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Coalizione Art 9. risponde alle associazioni rinnovabiliste sul consumo di suolo dovuto al fotovoltaico a terra.


Montalto di Castro, consumo del suolo determinato da impianti produttivi di energia fotovoltaica

Le associazioni che si riconoscono nella Coalizione Art. 9 notano l’appiattimento, da un paio di decenni, di una parte dell’ambientalismo italiano sulla questione energetica, e in particolare sulle rinnovabili, senza mantenere la terzietà che invece va riconosciuta ad ISPRA.

Infatti, 12 associazioni ambientaliste, tra cui Greenpeace Italia, Kyoto Club, Legambiente Italia, e WWF Italia, contestano l’annuale rapporto redatto dall’Istituto Superiore Protezione e Ricerca Ambientale perché annovera il fotovoltaico a terra tra le forme di consumo di suolo. Secondo queste associazioni, il FV, pur occupando il territorio, non consumerebbe suolo. Al contrario, lo preserverebbe, in diversi casi, “da usi ben peggiori” e non produrrebbe in questi “alcun impoverimento di nutrienti, humus, biodiversità”.

A parte l’assurdità di considerare ipotetici futuri usi peggiori un motivo per coprire il suolo con pannelli solari, esistono molti studi che dimostrano il contrario: solo per rimanere in Italia, uno studio dell’Università della Tuscia, pubblicato su Science Direct nel giugno del 2022 (https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S2352009422000207)  ha paragonato le proprietà fisiche, chimiche e biologiche di un terreno coperto per 7 anni da pannelli fotovoltaici con uno limitrofo non coperto e i risultati attestano una variazione della fertilità del suolo con significativa riduzione della capacità di ritenzione idrica e della temperatura del suolo, oltre all’aumento della conducibilità elettrica (EC) e del pH.

impatto centrale fotovoltaica (U.S.A., 2013)

Sotto i pannelli, la materia organica del suolo è stata drasticamente ridotta, inducendo una parallela diminuzione dell’attività microbica (valutata come respirazione o attività enzimatica) e della capacità di sequestro della CO2.

Ne consegue dunque una drastica riduzione dei servizi ecosistemici che le porzioni di suolo occupate per più anni dai pannelli fotovoltaici sono in grado di erogare. Una futura riconversione ad uso agricolo potrebbe richiedere molto tempo e risorse.

L’Agenzia Europea dell’Ambiente definisce consumo di suolo non solo l’estensione di aree edificate ma anche quella dei terreni soggetti a sfruttamento, soprattutto intensivo, da parte dell’agricoltura, della silvicoltura o di altre attività economiche. Una definizione che rimanda al concetto di “suolo naturale” che la copertura fotovoltaica compromette per decenni (vedi EEA Glossary). 

Come si può pretendere che ISPRA venga meno alla definizione di consumo del suolo formulata ufficialmente dall’Agenzia Europea dell’Ambiente, che è la “casa madre” delle agenzie di protezione ambientale dei paesi membri dell’Unione Europea?

Le 12 associazioni contestano anche che si possa fare a meno del fotovoltaico a terra per soddisfare il fabbisogno da energia rinnovabile, pur riconoscendo che le stime di ISPRA possano essere realistiche (cioè, la possibilità di raggiungere dai 70 ai 92 GW di nuova potenza fotovoltaica utilizzando le coperture esistenti).

Veneto, centrale fotovoltaica

Anche in questo caso ci sono molte evidenze che le stime di ISPRA siano corrette: un recente studio fatto dalla tech-company Cerved avrebbe individuato 110.000 tetti di stabilimenti industriali (censiti con indirizzo e ragione sociale) su cui si potrebbero installare pannelli fotovoltaici di grande taglia, che potrebbero produrre 30 GW di potenza, ovvero più della metà del target fissato al 2030 dal piano Fit For 55. Potenziale di 110.000 tetti di industrie per il fotovoltaico

Nel ribadire la piena fiducia nella competenza e terzietà di ISPRA, Coalizione Art 9. richiama quanto già sollecitato da Coldiretti: che i titolari degli impianti realizzati sul suolo delle aziende agricole siano gli imprenditori agricoli stessi e non le aziende energetiche.

Coalizione Art. 9 è in favore dei pannelli fotovoltaici sui tetti dei capannoni e delle abitazioni non gravate da vincoli di tutela e lungo le infrastrutture di comunicazione perché non compromettono l’ambiente, il paesaggio, la biodiversità e la sicurezza alimentare.

Coalizione Art. 9

e in particolare in ordine alfabetico

Altura

Amici della Terra

Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli

AssoTuscania

Centro Parchi Internazionale

Comitato Nazionale del Paesaggio

Emergenza Cultura

ENPA

Gruppo Ambiente e Territorio Mongrassano

Gruppo d’Intervento Giuridico (GRIG)

Italia Nostra

L’Altritalia Ambiente AIA
Liberi Crinali

Memoria e Futuro

Mountain Wilderness

Movimento Azzurro

Pro Natura

Respiro Verde Legalberi

Salviamo il Paesaggio Roma e Lazio

Salviamo l’orso OdV

Wilderness Italia

Eboli, centrale fotovoltaica

(immagine da Google Earth, foto da mailing list ambientaliste)

  1. luglio 13, 2023 alle 3:03 PM

    da Prima Pagina News, 12 luglio 2023
    Fotovoltaico. Coalizione Art. 9: “Associazioni ambientaliste appiattite su consumo suolo”: https://www.primapaginanews.it/articoli/fotovoltaico-coalizione-art.-9-associazioni-ambientaliste-appiattite-su-consumo-suolo-525330

    _________________

    da Staffetta Quotidiana, 12 luglio 2023
    FV e consumo di suolo, Italia Nostra e Adt difendono Ispra.
    La Coalizione Art. 9 risponde alle associazioni rinnovabiliste: https://www.staffettaonline.com/articolo.aspx?id=377563

    _________________

    da Energia Oltre, 12 luglio 2023
    Ambiente, Coalizione Art 9.: in favore dei pannelli fotovoltaici. Non compromettono la biodiversità: https://energiaoltre.it/ambiente-coalizione-art-9-in-favore-dei-pannelli-fotovoltaici-non-compromettono-la-biodiversita/?v=164afadd207b03

    __________________

    da Gente e Territorio, 13 luglio 2023
    Fotovoltaico a terra, associazioni divise: https://www.genteeterritorio.it/fotovoltaico-a-terra-associazioni-divise/

  2. Avatar di Fabrizio Quaranta
    Fabrizio Quaranta
    luglio 13, 2023 alle 3:40 PM

    Grazie GRIG
    1 TRANSIZIONE, ecologica??

    La Terra, la superstite terra fertile, non è Res nullius, né, ancora, derelictae;
    non è illimitata e non va consumata e umiliata con aggettivi che di ecologico. hanno. solo la sfacciataggine.
    Milioni di km di sovrastrutture (già definiti indispensabili) hanno occupato, tombato
    e impermeabilizzato in una sola generazione il 28% delle campagne. Un’anarcoide
    rincorsa al cemento si è accanita sui più fertili ma scarsi terreni di pianura, e ancora lì. si pretende spazio per il fotovoltaico (175 000 ettari secondo il PNRR, come la
    scomparsa di intere province granarie, e di grano ne manca tantissimo e sempre più
    ne mancherà).
    Gravissima è la delegittimazione in corso delle Sovrintendenze, ultimo baluardo a
    difesa del Patrimonio ambientale e culturale italiano, additate al pubblico ludibrio
    come responsabili di colpevoli ritardi alla pretesa rapida autorizzazione invece di
    palesi scempi.
    Con tecnica da basso marketing b si chiamano ipocritamente ” parchi” questi
    invasivi oltraggi alla Bellezza. E malinconica e surreale è la prezzolata pretesa di far digerire
    queste schifezze come nuovo moderno paesaggio.

  3. Avatar di Fabrizio Quaranta
    Fabrizio Quaranta
    luglio 13, 2023 alle 3:42 PM

    2 Migliaia di capannoni fatiscenti, scheletri di serre, strade superflue, disordinate e
    sparse periferie, seconde case, pacchiani villoni abusivi, parcheggi di faraonici centri
    commerciali e, ora, enormi depositi dei giganti della logistica, sono la desolata
    immagine del Bel Paese  fu della secolare armonia multifunzionale dei borghi
    rurali.
    Dopo gli allarmanti dati 2019, con coperture di 57 milioni mq – oltre 2 mq al
    secondo, le colate di cemento non rallentano nel 2020, nonostante il lockdown, e
    consumano altri 60 kmq, impermeabilizzando ormai oltre il 7% del territorio
    (ISPRA)
    Con una media di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni, e una velocità che supera i 2 metri quadrati al secondo, il consumo di suolo torna a crescere e nel 2021 sfiora i 70 km2 di nuove coperture artificiali in un solo anno. Il cemento ricopre ormai 21.500 km2 di suolo nazionale, dei quali 5.400, un territorio grande quanto la Liguria, riguardano i soli edifici che rappresentano il 25% dell’intero suolo consumato

  4. Avatar di Fabrizio Quaranta
    Fabrizio Quaranta
    luglio 13, 2023 alle 3:44 PM

    3 Le emissioni climalteranti di CO2 non sono poi una costante immodificabile che
    costringe inevitabilmente ad agire esclusivamente sul COME produrre energia. Il
    fabbisogno si può ridurre e la CO2 si può abbattere soprattutto con un razionale e coscienzioso risparmio modificando
    drasticamente molte incancrenite pessime abitudini favorite da una fin troppo facile
    ed economica disponibilità di pratiche energivore: case e uffici in inverno a 24°C, in
    estate a 18°, basterebbe invertire le pretese;  condizionatori ormai di gran moda, vero status symbol, ma unica causa dei blackout elettrici fino ad oggi; abuso di auto in città con motori accesi in fila per ore anche per spostamenti facilmente
    ciclopedonali; consumo abitudinario e acritico di cibi fuori stagione, ecc.…
    Non è colpa dell’inamovibile destino cinico e baro ma, appunto, di incancrenite
    pessime abitudini da eccesso facile di comodità energivore se quindi un cittadino
    del Qatar emetta mediamente 39 tonnellate di CO2 l’anno, uno statunitense e
    australiano 16, mentre un italiano scende a 5 e ancor meno in Francia, Svezia e
    Svizzera con 4 tonn./pro capite, dove certo il regime di vita non è da eremiti nelle
    grotte (dati da Banca mondiale 2016).

  5. Avatar di Fabrizio Quaranta
    Fabrizio Quaranta
    luglio 13, 2023 alle 3:46 PM

    4 La terra non può essere svilita a fabbrica di corrente per incancreniti capricci, ma DEVE
    innanzitutto continuare a fornire alimenti, anche se il cibo a prezzi stracciati e
    senza stagionalità ha fatto perdere questa ancestrale e sacra percezione. L’Italia è
    infatti forteme
    nte deficitaria di quasi ogni materia prima e OGNI SPICCHIO DI
    TERRA ANDREBBE COLTIVATO. (E lo sarebbe se i redditi fossero dignitosi).
    La Pace fra le Nazioni, poi, è fenomeno storicamente raro, e i facili scambi
    commerciali, che oggi mascherano e suppliscono i gravi deficit, potrebbero
    interrompersi in caso di conflitti (scritto prima del conflitto ucraino) E l’aria che tira fra i grandi blocchi non è la migliore.
    Un problema grave per l’Italia con un pesante deficit produttivo agroalimentare:
    mancano il 64% di frumento tenero, il 40% del duro (e relative difficoltà a garantire
    una pasta totalmente italiana) il 50% di mais, il 70% di soia…e anche la carne, il
    pesce (Ismea) e quasi tutte le altre materie prime, anche le più impensabili come le
    noci (-75%) o le nocciole (-30%), malgrado la fiorente industria dolciaria italiana.

  6. Avatar di Fabrizio Quaranta
    Fabrizio Quaranta
    luglio 13, 2023 alle 3:47 PM

    5 Dal 2012 il suolo ormai consumato non ha potuto offrire 4 milioni di quintali di
    prodotti agricoli” (Coldiretti). Solo per il grano duro in Italia si è passati in pochi anni
    da 1.700.000 ha a 1.200.000 ha (ISTAT): la perdita di mezzo milione di ettari
    equivalgono ad un’intera Regione, e l’improvvisa impennata dei prezzi tutt’ora in
    corso evidenzia il precario e pericoloso equilibrio del commercio mondiale.
    Ma oltre al cibo, l’agricoltura da millenni svolge la fondamentale funzione di
    sistemazione e regimazione idraulica dei territori. Sebbene misconosciuta, questa
    costante opera di tutela ha impedito o almeno attenuato i disastri dovuti alla rottura
    dell’equilibrio idrogeologico . Questa drammatica realtà di dissesto che coinvolge
    con intensità e luttuosità crescente ormai il 90% dei comuni italiani (ISPRA) è dovuta
    principalmente all’abbandono dell’agricoltura locale e successive cementificazioni.
    Un ulteriore carico di strutture artificiali come i lugubri paramenti funebri fotovoltaici non potrebbe altro che aumentare i già alti rischi per quei territori

  7. Avatar di Fabrizio Quaranta
    Fabrizio Quaranta
    luglio 13, 2023 alle 3:49 PM

    6 Territori che farebbero volentieri a meno delle ricorrenti ipocrite geremiadi televisive con i
    volti affranti di caduti dal pero per le reiterate luttuose calamità.
    Le suadenti sirene che sibilano a demotivati coltivatori facili redditi derivanti dal
    fotovoltaico a terra (almeno 3000 €/ha !- impensabili con qualsiasi coltura, almeno
    fra quelle legali), dovrebbero confrontarsi con gli operatori del turismo per
    l’irreversibile degrado paesaggistico arrecato per chilometri. Aree che proprio con
    un abbinamento tra armonico paesaggio agricolo e  itinerari lenti (cammini e ciclovie) ed
    enogastronomici, grazie ai redditi derivanti da crescenti frequentazioni anche
    internazionali stavano resistendo all’abbandono con opportunità di lavoro
    agroturistico ai giovani locali. Sperando che nessuna coppia neocollodiana li possa
    convincere a seminar zecchini d’oro, ferendo a morte la nostra madre terra
    conficcandole in grembo lugubri paramenti funebri.

    …gli insulti al paesaggio e alla natura, oltre a rappresentare un affronto
    all’intelligenza, sono un attacco alla nostra identità… (Mattarella, Capo dello Stato,
    garante della Costituzione, e specificamente dell’art. 9)

  8. Avatar di dante schiavon
    dante schiavon
    luglio 13, 2023 alle 6:39 PM

    SOVRANITÀ ALIMENTARE VS SOVRANITÀ ENERGETICA

    Il “suolo agricolo” eroga diversi “servizi ecosistemici” che, in nome della “transizione energetica”, non possono essere “messi in pausa” perché si negherebbe così, in un diabolico ossimoro, una “vera transizione ecologica”: ne consegue quindi l’obbligo, prima di procedere a nuovo consumo di suolo agricolo, almeno in una prima fase, di ricercare soluzioni alternative nell’individuazione delle superfici necessarie per l’utilizzo massiccio dell’energia solare. È quello che prevede la direttiva comunitaria nr. 2018/2001/UE sulla promozione dell’uso dell’energia da “fonti rinnovabili” quando invita a privilegiare “l’utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e aree non utilizzabili per altri scopi”. Una ricerca del CNR quantifica in 500 km2 la superficie artificiale (tetti, aree industriali, ecc.) che sarebbe necessaria per produrre 70 GW.

    Nel Rapporto Ispra 2021 è stata fatta una stima della superficie potenzialmente disponibile per l’installazione di impianti fotovoltaici sui tetti e relative ipotesi sulla potenza fotovoltaica installabile. La superficie totale degli edifici ricavabile dalla carta del suolo consumato 2020, al netto di quelli ricadenti nei centri storici la cui installazione è inopportuna per ragioni storico-paesaggistiche, ammonta a 3.481 km2. Tenendo conto delle indicazioni a livello europeo sulla percentuale dei tetti effettivamente utilizzabile per ospitare pannelli fotovoltaici, oscillante tra il 49% e il 64% di riduzione della superficie, più un ulteriore 60% di riduzione di superficie per garantire la distanza minima tra pannelli per la loro manutenzione resta una superficie netta disponibile che può variare da 682 a 891 km2. Tale superficie netta disponibile sarebbe in grado di fornire dai 66 agli 86 GW. Lo studio di Ispra, poi, in considerazione del fatto che sul 10% delle superfici artificiali possano essere già stati installati pannelli fotovoltaici, stima la produzione di una potenza fotovoltaica compresa tra 59 e 77 GW, un quantitativo sufficiente a coprire l’aumento di energia rinnovabile previsto dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) al 2030. Da notare che in questo calcolo sono rimaste escluse altre superfici artificiali utilizzabili, quali aree di parcheggio, aree adiacenti autostrade, aree adiacenti altre infrastrutture e altre aree dismesse o comunque già impermeabilizzate.

    L’Italia con il 7,11% e il Veneto con l’ 11,87% di suolo consumato rispetto, alla media europea del 4,2%, paradossalmente potrebbero non avere l’impellente necessità di occupare suolo agricolo vista la considerevole disponibilità di superfici già artificializzate rispetto al resto d’Europa. Il Veneto, ad esempio, con il triste primato nazionale nella cementificazione del suo territorio, potrebbe, con i suoi 92000 capannoni (Fonte Assindustria Veneto Centro 2019) disseminati in 5679 aree produttive presenti nei 541 comuni della regione per una superficie complessiva di 41000 ettari di terreno, corrispondenti a 410 km2 e applicando cautelativamente dei coefficienti di riduzione della superficie effettivamente utilizzabile, fornire una “superficie artificiale” per produrre alcuni GW di energia da fotovoltaico.

    La “transizione ecologica” non è solo “transizione energetica”. La transizione ecologica esige che la “quantità” e la “qualità” dei servizi ecosistemici del suolo agricolo e naturale aumentino, “parallelamente” alla decarbonizzazione dell’energia. Se, in nome della transizione ecologica, consumiamo suolo agricolo per produrre energia rinnovabile senza aver prima esperito altre soluzioni, finiremmo per buttare via il bambino con l’acqua sporca. Secondo la Coldiretti di Rovigo in 25 anni il Veneto ha perduto il 28% di terra coltivabile. Nel 2017 una ricerca Confagricoltura evidenziava come il nostro paese disponesse di una “superficie agricola utilizzabile” inferiore del 45% rispetto alla Francia e del 50% rispetto alla Germania. Il rapporto Ispra 2019 stimava, tra il 2012 e il 2018, in 3 milioni di quintali i prodotti agricoli che avrebbero potuto fornire le aree perdute per strade, abitazioni, capannoni, centri commerciali, poli logistici, supermercati, parcheggi. L’obiettivo del raggiungimento della “sovranità alimentare”, anche in considerazione delle sue molteplici valenze ambientali, economiche e sanitarie, non può essere rimosso da una transizione ecologica di tipo “tecnocratico”. La rimozione di tale obiettivo non ha solo un contraccolpo sulla bilancia dell’import/export alimentare, visto che importiamo il 55% di grano duro e il 45% di grano tenero, ma comporta anche la rinuncia a pensare a un’agricoltura diversa. Il peso degli “allevamenti intensivi” nei tempi della pandemia deve essere drasticamente ridotto perché secondo l’EFSA (l’autorità per là sicurezza alimentare) il 75% delle nuove malattie che hanno colpito l’uomo negli ultimi 10 anni è stato trasmesso da animali e perché i casi di “influenza aviaria” sono in crescita in Europa. E, come se non bastasse, gli allevamenti intensivi sono la seconda causa di inquinamento da “polveri fini” in Italia. Secondo uno studio dell’Ispra, infatti, riscaldamento e allevamenti sono responsabili rispettivamente del 38% e del 15,1% del particolato PM 2,5 della penisola. In altre parole, lo stoccaggio degli animali nelle stalle e la gestione dei reflui inquina più di automobili e moto (9%) e più dell’industria (11,1%). L’edificio della transizione ecologica necessità che il primo mattone sia “l’arresto immediato di consumo di suolo”, senza se e senza ma. Deve aumentare la superficie agricola per seminativi destinati all’alimentazione umana e per una zootecnia a campo aperto per contenere il rischio del “salto di specie” dall’animale all’uomo. Per questa ragione la transizione ecologica non può passare attraverso la riduzione a cuor leggero della S.A.U. “superficie agricola utilizzabile”. Vanno percorse tutte le strade alternative al consumo di suolo agricolo visto che, malauguratamente, alcune regioni come il Veneto e la Lombardia, nella loro declinazione dello sviluppo, hanno creato una estensione di superfici artificiali che possono essere utilizzate per la produzione di energia rinnovabile. Anche se lo sguardo dei media va altrove, diventando il nostro sguardo distratto, non è difficile da comprendere.

  9. luglio 21, 2023 alle 2:46 PM

    da Italia Libera, 21 luglio 2023
    I pannelli solari e il consumo del suolo: l’ultima frattura tra ambientalisti è su una questione-chiave.
    Una cosa, benché evidente, non viene quasi mai capita nel dibattito sulle energie rinnovabili. E cioè che ogni scelta quasi sempre comporta un costo ambientale, e questo va valutato, e comunque mai ignorato. I pannelli solari possono essere posati sul terreno, ma anche sul tetto di un palazzo: quest’ultimo sistema non sempre è praticabile, ma certamente comporta un diverso impatto ambientale. Proprio sull’energia solare si è verificata l’ultima frattura tra le associazioni ambientaliste, divise in due schieramenti sul tema: i pannelli solari sono consumo del suolo? Ecco le valutazioni a confronto. (Fabio Balocco) (https://italialibera.online/ambiente-territorio/i-pannelli-solari-e-il-consumo-del-suolo-lultima-frattura-tra-ambientalisti-e-su-una-questione-chiave/?utm_source=mailpoet&utm_medium=email&utm_campaign=gli-ultimi-articoli-di-italia-libera-online)

    UN TEMPO NEL campo del lavoro c’era l’unità della confederazione sindacale Cgil, Cisl, Uil. Similmente in campo ambientale c’era unità d’intenti delle associazioni maggiormente rappresentative, Wwf, Legambiente, Italia Nostra, Pro Natura. Ma i tempi cambiano, e oggi non è più così. La deregolamentazione selvaggia del lavoro ha fatto sì che le confederazioni sindacali abbiano diminuito considerevolmente il loro potere, anche per via della diminuzione drastica degli iscritti, e oggi viaggino ognuna per conto proprio. E anche le maggiori associazioni in campo ambientale – esse stesse fortemente ridimensionate nel numero degli iscritti e del peso politico – non hanno più quella compattezza che le caratterizzava un tempo. L’ultimo strappo si è consumato in questi giorni sulla questione relativa all’energia solare. Come noto ai più, l’Ispra ogni anno pubblica un dettagliatissimo rapporto sul consumo di suolo. Tralasciamo la considerazione che, nonostante la drammaticità della situazione, la politica se ne freghi non regolamentando neppure la materia e creando di fatto un Far West, e veniamo al punto: il fatto che l’istituto fa rientrare nell’ambito del consumo di suolo anche i pannelli solari a terra. Ed ecco che su questo punto si è aperta in questi giorni la frattura. Alcune associazioni che già in passato si erano distinte per una difesa delle energie verdi “senza se e senza ma” (Greenpeace, Legambiente, Wwf) più altre minori, hanno inviato all’Ispra una lettera in cui la si invita a non considerare i pannelli solari come consumo di suolo.

    A parte la sconcertante considerazione di vedere nel solare a terra una salvaguardia del territorio dalla cementificazione (!), è singolare come le predette associazioni si battano per il solare a terra tout court senza tenere in considerazione alcuni punti come questi:

    prima di qualsiasi scelta sull’energia da produrre, occorrerebbe ragionare per cosa essa venga utilizzata, e quindi battersi per il risparmio energetico e una politica economica volta a un minor consumo di energia;

    il solare a terra impoverisce notevolmente il suolo e non gli consente di svolgere quelle funzioni ecosistemiche per cui un terreno vergine è naturalmente portato;

    dire sì al fotovoltaico a terra senza distinguere fra i tipi di terreno su cui posare i pannelli è pura follia, perché l’esperienza dimostra che in tal modo si perdono anche suoli fino a oggi usati a scopo agricolo;

    se proprio si vuole il solare, oggi c’è l’agrivoltaico che cerca di salvare capre e cavoli;

    è singolare che nel discorso delle associazioni manchi qualsiasi riferimento alla tutela del paesaggio, di cui all’art. 9 della Costituzione, seppure modificato.

    Alla lettera rispondono altre associazioni ambientaliste, fra le quali Italia Nostra, Pro Natura, Mountain Wilderness, che contestano radicalmente il contenuto della missiva delle associazioni, definite “rinnovabiliste”, rimarcando che secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente è consumo di suolo persino quello derivante dall’agricoltura intensiva e rimarcando altresì anche un dato che lo stesso Ispra indica, e cioè che prima di coprire i terreni, occorrerebbe coprire i tetti: in Italia sono stati individuati 110.000 tetti di stabilimenti industriali su cui si potrebbero installare pannelli fotovoltaici di grande taglia, che potrebbero produrre 30 Gw di potenza. Del resto la stessa Coldiretti si è domandata perché non piazzare pannelli solari sugli 11.000 capannoni industriali abbandonati nella sola regione Veneto. Quindi, tornando all’incipit, c’è la frattura, che peraltro si era già manifestata nel recente passato anche su altre questioni. Ma questa del solare a terra è una questione di principio e molto attuale, che implica scelte di carattere territoriale ed anche economico.

    Già, l’economia. Se mi si permette una considerazione conclusiva, mi ricollego a quanto accennato prima sul fabbisogno energetico. Non si può e non si deve ragionare sul fatto che il fabbisogno di energia è tot ed occorre produrre quel tot e magari di più da fonti rinnovabili anziché da fonti fossili. Occorre abbandonare il paradigma della crescita. E questo purtroppo manca in ambedue i documenti.

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