Non si tagliano gli alberi senza validi motivi.


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Pronuncia di grande interesse quella recentemente depositata dal Consiglio di Stato in materia di tutela del patrimonio arboreo.

La sentenza Cons. Stato, Sez. V, 27 ottobre 2022, n. 9178 segna, infatti, un importante punto in favore della salvaguardia degli alberi (nella fattispecie concreta un secolare Abete rosso, alto circa 29 metri), troppo spesso sbrigativamente indicati quale “pericolo” per l’incolumità pubblica senza alcuna reale motivazione.

Con ordinanze Cons. Stato, Sez. V, 22 giugno 2021, n. 3420 e Cons. Stato, Sez. V, 9 dicembre 2021, n. 8197, il Collegio aveva disposto idonee attività di verificazione, coinvolgendo un dirigente del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali e un esperto del settore, per “acquisire una valutazione della reale stabilità dell’albero, alla luce dei protocolli riconosciuti a livello nazionale ed internazionale”.

Riformando la sentenza  T.A.R. Piemonte, Sez. I, 4 marzo 2021, n. 235, il Giudice d’appello ha annullato l’ordinanza del sindaco di Pont Canavese n. 64 del 12 marzo 2020, adottata ai sensi dell’art. 54 del decreto legislativo n. 267/2000 e s.m.i. (testo unico sugli Enti locali), e gli atti connessi con cui s’intimava il taglio dell’albero secolare per ragioni di difesa della pubblica incolumità.

albero in città

Secondo il Consiglio di Stato, “deve essere comunque confermato l’orientamento (ex multis Cons. Stato, V, 22 marzo 2016, n. 1189) in base al quale solo a fronte di una puntuale rappresentazione della situazione di grave pericolo attuale che minacci l’incolumità dei cittadini potrebbe giustificarsi l’eccezionale deroga al principio di tipicità degli atti amministrativi ed alla disciplina vigente, attuata mediante l’utilizzazione di provvedimenti extra ordinem; in particolare, sulla necessità che il presupposto delle ordinanze contingibili e urgenti – mezzo per far fronte a situazioni di carattere eccezionale e impreviste costituenti minaccia per la pubblica incolumità e per le quali sia impossibile utilizzare gli ordinari mezzi approntati dall’ordinamento – sia suffragato da istruttoria e motivazione adeguate la giurisprudenza è costante (cfr. Cons. Stato, III, 29 maggio 2015, n. 2697; V, 23 settembre 2015, n. 4466, 2 marzo 2015, n. 988, 25 maggio 2012, n. 3077, 20 febbraio 2012, n. 904; VI, 5 settembre 2005, n. 4525)”.

Al contrario, “l’ordinanza sindacale impugnata in primo grado … ometteva altresì di chiarire per quale motivo la situazione di fatto su cui andava ad incidere – non generatasi all’improvviso ma venutasi a delineare nel corso degli anni – non potesse essere (sempre che ne sussistessero i presupposti) affrontata con i mezzi ordinari”.

Dalla “relazione finale del Verificatore” si devono, poi, trarre le conseguenti conclusioni che portano in concreto “comunque ad escludere la sussistenza, nel caso di specie, dei requisiti per l’adozione di un’ordinanza contingibile ed urgente”.

Inoltre, la perizia e le valutazioni dei Carabinieri Forestale poste a sostegno dell’ordinanza sindacale impugnata, “si riferivano principalmente al possibile danno causato da un’eventuale, futura caduta della pianta”, non tanto alla statica dell’albero, mentre “le ulteriori considerazioni di carattere tecnico (fitostatico), peraltro, non risultano supportate da adeguati riscontri di carattere strumentale”, al contrario degli “esiti – in concreto – delle prove strumentali atte a verificare la tenuta dell’albero alla trazione”, contenuti nella perizia prodotta dagli appellanti.

L’ordinanza sindacale con cui veniva importo il taglio dell’Abete secolare è risultata, quindi, illegittima “per carenza dei presupposti e, comunque, in quanto non fondata su adeguata istruttoria”.

Un’autorevole pronuncia giurisprudenziale in favore degli alberi e del buon senso.

dott. Stefano Deliperi, Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

albero in autunno

N. 09178/2022 REG.PROV.COLL.

N. 03995/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 3995 del 2021, proposto da
Bonat Marchello Carlo e Bonat Marchello Mario, rappresentati e difesi dagli avvocati Domenico Bonaccorsi Di Patti e Giancarlo Faletti, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Federico Cesi, 72;

contro

Comune di Pont Canavese, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Marialuisa Bravo, con domicilio digitale come da PEC Registri di giustizia;
Ministero della difesa, in persona del Ministro pro tempore, nonché Comando generale dell’Arma dei Carabinieri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12, sono elettivamente domiciliati;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte (Sezione Prima) n. 235/2021, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Pont Canavese, del Ministero della difesa e del Comando generale dell’Arma dei Carabinieri;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 settembre 2022 il Cons. Valerio Perotti ed uditi per le parti gli avvocati Bonaccorsi Di Patti e Pecorilla, in dichiarata delega di Bravo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con ricorso al Tribunale amministrativo del Piemonte i signori Bonat Marchello Carlo e Bonat Marchello Mario impugnavano l’ordinanza del Sindaco di Pont Canavese n. 64 del 12 marzo 2020, unitamente agli atti ad essa presupposti, tra i quali il parere reso in data 5 marzo 2020 dal Comando

Carabinieri Forestale “Piemonte”, con la quale, ai sensi dell’art. 54 del d.lgs. n. 267 del

2000, veniva loro ordinato l’abbattimento di un abete rosso secolare, localizzato in via Sparone n. 11 ed alto circa 29 metri, ravvisando in esso un pericolo imminente per la pubblica incolumità sulla viabilità pubblica e nell’abitato circostante.

I ricorrenti deducevano la violazione dell’art. 54 del d.lgs. n. 267 del 2000, il difetto di motivazione e l’eccesso di potere sotto diversi profili.

Costituitosi in giudizio, il Comune di Pont Canavese chiedeva il rigetto del gravame, siccome infondato.

Con sentenza 4 marzo 2021, n. 235, il giudice adito respingeva il ricorso, ritenendo legittima l’ordinanza impugnata, atteso che “sia dalla relazione del Comando Forestale che dalla perizia

agronomica commissionata dal Comune di Pont Canavese, può ricavarsi che il rischio di caduta o cedimento della pianta sia elevato, attuale e concreto, siccome intrinseco alle sue condizioni ed alla sua ubicazione”.

Avverso tale decisione i ricorrenti interponevano appello, fondato sui seguenti motivi:

1) Sull’illegittimità dell’ordinanza sindacale n. 64/2020, dovuta a: violazione di legge, con riferimento all’art. 54, c. 4, d.lgs. n. 267/2000 (TUEL); eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti presupposti; difetto di motivazione, rilevante sotto il profilo della violazione di legge, con riferimento all’art. 3 della l. n. 241/1990, nonché sotto il profilo dell’eccesso di potere.

2) Sull’illegittimità dell’ordinanza sindacale n. 64/2020 dovuta a: eccesso di potere per difetto di istruttoria e per mancata o erronea valutazione delle risultanze istruttorie; difetto di motivazione, rilevante sotto il profilo della violazione di legge, con riferimento all’art. 3 della l. n. 241/1990, nonché sotto il profilo dell’eccesso di potere.

Costituitosi in giudizio, il Comune di Pont Canavese concludeva per l’infondatezza del gravame, chiedendo che fosse respinto.

Anche il Ministero della difesa – Comando generale dell’Arma dei Carabinieri si costituiva, difendendo la correttezza tecnica degli accertamenti a suo tempo svolti dal Comando legione Carabinieri Forestale “Piemonte”, sulla cui base il Comune si era determinato ad adottare l’ordinanza di abbattimento dell’albero di proprietà degli odierni appellanti.

In occasione della camera di consiglio del 17 giugno 2021, con ordinanza n. 3420 la Sezione disponeva procedersi a verificazione al fine di “acquisire una valutazione della reale stabilità dell’albero, alla luce dei protocolli riconosciuti a livello nazionale ed internazionale […]”; quindi, con successiva ordinanza collegiale 9 dicembre 2021, n. 8197, il Verificatore veniva autorizzato ad avvalersi di un consulente esterno, “noto esperto del settore forestale con specifica esperienza al territorio torinese […]”.

Con l’ulteriore ordinanza 2 novembre 2021, n. 5954, peraltro, il Collegio, preso atto – come eccepito dal Comune di Pont Canavese – che la relazione di verificazione non era stata sottoscritta dal verificatore, bensì erroneamente dal terzo ausiliario (un libero professionista non appartenente all’amministrazione incaricata), ne dichiarava la nullità, contestualmente rinnovando l’incarico al precedente verificatore e fissando un nuovo termine per l’assolvimento dell’incombente istruttorio.

Il verificatore provvedeva nel senso indicato dal Collegio depositando la propria relazione conclusiva in data 31 gennaio 2022.

Successivamente le parti ulteriormente precisavano, con apposite memorie, le rispettive tesi difensive ed all’udienza del 29 settembre 2022 la causa veniva trattenuta in decisione.

Con il primo motivo di appello si evidenzia come l’ordinanza del Sindaco di Pont Canavese 64 del 12 marzo 2020 – adottata ai sensi dell’art. 54, comma 4 (ancorché, per evidente refuso, la stessa rechi l’indicazione del comma 2) del d.lgs. n. 267 del 2000 – sia carente dei presupposti della necessità e dell’urgenza, come individuati da giurisprudenza costante, “da intendersi nel senso che il provvedimento si deve necessariamente fondare su una eccezionale situazione di pericolo, tale da non potere essere fronteggiata, se non con interventi immediati e indilazionabili, non rientranti tra gli ordinari mezzi previsti dall’ordinamento giuridico”.

Secondo gli appellati, in particolare, i detti presupposti non sarebbero stati documentati (né, prima ancora, debitamente esposti) nell’impugnato provvedimento sindacale, né nella presupposta perizia del Comando Carabinieri Forestale: d’altro canto, a rimarcare l’insussistenza delle condizioni per procedere nel senso indicato dal Comune, varrebbe già la mera constatazione che l’ordinanza in questione risalirebbe ad oltre due anni fa, laddove a tutt’oggi – come documentato da una perizia di parte e confermato dallo stesso verificatore incaricato dal Collegio – l’abete oggetto dell’ordine di abbattimento non avrebbe mostrato alcun segno di cedimento, né sarebbe comunque mutato lo status quo ante. In breve, allo stato mancherebbe del tutto un grave pericolo che minacci l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana.

Tale circostanza sarebbe stata peraltro ben nota all’amministrazione appellata, in quanto già rappresentata dalla perizia redatta – su incarico degli appellanti relativamente alla valutazione fitostatica e strutturale della pianta – a fronte dell’espressa richiesta contenuta nella precedente ordinanza sindacale n. 32 del 3 ottobre 2019: il Comune, nel discostarsi dalle risultanze della perizia, non avrebbe in alcun modo contestato, sotto il profilo tecnico, le conclusioni che in essa venivano tratte.

Il motivo è fondato.

L’ordinanza sindacale n. 64 del 12 marzo 2020 da un lato genericamente richiamava – senza però individuarne i passaggi salienti all’uopo ritenuti determinanti, ai fini della decisione – il parere prot. 1706 del 5 marzo 2020 del Comando Regione Carabinieri Forestale “Piemonte” in ordine “alla perizia fitostatica e strutturale presentata dai Sig.ri Bonat Marchiello”, dall’altro si limitava a rilevare, in ordine alle conclusioni di tale perizia di parte, che i periti “non forniscono certezze in merito al rischio di eventuali possibili cedimenti e schianto della pianta”, mentre la prescrizione di nuovi controlli tecnici “ogniqualvolta vi sia una possibile modifica dell’equilibrio fitostatico in seguito a fenomeni naturali di eccezionale intensità (nubifragio) o artificiali (scavi nei pressi dell’apparato radicale) o a qualsiasi fattore che possa agire sulla statica dell’esemplare” avrebbe presupposto una vigilanza su circostanze sulle quali il Comune non poteva però esercitare alcun controllo.

Va in primo luogo rilevata l’inconferenza dell’obiezione circa la mancata allegazione di dati certi in ordine al possibile cedimento della pianta, atteso che – come del resto ricordato anche nella relazione finale del Verificatore incaricato dalla Sezione – “qualsiasi metodologia di valutazione fitostatica, essendo applicata ad alberi, vale a dire a organismi biologici complessi e in equilibrio dinamico con l’ambiente circostante, non può prevedere [se e] quando si verificherà un cedimento, ma è finalizzata a valutare, nel miglior modo possibile, la loro propensione al cedimento”: la “propensione al cedimento” di cui alla perizia tecnica poteva quindi solamente descrivere i fattori predisponenti al cedimento, ma non avrebbe certo potuto predirne i fattori scatenanti, rappresentati solitamente da eventi meteorologici intensi e non prevedibili, riconducili al caso fortuito previsto dalla normativa vigente (art. 2051 Cod. civ.).

Ciò del resto è coerente con il presupposto per cui il cd. “rischio zero” di caduta di un (qualsiasi) albero non esiste, come del resto esplicitato dalle “Linee guida per la valutazione delle condizioni vegetative, fitosanitarie e di stabilità degli alberi” del Ministero dell’ambiente.

Puntualizzato tale specifico rilievo, in termini più generali deve essere comunque confermato l’orientamento (ex multis Cons. Stato, V, 22 marzo 2016, n. 1189) in base al quale solo a fronte di una puntuale rappresentazione della situazione di grave pericolo attuale che minacci l’incolumità dei cittadini potrebbe giustificarsi l’eccezionale deroga al principio di tipicità degli atti amministrativi ed alla disciplina vigente, attuata mediante l’utilizzazione di provvedimenti extra ordinem; in particolare, sulla necessità che il presupposto delle ordinanze contingibili e urgenti – mezzo per far fronte a situazioni di carattere eccezionale e impreviste costituenti minaccia per la pubblica incolumità e per le quali sia impossibile utilizzare gli ordinari mezzi approntati dall’ordinamento – sia suffragato da istruttoria e motivazione adeguate la giurisprudenza è costante (cfr. Cons. Stato, III, 29 maggio 2015, n. 2697; V, 23 settembre 2015, n. 4466, 2 marzo 2015, n. 988, 25 maggio 2012, n. 3077, 20 febbraio 2012, n. 904; VI, 5 settembre 2005, n. 4525).

L’ordinanza sindacale impugnata in primo grado, inoltre, ometteva altresì di chiarire per quale motivo la situazione di fatto su cui andava ad incidere – non generatasi all’improvviso ma venutasi a delineare nel corso degli anni – non potesse essere (sempre che ne sussistessero i presupposti) affrontata con i mezzi ordinari.

Premesso quanto sopra in merito alle obiettive carenze del provvedimento ab origine impugnato, deve poi rilevarsi, in concreto, come le risultanze di causa portino comunque ad escludere la sussistenza, nel caso di specie, dei requisiti per l’adozione di un’ordinanza contingibile ed urgente.

Emerge infatti dalla relazione finale del Verificatore – che il Collegio ritiene di condividere, in quanto intrinsecamente coerente e non contraddetta in atti – che “la pianta in oggetto presenta ad oggi:

• una propensione al cedimento bassa in relazione alla possibilità di ribaltamento di zolla;

• una propensione al cedimento moderata in relazione alla possibilità di rottura del fusto.

La sezione più delicata in termini fitostatici risulta infatti collocarsi sul fusto a circa 6,3 metri da terra, nel punto di leggero cambio d’inclinazione.

L’impiego degli elastometri ad alta precisione usati durante la prova di trazione controllata ha comunque permesso di quantificare con estrema precisione la resistenza residua a rottura delle fibre legnose in tale punto, che risulta essere sempre sufficiente […]”.

La relazione prosegue evidenziando che “L’analisi del rischio, condotta con due differenti metodologie internazionali (TRA e QTRA), ha inoltre permesso di definire:

• un rischio fitostatico potenziale basso in relazione al ribaltamento dell’intero albero;

• un rischio fitostatico potenziale moderato in relazione alla rottura del fusto”.

In entrambi i casi, viene documentato dal Verificatore, “i livelli di rischio si collocano al di sotto delle normali soglie di tolleranza ALARP (As Low As Reasonably Possible): ciò significa che tali rischi si collocano a livelli internazionalmente riconosciuti come accettabili, in quanto attualmente “i più bassi ragionevolmente possibili” […]”.

Anche gli interventi di manutenzione prescritti, del resto, non sono finalizzati alla riduzione di un ipotetico rischio di cedimento – come già detto, ritenuto allo stato pressoché insussistente (“sebbene le condizioni fitostatiche siano assolutamente normali e la chioma sia stata già in passato gestita in maniera corretta”, si legge nel provvedimento) – bensì ad ulteriormente migliorare le (già buone) condizioni di sicurezza della pianta.

Con il secondo motivo di appello l’ordinanza sindacale n. 64 del 2020 viene inoltre considerata illegittima per eccesso di potere correlato al difetto di un’adeguata istruttoria.

In particolare, gli appellanti ricordano come l’amministrazione di Pont Canavese avesse in un primo momento – con ordinanza sindacale n. 32 del 3 ottobre 2019 – posto a loro carico di produrre una perizia che accertasse lo stato di conservazione della pianta, perizia che veniva trasmessa al Comune dopo aver eseguito una prima potatura dell’albero.

Detta perizia escludeva la sussistenza – all’epoca – di un concreto ad attuale pericolo di crollo dell’albero, tale da giustificare l’imposizione dell’abbattimento, mentre giudicava l’intervento di potatura eseguito il 12 ottobre 2019 idoneo a garantire la corretta e sicura fruibilità della strada pubblica.

Nonostante ciò, nella successiva ordinanza n. 64 del 2020 il Sindaco di Pont Canavese – come già in precedenza riportato – si limitava ad accogliere l’invito all’abbattimento espresso dal Comando Regione Carabinieri Forestale “Piemonte” tramite parere del 5 marzo 2020, senza però indicare i profili argomentativi – nel confronto tra le divergenti ragioni espresse dalle parti – che l’avevano determinato a concludere in tal senso.

Di qui il dedotto difetto di istruttoria e l’illegittimità della decisione assunta.

Anche questo motivo è fondato, nei termini che si precisano.

Come evidenziato dagli appellanti, il parere del Comando Regione Carabinieri Forestale richiamato dal provvedimento ab origine impugnato, in realtà non confuta gli argomenti tecnici dedotti nella perizia tecnica a suo tempo prodotta dai sigg.ri Bonat Marchiello al Comune, ma si occupa di questioni almeno in parte diverse: se la perizia di parte privata atteneva infatti specificamente alla probabilità o meno di caduta dell’albero, le valutazioni svolte dal Comando Forestale si riferivano principalmente al possibile danno causato da un’eventuale, futura caduta della pianta (come, del resto, viene precisato ancora nel parere del 5 marzo 2020).

Le ulteriori considerazioni di carattere tecnico (fitostatico), peraltro, non risultano supportate da adeguati riscontri di carattere strumentale, in primis l’assunto – indimostrato – che la pianta sarebbe priva del 30-40% dell’apparato radicale: invero, l’argomento astratto per cui “lo sviluppo della metà dell’apparato radicale lato via Sparone è impedito dal fatto che le radici si trovano su un terreno posto a una quota di circa mt.1,50 più alta del piano stradale e pertanto sono ostacolate nello sviluppo dalla presenza del muro di contenimento, la pianta risulta quindi priva del 30-40% dell’apparato radicale” da un lato risiederebbe su un presupposto di fatto erroneo (ossia l’effettiva altezza della quota, pari a circa la metà di quanto indicato), dall’altro sarebbe comunque superato dagli esiti – in concreto – delle prove strumentali atte a verificare la tenuta dell’albero alla trazione, come documentate nella detta perizia prodotta dagli appellanti).

Ancor più generiche ed indimostrate risultano le considerazioni svolte nelle note richiamate (a titolo di conferma) dal detto parere del 5 marzo 2020 (in particolare, la nota n. 4303 del 1° luglio 2014 del Corpo forestale dello Stato), laddove sommariamente si afferma – in modo quasi apodittico – che “le dimensioni della pianta sono incompatibili sia con il sito di radicazione che con l’ambiente urbano nel quale si trova a vegetare; in caso di caduta, sarebbero forti le probabilità di incidenti anche mortali […]. Il fusto risulta inclinato. L’apparato radicale dell’abete rosso è sempre superficiale […] La pianta è quindi pericolosa per la sicurezza di persone e edifici”.

Deve quindi concludersi, alla luce di quanto precede, per l’illegittimità dell’ordinanza del Sindaco di Pont Canavese n. 64 del 2020, per carenza dei presupposti e, comunque, in quanto non fondata su adeguata istruttoria.

L’appello va dunque accolto, con conseguente annullamento della prefata ordinanza. Le spese del doppio grado di giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza, salva la loro compensazione per quanto concerne la posizione del Ministero della difesa – Comando Regione Carabinieri Forestale “Piemonte”, coinvolto solamente in ragione della paternità di un mero atto endoprocedimentale (un parere), per di più non vincolante.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, per l’effetto accogliendo, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso originariamente proposto dai sigg.ri Carlo e Mario Bonat Marchiello.

Condanna il Comune di Pont Canavese al pagamento, in favore degli appellanti, delle spese di lite del doppio grado di giudizio, che liquida in euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00) oltre Iva e Cpa se dovute. Compensa interamente tra le parti le spese quanto al Ministero della difesa – Comando Regione Carabinieri Forestale “Piemonte”.

Pone definitivamente a carico del Comune di Pont Canavese gli oneri di verificazione che, in mancanza di specifica richiesta, quantifica complessivamente in euro 2.500,00, da cui andrà detratto l’importo, ove già corrisposto, dell’anticipazione (pari ad euro 2.000,00) disposta con ordinanza 22 giugno 2021, n. 3420.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 settembre 2022 con l’intervento dei magistrati:

Diego Sabatino, Presidente

Valerio Perotti, Consigliere, Estensore

Federico Di Matteo, Consigliere

Giovanni Grasso, Consigliere

Alberto Urso, Consigliere

 
 
L’ESTENSOREIL PRESIDENTE
Valerio PerottiDiego Sabatino
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO

pubblicata il 27 ottobre 2022

albero e neve

(foto A.L.C., E.R., S.D., archivio GrIG)