiarare inammissibile il deposito della perizia giurata da parte della società appellante, per il principio di cui all’art. 104, c. 2 c.p.a., che, stabilendo il divieto di jus novorum in grado di appello, comporta l’inammissibilità della produzione, per la prima volta, di una perizia di parte , costituendo questa una nuova prova (Cons. St. Sez. IV, 28.5.2012, n. 3137; 13.1.2010, n. 90).
7. Nel merito, l’appello è infondato.
8. L’appellante sostiene che la deliberazione regionale integrerebbe una illegittima modifica unilaterale del PRG adottato dal Comune, nella cui esclusiva competenza ricadrebbero le scelte in ordine alla destinazione dell’area a zona turistico residenziale, motivata sulla necessità di fronteggiare le esigenze nascenti dalla vicinanza con una grande struttura ospedaliera.
9. Occorre, in merito, richiamare, per quanto interessa ai fini della presente controversia, l’iter seguito nell’approvazione del P.R.G. del Comune di Cassano delle Murge, risalente alla deliberazione del 20.3.1990.
Con deliberazione n. 7019 del 26 settembre 1997, la Regione apportava, ai sensi dell’art. 16 della L.R. 31.5.1980, n. 56, prescrizioni, condizioni e modifiche suggerite dal Comitato Ristretto del 4.7.1996 che, con riferimento alla totalità delle nuove zone turistico residenziali (tra cui quella su cui si controverte), proponeva di stralciarle dalle previsione di P.R.G. e ricondurle alla destinazione originaria di piano regolatore (zona agricola) in relazione alla necessità di salvaguardare il valore ambientale e paesaggistico delle aree interessate.
Successivamente il Comune , con delibera n. 18/2002, accoglieva parzialmente le prescrizioni regionali, con lo stralcio della quasi totalità delle nuove zone turistico residenziali ad eccezione della zona in località Collone, di proprietà dell’appellante, riconfermata.
Preso atto del parziale recepimento delle modifiche suggerite, la Regione, con la deliberazione n. 270/2003, ha operato lo stralcio della zona turistico residenziale in località Collone facendo salva, da parte del Comune, “in una fase successiva e con separato provvedimento di variante, la possibilità di prevederne il reinserimento, previa verifica dell’effettivo fabbisogno ed in dipendenza del costruendo plesso ospedaliero nel territorio di Acquaviva delle Fonti”.
9. Dal tenore testuale della deliberazione e dagli effetti ad essa ricollegati e chiaramente indicati, si evince che, così come condivisibilmente affermato dal Tar, l’atto regionale sia da qualificare come stralcio e non come modifica della classificazione operata dal Comune.
10. In relazione ai poteri di intervento della Regione sui piani regolatori adottati dai Comuni, si osserva che lo stralcio si differenzia sostanzialmente dalla modifica d’ufficio, consistendo il primo in una approvazione parziale del p.r.g. e la seconda in una sovrapposizione definitiva della volontà regionale a quella del Comune, con la conseguenza che mentre nel caso dello stralcio la regione restituisce al comune l’iniziativa, invitandolo a rinnovare l’esame della situazione delle aree stralciate e a formulare nuove proposte, lasciando integro ed impregiudicato il potere comunale di riproporre una nuova disciplina urbanistica, con la modifica d’ufficio il potere comunale non può più essere in tale sede esercitato (cfr. Cons. St. Sez. IV, 7.9.2006, n. 5203; 2.3.2004, n. 960).
11. L’espressa salvezza, dichiarata nella deliberazione regionale, dei poteri comunali in ordine ad un riesame della situazione delle aree dimostra la natura di stralcio e non di modifica d’ufficio dell’atto impugnato.
12. A ciò occorre aggiungere che ai sensi dell’ art. 10 L. n. 1150 del 1942 (Legge urbanistica), alla regione è comunque consentito, all’atto di approvazione dello strumento urbanistico, apportare modifiche per assicurare il rispetto di altri strumenti di pianificazione regionali e per la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici (Cons. St. Sez. IV, 1.12.2011, n. 6349), modifiche che si atteggiano come obbligatorie per la stessa autorità regionale (Cons. St. Sez. IV, 26.2.2013, n. 1182) e che, per altre aree , sono state recepite dallo strumento urbanistico, data la presenza in tutto il territorio comunale di emergenze culturali ed ambientali rinvenienti sia da leggi statali che regionali (Cfr. Cons. St. Sez. IV, 5.3.2008, n. 925 e n. 928; 10.4.2008, n. 1516 ).
13. Nella specie, tuttavia, risulta dall’atto impugnato che la Regione non ha inteso fare uso del potere di modifica d’ufficio bensì del potere di stralcio, restituendo al Comune la possibilità di ridisciplinare l’area , all’esito degli accertamenti sull’effettivo fabbisogno, anche in dipendenza della costruzione della nuova struttura ospedaliera .
14. La destinazione dei suoli a zona agricola costituisce, pertanto, naturale conseguenza dello stralcio, in quanto idonea a conservare la vigente classificazione e dimostra, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, l’assenza di intento modificativo da parte della Regione.
15. Emerge poi dal provvedimento che lo stralcio trovi la sua base motivazionale nell’esigenza di tutelare gli interessi paesaggistici ed ambientali , esigenza chiaramente manifestata, con motivazione che si reputa del tutto adeguata e sufficiente, nel parere a suo tempo reso dal Comitato ristretto, più volte legittimamente richiamato per relationem nelle delibere regionali.
16. Ininfluente, poi, è la circostanza che le norme tecniche comunali costituiscano un apparato sufficiente a garantire la salvaguardia degli interessi ambientali e paesaggistici considerati, essendo chiaro che la loro applicazione attiene ad una fase diversa ( e logicamente successiva) rispetto alla disciplina urbanistica del territorio comunale.
17. Conclusivamente, l’appello deve essere respinto.
18. La singolarità della fattispecie induce il Collegio a compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, respinge l ‘appello e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado .
Spese compensate .
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2013 con l’intervento dei magistrati:
Marzio Branca, Presidente FF
Fabio Taormina, Consigliere
Francesca Quadri, Consigliere, Estensore
Umberto Realfonzo, Consigliere
Giulio Veltri, Consigliere
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L’ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/09/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
(foto La Nuova Sardegna, E.R., S.D., archivio GrIG)
La regione è ora che si occupi di legalità o che se ne vada………..