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Crolla un seracco di ghiaccio sulla Marmolada. Morti e feriti, compresa la nostra Terra.


Dalla Marmolada, sulle Dolomiti, viene giù una vera e propria valanga di ghiaccio e travolge decine di escursionisti.

Morti, feriti, una triste tragedia, uno strisciante disastro ambientale dovuto all’innegabile aumento delle temperature (il 2 luglio sono stati raggiunti i 10 gradi in vetta).

Nel dicembre 2021 venne giù un pezzo delle Dolomiti Bellunesi.

E’ uno degli effetti dei cambiamenti climatici.

Deforestazioneallevamenti intensivi, incremento della popolazione mondiale, uso dei combustibili fossili sono i principali fattori umani che causano l’effetto serra e, conseguentemente, l’aumento della temperatura globale. L’aumento della temperatura dei mari e la temperatura solare sono i fattori naturali.

Siamo quindi destinati a friggere nel prossimo futuro?

Non è detto.

Sicuramente nei tempi recenti l’aumento della temperatura è stato molto rapido, per i tempi della Terra, però i periodi più freddi (nel 1709 il ghiaccio giunse addirittura nel Mediterraneo) e i periodi più caldi, nell’ordine di qualche grado, ci sono da qualche migliaio di anni, dal termine dell’ultima glaciazione.

Di sicuro gli equilibri della Terra, l’unica che abbiamo, non vanno alterati, in ogni caso.

E la via di efficaci e vincolanti accordi internazionali è l’unica allo stato perseguibile, ma dipende anche da noi, dai nostri singoli comportamenti.

Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

bosco sotto la neve

da Il Fatto Quotidiano, 3 luglio 2022

Marmolada, si stacca un ampio seracco di ghiaccio: almeno sei morti, 10 dispersi e 8 feriti. Sabato record di temperatura in vetta.

Sono state attivate tutte le stazioni del soccorso alpino della zona e almeno 5 elicotteri e unità cinofile sono in zona. I feriti sono stati trasportati in più ospedali. Ieri in vetta registrati 10 gradi

Un grosso seracco di ghiaccio è crollato sulla Marmolada lungo l’itinerario di salita della via normale per raggiungere la vetta di uno dei giganti alpini. Una valanga di ghiaccio, neve e roccia che ha travolto chi si trovava lungo la salita. Almeno 6 persone sono morte, secondo quanto si apprende da fonti dei soccorritori: i corpi sarebbero stati estratti dalla massa di ghiaccio, ma non ancora recuperati e portati a valle. Ancora dieci sono dispersi e altri 8 escursionisti sono invece feriti. Uno è in condizioni considerate “critiche”.

Il distacco, secondo quanto spiega il Soccorso Alpino, si è verificato tra Pian dei Fiacconi e Punta Penia, colpendo decine escursionisti che in più cordate stavano risalendo verso la vetta. Alcuni gruppi di persone illese sono stati accompagnanti a valle dai soccorritori. La situazione è pericolosa perché c’è il rischio di ulteriori crolli e le operazioni stanno procedendo con difficoltà dato che è necessario mettere in sicurezza l’area per ulteriori distacchi. Un elicottero è stato attrezzato con la campana Recco, un’apparecchiatura che permette di ricercare chiunque sia in difficoltà in zone aperte.

Sui profili social del Suem Veneto è pubblicata la cifra indicativa mentre sono in corso ricerche con decine di uomini del Soccorso alpino e cinque elicotteri di Veneto e Trentino. I feriti sono stati ricoverati in più ospedali, da Belluno a Treviso fino a Trento e Bolzano. Sabato sulla Marmolada, considerata la Regina delle Dolomiti, era stato raggiunto il record delle temperature, con circa 10 gradi in vetta. “La situazione è in evoluzione – afferma Gianpaolo Bottacin, assessore regionale del Veneto alla Protezione civile – ed è difficile allo stato attuale dare con certezza conto dell’accaduto. Sto costantemente informando il capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio”.

31 agosto 2020

Al ghiacciaio della Marmolada restano “15 anni di vita”: la previsione dell’Università di Padova.

I glaciologi dell’ateneo denunciano la drammaticità della situazione che emerge dal confronto con oltre cent’anni di misurazioni: il gigante bianco delle Dolomiti “negli ultimi 70 anni ha ormai perso oltre l’80% del proprio volume”. E se il trend sarà quello registrato negli ultimi anni la sua estinzione è sempre più vicina.

Al ghiacciaio della Marmolada restano non più di 15 anni di vita. È la previsione dei glaciologi dell’Università di Padova: la drammaticità della situazione emerge, spiegano, se confrontata con oltre cent’anni di misurazioni condotte dall’ateneo. “Il ghiacciaio negli ultimi 70 anni – afferma Aldino Bondesan, coordinatore delle campagne glaciologiche per il Triveneto e autore con Roberto Francese, dell’Università di Pavia, di indagini sullo spessore del ghiaccio con georadar – ha ormai perso oltre l’80% del proprio volume passando dai 95 milioni di metri cubi del 1954 ai 14 milioni attuali. Le previsioni di una sua estinzione si avvicinano sempre di più: il ghiacciaio potrebbe avere non più di 15 anni di vita”. Entro il 2035 le Dolomiti rischiano di perdere il loro gigante bianco.

La causa non sono soltanto le alte temperature, osserva il professor Mauro Varotto: arretra perché si è assottigliato il volume, non è più un ‘sistema’ vivo, comincia a erodere la superficie e quando lo spessore è inferiore a 1-2 metri lo scioglimento accelera velocemente. Un effetto che per fortuna non è uniforme sull’enorme massa: il ghiacciaio si estende dai 3.300 metri di Punta Penia ai 2.700 metri. Se in alcuni punti lo spessore è ridotto, non ci sono più i 50 metri rilevati dai georadar nel 2005, nelle aree più in salute la Marmolada potrebbe misurare ancora 20-30 metri di ghiaccio.

(foto S.L., archivio GrIG)

  1. capitonegatto
    luglio 4, 2022 alle 5:11 PM

    Uccidere il nostro pianeta, porta a queste tragiche conseguenze. Gli effetti sul rialzo delle temperature prefigurano altri eventi dannosi , dai quali nessun governo o partiti politici, hanno il coraggio di premunirci al meglio. Costoro parlano solo di GUERRA ed ARMAMENTI, cosi aggiungiamo altre vittime e altri disastri ambientali !!!!!

  2. luglio 4, 2022 alle 9:50 PM

    leggere e provare a capire.

    da La Stampa, 4 luglio 2022
    Marmolada, Tozzi: “Abbiamo svegliato l’orso in letargo, c’è un solo colpevole: noi Sapiens”
    Siccità e fusione accelerata dei ghiacciai sono le due facce dello stesso dramma.
    E’ necessario più rispetto per la Terra e meno prostrazione al demone del profitto. (Mario Tozzi) (https://www.lastampa.it/cronaca/2022/07/04/news/abbiamo_svegliato_lorso_in_letargo_ce_un_solo_colpevole_noi_sapiens-5430317/)

    Nemmeno nelle più cupe previsioni si poteva immaginare che il cuore stesso delle Dolomiti, le montagne più addomesticate del mondo, potesse accelerare il suo battito in modo così drammatico e portare morte, distruzione e paura per il futuro.

    Ma la spaventosa valanga di neve, ghiaccio e roccia che si è staccata ieri alla Marmolada non è stata certo un fulmine a ciel sereno, talmente tante e tali sono state la frane e le slavine registrate negli ultimi anni, soprattutto i crolli in roccia, palmare testimonianza dell’arretramento esponenziale delle coltri glaciali in tutte le Alpi.

    Nelle Dolomiti bellunesi due grosse frane di roccia causarono morti nel 2009 (Borca di Cadore) e nel 2015 (San Vito di Cadore). Per non dire delle le frane nel gruppo del Brenta, a Cortina, e un po’ dovunque fino a ottobre dell’anno passato, eventi che non si riesce più nemmeno a registrare con completezza.

    Stiamo passando dal regno dei silenzi immacolati o verdeggianti al frastuono funesto delle frane, soprattutto causate dalla fusione dei ghiacci, che non sostentano più le pareti delle montagne e ne facilitano i crolli.

    I versanti più esposti sono, non a caso, quelli rivolti verso Sud, più sensibili alle variazioni di temperatura. Su quelle rocce, già spaccate e fessurate e sottoposte all’erosione incessante degli agenti atmosferici non più protette dai ghiacci, il passaggio da condizioni sotto lo zero a condizioni sopra lo zero termico risulta determinante per micidiali distacchi.
    Se queste sono le cause contingenti, varrà la pena di ricordare che è sempre il cambiamento climatico che ci sta mostrando le sue diverse facce: da un lato la siccità oltre ogni memoria che si registra nella Valle del Po, le ondate di calore nelle aree urbane, la mancanza di piogge, dall’altro la fusione accelerata di nevi e ghiacci che ha portato già all’estinzione del ghiacciaio più meridionale d’Europa (il Calderone, al Gran Sasso d’Italia) e porterà, nei prossimi vent’ anni, alla fine anche di quelli alpini, eccettuati i più grandi e i più alti in quota (Adamello, Stelvio) che, comunque, arretrano di una ventina di metri all’anno.

    I ghiacciai sono il termometro più sicuro del riscaldamento atmosferico e chiunque può constatarlo, anche senza consultare i dati e gli articoli scientifici che anticipavano lo scenario che oggi drammaticamente si sta realizzando.

    Con buona pace di chi parla di scienziati catastrofisti e allarmi senza fondamento: tutto ciò che gli specialisti del clima avevano previsto si sta puntualmente realizzando, e i confronti con il passato diventano sempre più improbabili.

    Il fatto è che il clima assomiglia a un orso in letargo infastidito dagli esperimenti dei Sapiens: sulle prime risponderà alle sollecitazioni infastidito, ma ancora pesantemente addormentato, e si girerà magari sull’altro lato continuando a dormire. Ma non possiamo sapere quando si sveglierà di soprassalto per reagire all’ennesima azione con una reazione apparentemente sorprendente, ma ampiamente prevedibile, visto che, comunque, prima o poi, dal letargo si esce.

    E ormai sfugge solo a pochissimi che il cambiamento climatico non solo è accelerato, ma non ha nemmeno alcun paragone col passato ed è, inoltre, globale, nonostante ci sia ancora qualche giapponese asserragliato nella giungla delle propria ignoranza, malafede o interesse che ci ricorda, come in un disco rotto, che un tempo la Groenlandia era verde, dimenticando che nell’XI secolo le vallate «verdi» erano due o tre e oggi sono più di quaranta, dimenticando le ragioni di propaganda di Erik il Rosso e i miliardi di dati atmosferici e oceanici su tutto il pianeta, non solo nell’emisfero boreale.

    E nonostante ci sia qualcuno che tira in ballo ancora la radiazione solare come principale responsabile (anche quando la radiazione, indagata attraverso le macchie solari dalla Nasa è più debole), gli dei avversi o il destino cinico e baro, tutto fuorché riconoscere che c’è un solo colpevole il cui nome è Homo sapiens.

    Certo il clima cambia per via del Sole, dei cicli astronomici (quelli responsabili delle glaciazioni quaternarie), delle correnti oceaniche e della posizione dei continenti. Ma è chiaro che queste cause «permanenti» agiscono sui tempi delle migliaia o delle decine di migliaia di anni, mentre c’è solo un parametro che ha tempi brevissimi ed è quello del carbonio in atmosfera.

    Ed è l’unico parametro su cui possono agire anche i Sapiens attraverso le loro attività produttive, e poco conta che i quantitativi umani siano molto minori rispetto a quelli naturali, perché si tratta di un sistema all’equilibrio: basta un grammo in più per spostarlo.

    Tutti gli specialisti del mondo sul clima hanno su questo la stessa opinione, fatta salva qualche eccezione su fattori poco rilevanti rispetto allo schema generale. L’umanità ha messo in piedi un gigantesco esperimento sul clima senza pensare che non abbiamo un pianeta B e che chi ci ha prestato il mondo sono i nostri figli, non una specie aliena indistruttibile.

    E non è un problema di tecnologia: di quella ne abbiamo fin troppa e, anzi, l’affidarcisi troppo rende meno preparati al momento in cui, comunque, toccherà affrontare la natura, questo mostro che tentiamo di tenere fuori dalla nostre mura domestiche.

    Non saremmo mai immuni rispetto al clima. E hai voglia a tenerci lontani dai luoghi insicuri, magari pulire i greti dei fiumi e studiare inseminazioni artificiali delle nubi per far piovere, qui il problema è che riduciamo queste operazioni a un fatto puramente tecnico, mentre meriterebbero ben altra cura, comprensione e ragionamenti.

    Ci vorrebbe rispetto per la Terra e per i suoi viventi e minore prostrazione rispetto al demone del profitto, perché il giorno della fine del benessere, il portafoglio pieno non servirà a granché. E consapevolezza che essere invulnerabili non è prerogativa dei viventi su questo pianeta, Sapiens compresi.

  3. stanjslavairene@virgilio.it
    luglio 8, 2022 alle 11:44 am

    Egregia associazione mi dite come sia possibile con questa emergenza climatica che ha portato una siccità devastante ,nonostante questo la regione ha dato il consenso di disboscare il centro di un bosco per fare un lago artificiale per l innevamento artificiale delle piste da sci.Siamo senza acqua e loro pensano allo sci. Non sono bastati i morti della Marmolada per far desistere gli escursionisti di rispettare l ambiente, anzi il giorno dopo la catastrofe volevano andare tutti proprio in quella zona. Basita e schifata da questa stupida insensibilità. Volevo chiedervi usando lo stato di emergenza ambientale dichiarato da Draghi possiamo chiedere il fermo caccia per il 2022.In Italia come in Europa gli animali muoiono per il caldo,mancanza d acqua e di cibo,l apertura della caccia causerebbe altri morti portando la situazione ad una situazione di non ritorno.La fauna selvatica è proprietà indisponibile dello stato e quindi in questo caso di stato di emergenza ha il dovere per legge di tutelarla.Ancora Draghi ha detto che l Italia inviando armi,aiuti e accogliendo profughi ucraini è in uno stato di guerra,possiamo usare questo fatto per bloccare la caccia notturna,inammissibile in questa circostanza è vietato per l incolumità pubblica avere persone che girano la notte armate di arco e frecce, fucili o altre armi.Possiamo usare ha nostro favore e come ciò che è stato detto da Draghi e sostenuto dal governo per salvare gli animali.Cordiali saluti Irenka Bojda

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