La devastante rapina ai danni delle foreste della Romania.


Romania, Carpazi, foresta tagliata e depredata (foto Balcani e Caucaso)

E’ il sacco delle ultime grandi foreste vergini rimaste nel Vecchio Continente.

In Romania, particolarmente nei Carpazi e in Transilvania.

Si stima che ogni anno in Romania vengano tagliati illegalmente circa 20 milioni di metri cubi di legno, soprattutto da parte di imprese del settore austriache.

Povertà, corruzione, pressapochismo, ignavia, criminalità organizzata presiedono a un vero e proprio disastro ambientale.

Il 12 febbraio 2020 la Commissione europea ha inviato alla Romania una lettera di costituzione in mora – il primo passo della procedura di infrazione per violazione o mancata applicazione del diritto comunitario (artt. 258-259 TFUE) – a causa della drammatica situazione della gestione forestale: “nel caso della Romania, le autorità nazionali non sono state in grado di controllare efficacemente gli operatori e di applicare sanzioni adeguate. Le incoerenze presenti nella legislazione nazionale non consentono alle autorità rumene di sottoporre a controllo grandi quantitativi di legno di provenienza illegale. La Commissione ha inoltre constatato che le autorità rumene gestiscono le foreste, anche autorizzando il disboscamento, senza valutare preventivamente le conseguenze sugli habitat protetti, come invece richiesto a norma della direttiva Habitat e delle direttive sulla valutazione ambientale strategica. Si registrano inoltre carenze nell’accesso del pubblico alle informazioni ambientali contenute nei piani di gestione forestale. La Commissione ha altresì rilevato la perdita di habitat forestali protetti all’interno dei siti Natura 2000, in violazione delle direttive Habitat e Uccelli”.

Tempi difficili per le grandi foreste europee.

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

da Osservatorio Balcani e Caucaso, 6 aprile 2020

La mafia del legno e la deforestazione in Romania.

Benché siano tra le ultime rimaste in Europa, le foreste vergini dei Carpazi sono prese d’assalto e devastate. Parte di questo business multimiliardario è gestita da un sistema mafioso che coinvolge pesantemente anche le aziende austriache che si occupano di legname. (Christoph Lehermayr, Sebastian Reinhart , Johannes Kaiser)

(Questo articolo è stato originariamente pubblicato da Addendum)

“Fai attenzione se ti inoltri nella foresta da solo. Può essere pericoloso. Possono succedere strane cose, c’è chi non ne è mai uscito”. Ecco cos’hanno detto all’uomo che minacciava di dirlo a tutti, di far conoscere al mondo quel sistema fatto di raccolta e commercio di legname illegale. Lui stesso faceva parte di quel sistema, ma era pronto a uscirne e a rischiare tutto.

Un’azienda imbrigliata nei suoi stessi ingranaggi

Serve un grande lavoro per trasformare i tronchi in tavole di legno. File di camion consegnano giorno e notte tronchi a immensi impianti di lavorazione, dove il legno viene misurato e posizionato su un trasportatore, gli viene tolta la corteccia e viene montato nella sega. Quaranta tronchi al minuto, 2.400 ogni ora, 28.800 ad ogni turno. La più grande azienda del settore della trasformazione del legno in Romania ha una fame insaziabile di legno. E quel trasformatore è rappresentato da un misterioso uomo austriaco: Gerald Schweighofer.

Nel 2018, lo staff della Schweighofer   venne accusato di associazione a delinquere e di coinvolgimento in azioni di disboscamento illegale, frode fiscale e pratiche commerciali sleali. “Le indagini sono ancora in corso; stiamo aiutando le autorità e non rilasceremo altre dichiarazioni”, ha affermato Michael Proschek-Hauptmann, che dal 2017 rappresenta il volto del cambiamento nell’organizzazione di Schweighofer. Responsabile della conformità e della sostenibilità, Proschek-Hauptmann è un esperto riconosciuto nei temi ambientali ed è arrivato da Vienna per offrire ad Addendum un tour in una delle segherie di Schweighofer, nella città transilvana di Sebeș. 

Fino a non troppo tempo fa le visite dei giornalisti terminavano ai cancelli esterni dell’impianto. E si sapeva quello che succedeva agli attivisti: venivano regolarmente allontanati con lo spray al peperoncino dal personale di sicurezza. La nuova parola d’ordine ora invece è “apertura”. 

La società austriaca è infatti sospettata pesantemente di coinvolgimento nelle pratiche di disboscamento illegale delle ultime grandi aree di foreste vergini in Europa. A Schweighofer è stata revocata la prestigiosa certificazione Forest Stewardship Council (FSC) per il legname prodotto in maniera sostenibile. Il rapporto di 110 pagine dell’inchiesta FSC, consultato da Addendum, parla di “prove chiare e convincenti” che dimostrano che Schweighofer era “sistematicamente coinvolto […] direttamente e indirettamente nel commercio di legno raccolto e/o trattato in violazione di leggi e regolamenti esistenti” ed era associato “con persone e aziende con un passato criminale e corrotto”.

L’abbattimento delle foreste vergini

La posta in gioco in Romania è alta: il paese ospita, infatti, un paradiso naturale unico al mondo, dove vivono lupi, orsi e linci, oltre a piante che altrove sono già estinte da tempo. E mentre gli ambientalisti stanno cercando di ridurre le emissioni di CO2 facendo campagna contro il trasporto aereo e chiedendo divieti di circolazione per le automobili nelle città, un singolo faggio di 150 anni assorbe 9 tonnellate di CO2sufficienti per compensare un viaggio di 56mila chilometri in auto.   

Eppure questi alberi, insieme ad altri anche più antichi, vengono abbattuti indiscriminatamente. Perché? Dietro al legno c’è un business che genera avidità, violenze e minacce. E addirittura omicidi. 

Con l’aiuto di immagini satellitari, Global Forest Watch   ha calcolato che in Romania 317mila ettari di foresta sono stati abbattuti tra il 2001 e il 2017, l’equivalente di 444mila campi da calcio. La metà di questi alberi si trovavano in parchi nazionali o in aree protette ed erano centenari. “Mentre il disboscamento della foresta pluviale amazzonica ha commosso il mondo, quasi nessuno si rende conto che l’Europa ha un patrimonio di foreste vergini che sono altrettanto importanti. I rischi che stanno correndo rimangono una storia non raccontata”, spiega David Gehl dell’Environmental Investigation Agency (Eia), una Ong statunitense che indaga sullo sfruttamento della natura in tutto il mondo. Il rapporto dell’Eia accusa Schweighofer di aver ottenuto “illegalmente la maggior parte del legname” e di aver “mentito riguardo all’origine dei suoi prodotti per oltre dieci anni”. 

L’arrivo degli austriaci

Il racconto dello sfruttamento delle foreste romene non sarebbe esaustivo senza entrare nel merito del ruolo delle imprese austriache. I nomi di queste aziende non sono noti al grande pubblico, ma si tratta di leader del mercato a livello mondiale nei rispettivi rami della filiera del legname. 

I giganti nel settore devono aver pensato di aver vinto alla alla lotteria quando hanno scoperto il loro nuovo Eldorado: la Romania, uno dei paesi più poveri dell’Ue. Uno di questi colossi era Schweighofer: a partire dal 2002, ha iniziato a vendere le sue segherie in Austria, utilizzando i profitti (a nove cifre, secondo quanto riportato) per la costruzione di impianti di gran lunga più grandi in Romania. I politici romeni hanno salutato positivamente l’arrivo degli austriaci. Schweighofer ora ha più di tremila dipendenti, un fatturato di 762 milioni di euro e cinque stabilimenti nel paese, produce pellet e legnami segati, incollati e profilati venduti in tutto il mondo.

C’è anche la società Kronospan, azienda che fa parte della dinastia industriale salisburghese Kaindl: con un fatturato annuo di oltre due miliardi di euro, è il più grande produttore al mondo di pannelli in legno, e annovera Ikea tra i suoi clienti. Insieme alla loro consociata svizzera, Swiss Krono, Kaindl è uno dei principali attori attivi nei Carpazi.   E infine c’è la società Egger, una multinazionale con 18 siti in 8 paesi diversi. 

Una volta avanzate le richieste e firmati i contratti, quando l’ente forestale di stato in Romania, Romsilva, notoriamente corrotto, ha fornito le licenze, il tutto ha avuto inizio: dall’arrivo degli austriaci nel 2003, in Romania sono stati abbattuti circa 260 milioni di alberi.

Lupo (Canis lupus)
Minacciati e picchiati

Fin dall’inizio dell’incontro, il responsabile per la sostenibilità di Schweighofer, Proschek-Hauptmann, sottolinea che “noi non distruggiamo le foreste vergini”. L’uomo ha abilmente evitato ogni tentativo di toccare la questione del passato della società, preferendo presentare relazioni, mostrare dati, puntare sul sistema GPS per il tracciamento dei camion appositamente sviluppato dalla società. Questo sistema dovrebbe verificare l’origine di ogni singolo albero e dimostrare che Schweighofer è una società che non accetta più legname da parchi nazionali. 

Più lo ascoltiamo, più siamo tentati di credergli. O meglio lo saremmo, se non fosse per le storie degli uomini che hanno rischiato la loro vita per dimostrare le pratiche di questa azienda prima di questa svolta. 

Andrei Ciurcanu è uno di questi: l’uomo, ben piazzato, avrebbe potuto essere lui stesso un boscaiolo se non avesse invece deciso di occuparsi di chi sta distruggendo le foreste del suo paese. Ciurcanu ha passato molto tempo nelle zone più selvagge, ha fatto per giorni la vedetta e ha documentato le manovre di cui è stato testimone. Ciurcanu ha girato immagini   spaventose che mostrano paesaggi lunari dove prima sorgevano foreste. 

Lui e Gabriel Paun, il suo superiore alla Ong di protezione ambientale Agent Green, sono stati minacciati e malmenati da persone non identificate. È anche accaduto che il cavo del freno della loro auto venisse tagliato. In un’altra occasione, Paun ha subito l’attacco di un virus informatico che ha distrutto 6 gigabyte di dati sul suo computer, che è stato impossibile riavviare. “Sin dall’inizio, Schweighofer ha costruito il suo intero modello di business sull’acquisto legale di legname illegale. Era risaputo, tollerato e talvolta addirittura incoraggiato. Non sono l’unico a dirlo: è stato confermato dagli investigatori dell’Unità per la criminalità organizzata”, ha spiegato Ciurcanu parlando da Bucarest. “E ora, all’improvviso, vogliono farci credere di essere diventati ambientalisti?”

Da dove proviene davvero il legname?

Ciurcanu fa riferimento alle sue indagini più recenti, che sembrano mostrare che a essere cambiato è solo il modus operandi di Schweighofer. Molti fornitori non consegnano il legname alle segherie direttamente da una foresta ad uso commerciale, ma lo portano presso siti di stoccaggio, dove hanno la possibilità di mescolare legname abbattuto legalmente e altro ottenuto illegalmente, prima che venga dichiarato legale e effettivamente fornito all’azienda. Ciurcanu spiega che nel caso della Schweighofer, questo trucco permette di aggirare il sistema di rilevamento GPS dei camion, dato che viene registrato solo il viaggio dal sito di stoccaggio alla segheria. Inoltre, Schweighofer continua ad acquistare legname da fornitori che abbattono alberi nei parchi nazionali.

Parlando dei siti di stoccaggio del legname, Proschek-Hauptmann tuttavia sostiene di avere tutto sotto controllo: “Sono strutture rigorosamente regolamentate: tengono aggiornato un registro con le consegne e tutto ciò che può essere controllato”. Secondo i loro dati, quasi la metà del legname rumeno di Schweighofer non proviene direttamente dalle foreste, ma da siti di stoccaggio come questi. Per questo motivo, la Eia afferma che è quantomeno ingenuo, da parte di società austriache che operano in questo ambiente spesso corrotto, riporre improvvisamente la propria fiducia nell’onestà dei loro fornitori romeni. Spiega Proschek-Hauptmann: “Abbiamo sviluppato sistemi di controllo interno e previsto almeno una volta all’anno delle visite a ogni operatore dei siti di stoccaggio”. Ma anche ora, il sistema di rilevamento GPS della società non è in grado di monitorare l’origine di ogni singolo tronco per metà del legname proveniente dalla Romania.

Poca azione, molto legname

Ormai è tardi a Sebeș, la piccola città della Transilvania che ospita le società Schweighofer e Kronospan. Matthias Schickhofer   è in città. È un fotografo con diverse pubblicazioni all’attivo, in cui ritrae la bellezza delle ultime foreste vergini d’Europa e racconta la minaccia che stanno subendo. Lavorando con Euronatur  , una fondazione tedesca per la conservazione dell’ambiente, si è concentrato sulla Romania per un lungo periodo. Infatti, anche se due terzi delle foreste vergini sopravvissute in Europa centrale si trovano in Romania (per circa 200mila ettari), solo circa un decimo ha una qualche forma di tutela.

Per illustrare il problema, Schickhofer apre Google Earth sul suo computer. Sul suo schermo vola sulle fitte foreste dei Carpazi e ci mostra un’area dove fino a pochi anni fa c’era una fitta foresta di faggio. Ora ci sono solo enormi macchie di colore marrone circondate dal verde. “Tutta questa area disboscata si trova all’interno di parchi nazionali o della rete di protezione ambientale Natura 2000″, spiega. “Le autorità forestali statali si attaccano a qualsiasi infestazione, anche su piccola scala, che si tratti del coleottero o di danni provocati dalla tempesta, come pretesto per distruggere intere colline, una dopo l’altra”. Gli spazi marroni erano solo cicatrici nella foresta; ora sono tutto ciò che resta: un unico appezzamento marrone di terra nuda.

“Bruxelles dovrebbe esercitare pressioni reali per fermare il conglomerato di dipartimenti forestali dello stato, vecchie reti e clan corrotti che distrugge gli ultimi resti di queste foreste vergini. Ha funzionato in Polonia, dove la Corte di giustizia europea ha interrotto la deforestazione della foresta di Białowieża   con la minaccia di pesanti sanzioni”.

Quando il cancro arriva in città

Ana Haţegan è in piedi a lato di una strada trafficata: enormi autocarri carichi di legno le passano di fianco. Sono diretti ai cancelli della Kronospan. Dai suoi camini, dense nuvole di fumo salgono verso il cielo. Qui la società produce formaldeide, utilizzata per incollare i pannelli truciolari. Al di sopra di una certa concentrazione, il prodotto chimico è classificato dall’Oms come sostanza cancerogena.

“Il nostro gruppo ha combattuto più di dieci anni: abbiamo organizzato proteste a cui ha partecipato metà della città. Questa è una zona residenziale, ci sono bambini che ci vivono e non abbiamo nessuna fiducia nelle misure adottate dalle istituzioni” spiega Haţegan, che prosegue raccontando come Kronospan ha avuto il permesso di costruire la sua fabbrica, che produce 30mila tonnellate di formaldeide ogni anno, senza alcuna forma di valutazione dell’impatto ambientale. Quando la Romania è stata portata dinanzi alla Corte europea di giustizia per questa violazione, in un primo momento è sembrata una parziale vittoria. Ma poi Kronospan ha annunciato che stava progettando di raddoppiare la produzione di formaldeide a Sebeș: “L’aria era già irrespirabile, quindi siamo tornati a manifestare in strada. Abbiamo depositato denunce e richiesto valutazioni indipendenti”.

Haţegan descrive l’estenuante battaglia di comuni cittadini contro un colosso globale, forte del sostegno dei politici locali. Ci mostra documenti provenienti dall’ospedale della città: pare ci sia stato un incremento nel numero di disturbi alle vie respiratorie che coinvolge tanti residenti. Ulteriori ricerche hanno rivelato che a Sebeș ci sono più casi di cancro rispetto alla media del distretto in cui si trova. “Continuando a combattere, ottieni i documenti”, spiega Ana Haţegan, “leggiamo qualsiasi cosa così almeno hai una possibilità che le procedure complesse possano iniziare, anche se alla fine non ottieni nulla. Mi è stato detto che serve un anno intero di valutazioni indipendenti che costerebbero diecimila euro. Dove dovrei trovare una somma simile?”

Bisonte europeo (Bison bonasus)
“Ti uccideremo”

Per tutto il tempo in cui ha parlato Haţegan, Matthias Schickhofer ha continuato a guardare l’entrata dell’impianto Kronospan: è sconvolto. Si è formata una lunga coda di camion, carichi di tronchi, prevalentemente legno di faggio e di quercia, tutti diretti verso l’enorme impianto della società. “Tronchi come questo provengono quasi sicuramente da foreste antiche e molto probabilmente vergini”, ci spiega. “Kronospan afferma di non utilizzare legname proveniente da foreste vergini o aree protette, ma a giudicare da quanto si vede qui nutro molti sospetti. Un camionista mi ha appena detto che i grandi faggi sul suo tir provengono dalle montagne di Tarcu, un’area protetta Natura 2000″.

Per capire appieno l’entità del disboscamento illegale, bisogna analizzare i dati non pubblicati fatti trapelare dagli attivisti alla fine del 2018: provengono dagli inventari forestali romeni – non accessibili al pubblico – e dimostrano che circa 38,6 milioni di metri cubi di legname sono stati sottratti alle foreste tra 2014 e 2018. La quantità consentita legalmente, secondo i piani di sfruttamento dei boschi, era 18 milioni di metri cubi. Ciò significa che la quantità totale abbattuta è stata doppia rispetto al limite legale, e che 20 milioni di metri cubi rappresentano legname definibile “mafioso”.

Abbiamo bisogno di qualcuno che possa contestualizzare il tutto, qualcuno che conosca il sistema dall’interno. Un uomo alto e longilineo con gli occhiali ci attende tra gli alberi: Mihail Hanzu, un ingegnere forestale che è stato ispettore forestale per un comune vicino a Sibiu. Quello che Hanzu ha osservato in quei luoghi è la storia delle foreste della Romania: “Ci sono voluti due mesi per farmi diventare sospettoso, quattro per essere certo, e sei per cominciare a ricevere minacce di morte”. L’errore di Hanzu? Ha puntato i riflettori sul più grande segreto di questi traffici: come gli alberi abbattuti illegalmente vengono trasformati in legname prodotto legalmente – e come gli interessati riescono a guadagnarci milioni.

“Era un intero sistema, dal sindaco ai miei colleghi del dipartimento forestale. Ho trovato più di 50 modalità diverse di frode, la più comune delle quali era sottovalutare deliberatamente i volumi. Segnano un albero da tagliare e nei documenti viene scritto che misura 18 metri, anche se effettivamente ne misura 40, e che ha un diametro di 25 centimetri, anche se in realtà si tratta di 50. Quella differenza rappresenta una grande quantità di denaro, che finisce nel loro sistema. Il comune rilascia una licenza per l’abbattimento, le imprese vendono il legname a intermediari che lo conservano nei loro siti di stoccaggio per poi consegnarlo alle segherie insieme a tutte le necessarie dichiarazioni legali”.

La dimensione della frode ha sconvolto Hanz. Si è segretamente introdotto nei boschi, ha preso le misure e ha scoperto enormi aree eliminate illegalmente. Alla fine si è rifiutato di continuare a firmare i documenti che coprivano la truffa. “Eravamo là, nella foresta, in piedi davanti agli alberi abbattuti illegalmente. Io, il mio capo, un altro ispettore forestale e l’agente di polizia locale. Ho detto che non volevo avere più nulla a che fare con questa storia.” Il suo collega gli ha sibilato: “Se non lo fai, troverò un paio di zingari che ti uccideranno nella foresta.”

La ministra avvelenata

Sono seguite altre minacce. Fino a quando finalmente Hanzu ha consegnato la sua testimonianza e si è recato dagli investigatori, con l’intenzione di rivelare tutto e porre fine a un sistema che si stima abbia sottratto 8 milioni di euro in un decennio, e soltanto nel suo piccolo comune. Gli investigatori dell’unità criminale avevano una telecamera nel loro ufficio che registrava tutto. Improvvisamente, è entrata una donna che ha detto loro di continuare il colloquio in un altro ufficio. Così sono usciti in corridoio, dove Hanzu e l’agente erano soli e non osservati. A quel punto, l’agente gli ha detto “Non abbiamo un altro ufficio. Vattene!” Solo per caso, Hanzu intravide una lettera anonima indirizzata al ministro delle Foreste, che lo diffamava in vero stile Securitate definendolo un “pericolo per la società” e un “malato mentale”. Solo in seguito è stato dimostrato che tutto ciò che Hanzu aveva sostenuto era vero.

Quando gli chiediamo se questo sistema è solo un caso isolato, esita brevemente prima di rispondere: “Se questa non è una mafia, che cos’è allora? Si tratta di una rete criminale organizzata che sta distruggendo ampie zone di foresta. Questa mafia nel frattempo si è arricchita enormemente e ha superato il punto in cui può essere fermata”. 

Mihail Hanzu è un whistleblower, qualcuno che denuncia un illecito e che lancia un allarme – e lo ha fatto perché ama la foresta. Quando gli chiediamo che ne pensa del ruolo svolto dalle aziende austriache in questo sistema, fatica a credere alle loro rassicurazioni. “Sono quelli che immettono denaro in questo sistema. Anche se volessero, ormai non potrebbero fermarlo. Ma queste aziende sapevano a cosa andavano incontro quando sono arrivate in Romania.”

Chiunque costituisca una minaccia per questo sistema deve essere pronto al peggio, che sia un attivista per l’ambiente, un ispettore forestale… o un ministro. All’inizio di gennaio 2018, la ministra dell’Acqua e delle Foreste della Romania, Doina Pană, si dimise improvvisamente. Fino ad allora aveva cercato di portare avanti azioni forti contro il commercio illegale del legname. Si disse che era caduta vittima di una grave malattia, ma in seguito l’ex ministra ha spiegato che, nell’autunno del 2017, aveva di colpo iniziato a sentirsi sempre peggio, come testimoniato dai medici. Solo dopo le sue dimissioni, test completi e un rapporto tossicologico hanno portato a un verdetto incredibile: probabilmente la ministra era stata avvelenata con elevate dosi di mercurio per un lungo periodo di tempo.

In un’intervista con la piattaforma online Ziar de Cluj  , la politica, che ora si è completamente ripresa, ha rivelato che l’attentato alla sua vita era stato organizzato dalla mafia del legname. Le nuove condizioni che aveva imposto avevano reso il disboscamento illegale più difficile, e di conseguenza i cartelli avevano avuto “enormi perdite”. L’ex ministra ricorda inoltre la legge sui monopoli che aveva introdotto nel tentativo di frenare Schweighofer: “Solo questo cambiamento è costato a Schweighofer 150 milioni di euro all’anno. Sono comunque andata avanti con le nuove misure, anche se stavano utilizzando tutti i mezzi a loro disposizione per screditarmi. Ma non ho mai pensato che sarebbero arrivati a tanto”. Schweighofer ha spiegato ad Addendum che le affermazioni dell’ex ministra sono “assurde” e che si riserva il diritto di intraprendere “azioni legali”. Le indagini sono ancora in corso. 

Importare legname dall’estero

Nel frattempo, i giganti austriaci del legno in Romania hanno un problema: il legname sta finendo. Schweighofer sostiene che deve già importare più della metà del legname di cui ha bisogno e dà la colpa alla burocrazia rumena. Gli attivisti ritengono che la ragione risieda nella pressione esercitata dai media da un lato e in leggi più rigorose dall’altro, oltre che nelle indagini in corso. Ottenere legname è diventato più difficile, e per questo la materia prima ora viene importata in grandi quantità da paesi come Slovacchia o Repubblica Ceca.

Nuove misure europee

Nel luglio 2019 la Commissione europea ha adottato una comunicazione  volta a “intensificare l’azione dell’UE per proteggere e ripristinare le foreste del pianeta”. 

A seguito delle denunce presentate da EuroNatur, Agent Green e ClientEarth, nel febbraio 2020 la Commissione europea ha minacciato  di aprire una procedura di infrazione contro la Romania, a causa dei controlli insufficienti sul settore forestale, della mancata valutazione dell’impatto ambientale e della perdita di habitat protetti.

“Ma il sistema di tracciamento sviluppato da Schweighofer per la Romania non funziona con le importazioni. Ciò significa, ancora una volta, che è quasi impossibile risalire alla fonte del legname. Questa situazione è preoccupante, dato che il disboscamento su vasta scala sta avvenendo anche in Slovacchia”, avverte Johannes Zahnen, un esperto forestale che collabora con il WWF. Zahnen non riesce a capire perché il Regolamento Ue sul legname del 2013   non stia avendo alcun effetto: avrebbe dovuto fermare il traffico illegale di legname in tutta l’Unione europea.

“Molte Ong forniscono un gran numero di segnalazioni, ma poi viene fatto molto poco. Gli stati membri Ue stanno mettendo in atto il regolamento in modo assai discontinuo”. Fino a poco tempo fa, anche l’Ucraina era considerata un importante paese fornitore. Le linee ferroviarie ucraine arrivavano praticamente alle porte degli impianti di Schweighofer e Egger a Rădăuți, nel nord della Romania. L’organizzazione ambientale Earthsight ha rivelato che il solo Schweighofer riceveva 80 vagoni ferroviari pieni di legname ogni singolo giorno. La famiglia Kaindl ha recentemente aperto una nuova fabbrica di pannelli truciolari in Ungheria, proprio alla frontiera con l’Ucraina.

Anche nei Carpazi ucraini ora ci sono enormi aree disboscate. L’autorità forestale ucraina si sta dimostrando corrotta come la sua equivalente rumena. Il suo ex capo era particolarmente creativo quando si trattava di prendere tangenti. “Al fine di mantenere il prezzo del legname ben al di sotto del prezzo di mercato, le aziende straniere erano disposte a effettuare pagamenti ad aziende di comodo registrate in Belize e Panama a nome della moglie dell’ex capo dell’autorità forestale ucraina”, spiega Tara Ganesh di Earthsight. “Il capo delle autorità forestale è accusato di aver intascato tangenti da quattro imprese di legname fino a 13,6 milioni di euro tra il 2011 e il 2014″. 

In seguito alla pressione pubblica, l’Ucraina ha imposto un divieto di esportazione per il legname. Questo ha creato enormi problemi per gli acquirenti, che hanno reagito assumendo lobbisti per esercitare pressioni su Kiev a livello europeo al fine di eliminare il divieto di esportazione. “Treni fantasma” con documenti falsi e enormi carichi di tronchi hanno attraversato il confine con la Romania di notte. E un direttore forestale è stato arrestato in flagranza mentre offriva agli agenti di polizia diecimila dollari come “tributo” per chiudere un occhio sulle attività di disboscamento illegale. Poiché solo la legna da ardere e il legno segato ucraino sono esentati dal divieto, la loro esportazione è in forte aumento. Il legname di qualità superiore al momento viene falsamente dichiarato alla stregua dei tipi di legno legali. Le strutture criminali dietro questa attività sono diventate così forti che coinvolgono soggetti a ogni livello, dagli avvocati ai banchieri, dalla direzione forestale all’amministrazione doganale, fino ai funzionari delle ferrovie dello stato.

Romania, Carpazi, tagli forestali (foto da Balcani e Caucaso)
Distruzione definitiva

Chiunque voglia vedere le conseguenze di tutto questo in Romania, dovrebbe fare un giro in auto lungo delle valli che si stringono sempre di più. La strada è accidentata e ai lati ci sono bottiglie di birra di plastica. “Lasciate dai taglialegna”, ci spiega Horea Petrehus. Lui e i suoi amici fanno spesso il lungo viaggio attraverso le ultime foreste di abete rosso, verso quella che chiamano “l’apocalisse”.

Da qui si apre alla vista una vasta area disboscata. Fino all’orizzonte, tutto ciò che resta è sottobosco e ceppi di alberi, niente di più. “Questo è quello che Herr Schweighofer ama chiamare ‘sostenibile’?”, chiede Horea, prima di raccontarci quello che ha visto qui: “Siamo tra le montagne Apuseni, nella valle degli orsi. Ma gli orsi sono spariti da tanto tempo. Otto anni fa alcuni danni provocati dalla tempesta hanno fornito la scusa. Sono arrivati uomini carichi di denaro e poi i tagliaboschi. Alla fine c’erano migliaia di tir, tutti diretti da Schweighofer. E questo è ciò che resta. Non c’è stata alcuna operazione di ripristino, e persino dopo tutti questi anni, non è stato fatto nulla per il rimboschimento”, spiega Horea. 

Horea ci ha portato qui dopo che Michael Proschek-Hauptmann aveva elogiato la sostenibilità delle politiche di Schweighofer durante la nostra visita in fabbrica. 

Dove le foreste raccoglievano l’acqua piovana e, come una delle spugne, ne rilasciavano costantemente nel suolo, ora ci sono frequenti inondazioni. Centinaia di abitanti che si guadagnavano da vivere con la raccolta e la vendita di funghi hanno perso la loro fonte di reddito. “È immorale per aziende come Schweighofer affermare di non sapere nulla di tutto questo”. Non c’è nulla di finto nella rabbia di Horea. È la rabbia di un uomo che conosce le foreste e le vede scomparire davanti ai suoi occhi. “Schweighofer sostiene di essere cambiato; io non ho visto alcun segno di cambiamento. Dovrebbero iniziare ripristinando di ciò che hanno distrutto, ci sono centinaia di siti in Romania come questo”. 

Di fronte a queste accuse, Proschek-Hauptmann afferma che un’ampia porzione di quest’area è stata rimboscata dalle autorità forestali locali.

Romania, Carpazi, devastazione della foresta (foto da Balcani e Caucaso)
Nell’ultima foresta vergine

Il giorno seguente, l’attivista Matthias Schickhofer è in cammino attraverso la valle Arpasul nelle montagne Făgăraș con un gruppo internazionale di scienziati che partecipano a una conferenza sulla protezione della foresta vergine. Si tratta di una zona incontaminata, lasciata a se stessa per migliaia di anni. La ragione di questa visita risiede nel fatto che gli scienziati dell’Università di Praga stanno effettuando uno studio di lungo periodo sulla più grande foresta vergine d’Europa: stanno cercando di capire come questi boschi incontaminati affrontino sfide come il vento e la siccità. In un periodo di cambiamenti climatici, si tratta di questioni importanti.

Solo una parte di questa valle è protetta, e i ricercatori temono per la zona dove stanno effettuando la ricerca. I complessi processi ecologici all’interno delle foreste naturali non sono stati ancora completamente studiati, e le foreste vergini sono quasi del tutto scomparse in Europa. “Qui tutto è collegato a tutto. Ogni albero caduto, ogni ramo e ogni fungo ha la propria funzione all’interno di un complesso ecosistema. Gli alberi assorbono grandi quantità di anidride carbonica dall’atmosfera, stabilizzando il clima. I Carpazi sono il polmone verde d’Europa”, spiega Schickhofer. 

Insieme agli scienziati, stanno cercando di catalogare il più ampio numero di foreste vergini possibile, il più rapidamente possibile, al fine di assicurarne la protezione. 

Si tratta di una corsa contro il tempo: nel frattempo, il servizio forestale di stato può rilasciare licenze di abbattimento in qualsiasi momento – e questo è esattamente ciò che sta accadendo ogni giorno nei parchi nazionali della Romania e nelle zone di Natura 2000, dove solo piccole aree della foresta sono rigorosamente protette. I progressi sulla catalogazione della foresta vergine coprono attualmente circa trentamila ettari, ovvero nemmeno lo 0,5 per cento del totale delle foreste romene. I ricercatori criticano gli ostacoli burocratici e la mancanza di interesse da parte del ministero delle Foreste. Nessun altro paese dell’Unione europea ha un tesoro boschivo paragonabile a questo.

Sulla via del ritorno, diventa chiaro il motivo per cui i ricercatori sono preoccupati. Lungo il percorso, segnato dai cingoli dei bulldozer, si possono vedere siti di stoccaggio di legname, tronchi sul cammino: la foresta è sotto attacco anche qui.  

Nuove misure europee

Nel luglio 2019 la Commissione europea ha adottato una comunicazione  volta a “intensificare l’azione dell’UE per proteggere e ripristinare le foreste del pianeta”. 

A seguito delle denunce presentate da EuroNatur, Agent Green e ClientEarth, nel febbraio 2020 la Commissione europea ha minacciato  di aprire una procedura di infrazione contro la Romania, a causa dei controlli insufficienti sul settore forestale, della mancata valutazione dell’impatto ambientale e della perdita di habitat protetti.

Materiali correlati:
Romania: come la mafia dei boschi devasta la Bucovina 31/10/2019
Azerbaijan: le foreste depredate 25/07/2019
Macedonia: il massacro delle foreste 15/10/2015
Romania: la corsa all’oro verde 29/06/2004
Bisonti europei (Bison bonasus)

(foto da Balcani e Caucaso, S.D., archivio GrIG)

  1. A.
    giugno 4, 2020 alle 10:57 am

    Devono pagare per questa oscenità!!!!

  2. pater
    giugno 4, 2020 alle 7:16 PM

    Se la prendono sempre con i paesi più indietro. C’è anche la Sardegna non si pensi..

  3. Riccardo Pusceddu
    giugno 5, 2020 alle 12:26 am

    Mi sono appena ripreso un po’ dallo sgomento dopo aver letto cosa sta succedendo nei Carpazi.
    La soluzione e’ fermare il movimento di denaro alla fonte e cioe’ dal consumatore. Ci vorrebbe un azione molto piu’ intensa di informazione ai consumatori, anche se purtroppo alla maggior parte di essi non freghi un benemerito fico secco delle foreste, che siano vergini o no.
    Si puo’ sempre corrompere coloro che dovrebbero invece custodire questi paradisi naturali ma non si puo’ corrompere milioni di consumatori. Io credo molto nel potere dei consumatori contro le multinazionali. Ci vorrebbe come ho gia’ detto in altri siti un tribunale del pianeta per punire i crimini contro l’ambiente e poi anche una sorta di bollino universale che attesti la tutela dell’ambiente esercitata dai produttori. Una specie di tabella con delle stelle oppure delle lettere come quelle sull’efficienza energetica.
    Produttori e distributori dovrebbero essere terrorizzati dai controlli e dalle informazioni fornite ai consumatori, invece che infischiarsene come avviene adesso.
    E poi naturalmente bisogna educare i consumatori: da persone interessate solo al prezzo a attori che hanno a cuore anche il pianeta. E io sono abbastanza ottimista perche’ sempre piu’ gente sta capendo il pianeta su cui viviamo e’ davvero unico e la sua bellezza non e’ piu’ data per scontata. E’ una bellezza che va invece tutelata e custodita gelosamente.

  4. G.Maiuscolo
    giugno 5, 2020 alle 7:25 am

    “Se la prendono sempre con i paesi più indietro. C’è anche la Sardegna non si pensi..”

    Questo accade perché i cittadini, (non solo dei paesi meno progrediti e meno emancipati economicamente), non sono abbastanza vigili; e non mi sembra il caso di mettere in mezzo l’Isola, ancorché gestita come è gestita da un punto di vista politico- amministrativo Si sta parlando di altre realtà e NON della Sardegna. Siamo in grado di comprendere quel che sta accadendo. Non abbiamo bisogno di lezioni ed ancor meno di…”C’è anche la Sardegna…”

    Quanto al Suo ottimismo, gentile Pusceddu, riguardo al fatto che (…) “sempre piu’ gente sta capendo (che) il pianeta su cui viviamo e’ davvero unico”, a me pare che più che la gente a capire, sia stato piuttosto il Pianeta ad inviare messaggi chiari ai suoi abitanti devastatori; ossia che se non la smettono di maltrattarlo e di abusarne, per tutti ci sarà una fine mica da ridere…E neanche tanto lontana!

    Saluti 🌲🌲🌲

    W gli alberi alla faccia dei devastatori

  5. pater
    giugno 5, 2020 alle 4:48 PM

    Cara G. Maiuscolo per la Sardegna intedevo rappresentare che il rischio c’è anche per le sue foreste. Infatti le stigmate della Strategia Forestale Nazionale, rispetto alla quale per esempio il GUFI ha preso una forte e decisa posizione in dissenso (https://www.gufitalia.it/osservazioni-alla-bozza-preliminare-della-strategia-forestale-nazionale/), si fanno sentire anche in Sardegna altroché tenuto conto che per le esigenze di biomassa sono assai “ben considerate” anche le foreste sarde. Occorre vigilare con grande attenzione affinché la Strategia Forestale Nazionale (più che altro un grave ritorno al passato ovvero alla “miniera verde” di qualche secolo fa) non le annoveri tra le più idonee per il loro definitivo impoverimento.

  6. G.Maiuscolo
    giugno 5, 2020 alle 7:21 PM

    Per Pater:
    Grazie

  7. pater
    giugno 7, 2020 alle 6:03 PM

    Per G Maiuscolo, di seguito dall’articolo del GRIG in commento:
    “Era un intero sistema, dal sindaco ai miei colleghi del dipartimento forestale. Ho trovato più di 50 modalità diverse di frode, la più comune delle quali era sottovalutare deliberatamente i volumi. Segnano un albero da tagliare e nei documenti viene scritto che misura 18 metri, anche se effettivamente ne misura 40, e che ha un diametro di 25 centimetri, anche se in realtà si tratta di 50. Quella differenza rappresenta una grande quantità di denaro, che finisce nel loro sistema…”.

    Di fatto anche nell’utilizzazione della lecceta del Marganai si è manifestata una problematica di stima del materiale legnoso in piedi. Oltre al fatto che non c’erano tutte le autorizzazioni previste per il taglio in area particolarmente vincolata dal punto di vista paesaggistico, la stima dell’età (e quindi anche dei volumi legnosi ritraibili) della lecceta nelle particelle che sono state sottoposte a taglio raso dal 2010 al 2013 non e’ stata mai realmente verificata. In particolare si poteva verificare anche il valore del materiale legnoso ritraibile fissato nel bando pubblico rispetto a quello realmente ricavabile dal bosco in piedi. Ecco perchè intedevo rappresentare che il rischio c’è anche per le foreste della Sardegna.

    • Riccardo Pusceddu
      giugno 9, 2020 alle 9:45 am

      Il problema e’ che le leggi possono solo disincentivare i crimini se vengono applicate.
      Ci vuole un’altro sistema che dia ai consumatori il potere di sanzionare i misfatti di coloro che non rispettano l’ambiente.
      Finora il consumatore e’ anch’egli un problema perche’ alla maggiorparte di essi non frega assolutamente un beneamato niente dell’ambiente, in assoluto e anche meno se li si corrompe con prezzi piu’ bassi.
      L’educazione ambientale ha fallito miseramente purtroppo. Lo si capisce da come i giovani talvolta tengono all’ambiente meno delle persone cosiddette mature.
      Anni e anni di continuo martellamento sui problemi ambientali e quelli continuano a buttare i rifiuti per terra e a comprare oggetti inutili e dannosi all’ambiente.
      L’unica speranza in questo mondo ormai diretto verso la sesta estinzione di massa, l’unica speranza di ridurne i danni dico, e’ quello di diminuire la popolazione del terzo mondo con politiche rigide di aiuti condizionati alla diminuzione delle nascite.

  8. G.Maiuscolo
    giugno 7, 2020 alle 7:17 PM

    E l’ha rappresentato egregiamente. Grazie due volte gent.mo Pater per questi dettagli, mica da ridere.
    Ad averne di Mihail Hanzu ! Ma anche Lei non scherza…

    Il problema è serio e La prego di scusarmi se mi sono permessa di fare della facile reprimenda, ignorando alcuni aspetti del problema che Lei ha cortesemente chiarito.
    Il fatto è che non possiamo conoscere aspetti tecnici e …come dire, tutti interni ad una professione e ad una specifica conoscenza professionale.

    Ma poco per volta si apprende; basta ascoltare e capitalizzare la conoscenza. Io sto imparando molte cose da persone che, cortesemente, spiegano ed illuminano con le loro testimonianze e competenze.

    Ancora GRAZIE.
    🌲🌲🌲

  9. Aldo Loris Cucchiarini
    giugno 9, 2020 alle 4:20 PM

    Temo che quello che sta avvenendo in Romania non possa essere paragonato a niente altro che avvenga sul suolo europeo: parliamo di foreste vergini europee (quasi un ossimoro…), le ultime e di estensione tale da fare assolutamente impallidire non solo quelle italiche, ma anche quelle della pur fantastica (da questo punti di vista) ex Jugoslavia. Si tratte verosimilmente di aree in cui sarebbe possibile reintrodurre il bisonte, perchè tale foreste non hanno subito alcun cambiamento fino ad ora. Questo nulla ( e lo sottolineo) toglie ai problemi del resto del continente, solo che, se incredibilmente troviamo ancora oggi scampoli di ambienti “vergini” persino nell’antropizzatissimo territorio italiano (la Sardegna non fa eccezione, nel senso che a prescindere dall’urbanizzazione, l’uomo ha lasciato un’impronta pesante, specie sulle foreste), non riesco ad immaginare cosa ci deve essere nei recessi di catene montuose mai toccate da mano umana. Credo che tutti si debba fare di tutto e molto di piu’ per salvare qull’angolo del continente, anche se il peso maggiore sarà inevitabilmente sulle spalle dei Rumeni. Noi, certo, abbiamo un bel daffare col TUFF; e col decreto Colao. Ho appena dato un’occhiata e, così ad una prima lettura, sembra anche peggio dello sblocca Italia….

  10. Aldo Loris Cucchiarini
    giugno 9, 2020 alle 4:25 PM

    Aggiungo che, purtroppo, quello che avviene sul Marganai sembra prassi comune: ho notizie di situazioni simili tra l’Umbria e le Marche e comunque tali modalità rientrano tra le mie esperienze di vita. Quando negli anni ottanta in alcune regioni, in seguito a una direttiva dell’allora capo della forestale Alessandrini (debitamente sollecitato) si stabilì che i boschi non piu’ tagliati da trenta anni dovessero essere obbligatoriamente convertiti ad alto fusto, vi fu una improvvisa “epidemia” di boschi di 29 anni. Tale epidemia perdura tuttora.

  11. Aldo Loris Cucchiarini
    giugno 9, 2020 alle 4:31 PM

    L’educazione ambientale ha fallito per due motivi: in primo luogo perchè è stata presto smantellata, con i finanziamenti azzerati praticamente dappertutto; in secondo luogo perchè nella maggior parte dei casi veniva svolta in contasti urbani e gli stessi educatori avevano in mente tutto meno che la “natura selvaggia”, preferendo trattare temi piu’ “domestici” e familiari, pur se importantissimi: inquinamento e gestione dei rifiuti. L’inquinamento in realtà solo un aspetto del problema ambientale; probabilmente i danni maggiori sono quelli di natura “meccanica” (disboscamento, apertura cave, alterazione dei fiumi, ecc.)

  12. G.Maiuscolo
    giugno 10, 2020 alle 8:43 am

    Interessante excursus sulle foreste della Romania e generoso l’invito da parte Sua a fare di più per tutelare quello che Lei definisce (“parliamo di foreste vergini europee (…) “perchè tale foreste non hanno subito alcun cambiamento fino ad ora”.) una sorta di angolo di paradiso.

    Preoccupa invece la Sua affermazione secondo la quale (…) “L’educazione ambientale ha fallito per due motivi: in primo luogo perchè è stata presto smantellata, con i finanziamenti azzerati praticamente dappertutto; in secondo luogo perchè nella maggior parte dei casi veniva svolta in contasti urbani e gli stessi educatori avevano in mente tutto meno che la “natura selvaggia”, preferendo trattare temi piu’ “domestici” e familiari”.

    Intendo di che cosa Lei stia parlando e soprattutto a che cosa si stia riferendo.
    Il fatto è che anche all’interno dell’utenza esterna, specie nel mondo della scuola, e quando parlo di utenza esterna mi riferisco alle famiglie, spesso e volentieri, si rimarca e si sottolinea come, per loro, sia importante, anzi più importante, l’insegnamento de “sa matematica, de s’itallianu, de sa grammatica” e non già una preparazione indirizzata alla formazione dell’alunno verso un’educazione ambientale corretta. E non lo dico per sminuire l’importanza degli insegnamenti di cui sopra.

    Che dire poi del fatto che gli alunni escono raramente dalle aule e visitano con grandi difficoltà non dico le nostre belle regioni italiane, ma neanche la nostra bellissima Isola. Sarebbe prioritario farlo.

    Pochi soldi nei bilanci scolastici e poche risorse economiche delle famiglie, fanno il resto.
    Grazie di tutte le Sue preziose informazioni, gentile Cucchiarini.
    Cordialità e auguri agli alberi 🌲🌲🌲

  13. luglio 16, 2022 alle 11:53 am

    Romania, Italia.

    da Il Fatto Quotidiano, 16 luglio 2022
    Alberi bruciati per produrre energia “verde”, su Rainews l’inchiesta sull’affare dei tagli boschivi tra Italia e Romania – Guarda l’anteprima.
    “L’affare dei tagli boschivi” di Ludovica Jona indaga i legami tra la filiera dell’elettricità prodotta con la combustione di legna– oltre 2 milioni di tonnellate ogni anno in Italia – violazioni di norme forestali e dissesto idrogeologico. In onda alle 20,30 per il programma Spotlight. (Ludovica Jona): (https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/07/15/alberi-bruciati-per-produrre-energia-verde-su-rainews-linchiesta-sullaffare-dei-tagli-boschivi-tra-italia-e-romania-guarda-lanteprima/6662256/)

    La video-inchiesta “L’affare dei tagli boschivi”, girata in Italia e Romania, realizzata in collaborazione con il programma Spotlight di Rainews e Il Fatto Quotidiano va in onda venerdì 15 luglio alle 20.30 su Rainews. Indaga sull’impatto dell’energia da biomasse forestali, qualificata come rinnovabile dalla Commissione Europea e per questo sovvenzionata dagli Stati membri con circa 17 miliardi di euro ogni anno. Ma oltre 120 Ong ambientaliste denunciano che questa fonte energetica mette a rischio le foreste europee e chiedono all’Europarlamento – che voterà sulla direttiva Rinnovabili (Red III) il 13 settembre – di fermare i sussidi.

    Il documentario ricostruisce il percorso del legno bruciato nelle centrali a biomasse forestali in Calabria – dove è prodotta oltre la metà di energia di questo tipo nel nostro Paese – Sicilia e Sardegna, scoprendo che grandi quantità (oltre 300mila tonnellate l’anno) di cippato – ovvero legna ridotta in scaglie – vi arrivano via nave e più la metà partono dalla Toscana. La ong Transport & Environment ha calcolato che solo per il trasporto del cippato via mare nel 2021 sono state prodotte oltre 4000 tonnellate di Co2. Siamo stati nell’area protetta del Belagaio (Grosseto) – dove attivisti hanno documentato fenomeni di dissesto idrogeologico seguiti al taglio di una ditta boschiva che rifornisce centrali a biomasse ed è in corso un processo per violazione di norme forestali – e a Strongoli (Crotone) – dove si trova uno dei più grandi impianti a biomasse forestali d’Europa e l’Azienda Sanitaria Provinciale (Asp) è intervenuta per tutelare i cittadini da polveri e rumori.

    In Romania, dove si trovano le ultime foreste vergini d’Europa e diverse guardie forestali sono state uccise dalla “mafia del legno“, abbiamo seguito l’attivista ambientale Tiberiu Boșutar – che a settembre ha subito un tentato omicidio – in un’azione di denuncia di tagli boschivi illegali. Mentre il governo rumeno promuove la conversione di centrali a carbone in centrali a biomasse legnose la professoressa di Silvicultura dell’Università di Suceava avverte: “Questo aumenterà i tagli boschivi illegali. Di sicuro”.

    Giacomo Grassi, membro dell’Ipcc e co-autore del rapporto della Commissione Europea sull’energia da biomasse forestali, spiega che questa è ecologica solo se si bruciano residui del legno “che sarebbero comunque tornati in atmosfera”, poiché – “in proporzione all’energia prodotta, la combustione di legna emette più Co2 rispetto ai combustibili fossili”: “Il rischio è che i sussidi alla bio-energia, incentivino un uso eccessivo del legno”. Il documentario svela che i sussidi alle centrali a biomasse legnose costituiscono oltre il 60% del fatturato degli impianti e che la norma che li regola è frutto di un copia-incolla da un documento della lobby del settore.

    La video-inchiesta “L’affare dei tagli boschivi – il prezzo dell’energia da biomasse legnose” è stata realizzata con il contributo finanziario del programma #IJ4EU e di Journalismfund.

    ————————–

    5 aprile 2022

    Biomasse a impatto zero? “Non solo scarti di lavorazione, ma alberi tagliati solo per produrre pellet in impianti nei Paesi Ue” – Il documento esclusivo.
    E’ quanto emerge da un rapporto della coalizione di ong “Forest Defenders Alliance”, che Ilfattoquotidiano.it ha visionato in anteprima. La denuncia: “Quasi tutti i 43 impianti esaminati dal rapporto utilizzano interi tronchi di alberi, anche di grandi dimensioni, ma un quarto di queste aziende si pubblicizza affermando di utilizzare scarti di legno”. (Ludovica Jona): https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/04/05/biomasse-a-impatto-zero-non-solo-scarti-di-lavorazione-ma-alberi-tagliati-solo-per-produrre-pellet-in-impianti-nei-paesi-ue-il-documento-esclusivo/6549170/

  14. settembre 7, 2022 alle 2:48 PM

    da Il Fatto Quotidiano, 7 settembre 2022
    “Le foreste protette in Romania abbattute per produrre pellet e l’Italia tra i maggiori clienti”: l’inchiesta di Eia con Greenpeace.
    Gli investigatori dell’agenzia americana hanno seguito i fornitori della legna di ABC EcoForest, azienda che si definisce il maggiore produttore di pellet nella Romania occidentale, certificata con il marchio di qualità internazionale ENplus, scoprendo che il pellet viene prodotto riducendo in trucioli interi tronchi di alberi. Il 13 settembre l’Europarlamento vota sullo stop agli incentivi alla combustione di legna non lavorata. (Ludovica Jona): https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/09/07/le-foreste-protette-in-romania-abbattute-per-produrre-pellet-e-litalia-tra-i-maggiori-clienti-linchiesta-di-eia-con-greenpeace/6794070/

  1. ottobre 23, 2021 alle 10:59 am
  2. ottobre 24, 2021 alle 9:39 am

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