Abbiamo qualche “idea” sul governo della Sardegna.


Asino sardo

Asino sardo

Vito Biolchini è un giornalista sardo competente e apprezzato, tenutario – come si autodefinisce – di un seguitissimo blog dove propone riflessioni e approfondimenti sulla realtà in divenire di questa povera Isola piazzata nel bel mezzo del Mediterraneo.

Ha affrontato recentemente un tema che sta particolarmente a cuore di noi ecologisti.

Ecco l’articolo-domanda ed ecco la mia risposta.

Stefano Deliperi, Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

 

 

Arzachena, Costa Smeralda, lavori suites Hotel Romazzino

Arzachena, Costa Smeralda, lavori suites Hotel Romazzino

 

 

dal blog di Vito Biolchini, 28 agosto 2013

Stazzi, golf, turismo di lusso: oltre la protesta, l’ambientalismo in Sardegna ha un programma di governo?

Questo post è sconsigliato a chi si sente già in campagna elettorale. A chi pensa che la verità stia tutta da una parte e non si sforza di cercarla ovunque, a chi non vuole gettare il sale sulla ferita delle contraddizioni. Siete ancora in tempo per non leggerlo. Io vi ho avvertito.

Ordunque, c’è un posto in Sardegna dove si possa costruire un campo dal golf senza problemi? Guardate, non è una provocazione ma una richiesta vera, che ribadisco: qualcuno può indicare un territorio dove la realizzazione di un campo da golf non crei problemi di nessun tipo, non infranga nessuna legge, non stravolga nessun paesaggio di pregio? E gli stazzi galluresi? C’è un modo credibile (sottolineo: credibile) di recuperarli senza essere accusati di speculazione?

Quando leggo gli articoli di Giorgio Todde sulla Nuova Sardegna mi viene quasi una vertigine. Poche righe e mi sento già in colpa: eppure la penso come lui. Anch’io sono contro le speculazioni edilizie (lo sono e l’ho dimostrato più volte), anch’io sono per un modello di sviluppo sostenibile, anch’io sono contro la devastazione del territorio e contesto la bufala del Piano Casa, che serve solo ad ampliare le ville di lusso con il minimo sforzo amministrativo. Però leggendo la prosa apocalittica di Todde mi sento come un fedele cristiano dell’anno mille davanti ad un predicatore che annuncia la fine del mondo: mi viene paura, mi inginocchio e chiedo perdono. Senza motivo.

Arzachena, Costa Smeralda, lavori di ampliamento dell'Hotel Romazzino

Arzachena, Costa Smeralda, lavori di ampliamento dell’Hotel Romazzino

Qualche giorno fa sulla Nuova Sardegna lo scrittore cagliaritano si è scagliato contro l’ipotesi di trasformazione di alcuni stazzi galluresi in ville di superlusso: tutto bene. Il lettore attento avrà notato che tutti i dubbi espressi da Todde nel suo editoriale sono stati poi fugati dai pezzi di cronaca pubblicati nei giorni seguenti dallo stesso quotidiano sassarese. Se Todde parlava di “irrimediabile, ripugnante storpiatura degli stazzi galluresi” il giornale specificava che “le parti storiche dello stazzo dovranno seguire una ristrutturazione il più possibile vicino alla tradizione”; se Todde si scagliava contro gli architetti che “hanno proposto che gli stazzi siano ridotti a una parte, una porzione di orribili ville uguali a mille altre”, il giornale spiegava che “nei nuovi progetti sono spariti pilastri di granito, le verande con pergolati non alla gallurese, volte a crociera, travi in castagno”; se Todde si scagliava contro gli “spaventosi rendering da fumetto”, la Nuova spiegava che “le piscine dovranno stare a una certa distanza dallo stazzo”, e “l’ufficio tecnico del comune prepara anche un altro elenco di suggerimenti stilistici e architettonici per alcuni speciali stazzi anche se non riconosciuti come tali dall’elenco regionale allegato al ppr”. Chi ha ragione?

Oggi gli stazzi sono quelli che vediamo nella foto pubblicata dalla Nuova Sardegna a corredo dell’editoriale di Todde: ruderi. Antichi ruderi che hanno perso la loro antica funzione agricola e che sono stati acquistati dall’emiro del Qatar. Cosa fare di questi ruderi Todde non lo dice. Anche così lui comunque li considera belli (titolo dell’editoriale: “Che monotono disprezzo della bellezza”). Bei ruderi.

Gallura, stazzo

Gallura, stazzo

Recuperiamo gli stazzi in chiave agricola? È il cuore della proposta di Marcello Madau che anche lui sulla Nuova Sardegna si è scagliato contro il progetto del Qatar (“è un attacco al paesaggio culturale sardo”) e ha proposto di realizzare una “rete ecomuseale… alla quale afferissero gli stazzi, con la loro storia ambientale e le loro produzioni di miele, formaggio, verdure carni, specie e via dicendo”. Bella proposta, ma quanto fattibile? Non c’è una via di mezzo tra la speculazione edilizia e l’adorazione dei ruderi o il ritorno alla campagna in una zona evidentemente votata al turismo di lusso?

Il punto è questo: quando parliamo di paesaggio e di ambiente in Sardegna siamo condannati ai radicalismi e agli opposti estremismi oppure esistono le condizioni perché nell’isola nasca un “ambientalismo di governo” e non solo di protesta, che sappia dunque trasformare le posizioni come quelle di Todde e Madau in un programma politico facilmente comprensibile dagli elettori e in grado di indicare (e dopo ci torniamo) un solo territorio dove si possa realizzare un campo da golf, anche uno solo?

Anche per l’ambientalismo sardo (così per l’indipendentismo) la sfida è tutta politica, cioè di consenso da costruire attraverso proposte da presentare agli elettori. Altrimenti gli sfoghi restano sfoghi e l’impressione che si ha è alla fine è quella di una sinistra sarda senza bussola che ricorda quella tutta slowfood criticata da De Gregori, dove al posto del no Tav mettiamo il Ppr e il gioco è fatto.

La “bellezza” di cui parla Todde è un concetto estetico e non immediatamente politico. Questo non vuol dire che la politica non possa e non debba difenderla: vuol dire solo che quello di Todde non è un progetto di governo ma semplicemente un nobile sfogo. Che attende qualcuno che lo trasformi in atti amministrativi concreti e credibili. C’è qualcuno che voglia o lo possa fare? Anche perché negli ultimi decenni  le sfide politiche (cioè di consenso) l’ambientalismo sardo le ha perse quasi tutte.

Villasimius, Cala Giunco, spiaggia, concessione demaniale

Villasimius, Cala Giunco, spiaggia, concessione demaniale

Non si può giocare sempre e solo in difesa. L’ambientalismo non può nutrirsi esclusivamente di fortissimi no e di flebili sì. Deve proporre un organico credibile modello di sviluppo e soprattutto deve stare lontano dalla retorica, dal linguaggio esagitato e apocalittico, non può trasformare il dibattito in uno scontro tra opposti estremismi. Tra le mille ragioni per cui Soru ha perso le elezioni del 2009 c’è anche quella di non essere stato in grado di trasformare in progetto politico delle giuste intuizioni, mentre la destra proponeva un programma più lineare e più coerente (che non vuol dire più giusto, ma più comprensibile, meno contraddittorio).

Esiste un ambientalismo maturo, riformista, di governo in Sardegna, capace di andare oltre la logica del proibizionismo totale? La sfida è questa, perché con i radicalismi non si va molto lontano. Duole dirlo, ma purtroppo c’era molta più ragionevolezza nelle parole che Flavio Briatore, interpellato sulla situazione sarda, ha affidato all’intervista pubblicata sull’Unione Sarda qualche giorno fa che non in queste cicliche intemerate di Giorgio Todde, venerato maestro.

Che il Piano paesistico varato della giunta Soru (sempre sia benedetto) vada modificato è opinione condivisa e comune. Per cui a questo punto non modificarlo equivale a modificarlo male. Quali sono dunque le proposte concrete che chi si propone agli elettori come difensore del paesaggio intende avanzare? Francesco Giorgioni qualche giorno fa su questi temi ha stanato Michela Murgia che, dopo una serie di supercazzole in perfetto stile soriano, ha detto: “Quello che faremo lo si capirà dal programma che pubblicheremo in autunno”. Va bene, aspettiamo.

Narbolia, pineta costiera di Is Arenas e gru

Narbolia, pineta costiera di Is Arenas e gru

Sì, ma i campi di golf cosa c’entrano?

Che i Riformatori avessero spinto per approvare la legge sul golf con l’obiettivo non tanto segreto di aggirare il Ppr è cosa evidente. Il golf comunque è, che ci piaccia o no, uno dei maggiori attrattori mondiali di turismo e realizzare un 18 buche (a meno che non sia in una zona tutelata, come quella di Bosa) non è un crimine contro l’umanità.

Ora, c’è un posto in Sardegna dove si possa costruire un normale campo da golf senza scatenare le critiche degli ambientalisti e dei venerati maestri?

Il mio amico Stefano Deliperi del Gruppo di Intervento Giuridico contesta il progetto dei sindaci di Talana e di Triei di realizzare un campo da golf di 18 buche su centro ettari a 10-15 km dal mare (praticamente “in the middle of nowhere”…). Saltiamo a piè pari per il momento la querelle sugli usi civici (anche Deliperi la sfiora appena) e concentriamoci sul progetto.

I due comuni hanno intenzione di pubblicare un bando di gara internazionale e di chiedere un investimento da 100 milioni di euro. “C’è davvero da leggere con cura il bando prossimo venturo per comprendere come possa saltar fuori qualcuno interessato a investire 100 milioni di euro con la sicurezza di guadagnarci proprio lì”.

Sì, ma se si trovasse perché no? E ovviamente non stiamo parlando di golf, ma del futuro. Il nostro.

Vi ringrazio per l’attenzione.

dune, ginepri, spiaggia, mare

dune, ginepri, spiaggia, mare

 

 

Ciao Vito,

approfitto della tua ospitalità per rispondere alla domanda molto importante che hai fatto: “oltre la protesta, l’ambientalismo in Sardegna ha un programma di governo?”  

La risposta è sì.

Senza nulla togliere alle opinioni espresse da Giorgio Todde e Marcello Madau (che avranno certo la loro idea sul presente e il futuro della Sardegna), posso dirti che da tempo all’interno delle associazioni ecologiste Amici della Terra e Gruppo d’Intervento Giuridico onlus sono maturate numerose proposte per un’equilibrata crescita economico-sociale dell’Isola, che abbia come punto di riferimento fondamentale il rispetto e la salvaguardia dei valori ambientali e storico-culturali.

Le abbiamo espresse chiaramente in molte occasioni e sono riportate nel nostro blog (https://gruppodinterventogiuridicoweb.wordpress.com).

Le risposte alle giuste e sacrosante esigenze di crescita, spesso attualmente di “sopravvivenza”, vanno calibrate sulla base della realtà locale: perché a Talana e Triei si sperà in un improbabile Paperon de Paperoni che venga a investire 100 milioni di euro ed elargisca qualche posto di lavoro come muratore o “ragazzo” del green e si rifiuta la creazione di un’area naturale protetta, come il tanto vituperato parco nazionale del Gennargentu-Golfo di Orosei, che può portare ricadute economiche diffuse nel tessuto sociale locale?

Arbus, dune di Piscinas-Scivu

Arbus, dune di Piscinas-Scivu

Agriturismi, albergo diffuso nei centri storici ristrutturati (e non massacrati e nemmeno intonacati), turismo naturalistico, riforestazione (anche a fini di difesa del suolo), ripristino e manutenzione della sentieristica, promozione turistica, utilizzo e promozione dei prodotti eno-gastronomici locali sarebbero invece le linee portanti.

Come accade già in buona parte d’Italia (qui un esempio sull’Appennino marchigiano: https://gruppodinterventogiuridicoweb.wordpress.com/2011/05/31/la-macina-turismo-sociale-e-ambientale-sullappennino/) e nel resto d’Europa.

I parchi naturali portano nella Provincia di Trento una ricaduta annua di 50 milioni di euro in favore dell’economia locale (vds. https://gruppodinterventogiuridicoweb.files.wordpress.com/2011/11/adige0621p-27.pdf): un flusso turistico di “soli” 100 mila turisti all’anno nelle aree protette, con una presenza di “soli” tre giorni, calcolando una spesa onnicomprensiva (soggiorno, ristorazione, ecc.) di 100 euro al giorno significa una ricaduta economica diffusa di 30 milioni di euro all’anno.

Muflone (Ovis orientalis musimon)

Muflone (Ovis orientalis musimon)

Quale cavolo di iniziativa esistente o vaneggiata da politici regionali e amministratori locali in Sardegna – e nelle zone interne in particolare – realisticamente ha un’analoga ricaduta in favore delle collettività interessate?

La risposta è semplice: nessuna.

Però si continua a sbandierare il promesso miliardo di euro di investimenti della Qatar Holding come una vera e propria manna dal cielo, quando ogni anno analoga cifra di fondi comunitari è disponibile in favore della Sardegna, può essere programmata e gestita autonomamente.

E questo accade ormai da vent’anni.

Questi fondi, purtroppo, sono stati spesso e volentieri programmati e gestiti “male”, a pioggia, per opere inutili ma elettoralmente paganti, con logiche talvolta ottusamente campanilistiche.  Se fossero programmati e gestiti correttamente, avremmo una Sardegna diversa e migliore.

Anche qui due proposte concrete e fattibili, soprattutto tenendo conto del fatto che  il 62,7% dei residenti in Sardegna in età lavorativa (dai 15 anni in poi) è privo di qualifica professionale (da Sardegna Statistiche, anno 2009):

* un piano di sistematico risanamento idrogeologico, con interventi di consolidamento e rinaturalizzazione di costoni, pendii, letti fluviali, demolizioni di opere incongrue e ripristini ambientali, forestazioni naturalistiche;

* un piano per la ristrutturazione e il risanamento delle reti idriche isolane, che attualmente perdono circa l’85% dell’acqua trasportata (dati Ordine dei Geologi, ottobre 2011).

Sono interventi di salvaguardia del suolo, di protezione del territorio, di tutela dell’acqua che coinvolgerebbero migliaia di progettisti, tecnici specializzati e maestranze con obiettivi realmente di pubblico interesse. E sarebbero davvero soldi spesi bene, per l’ambiente e per il contesto economico-sociale. Un vero new deal per la Sardegna.

Alghero, Bastioni e centro storico

Alghero, Bastioni e centro storico

Solo due parole su stazzi e dintorni.

Non abbiamo nulla contro la ristrutturazione degli stazzi, mantenendone le caratteristiche architettoniche e culturali.

Il fatto è però un altro.

Dove sono gli interventi immobiliari sbandierati per mesi come il toccasana per l’economia sarda con ben un miliardo di euro di investimenti?    Dove sono i 500 mila “nuovi” metri cubi, un hotel Harrods (150 stanze) a Liscia Ruja, uno al Pevero (90 stanze), un family hotel (200 stanze), uno per clientela giovane (90 stanze), 70 residenze di lusso, 30 di extra-lusso, una pista di go-kart, il restyling dei quattro hotel “storici”, l’antropizzazione, pardon, la valorizzazione di zone ora integre (Razza de Juncu e Monte Zoppu)?

Delle due l’una: o il piano da un miliardo di euro della Qatar Holding è una balla colossale oppure si tratta di un banale tentativo di aggirare normative comunitarie, nazionali, regionali nonché la giurisprudenza costante che richiedono la valutazione unitaria degli impatti sull’ambiente del complessivo programma di interventi turistico-edilizi.  Lo stesso Servizio valutazione impatti della Regione l’ha confermato.

Per capirci: vadano a prendere per il culo i commercianti del bazar, se gli riesce.

Stefano Deliperi, Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

Parco del Gennargentu, manifesto listato a lutto

(foto da mailing list ambientalista, per conto GrIG, C.B., J.I., G.C.F., S.D,  archivio GrIG)

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  1. agosto 29, 2013 alle 9:49 PM

    Un modo diverso ed appropriato di fare politica nel rispetto dell’ambiente storico e naturale. Troppo difficile?

  2. marco
    agosto 30, 2013 alle 9:21 am

    Caro dott. Deliperi,
    condivido le vs. intenzioni anche se constatato che talvolta lanciate il sasso per poi nascondere la mano.
    Sapete cosa vuol dire tentare di combattere contro un gattopardiano sistema di potere?
    Sapete quanto è pericoloso operare per il miglioramento dall’interno dei sistemi?
    Voi spesso siete l’unico serio baluardo a difesa dell’ambiente sardo e siete oggetto di critiche e contestazioni oltre che – immagino – anche minacce.
    Toccate interessi da capogiro che nemmeno voi conoscete.
    Sapete bene che è impossibile fare turismo seriamente – tutto l’anno – con tariffe trasporti da e per l’Italia tanto alte; a tal proposito ben venga GoInSardinia, fatta da sardi per promuovere il turismo in Sardegna. Fiscalità di vantaggio e Agenzia delle Entrate Sarda: doppio modulo per la riscossione e controllo delle effettive prestazioni.
    Filiera corta, trasporto agevolato, cultura diffusa e abbatimento costi.. si ma a quali condizioni e con quali vincoli?
    Lei sa bene che l’unica via per superare una empasse tanto grave e seria è la via dell’affrancamento dai miasmi italiani. E dai mafiosi locali.

    • agosto 30, 2013 alle 5:35 PM

      caro Marco, potrei citarti mille e mille “diifficoltà”, provenienti da ogni parte (anche quelle teoricamente dalla parte dell’ambiente), affrontate nel fare disinteressatamente quello che facciamo.
      Ma lo facciamo.
      Parla di “fiscalità di vantaggio, “filiera corta”, “trasporto agevolato” e chi più ne ha più ne metta.
      Tutte materie affrontabili efficacemente con lo statuto speciale (l. cost. n. 3/1948) esistente da più di 65 anni.
      Abbiamo miliardi di euro di fondi comunitari autonomamente programmabili e gestibili, autonomamente programmati e gestiti.
      Li abbiamo continuativamente da almeno vent’anni.
      I risultati del loro utilizzo – ne converrà – sono scarsi.
      La “colpa” di questo è solo nostra, è della nostra classe dirigente, è nostra perchè li abbiamo eletti.
      E piantiamola una buona volta di auto-assolverci con il richiamo a “cappelli romani” o roba simile.
      La lascio con un video di una delle ultime splendide iniziative della genialità isolana.

      Stefano Deliperi

  3. Nico
    agosto 30, 2013 alle 10:11 am

    sottoscrivo!

  4. Occhio nudo
    agosto 30, 2013 alle 10:13 am

    Deliperi for President!

  5. Stefano Arca
    agosto 30, 2013 alle 3:18 PM

    Belllissimo sopratutto il finale!

  6. Shardana
    agosto 30, 2013 alle 5:23 PM

    Ma di che cosa parla Vito?ambientalismo maturo,capace di andare oltre la logica del proibizionismo……..Parla di ambientalismo in maniera così riduttiva che mi sembra di ascoltare un politico qualsiasi che deve portare avanti la lottizzazione in riva al mare per il mattonaro di turno e al quale sicuramente i proibizionisti si opporrebbero .Gli ambientalisti sardi non sono certo quelli legati ai partiti o alle associazioni partiticizzate…….Gli ambientalisti sardi sono quelli che dicono stop al cemento e si al recupero dell’esistente,al recupero dei centri storici in totale abbandono,alle riserve marine per impedire a voi predatori del mare di razziare forme di vita per farli morire inutilmente e abbandonarli nel bagnasciuga e fare felici i vostri cuccioli ai quali state sottraendo il futuro.All’albergo diffuso,ai percorsi naturalistici,archeologici,all’archeologia industriale,ai percorsi enogastronomici.Invece di campi da golf investiamo in parchi, saline,tonnare dove la gente si immerge a vedere i tonni e non ingabbiarli e lasciarlo portare via per arricchire altri mondi,Via le basi militari e bonifica delle zone contaminate,quirra,teulada,maddalena,capo frasca.Via le industrie inquinanti che avvelenano gente e territorio,via la cricca Igea,i mantenuti della CARBOSUCIS,della portovesme srl,,alcoa e chi da anni prende soldi dallo stato e fa altri lavori rubando oltre che la salute,il lavoro achi paga le tasse.Il vostro mondo stà crollando e continuate a parlare di campi da golf………Ma come diceva Totò…….mi faccia il piacere

  7. Marcello Madau
    agosto 30, 2013 alle 6:50 PM

    Caro Stefano, credo che il tema degli stazzi sia uno dei più insidiosi e per questo interessanti. Ci porta infatti a ragionare sul territorio con strumenti di vincolistica in qualche modo meno diretti, o, se vogliamo – il che si assomiglia molto nella pratica – meno evidenti.
    E nello stesso tempo ci consegna allo spazio non scontato e di per sé dinamico dei paesaggi culturali – che potrebbe ovviamente contenere anche ‘le modificazioni di scuola araba’ . Devo però, prima di andare sul ‘propositivo’, esprimere due osservazioni sul linguaggio, visto che sono stato citato per il mi intervento sul tema, assieme a Giorgio Todde, dalla vivace e attivissima penna (o tastiera?) di Biolchini.
    Lo faccio perché – e lo dico senza alcuna polemica –mi rendo conto che anche la mia assai modesta persona e presenza può essere inglobata in schemi che non necessariamente corrispondono al reale, oppure trasferiscono altre modalità..
    Intanto io non sono – se si dà a questo termine un’accezione di appartenenza associativa militante o comunque la scelta di occuparsi prioritariamente dell’ambiente, un ambientalista. Naturalmente nessun problema sul termine e sul concetto, dei quali porto la massima stima. Spesso mi trovo in comunione di intenti e pratiche sociali con ambientalisti e movimenti ambientalisti.
    Una seconda osservazione mi pare più delicata, e forse maggiormente degna di una riflessione: ho la sensazione, potrei ovviamente sbagliarmi in casi specifici ma mi appare un fenomeno molto avanzato – che il ‘dominio’ della politica, e di una certa politica sempre per definizione complessiva sia molto dentro la costruzione dei nostri punti di vista e sia abitudine e anche maniera. Chi propone una critica e la lettura di un fenomeno in atto può farlo anche parzialmente, ognuno dalla propria ‘poetica’ e posizione, senza dover essere in qualche modo inglobato in una sorta di ‘opposti estremismi’ e vittima di una ‘vecchio’ storico mantra del potere: ‘criticate, ma senza proporre’ (ciò che tra l’altro non sempre è vero). Voglio dire che se io come archeologo ritengo che un determinato monumento sia a rischio per un particolare aspetto, o come docente che ci sia un’operazione particolare sul paesaggio, e lo dico, non è obbligatorio che accompagni la critica o la denuncia all’enunciazione di una visione complessiva del mondo dell’archeologia e di come organizzare la Gallura. Forse bisognerebbe non pretendere ogni volta una visione complessiva o un programma politico. Io non sono un politico, ma un tecnico di beni culturali e ambientali, ho indicato dal mio punto di vista alcuni rischi prioritari e non sono necessariamente tenuto a presentare sul tema un programma politico ‘complessivo’ e che ‘funzioni’.
    Però voglio entrare nel merito, perché il discorso è davvero interessante. Nel mio intervento su ‘La Nuova’ accennato anche a una proposta che a Biolchini non è sfuggita, e non mi convince liquidarla con una sorta di predestinazione al comparto di lusso per la Gallura, o quel pezzo di Gallura.
    Io credo invece che sia molto realizzabile – e altrove ha dato buoni frutti – un discorso di rete su territorio e beni comuni; su quello che Alberto Magnaghi chiama ‘sviluppo locale’, basato sulle proprie risorse. E che questa sia una scelta possibile e fattibile. La politica avrebbe strumenti e mezzi per indirizzarlo. E credo anche che la contrarietà ai parchi sia stata, e sia, un errore grave, non inferiore alla sua ‘calata dall’alto’ con pochissimo conto e ruolo delle comunità residenti.
    Naturalmente tutto si lega e tutto sta. Raccolgo le convincenti indicazioni della tua risposta, e le declino in questo modo: oggi per imboccare la strada dello ‘sviluppo locale sostenibile’ (dando per scontata l’ambiguità del termine sostenibile,ma questo apre un’altra questione; è ovviamente per capirci), sia necessaria una ricostruzione saggia del territorio e delle sue reti, una bonifica di luoghi e strade; dalle numerose violazioni, perché la linea dello sviluppo locale basato su qualità ambientale, cultura e alimentazione ‘pulita’ richiede questo passaggio preliminare.

  8. agosto 30, 2013 alle 6:51 PM

    La parte di risposta offerta da Deliperi al “tenutario” è il punto focale della questione. I campi da golf possono anche avere dei guadagni stratosferici, ma sono guadagni che non restano qua, prendono il volo per altri lidi mentre è qua che si vincolano, sprecano e trasformano ingenti quantità di territorio e di acqua per lo sfizio di quattro ricconi, ne avuto uno come armatore e posso garantirvi che fra Lavagna e le Baleari mi ha fatto ormeggiare in tutti i porti limitrofi a campi da golf ed in ogni porto faceva la spesa nell’ipermercato, mai un souvenir o un prodotto locali, tantomeno camere d’hotel. Se per sistemare quattro caddyes e tre camerieri dobbiamo ogni volta rimetterci quanto ho elencato, be, non è difficile capire quanto non ci convenga averne, di buche oltre quelle di bilancio…

  9. agosto 30, 2013 alle 7:00 PM

    Se per sistemare quattro caddyes e tre camerieri dobbiamo ogni volta vincolare, trasformare e consumare quantità ingenti di acqua e territorio, il conto è presto fatto. I guadagni di quei campi per i quali invochiamo “investitori esterni e stranieri” finiranno sempre in casse “esterne e straniere”. Ebbi un armatore che, fra Lavagna e le Baleari, coast by coast, mi fece ormeggiare in tutti i porti limitrofi a campi da golf, faceva la spesa negli ipermercati e raramente andava in ristorante con la consorte, quando lo faceva si trattava il più delle volte degli stessi ristoranti del Club golfistico visitato. Guadagneremmo molto di più ad affidare gratis quei terreni ai nostri giovani e farglieli coltivare o governare…

  10. agosto 30, 2013 alle 7:01 PM

    mi scuso per il doppione, svista

  11. Juri
    agosto 30, 2013 alle 11:12 PM

    A me pare che il quesito andrebbe rovesciato: è possibile fare una proposta diversa dal solito campo da golf e dalla solita speculazione immobiliare? E poi, perché si ripetono pedestremente i soliti luoghi comuni senza neppure prendersi la briga di approfondire quel minimo che basta per capire se siano fondati o meno? Biolchini avrebbe scoperto subito che gli ambientalisti propongono da tempo, in modo articolato e ponderato un ben preciso modello diverso (quello di cui parla Stefano). Nessun merito particolare, per carità, solo la replica di ciò che in tante altre regioni d’Europa e d’Italia ha dato ottimi risultati. Accusarli di saper dire solo di no mi pare sintomo di estrema superficialità.
    Mah…

  12. agosto 31, 2013 alle 10:49 am

    da La Nuova Sardegna, 31 agosto 2013
    Sardegna in agonia, persi altri 54mila posti.
    Cresce la disoccupazione: 18,6% contro la media nazionale stabile al 12%. L’isola è tra le regioni più in difficoltà. Senza lavoro quattro giovani su dieci. (Piero Giorgio Pinna): http://lanuovasardegna.gelocal.it/regione/2013/08/31/news/sardegna-in-agonia-persi-altri-54mila-posti-1.7662775

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    Solo il petrolio raffinato e il pecorino trainano le esportazioni
    per IL RESTO NESSUN MIGLIORAMENTO.

    Le vendite estere della Sardegna, nel 2012, sono cresciute, giungendo a un livello pari a 6,4 miliardi di euro. Rispetto all’anno precedente l’incremento dell’export è stato intenso: 21,5 punti percentuali. Il dato è così positivo per l’andamento dei corsi petroliferi che hanno sospinto le attività di raffinazione della Saras a Sarroch. Il dato emerge dallo studio «l’Italia nell’Economia internazionale 2012-2013», rapporto sul commercio dell’Ice – Agenzia per la promozione all’estero. Per il primo trimestre del 2013, invece, si registra una forte contrazione nel valore dei flussi: -9,1 % pari a circa 1,4 miliardi. La Sardegna, pur rimanendo la quindicesima regione per valore di export, ha incrementato la propria quota (1,7%) sul totale delle esportazioni nazionali. La localizzazione degli impianti di raffinazione petrolifera ha permesso alla sola provincia di Cagliari di aumentare (23,9%) le vendite estere, andando a rappresentare ben il 93,1% delle esportazioni regionali. Le direttrici geografiche verso le quali si sono indirizzate seguono, in larga parte, il profilo sia degli oleodotti che delle principali rotte marittime mediterranee: Libia (26,6%), Spagna (7,4%) e Turchia (5,9%). Rispetto al 2011, aumenti delle vendite in Turchia (90,9%), Arabia (90,1%), Gibilterra (65,9%) e Albania (55,6%). Tra le prime 10 mete commerciali considerate, si è manifestata una flessione delle vendite estere solo in Spagna (-12,8 %) e in Messico (-6,4%). Riguardo alle tipologie dei prodotti, quelli derivati dal petrolio costituiscono la parte maggioritaria (85,1%) delle esportazioni. Mentre per quel che concerne le tradizionali attività legate alle industrie casearie si è osservata una sostenuta crescita (27,9%) delle esportazioni. Per i prodotti chimici di base, invece, decremento (-16,7%) dei valori di export. Nel 2012 si assiste infine a un lieve calo nel numero degli operatori attivi in Sardegna nell’export (1.280 unità).

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    I numeri dell’ISTAT

    3.6 – LA PERCENTUALE DI CRESCITA DEL TASSO DI DISOCCUPAZIONE NEL SECONDO TRIMESTRE 2013 RISPETTO ALLO STESSO PERIODO DELL’ANNO SCORSO, QUANDO ERA ANCORA FERMO AL 15%
    127mila – LE PERSONE IN CERCA DI OCCUPAZIONE NELL’ISOLA NEL PERIODO APRILE-GIUGNO DI QUEST’ANNO. NEL 2012, CON RIFERIMENTO ALLO STESSO TRIMESTRE, ERANO IN GENERALE 20MILA IN MENO 552mila GLI OCCUPATI IN SARDEGNA (411MILA CON UN RAPPORTO DI LAVORO DA DIPENDENTE)
    39.5 – È LA PERCENTUALE DI DISOCCUPAZIONE TRA I GIOVANI SARDI DI ETA’ COMPRESA TRA I 15 E 24 ANNI, IN AUMENTO DI 0,4 PUNTI PERCENTUALI RISPETTO AL MESE PRECEDENTE

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    Gli industriali denunciano «La colpa è della Regione».
    Il presidente Scanu parla dei progetti bloccati dalla burocrazia La critica alla classe politica: destra e sinistra d’accordo solo per dire «no». (Chiaramaria Pinna)

    SASSARI. Un esercito di 54mila disoccupati. Numeri da brivido che hanno fatto saltare sulle sedie il direttivo della Confindustria regionale e per primo il loro presidente Alberto Scanu, che ieri ha puntato dritto contro la classe politica e soprattutto contro «funzionari, segretari, azzeccagarbugli» che a suo avviso tengono inchiodata la Sardegna alla crisi. «Nel Palazzo non c’è volontà di uscirne, ecco la verità – sbotta tutto d’un fiato –. Dove andremo a finire con 54mila unità in meno, 20 mila nuovi disoccupati? La responsabilità è dei politici e dei boiardi. Alla Regione gli uffici imbrigliano tutto con cavilli, lungaggini, così tengono gli stessi politici e gli imprenditori, i lavoratori, inchiodati. Non si ha idea di che cosa sia la macchina della burocrazia, di come stritoli chiunque abbia un progetto, un’idea. Sia ben chiaro, per chi va a chiede solo permessi e non finanziamenti». Scanu descrive il grande mostro tentacolare che immobilizza gli elettori con le promesse, i disoccupati con i rinvii, gli impresari con i cavilli. «A fronte di questo – aggiunge – c’è il deserto totale di idee e progetti da parte della Destra come della Sinistra. Ecco perchè se l’Italia sta male, noi stiamo peggio. L’unico argomento su cui tutti sono d’accordo è dire “no”, mettere veti a qualsiasi idea, da chiunque arrivi, a prescindere, viene condivisa». «Un esempio? – Dice l’imprenditore – Vogliono il turismo, ora credono solo in questo. Se metti una pietra bloccano sardi e sceicchi che hanno chiamato per portare lavoro e sapete perchè? Perchè non c’è un piano chiaro. Vogliono il turismo ma non le infrastrutture che servono per attrarle. Per questo tirano fuori l’impatto ambientale. Così basta un temporale per vedere centinaia di persone che non sanno che fare perché non c’è nulla di attrattivo, nemmeno un centro benessere, nè locali dove possano giocare i bambini. Il mare, da solo, è un’idea vecchia che solo noi coltiviamo direi quasi con presunzione. Invece non basta e non porta soldi nè occupazione perchè il turista dopo il bagno vuole continuare la vacanza divertendosi. Ma noi abbiamo il chiodo dell’ambiente. Ok teniamoci l’ambiente. Vado avanti: pare che la Sardegna abbia una grande riserva di gas. Senza nemmeno verificare è arrivato un secco “no” alle trivellazioni. Vado avanti: L’industria. Per carità, non parliamo di pane carrasau che va bene, è buono, ma non è l’industria. Piuttosto nessuno parla più del manifatturiero – aggiunge – eppure il polo mettallurgico del Sulcis è una realtà che non possiamo permetterci di chiudere, ma senza il gas metano, per quanto tempo l’industria andrà avanti con i costi energetici insostenibili?». «Restiamo sull’energia – prosegue – : nel 2050 il 10% sarà prodotta dal sole, dal termodinamico. La Sardegna avrebbe molto da produrre e da vendere. C’è un grosso progetto, ma naturalmente è bloccato dai cavilli burocratici. Questo per non parlare di trasporti o infrastrutture, temi ormai giurassici. Piuttosto che lanciare strali sulla Tirrenia, dopo l’aborto della flotta sarda in cui era impensabile credere, sarebbe il caso di sedersi per discutere. Gli industriali sono sempre disponibili al colloquio, siamo pronti a dare idee, a collaborare perchè questo ci permetterebbe di lavorare e dare lavoro, ma sembra che non interessi molto». Segnali di sconcerto arrivano anche da Roma, e Luciano Uras, senatore di Sel sollecita«principalmente al PD, di riunire l’intero gruppo dirigente delle forze democratiche, progressiste, sardiste ed identitarie, della nuova sovranità popolare perché si sprigioni una alleanza programmatica per la Sardegna che abbia un grande obbiettivo: innanzitutto il lavoro». Un’altra occasione per fare i distinguo.

    ———————–

    Meno cig ma cala la speranza di un lavoro. Francesca Ticca (Uil): «In mobilità il 70% di chi ha perso il posto in aziende che non ripartiranno».

    SASSARI. Calano del 68% le ore di cassa integrazione in deroga ma nessuno, nemmeno per un attimo può pensar che sia un dato positivo, che significhi ripresa. Anzi. «Vuol dire che aumenta la mobilità. Se l’azienda non è più in cig significa che ha riacceso i motori, oppure che è in fase terminale – spiega chiaramente Francesca Ticca, segretario regionale della Uil – non vedo aziende in ripresa oggi, e nemmeno in un futuro vicino: la mobilità significa purtroppo vuol dire perdere il posto». Tant’è che l’assessorato regionale al Lavoro ha riaperto i termini per la proroga dell’indennità di mobilità in deroga per il secondo semestre dell’anno in corso, e per la cig i sindacati hanno già chiesto certezza su 240 milioni che servirebbero per soddisfare le richieste di quest’anno. «Sono cambiate anche le proporzioni tra cig e mobilità – spiega Francesca Ticca – in Sardegna oggi i dati si sono ribaltati: i cassintegrati sono il 30%, i lavoratori in mobilità di aizende che non riapriranno i battenti sono il 70%». Il dato che meglio focalizza la crisi è il fatto che nè la politica nè i sindacati sono più in grado di monitorare con certezza il fenomeno di quanti, dopo il licenziamento, cercano una nuova occasione. «Non si iscrivono nemmeno alle liste dei disoccupati – sottolinea il segretario della Uil – la defezione è generale ma il dato che più preoccupa è che siano soprattutto i giovani a non credere nella possibilità di una chiamata. Sono disorientati, si accontentano di un lavoro che si conclude in tempi strettisimi, e accettano di farli in nero». Francesca Ticca non propone ricette astruse, ma sottolinea che i sardi non possono attendere tempi lunghi perchè si parli di ripresa «o l’isola si spopolerà, abbiamo già perso troppo tempo vivendo alla giornata – commenta – dobbiamo recuperare terreno anche rispetto alle direttive ambientali indicate dalla Unione europea. Quindi mettiamoci in regola e poi ripartiamo dalla vocazione della nostra terra: turismo, alimentare, ambiente e ricerca tecnologica puntando sull’industria legata al territorio. Serve coraggio? sicuramente, ma non è più tempo di dare ossigeno a settori che, forse, andavano ancora bene vent’anni fa, ma non certo oggi. Su certe politiche non si può perseverare».(cm.p.)

    _________________________________

    da Sardinia Post, 31 agosto 2013
    Altro che “ripresa”. Siamo al disastro. (Lilli Pruna): http://www.sardiniapost.it/senza-categoria/altro-che-ripresa-siamo-al-disastro/

  13. agosto 31, 2013 alle 11:10 am

    così, giusto per capire le “boiate” fatte autonomamente dalla Regione autonoma della Sardegna.

    da La Nuova Sardegna, 31 agosto 2013
    Tre milioni all’anno per i cavalli. Dopo le proteste del settore Cappellacci incontra 500 allevatori ad Arborea e si impegna sulle misure di rilancio.
    Franco Sionis (Chilivani). Cinque anni fa sono nati 1500 puledri, l’anno scorso 350 Una tragedia alla quale finora nessuno ha dato risposta. (Giampaolo Meloni)

    ARBOREA. L’allevamento dei cavalli in Sardegna potrà rinascere, ma per averne certezza occorrerà aspettare il 16 settembre quando la giunta regionale metterà nero su bianco la delibera che che prevede le misure di rilancio e soprattutto i finanziamenti. L’ha assicurato il presidente della Regione Ugo Cappellacci dando agli allevatori le risposte che aspettavano. Con dettagli sui numeri: 900mila euro in favore del mondo allevatoriale: 200mila sono già stanziati nella Finanziaria regionale, 300mila arriveranno dai fondi dell’agenzia Agris per la ricerca, 400mila ancora dall’Agris per incentivare i montepremi e le giornate di corsa negli ippodromi sardi. Per il futuro, la promessa è di stanziare tre milioni all’anno per sviluppare un piano globale di rilancio del settore, il cui percorso è già stato delineato nel “Tavolo tecnico” che ha lavorato per organizzare il Forum che nella sala congressi dell’Horse Country di Arborea ha ospitato cinquecento allevatori sardi, in una giornata dedicata al ricordo di Bebbo Ardu, grande appassionato di cavalli e già presidente dell’Istituto di incremento ippico (una sua poesia è stata letta dal figlio Mauro). Se gli impegni non venissero rispettati, il 17 settembre sarà giornata di contestazioni nell’ufficio di Cappellacci, dove lui stesso ha invitato scettici e delusi a manifestare quel giorno il proprio dissenso. Con i tempi che corrono e la campagna elettorale alle porte, è un bel rischio. Ma lui ha «voluto metterci la faccia» con il proposito di invertire quel costume della politica parolaia che tanto ha detto e poco o niente ha realizzato nel tempo. Per dare un senso alla parabola, cita l’ex assessore dell’Agricoltura Andrea Prato e chiosa in sardo su quell’esperienza: “Su molenti sardu du frigasa una borta sceti”. L’efficacia degli interventi, sarà più forte «perchè basata sul principio della meritocrazia, destinata ai capaci e non alla generalità, dinamica che altrimenti mortifica chi davvero costruisce». Il cavallo sardo, tra gli obiettivi di Cappellacci, avrà di nuovo una postazione di interesse anche nell’ambito dei Por, i piani europei di finanziamento dai quali era stato escluso. «Con questi interventi – prefigura il presidente – verrà recuperato questo importante e inestimabile patrimonio di competenze, di cultura, storia e tradizione, che rischia di andare perduto. Perciò i nostri sforzi sono concentrati a riconoscere questo settore come agricolo a tutti gli effetti, sia che si tratti di impiego sportivo, di turismo equestre o di ippoterapia». La platea applaude, più volte. Gli allevatori prendono atto ma aspettano la verifica del 16 settembre. Anche per il sostegni agli ippodromi, come più volte richiesto dagli operatori. Lo scenario è drammatico per chi concentra la propria attività sull’allevamento o anche solo sulla proprietà del purosangue sardo o dell’anglo-arabo: cinque anni fa sono nati in sardegna 1300 puledri, l’anno scorso 350. Nei conti dell’economia è una tragedia. «Alla quale nessuno ha dato risposta negli ultimi quattro anni – ha rimarcato Francesco Sionis, presidente dell’Ippodromo di Chilivani –. Abbiamo avuto estrema difficoltà a rapportarci con la giunta regionale. Occorre costituire un organismo che governi la programmazione del settore», ha rivendicato. E agli impegni di Cappellacci risponde: «Staremo a vedere il 16 settembre». Lo scenario è tutto da costruire, anche nell’esportazione, come dice Riccardo Mario Monti, dell’Agenzia integrazione aziende italiane all’estero. «Il sogno – ipoteca Gianluca La Liscia, general manager di Sistemaeventi che ha organizzato l’Endurance Lifestyle in corso ad Arborea –, è di riportare l’eccellenza del cavallo sportivo sardo tra cinque anni ai primi posti all’estero». Un rilancio possibile, secondo il parlamentare del Pdl Salvatore Cicu. «Oggi si apre una breccia che è l’approdo di tre anni di lavoro – dice Pasquale Ittiresu –, presidente dell’Ara, associazione regionale allevatori –. Qualche buona notizia che risponde al nostro programma e alle nostre sollecitazioni finalmente arriva: dal prossimo autunno saranno finanziate e programmate 11 giornate di gare suddivise tra gli ippodromi di Chilivani, Sassari e Villacidro».

    ————————————-

    parole sacrosante.

    «Sì, gli arabi comprano: ma pagano poco».

    «Se la Regione avesse aperto subito le porte ai sardi, così come le ha aperte oggi agli Emirati arabi, le cose sarebbero forse andate diversamente. Invece tutti gli impegni presi finora con gli allevatori sono rimasti lettera morta». Nota stonata e poco gradita quella pronunciata da Gavino Piras, allevatore a Nulvi: «La mia grande passione», spiega per aggiungere che il suo lavoro primario è altro. Contesta senza mezze parole Gianluca La Liscia, organizzatore dell’evento che ha portato all’Horse Country la seconda e ultima tappa dell’Endurance Lifestyle alla quale prende parte lo sceicco degli Eau Hamdan Bin Mohamed Al Maktoum, di cui è braccio destro. «Gli allevamenti in Sardegna sono ridotti perchè anche lei veniva per comprare i nostri puledri a mille euro, mentre il loro valore era almeno di 2500 e ci diceva che se non avessimo accettato quel prezzo avrebbe comprato cento ettari, li avrebbe allevati lei e non li avrebbe più acquistati da noi». Un atteggiamento, dice, che ha demolito l’impegno degli allevatori. «Alleviamo pochi cavalli ma facciamoli pagare il giusto prezzo – insiste Piras –, perchè in questo modo non paghiamo neppure la tassa universitaria di un nostro figlio». Altrimenti «è più onorevole non allevare i cavalli che essere umiliati». L’allevatore fa due conti rapidi: allevare un puledro costa da 3500 a quattromila euro nei tre anni necessari per portarlo alle gare. Che risultato abbiamo se lo dobbiamo vendere per mille euro?». Applausi e strette di mano dagli allevatori. Ma viene anche espulso dal Comitato d’onore che ha organizzato l’evento.

    ——————————————–

    Federici. «Un centro ippico all’Asinara».

    L’anglo arabo e il purosangue sardi costituiscono un grande patrimonio che deve essere tutelato e difeso. Per poterlo fare sono necessarie iniziative che valorizzino tutte le risorse possibili. Una di queste è l’isola dell’Asinara. Come? La proposta arriva da Pasqualino Federici, avvocato, presidente del Parco dell’Asinara, che in questo ruolo si è buttato anima e corpo e che di questo mondo ha subìto un fascino totale. «L’Asinara ha un grande patrimonio di asini albini ma ha anche una profonda e antica vocazione per il cavallo. Il mio obiettivo è di fare dell’Asinara un Centro ippico che abbia la capacità di sfruttare questo patrimonio e favorirne la tutela e il rilancio». La proposta del presidente Federici nasce anche con una forte motivazione ambientalistica. «Da qui, da questo Centro ippico si potrebbe sviluppare una rete di ippovie dall’estremo nord dell’Asinara in tutta la Sardegna». Un “sentiero latteo” lo definisce con richiamo astronomico. E spiega: «Creare le ippovie significa utilizzare il cavallo anzichè i fuoristrada che devastano il territorio». Facile a dirsi meno a farsi. «Per riuscire in q uesto progetto – sottolinea il presidente del Parco – occorre la collaborazione della Regione, che all’Asinara è proprietaria degli edifici e degli animali». Sarebbe un buon inizio, dice, anche per dare concretezza al confronto che in questi giorni anima Arborea. «Mi pare che le risorse impegnate in questa iniziativa siano usate nel modo migliore», è la valutazione di Federici, convinto della bontà delle ippovie: «Anche perchè i cavalli li sappiamo allevare, le jeep non le sappiamo costruire».

  14. Shardana
    settembre 1, 2013 alle 11:23 am

    Il polo metallurgico del Sulcis è una realtà che “Non possiamo permetterci di chiudere”Concordo,prechè come farebbero tutti quei banditi che traggono sostentamento dai soldi rubati all’Europa o concessi da politici compiacenti alle fabbriche dei veleni per mantenere un bacino di voti e parenti sulle spalle di chi si spacca la schiena per sopravvivere dal proprio lavoro.Il cerchio si stringe intorno alle cricche sulcitane,ai partiti,ai sindacalisti,agli avvelenatori……….con i soldi spesi per mantenere in piedi il carrozzone si potevano mandare in pensione migliaia di operai e dare a loro e al territorio un nuovo futuro,

  15. settembre 1, 2013 alle 6:31 PM

    da La Nuova Sardegna, 1 settembre 2013
    Compro oro, simbolo di un’isola disarmata e svenduta. «Nessuno ha quasi mai trovato ostacoli nello sfruttamento dei beni naturali sardi». (Sandro Roggio): http://lanuovasardegna.gelocal.it/regione/2013/08/31/news/compro-oro-simbolo-di-un-isola-disarmata-e-svenduta-1.7665672

  16. Shardana
    settembre 2, 2013 alle 11:54 am

    Il sindaco di calasetta ha iniziato

  17. Shardana
    settembre 8, 2013 alle 10:54 am

    Fiordalisi stà continuando

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