Una proposta di riforma della caccia semplicemente stomachevole.
Francesco Lollobrigida è Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste ed è noto, oltre che per la sua attività politica, anche per prese di posizione che coraggiosamente sfidano qualsiasi limite posto dalla realtà.
Per esempio, ha affermato deciso che noi Italiani “non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica”, tuttavia neppure lontanamente visibile all’orizzonte del Bel Paese, e ha ammonito severamente che “anche l’abuso d’acqua può portare alla morte”, ricordando agli immemori che quando si beve troppa acqua, si affoga.
Ma è soprattutto un cacciatore, figlio e nipote di cacciatori, orgogliosamente non fa nulla per nasconderlo e ha aumentato i finanziamenti pubblici senza rendicontazione alle associazioni venatorie.
Dalla sua mente alacre non può, quindi, che venir fuori una simile proposta di legge sulla caccia, per sostituire l’attuale legge n. 157/1992 e s.m.i.
Un’oscena proposta di legge, solo l’ultima indecenza a favore dei cacciatori e in danno della fauna selvatica e della sicurezza pubblica degli Italiani.
Il GrIG farà tutto il possibile per mettergli il bastone fra le ruote.
Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)
da Il Fatto Quotidiano, 17 maggio 2025
FdI supera (a destra) la Lega per sancire il definitivo regalo di questa legislatura a cacciatori e armieri. Ma la riforma va incontro a rischi di incostituzionalità e a possibili procedure d’infrazione Ue. (Alberto Marzocchi)
Si potrà sparare nelle spiagge. Addirittura Regioni e ministero dell’Agricoltura avranno la facoltà di ridurre le aree protette a favore di quelle in cui sarà possibile cacciare. Si riaprono i roccoli e si liberalizzano i richiami vivi, favorendo il bracconaggio e il traffico illecito di avifauna. Si apre alla caccia senza regole nelle aziende faunistico-venatorie con il riconoscimento della licenza ai cittadini di Paesi esteri: in pratica la natura viene svenduta e diventa il parco giochi dei ricchi, italiani e stranieri (vi ricordate il caso di Trump jr che uccise specie protette nella Laguna veneta?). Francesco Lollobrigida aveva promesso di riformare la 157/92, la legge per la protezione della fauna selvatica e il prelievo venatorio, trasformandola nella legge che antepone la caccia alla tutela della biodiversità. E così sta facendo: un ribaltamento netto della norma introdotta 33 anni fa e, soprattutto, dell’articolo 9 della Costituzione. IlFattoQuotidiano.it lo aveva anticipato lo scorso novembre: Fratelli d’Italia si è intestata la battaglia per liberalizzare la caccia senza controlli, superando (a destra) la Lega, e ora è pronta a presentare il disegno di legge – collegato alla legge di Bilancio – per stravolgere la 157/92 nel prossimo Consiglio dei ministri. L’ennesimo favore alla lobby del mondo venatorio e a quella degli armieri, capaci di assicurare decine di migliaia di voti a ogni tornata elettorale.
CHI CI PERDE – IlFatto.it ha potuto visionare, in anteprima, il ddl. A pagare le spese maggiori di questa riforma sono, innanzitutto, gli animali. La fauna selvatica non viene più vista come un patrimonio della collettività da preservare (secondo la legge è patrimonio indisponibile dello Stato) ma, di fatto, viene considerata come proprietà di chi pratica un’attività ludica – la caccia – ora definita “attività sportivo-motoria con importanti ricadute” sociali, culturali ed economiche (articolo 1, comma 2) che “concorre alla tutela della biodiversità e dell’ecosistema” (articolo 1, comma 1). Uno stravolgimento della realtà che mira a rendere ogni misura a favore della caccia come coerente con i principi costituzionali. Da questo punto di vista, la nuova legge – se entrasse in vigore così com’è scritta – liberalizzerebbe le peggiori pratiche contro l’avifauna. Gli articoli 4 e 5, così come da modifica, permettono la riapertura dei roccoli, gli impianti di cattura vietati dall’Unione europea che, in passato, aveva aperto una procedura d’infrazione nei confronti del nostro Paese proprio contro questa pratica. Non solo: vengono estese le specie da utilizzare come richiami vivi, l’ergastolo a cui gli uccelli sono condannati per “richiamare” i propri simili a cui il cacciatore spara; si passa da sette a ben 47 specie. In più si elimina ogni limite di possesso di volatili provenienti dall’allevamento. Tutte misure che rendono impossibili i controlli da parte dei forestali e che favoriscono il bracconaggio e il già fiorente traffico illecito di avifauna. Infine vengono rimossi i limiti al numero di autorizzazioni regionali per la creazione di nuovi appostamenti fissi di caccia (per la gioia, soprattutto, delle doppiette lombarde).
Ma, naturalmente, la riforma targata Lollobrigida danneggia anche l’uomo (danneggiando la biodiversità, va da sé), e in particolare le persone che frequentano boschi, oasi, campagne e – attenzione – spiagge. Sì, perché l’articolo 10, comma 6, stabilisce che d’ora in avanti si potrà cacciare “nei territori e nelle foreste del demanio statale, regionale e degli enti pubblici in genere”. Finora aree protette: un grave svantaggio per escursionisti, cercatori di funghi, ciclisti e camminatori (e sì, per chi se lo stesse chiedendo, le spiagge sono molto ambite, specialmente dai bracconieri, per l’avifauna marina e quella migratrice). Ma a proposito di aree protette: lo stesso articolo introduce l’obbligo per le Regioni di verificare – entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge – la percentuale di territorio protetto “riportandola all’interno dei limiti previsti se superati”, considerando il 30% del territorio protetto di una regione come limite massimo e, addirittura, prevedendo un potere sostitutivo del ministero dell’Agricoltura (e non di quello dell’Ambiente) in caso di inadempienza. Tutto ciò si pone in contrasto con gli obiettivi assunti dall’Italia, in sede europea, che prevedono il raggiungimento del 30% – minimo – di territorio protetto entro il 2030. In definitiva, le aree in cui si potrà cacciare aumenteranno a dismisura. “Questo testo è frutto dell’arroganza ideologica di un mondo ormai in mano a estremisti che per mezzo di politici compiacenti fa la guerra ai basilari principi del diritto costituzionale ed europeo” commenta Domenico Aiello, avvocato e responsabile tutela giuridica della natura per il Wwf e tra i massimi esperti, in Italia, di tutela della fauna selvatica. “Dopo avere progressivamente ridotto le tutele degli animali, anche beneficiando di situazioni critiche di cui sono diretti responsabili, adesso impongono per legge una visione della caccia del tutto fuori dalla realtà e lontana dal sentire comune, in nome della quale autorizzano un’occupazione delle aree naturali, che sono patrimonio di tutti, danneggiando un settore economico sostenibile in pieno sviluppo e ampliando enormemente le vessazioni, gli abusi e lo sfruttamento che gli animali già subiscono, senza avere la decenza di prevedere nemmeno un minimo rafforzamento delle misure di contrasto al bracconaggio“.
ADDIO ISPRA, ADDIO SCIENZA – Sempre l’articolo 10 inserisce un nuovo aspetto da Far West. È semplice e suona così: le gare di caccia con cani e l’addestramento di cani con abbattimento di fauna selvatica non sono considerati esercizio venatorio e possono essere fatte sia a caccia chiusa sia di notte. Con due gravi conseguenze: il disturbo di specie durante i delicati periodi della nidificazione (su questo punto abbiamo già una procedura d’infrazione per la violazione della Direttiva Uccelli); e l’aumento del rischio di atti di bracconaggio (o di uccisioni involontarie di specie protette). Ma si potrà cacciare al di fuori dei consueti – e fissati per legge – periodi di caccia anche nelle aziende faunistico-venatorie, “previa valutazione d’incidenza”. Una scelta politica, questa, coltivata da tempo da una delle branche di Coldiretti, l’associazione Agrivenatoria Biodiversitalia, che sta promuovendo proprio la caccia privata in aziende nelle quali è possibile creare enormi introiti economici e che diventano attrattive per persone facoltose – italiane o straniere che siano – grazie all’assenza di regole e controlli. Vedere Trump jr nella Laguna veneta che uccide una casarca.
All’articolo 18 viene eliminato il parere vincolante di Ispra, l’organo indipendente e scientifico per la protezione dell’ambiente, nell’adozione dei piani venatori delle Regioni. Al suo posto, viene introdotto il parere del Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale, un organo direttamente controllato dal ministero dell’Agricoltura e di nomina politica. Lo stesso articolo apre alla possibilità di estendere l’attività venatoria anche in primavera, in piena migrazione prenuziale e dunque in contrasto – di nuovo – con la Direttiva Uccelli.
Secondo le associazioni ambientaliste e animaliste (Enpa, Lac, Lav, Lipu e Wwf Italia) “si tratta di un testo intriso di ideologia ed estremismo filo-venatorio che di fatto regala ai cacciatori la fauna selvatica e le aree naturali che la Costituzione riconosce come patrimonio di tutti e delle future generazioni, facendosi beffe della scienza e dei diritti dei cittadini. La devastante ‘riforma governativa’, elaborata sotto dettatura delle frange più estreme dell’associazionismo venatorio, senza alcuna condivisione col mondo ambientalista, presenta elementi di palese incostituzionalità e contrasta con le direttive europee in materia, ma evidentemente tutto questo non sembra interessare chi ci governa: accontentare un proprio elettorato di riferimento vale l’uccisione indiscriminata di centinaia di milioni di animali, la privatizzazione della natura e nuove procedure di infrazione che tanto non pagheranno né i ministri né i cacciatori, ma tutti i cittadini italiani”. Le stesse associazioni puntano il dito contro Giorgia Meloni.
L’ITER E LA FRETTA DELLA DESTRA – Lollobrigida lo ha detto chiaro e tondo, nei giorni scorsi, intervistato dal presidente di Federcaccia, Massimo Buconi: “La legge va cambiato entro agosto“. Perché entro agosto? Perché a settembre parte la stagione venatoria. A inizio maggio, peraltro, una nuova grana ha colpito il mondo venatorio (e, di conseguenza, la politica che ne coltiva gli interessi): il Tar della Lombardia – su ricorso della Lac – ha stabilito il divieto di caccia assoluto e immediato nei 475 valichi montani della regione, tagliando fuori migliaia di appostamenti fissi per l’avifauna, specialmente nel Bresciano e nella Bergamasca. Una sentenza che, potenzialmente, fa da apripista ad altre regioni. E siccome la Regione Lombardia, nonostante lo zelo di Giunta e consiglieri-cacciatori, può fare poco prima di settembre, ecco che interviene il governo. E la sentenza è presto aggirata: il divieto di caccia rimane solo su quelli “situati in una zona di protezione istituita in data antecedente al primo gennaio 2025″. Tradotto: solo in zone protette antecedenti alla sentenza.
È da quando è iniziata la legislatura che la destra tenta in ogni modo di stravolgere la legge sulla caccia, liberalizzandola. Il primo tentativo, riuscito, è stato l’emendamento Foti (Tommaso, l’attuale ministro per gli Affari europei) che ha aperto l’attività venatoria in aree protette e urbane, a qualsiasi ora del giorno. Poi c’è stato quello maldestro – e subito cassato – di Bartolomeo Amidei di FdI, con la proposta, che sollevò numerose polemiche, di dare il fucile in mano ai 16enni. Qualche mese dopo è stata la volta della Lega, col disegno di legge a prima firma di Francesco Bruzzone, iniziativa fallimentare che si è scontrata sia contro l’opposizione parlamentare (M5s, in testa, e Avs) sia contro quella delle associazioni animaliste e ambientaliste (il Fatto Quotidiano raccolse più di 50mila firme, poi consegnate in Parlamento, per fermare il ddl). Ma non va dimenticato come lo stesso governo (leggi, Fratelli d’Italia) stoppò il Carroccio, bocciando gli emendamenti al decreto Agricoltura che riproponevano pari pari il disegno di legge Bruzzone.
E ora? L’escamotage di legare la riforma della caccia al collegato ambientale della legge di Bilancio garantisce a FdI priorità nella trattazione in Parlamento del nuovo disegno di legge. L’obiettivo è di chiudere la partita già a fine luglio o al massimo a inizio agosto, prima della pausa estiva. Col rischio che vengano eliminate le audizioni – in primis, quelle delle associazioni – e che i tempi vengano contingentati.
(foto da mailing list ambientalista, L.A.C., M.F., S.D., archivio GrIG)
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la cosa comico-tragica (ma lo sapete gia) è che in Italia data l’attuale sensibilità che piu o meno tutti hanno verso gli animali, un referendum abrogativo sulla caccia vincerebbe…. (ostacoli dei meccanismi del referendum permettendo)
Grazie, GrIG, per fare opposizione con tutte le forze a questo abominio. Siamo nelle mani di personaggi sprezzanti verso fauna, flora, aria e acqua! L’arroganza e l’anarchia del potere!
È necessario ed indispensabile fermare questa folle deriva “sparatutto”. Auspico e spero che i vari emendamenti in fase di proposta, atti a modificare/alterare la legge che regolamenta l’esercizio venatorio, possano fallire.
Non ci posso credere…..Gia così siamo devastanti per la natura, ci sarebbe bisogno di ridimensionare le nostre azioni, invece che fanno? fate quel che volete uccidete pure gli animali quando e come volete!!!!
L’essere umano sta dando il peggio di se, sia con i suoi simili che con tutta la natura.
ma è tutto vero ?
girare armati di giorno e di notte , ovunque, sparare e uccidere senza ritegno per nessuno, pretendere diritti arroganti su luoghi e natura..
si sono finalmente espressi e fatti conoscere fino in fondo.
non siamo mica fagiani , non c’è niente da temere, torneremo a spiegare tutto da capo
da Il Fatto Quotidiano, 21 maggio 2025
Legge spara-tutto sulla caccia, cresce la protesta contro il governo: “Meloni e Prandini (Coldiretti) responsabili”.
L’impulso al disegno di legge arriva direttamente dalla presidente del Consiglio, mai così vicina al numero uno di Coldiretti. Intanto monta la contrarietà alla norma, dentro e fuori il Parlamento. (Alberto Marzocchi)
Stanno emergendo nuovi dettagli intorno alla bozza del disegno di legge ministeriale che intende stravolgere la legge sulla caccia (157/92), di cui ilFattoQuotidiano.it – entrato in possesso del documento – ha evidenziato, in esclusiva, i principali problemi. Da una parte, secondo ambienti venatori molto qualificati, dietro all’iniziativa non c’è più – o, in ogni caso, non c’è soltanto – il ministero dell’Agricoltura, e dunque Francesco Lollobrigida. L’impulso, infatti, arriva direttamente dalla presidente del Consiglio: stando alle ricostruzioni, Giorgia Meloni si è avvicinata nell’ultimo periodo a Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, già indicato in passato quale sostituto di Lollobrigida proprio dopo l’affaire casalingo che ha riguardato la sorella della premier, Arianna, e gli strascichi del caso Boccia. Dall’altra parte è emersa la ragione per la quale il ddl non è entrato nel Consiglio dei ministri di lunedì 19 maggio. A rivelare il retroscena è stato niente meno che Eugenio Dupré della Direzione generale Tutela della biodiversità del ministero dell’Ambiente: “Esco da un mese di trattative sul testo” ha detto in un convegno alla Camera, “ed è per questo che la presentazione della riforma è stata rimandata”. Ma c’è dell’altro. Dupré ha aggiunto che “alcuni articoli sono in contrasto con la direttiva Uccelli“. Insomma, lo scontro tra i due ministeri è certificato. Cresce intanto la protesta – dentro e fuori il Parlamento – contro una norma che, in contrasto con la Costituzione italiana e le direttive europee, mira a fare strage di animali, a danneggiare natura ed ecosistemi e che, tra le conseguenze, costituisce un rischio per l’incolumità delle persone. Oltreché, purtroppo, non prevedere nessun freno al bracconaggio (e, anzi, favorirlo).
Fucili nel demanio dello Stato (spiagge comprese), spari di notte, aree protette che si riducono a favore di quelle in cui si potrà cacciare, liberalizzazione della cattura di uccelli e dei richiami vivi; caccia aperta anche in primavera e, addirittura, con alcuni escamotage, a stagione venatoria chiusa. I punti critici del disegno di legge (criticati da Enpa, Lac, Lav, Lipu e Wwf e, in misura più soft, da Legambiente) sono molteplici, eppure ce ne sono alcuni, consistenti, sui quali il governo punta, che portano direttamente la firma di Coldiretti. Prandini, infatti, sta ispirando il governo – e direttamente Meloni – in questo delicato dossier, snodo cruciale della legislatura a cui sia il mondo venatorio – capace di spostare decine di migliaia di voti – sia quello armiero guardano da sempre con massima attenzione. E tanto più in queste ultime settimane, da quando cioè Lollobrigida ha preso l’impegno di mettere mano alla riforma, e di farla approvare, entro agosto. Ovvero prima che inizi la nuova stagione venatoria.
L’asse Coldiretti-esecutivo punta a rendere le aziende faunistico-venatorie delle aree “franche” in cui, di fatto, sarà possibile cacciare senza regole. Per prima cosa viene eliminato il riferimento all’assenza di fini di lucro; poi sono previste deroghe per l’immissione di fauna selvatica oltre la data del 31 agosto (favorendo così la cosiddetta “pronta caccia”, cioè l’abbattimento di animali, sottoposti già a forte stress, in una situazione artificiale). In più, ecco l’escamotage: all’interno delle aziende faunistico-venatorie si potrà continuare a uccidere anche nel periodo in cui la caccia è chiusa (“previa valutazione d’incidenza”, si scrive, ben sapendo che Ispra verrà depotenziata in favore dei comitati tecnici, di nomina politica). Infine in queste aree viene eliminato l’obbligo della scelta di forma di caccia da praticare (principio che quanto meno costringe il cacciatore a sapere cosa sta facendo). In definitiva, le aziende faunistico-venatorie vengono trasformate in un parco giochi per persone ricche. Comprese le persone ricche che vengono dall’estero (vedi il caso di Trump jr), poiché il disegno di legge prevede l’equiparazione delle licenze di caccia acquisite all’estero con quelle italiane. Tutte queste misure rientrano nei piani di Agrivenatoria Biodiversitalia, branca di Coldiretti, che si occupa di promuovere la caccia privata.
In queste ore i principali partiti di opposizione stanno esprimendo la propria contrarietà. Questa mattina è intervenuto l’ex ministro all’Ambiente e oggi deputato del M5s, Sergio Costa: “Questa è la totale deregulation della caccia. Cioè, in buona sostanza, il bracconaggio. È una pazzia totale. Per loro ammazzare gli animali protegge la biodiversità. Con tutte queste misure prive di controlli, è anche l’uomo a rischiare la propria incolumità. Sono allucinato, preoccupato e arrabbiato, questo è un golpe ambientale. Faremo una resistenza durissima e senza sconti“. Per la deputata Eleonora Evi del Pd “questo governo si accanisce contro gli animali selvatici con la sua furia ideologica e di propaganda, regalando la natura ai cacciatori: è l’ennesima vergogna. L’idea che la caccia possa essere anche solo lontanamente considerata una pratica che contribuisce alla tutela della biodiversità è semplicemente grottesca, fuorviante e malsana“. Ciononostante l’esecutivo “propone un disegno di legge che calpesta la Costituzione e se infischia delle infrazioni europee già in corso e quelle che verranno”. Per la capogruppo di Avs alla Camera, Luana Zanella, al di là della battaglia parlamentare sul ddl, si deve fare fronte comune per “abolire l’articolo 842 del Codice civile, che consente dai cacciatori quello che non è consentito a nessun’altra categoria, cioè entrare nei fondi agricoli privati per sparare alle prede. Il mondo venatorio più oltranzista è in cerca della sua vendetta contro la legge 157, una norma importantissima che ha trasformato gli animali della fauna selvatica in patrimonio indisponibile dello Stato, proteggendoli per tutelare l’interesse dell’intera comunità e consentendo l’esercizio dell’attività venatoria entro certi limiti, se non contrasta con l’esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole”.
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Legge sulla caccia, il dirigente del ministero all’Ambiente ammette: “Articoli in contrasto con la direttiva Ue”.
È scontro tra il ministero dell’Ambiente e il governo che vuole la caccia Far West.
Il disegno di legge che punta a stravolgere la legge che tutela la fauna selvatica e per il prelievo venatorio (157/92), a sorpresa, non è stato presentato al Consiglio dei ministri di lunedì 19 maggio. IlFattoQuotidiano.it ha letto le bozze e, in esclusiva, ha messo in fila i punti problematici della riforma sulla caccia. Eppure è dal convegno pubblico, organizzato alla Camera dei deputati e dal titolo “Contrasto ai crimini contro la fauna selvatica in Italia tramite il recepimento della Direttiva Ue sulla tutela penale ambientale”, che è emerso il retroscena. Come si può ascoltare nel video, è Eugenio Dupré della Direzione generale Tutela della biodiversità del ministero dell’Ambiente a parlarne: “Esco da un mese di trattative per cercare di smussare alcuni passaggi del testo” ha detto, “ed è per questo che la presentazione della riforma è stata rimandata”. Ma c’è dell’altro. Dupré ha aggiunto che “vanno smussate quelle ipotesi di articoli che, ad avviso di questa direzione, sono in contrasto con la direttiva Uccelli“. Insomma, lo scontro tra i due ministeri è certificato. Dupré ha aggiunto che “spero che possa andare a buon fine un raccordo informale con la Commissione europea prima che sia presentata la legge. Non è un obbligo, ma un tentativo di cercare di lavorare in sintonia col diritto comunitario”.
https://www.facebook.com/share/v/19ryCTFcdA/
da GreenMe, 21 maggio 2025
Giovanni Storti contro il Ddl caccia: “Se tenete alla natura, come fate a fidarvi di questo governo?”
Il celebre attore milanese ha denunciato il nuovo disegno di legge sull’attività venatoria in un contenuto video diventato immediatamente virale. (Riccardo Liguori)
un consulente ritenuto inaffidabile dalla Questura di Salerno.
da Il Fatto Quotidiano, 22 maggio 2025
Al consulente scelto da Lollobrigida per la legge spara-tutto sulla caccia è stato ritirato il porto d’armi.
Dietro alla riforma del governo che vuole fare strage di animali (e distruggere la natura) c’è un professionista – incaricato dal dicastero – a cui è stata ritirata la licenza di porto di fucile. (Alberto Marzocchi)
Continuano a far discutere le bozze, anticipate in esclusiva da ilFattoQuotidiano.it, della riforma governativa che punta a stravolgere la legge sulla tutela della fauna selvatica e sul prelievo venatorio (157/92). Il testo messo a punto da Francesco Lollobrigida – con l’avallo di Giorgia Meloni e del fedele Ettore Prandini, presidente di Coldiretti – sarebbe dovuto entrare nel Consiglio dei ministri di lunedì scorso. La presentazione, da quanto ricostruito, è stata rimandata a causa dei dubbi del ministero dell’Ambiente, il cui direttore generale della Tutela della biodiversità ha parlato esplicitamente di “articoli in contrasto con la normativa Ue”. La ragione è presto detta: diversi punti del testo sono in palese contrasto con l’articolo 9 della Costituzione (quando si vuole caccia libera, senza regole, praticamente ovunque, a tutte le ore del giorno e della notte, anche in aree demaniali) e con la Direttiva Uccelli.
Ciò che ha scoperto ilFatto.it in queste ore è che tra i consulenti del ministro dell’Agricoltura per la riforma, c’è una persona a cui hanno ritirato il porto d’armi proprio a uso caccia. Si chiama Gennaro Barra, è responsabile caccia di Fratelli d’Italia nella Regione Campania, ha un’azienda agricola nel Salernitano ed è presidente di O.P. Centrale del latte di bufala. Questa è la storia: nel 2020 la Questura di Salerno gli rilascia la licenza di fucile, ma due anni dopo gliela toglie. Il motivo lo leggiamo nel provvedimento dell’allora questore Maurizio Ficarra: “Letta la nota della Stazione dei Carabinieri di […] con cui si propone l’adozione di provvedimenti amministrativi nei confronti del Sig. Barra Gennaro essendo, questi, in atto protagonista di una situazione di contrasto sfociata anche in azioni penali reciproche con un suo confinante nonché con un Funzionario tecnico comunale per questioni attinenti evocati abusi edilizi“. E poi: “Ritenuto che il Sig. Barra Gennaro in relazione a quanto prima rappresentato non dia più sicuro affidamento di non abusare dell’autorizzazione a portare armi“, decreta che “la licenza di porto di fucile per uso caccia di cui è titolare […] è revocata per i motivi innanzi indicati”.
Già allora Barra sosteneva, attraverso un post su Facebook, che “riuscirò a spiegare nelle opportune sedi la totale estraneità di un’azione di revoca di un porto d’armi, a fronte di una vicenda di abusi edilizi dove il Tar ha sancito tra l’altro che sono stato vittima“. Secondo il consulente di Lollobrigida “le recenti norme restrittive sulle armi imposte dalla sinistra per proteggere i ladri hanno avuto efficacia anche in questo contesto, costringendo le forze dell’ordine ad avviare atti amministrativi per la revoca alla luce di atti che non hanno nulla a che fare con la violenza, le minacce ecc.”. Raggiunto al telefono, Barra ha confermato di essere uno dei consulenti del ministro dell’Agricoltura nella stesura del disegno di legge. Dopodiché ha spiegato che la vicenda dei presunti abusi edilizi (“un capannone di famiglia che conteneva balle dell’azienda zootecnica”) è stata risolta (la struttura è risultata esssere a norma) dopo “una denuncia del vicino e una mia contro-denuncia. Il ritiro del porto d’armi è scattato in via preventiva”. Barra ha fatto anche sapere che è in corso un’interlocuzione con la Questura di Salerno e che “entro un mese” (dunque a distanza di tre anni dal ritiro) “tornerò in possesso del porto d’armi” a uso caccia.
Adesso va a finire che Il fatto quotidiano, nota testata giornalistica collegata al M5S (e di conseguenza agli animalisti) ha letto il Disegno di Legge (ddl) di modifica della Legge 157/92??
Sono consapevole che scrivo in un forum di un sito votato per la salvaguardia degli animali ma tutto quello che è stato pubblicato fa parte di una grande operazione mediatica con fake news che non hanno nulla di ogettivo su cui basarsi.
Prima aspettate che venga pubblicato il DDL e poi ne riparleremo.
Ad oggi quello che si scrive non ha nessun fondamento. solo ideologia
ciao Pietro, ma pensi davvero che Antonio Marzocchi (Il Fatto Quotidiano) sia così sprovveduto da scrivere così puntualmente di una proposta di legge senza averne il testo, rischiando querele?
Io penso di no.
Tant’è che – con puntuali dichiarazioni – la stessa competente Direzione generale del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha fatto pubblicamente presenti profili d’incostituzionalità e di violazione delle normative comunitarie.
Poi, quando sarà pubblicato il disegno di legge formalmente depositato, stai tranquillo che ci sarà la risposta adeguata.
Buona serata.
Stefano Deliperi
Io vorrei riparlarne dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Cosi avremo tutti le informazioni necessarie.
https://iocaccio.it/legge-sulla-caccia-smontiamo-un-po-di-falsita-circolate-sulla-riforma/
..alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale vi sarà la legge approvata, non la proposta del Ministro Lollobrigida.
Buona serata.
Stefano Deliperi
da Il Corriere della Sera, 26 maggio 2025
Riforma della caccia, il sondaggio: 7 italiani su dieci contrari a una attività venatoria senza regole.
Il ministro Lollobrigida: «Domande tendenziose, anche io avrei risposto no se mi avessero chiesto se si può sparare in spiaggia o cacciare in modo non regolamentato». Tra gli uccelli preferiti la rondine, che gli italiani vorrebbero simbolo nazionale. (Alessandro Sala)
«Se avessero chiesto a me se si può sparare in spiaggia o cacciare in modo non regolato, anche io mi sarei dichiarato contrario». Il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, commenta così i risultati di un sondaggio Swg, commissionato dalla Lega per la protezione degli uccelli (Lipu) da cui emerge che la stragrande maggioranza degli italiani sarebbe contraria ad una modifica della legge che regola l’attività venatoria che vada nel senso di una estensione dei luoghi e dei tempi della caccia, oltre che delle specie cacciabili. Il ministro ha commentato che «per come è stato proposto il sondaggio al campione, sorprende che non sia il 100 per cento contrario alla riforma» e collega le risposte ad una «battaglia mediatica da parte di animalisti e ambientalisti basata su un testo che non è definitivo e in qualche caso basata su veline create ad arte per confondere».
Le parole del ministro lasciano intendere che nel testo non ci sarà la possibilità di sparare sulle spiagge e che non ci sarà una deregulation e che in ogni caso lui sarebbe contrario. «Le modifiche alla legge 157 che regola la salvaguardia della fauna e l’attività venatoria – ha invece aggiunto – avverranno in Parlamento, sarà un intervento equilibrato e seguirà le regole della Costituzione».
Ma cosa è emerso dal sondaggio della Lipu? Relativamente alla domanda sulla bozza di riforma, il 69% degli interpellati – ovvero 1.200 italiani selezionati su un campione rappresentativo della popolazione maggiorenne – aveva risposto di essere d’accordo sul principio che «qualsiasi riforma della caccia deve avere il principale obiettivo nella difesa della natura e degli animali» e il 61% aveva detto di condividere l’idea che «questa riforma è sbagliata perché porterà ad un aumento indiscriminato della caccia». Ad una affermazione più esplicita e di segno opposto, ovvero: «Questa riforma è giusta perché ad oggi c’erano troppe limitazioni per i cacciatori», solo il 14% degli interpellati si è detto d’accordo, mentre il 58% si è detto in disaccordo e il 28% indifferente.
Soltanto una delle domande ha riguardato direttamente l’ipotesi di riforma. La caccia però è rientrata in un’altra, incentrata sulla cura degli habitat, per la quale il 79% ha detto di ritenere fondamentale (50%) o comunque importante (29%) attivare una lotta contro la caccia illegale e i bracconaggio. Il 93% degli interpellati si è detto poi d’accordo sul fatto che la tutela della natura dovrebbe essere una priorità per le istituzioni.
Il sondaggio abbracciava in maniera più ampia il tema del «rapporto degli italiani con la biodiversità e l’avifauna» (questo il titolo dell’indagine) e da esso è emerso che almeno sei italiani su dieci sarebbero a vario titolo disposti a modificare le proprie abitudini di consumo per una maggiore salvaguardia della natura. In particolare ridurre l’acquisto di beni di consumo ad elevato impatto ambientale (il 60% lo farebbe in larga parte, il 33% in minima parte e il 7% non lo farebbe), modificare la propria dieta in direzione più sostenibile (45% in larga misura, 44% in minima parte e 11% contrario a qualunque cambiamento) e rinunciare a opere di urbanizzazione (42% molto convinto, 44% in minima parte, 14% contrario).
Quanto al rapporto con l’avifauna, alla domanda qu quale sarebbe una specie di volatile da adottare come simbolo nazionale il 41% ha risposto la rondine, simbolo di ritorno e legame con la casa, il 25% il pettirosso, il 24% l’aquila o il falco, il 22% il passero. A seguire usignolo, gabbiano, fenicottero/airone, gufo/civetta, cinciallegra, martin pescatore, picchio/ghiandaia, corvo/cornacchia (in percentuali variabili, il totale non fa 100 perché era possibile esprimere fino a 4 preferenze).