Quanta segatura nella lotta alla nuova peste…

Il D.P.C.M. 10 aprile 2020, avviando timidamente la riapertura di qualche attività lavorativa nel bel mezzo della difficile lotta alla tragica pandemia di conoravirus COVID 19, ha disposto (Allegato 3) la ripresa delle attività di “silvicoltura ed utilizzo aree forestali” (codice ATECO 2).
Insomma, si riprende a tagliar legna.

E questo quando ormai siamo in piena ripresa dell’attività vegetativa nei boschi, causa anche un inverno particolarmente mite in tutta Italia.
Il Governo ha ceduto alle pressioni di quei soggetti che sostengono i tagli boschivi oltre ogni logica di reale sostenibilità ambientale e che pretendono un prolungamento dei periodi di taglio dei boschi governati a ceduo per ulteriori 15-20 giorni rispetto alle scadenze previste.
Inoltre, nel periodo primaverile ed estivo sono vietati tutti gli interventi che possano disturbare la riproduzione dell’avifauna selvatica (art. 5 della direttiva n. 2009/147/CE sulla tutela dell’avifauna selvatica, esecutiva in Italia con la legge n. 157/1992 e s.m.i.).
Il disturbo/danneggiamento/uccisione delle specie avifaunistiche in periodo della nidificazione può integrare eventuali estremi di reato, in particolare ai sensi dell’art. 544 ter cod. pen.
Solo interessi economici di pochi ai danni dei nostri boschi, decisioni frutto di tanta segatura…
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

(foto A.L.C., H.A., archivio GrIG)
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- Codice dell'ambiente (decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.)
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- Testo unico dell'edilizia (D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i.)
- direttiva n. 92/43/CEE sulla salvaguardia degli habitat naturali e semi-naturali, la fauna, la flora
- direttiva n. 2009/147/CE sulla salvaguardia dell'avifauna selvatica
- V.I.A. e V.A.S. di competenza regionale (Sardegna)
- normativa nazionale sulla caccia (legge n. 157/1992 e s.m.i.)
- normativa regionale sulla caccia (l.r. Sardegna n. 29/1998 e s.m.i.)
- legge quadro nazionale sulle aree protette (legge n. 394/1991 e s.m.i.)
- legge quadro regionale sulle aree protette (l.r. Sardegna n. 31/1989)
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- normativa nazionale sull'elettrosmog (legge n. 36/2001 e s.m.i.)
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- normativa regionale sugli usi civici (l.r. Sardegna n. 12/1994 e s.m.i.)
- normativa sul vincolo idrogeologico (regio decreto n. 3267/1923 e s.m.i.)
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Questo quanto contenuto nell’Art. 11 della recente proposta di modifica delle PMPF in Sardegna sull’Epoca dei tagli per i boschi di latifoglie:
“1. Il taglio dei boschi di latifoglie fatte salve le eccezioni di cui al precedente art. 10 è
consentito dal 15 ottobre al 15 aprile di ogni anno. Nelle aree montane al di sopra dei 600 metri è consentito il taglio dal 1 ottobre. E’ fatto salvo quanto previsto dalle vigenti Prescrizioni regionali antincendi.
2. Qualora ricorrano circostanze o condizioni stagionali particolari, il S.T.I.R. può, con propria determinazione, anticipare o prolungare tale periodo su tutto o parte del territorio di competenza,anche per singole specie, ovvero, in presenza di particolari eventi atmosferici, sospendere i tagli anche limitatamente per singole zone.
3. Le violazioni sono punite con la sanzione amministrativa di cui all’art. 2 lett. a) della L.
950/67, fatta salva l’applicazione dell’art. 26 del R.D.L. 3267/1923.”
Anche tale proposta sembra contenere l’intenzione di estendere la stagione di taglio dei boschi di latifoglie. Sarebbe necessaria un maggiore approfondimento riguardo il rischio di danni alle capacità di rigenerazione agamica nelle piante sottoposte a taglio stante la reale possibilità che nelle stesse sia già avviata o non sia ancora conclusa l’attività vegetativa?
Basta guardare le foto per capire lo scempio. Non si può fare tabula rasa del bosco in un terreno con quelle pendenze. Le piogge dilaveranno fatalmente lo strato superficiale del terreno provocando danni ambientali considerevoli.
in Appennino, purtroppo, è sempre più frequente.
Per cortesia, leggete qualcosa di chiarimento per capire di cosa state parlando
https://sisef.org/2020/04/15/selvicoltura-questa-sconosciuta/?fbclid=IwAR2lCsOBHZttL_kK71IyS9kWV8gWukFuf_YTlD5aiyO5igjSLRgIbk3ghUE
magari fosse così, in realtà la ripresa delle “attività selvicolturali” è stata intesa come ripresa delle “attività di taglio boschivo”, senza tanti fronzoli: https://www.ciatoscana.eu/home/coronavirus-vietato-il-taglio-del-bosco-e-emergenza-nella-montagna-pistoiese-e-mugello-cia-toscana-centro-attendiamoci-invasione-legname-dallestero/
per Sardo. Esiste un autorevole e articolato parere in merito, a Firma Damiani (GUFI) , Schirone (Università della Tuscia), Bottacci (Università di Camerino) che però è relativo ad analoga situazione della regione Marche. Siccome principi e concetti sono gli stessi, direi che possa essere utile.Se vuole glielo posto. In estrema sintesi, si afferma che ogbni proroga in tal senso è sbagliata, perche’ è vero che le latifoglie sono in grado di effettuare il “ricaccio” anche se vengono taglate in primavera / estate, ma il taglio deve essere eseguito nel periodo di quiescenza invernale. In tal modo le piante possono attingere alle proprie riserve di amidi, accumulati nelle radici grosse, per superare il trauma (il taglio è un evento traumatico). Se il taglio avviene nella stagione vegetativa, le riserve sono già state utilizzate, sono già in circolo e vengono quindi asportate con il taglio stesso, assieme al materiale legnoso. A quel punto la pianta si trova in difficoltà e questo puo’ avere conseguenze decisamente negative.
Quante notizie importanti e che informazione “specialistica”, ALDO!
Aspetti e dettagli che, per tutta una serie di cose, sono “sconosciuti”. E non per responsabilità personali ( mi sto riferendo ai NON addetti ai lavori, seppur consapevoli e attenti). Il problema è che, per l’umanità tutta e per gli abitanti del Pianeta, queste informazioni, non solo sono utili, anche fondamentali e da CONOSCERE.
Grazie mille, perciò, Aldo: la leggerò sempre con piacere e con attenzione.
🌹
PS. So bene che le piante sentono “come trauma” il taglio; io ho nel mio giardino una araucaria splendida che ha più di trent’anni. E’ da me trattata con particolare amore e con gratitudine: ogni giorno riceve da me un abbraccio riconoscente e ogni anno, in una data particolare e importante per me, avvolgo in un suo ramo un nastro bianco, nel ricordo di qualcosa che mi ha salvato la vita: i nastri nel ramo della amata Araucaria sono già dieci.
😊
Perfetto Aldo molte grazie! In effetti lo supponevo ma non avevo troppi dati recenti. Se lo posta mi documento prima. Insomma “selvicoltura” o no sono i dati che parlano.
Il mese scorso, visto l’andamento stagionale, le associazioni ambientaliste marchigiane hanno chiesto alla regione di sospendere i tagli: Hanno firmato tutte le associazioni, ad eccezione di Legambiente, che ha prodotto un documento circostanziato, redatto, pare, da un “esperto”. Nel documento si afferma, in sostanza, che il taglio in stagione avanzata non creerebbe danni. Ho chiesto quindi un parere ai GUFI, che hanno redatto quello che vedi sotto. Le firme sono assolutamente autorevoli, tanto da sgombrare il campo da qualsiasi dubbio: il taglio fuori stagione crea danni.
Pescara 23 Marzo 2020
Oggetto: motivazioni scientifiche che rendono necessario anticipare la chiusura delle utilizzazioni dei cedui nella Regione Marche.
Il governo a ceduo è una forma di utilizzazione delle foreste che si basa sulla capacità di alcune specie forestali di emettere nuovi getti (polloni) dalla base dell’albero (ceppaia) in seguito a eventi traumatici (frane, incendi, attacchi parassitari). Il taglio di utilizzazione del ceduo sostanzialmente riproduce gli effetti di un disturbo severo naturale.
Per ricostituire la porzione epigea foto sintetizzante distrutta dal taglio, la pianta ricorre alle riserve di energia, accumulate sotto forma di amido in prevalenza, nelle radici grosse. Questo meccanismo, perdita dell’apparato foto sintetizzante da un lato e ricorso alle riserve energetiche dall’altro, provoca uno squilibrio nella pianta che viene recuperato solo dopo molti anni di crescita indisturbata e, in alcuni casi, non viene recuperato mai totalmente. Ovviamente l’entità e la tempistica dei processi biologici di recupero sono legati anche alle condizioni locali climatiche, pedologiche, orografiche, disponibilità di acqua e tutto va inquadrato anche nella variabilità di dette condizioni, motivo per cui occorre tener conto anche delle specificità delle aree in questione e il prodursi di situazioni ecologiche eccezionali.
Per questo motivo le norme forestali (oggi diverse da Regione a Regione) dettano in modo abbastanza rigoroso i modi ed i tempi dell’utilizzazione del bosco governato a ceduo.
Tra le altre cose sono indicate le modalità di taglio, volte soprattutto ad evitare l’emissione di polloni avventizi (meno stabili e vitali) a favore di quelli proventizi (più stabili e vitali). Il tipo di taglio deve inoltre evitare il danneggiamento della ceppaia, evitando la perdita della sua capacità di risposta nel tempo al danno determinato dal taglio.
Le norme inoltre indicano in modo preciso l’epoca di ceduazione, evidenziando un periodo (dall’autunno alla primavera) detto stagione silvana, nel quale è possibile effettuare il taglio di utilizzazione dei boschi governati a ceduo.
L’indicazione rigida del periodo di taglio ha la finalità di ridurre al minimo il disturbo per le piante rimanenti e di evitare un eccessivo squilibrio nelle piante utilizzate, in modo da favorire quanto più possibile la rapida ed efficace ricostituzione dell’apparato epigeo asportato.
Il principio di base è di fare in modo di asportare, insieme ai polloni tagliati, la minor quantità possibile di riserve energetiche (amido) che serviranno alla pianta per ricostituire l’apparato epigeo fotosintetico. Si limita quindi il taglio ceduo ad un periodo dell’anno in cui la gran parte delle riserve si trova ancora allocata nell’apparato radicale e non è iniziata ancora la traslocazione degli zuccheri verso le porzioni fuori terra della pianta, cosa che avviene nel momento della ripresa vegetativa.
Per questo motivo tutte le norme forestali (comprese le Prescrizioni di Massima e di Polizia forestale della Regione Marche, adottate con D.G.R. n. 1732 del 17/12/2018) indicano durate diversificate della stagione silvana per fasce altitudinali (art. 27 c. 1). In particolare il comma 1 di tale norma riporta i seguenti periodi:
a) cedui fino a 500 m. s.l.m.: 15 ottobre – 31 marzo;
b) cedui tra i 500 m. ed i 1000 m. s.l.m.: 1 ottobre – 15 aprile;
c) cedui oltre i 1000 m. s.l.m.: 15 settembre – 30 aprile.
Da questa differenziazione per fasce altitudinali (più ampie a quote superiori, più ristrette a quote inferiori) appare evidente la volontà del legislatore di evitare che si facciano interventi su boschi ancora o già in attività vegetativa.
L’entrata in vegetazione dipende dalla specie, dalle condizioni stazionali e dall’andamento climatico, in particolare del periodo invernale- primaverile. Proprio per evitare che si intervenga su boschi già in vegetazione (quindi con già attivato il trasporto linfatico di zuccheri e ormoni che supporta i processi fisiologici di uscita dalla dormienza invernale) il legislatore ha voluto disporre che l’”Ente competente” possa variare questo periodo di un massimo di 30 giorni (art. 27 c.2). In tal modo l’Ente ha la facoltà di anticipare la chiusura del taglio, qualora l’andamento climatico abbia determinato una ripresa anticipata della ripresa vegetativa.
Interventi di ceduazione in boschi già in ripresa vegetativa sono decisamente da evitare proprio perché molto dannosi per vari motivi tra i quali possiamo riportare:
1) Asportazione della massa epigea già ricca degli zuccheri di riserva provenienti dai tessuti radicali. Questo sostanzialmente determina un forte impoverimento della capacità energetica della pianta che ha già “investito” una buona parte delle sue riserve per alimentare i tessuti dell’apparato epigeo, che poi vengono asportati dal taglio.
2) L’asportazione dei polloni già “in succhio” e, in qualche caso, già con le foglie in emissione, provoca uno squilibrio ormonale (ricordiamo che molti processi fisiologici sono guidati da ormoni prodotti dalle gemme apicali come l’auxina) ed uno squilibrio energetico. Entrambe questi squilibri determinano un ritardo nella emissione dei nuovi polloni e, di conseguenza delle nuove foglie. A sua volta questo ritardo avrà come effetto la non completa lignificazione dei tessuti al momento della stagione estiva e quindi una maggiore suscettibilità del popolamento forestale alla carenza di disponibilità idrica.
3) L’alterazione ormonale, determinata da un taglio a ripresa vegetativa già iniziata, provoca l’emissione di un maggior numero di polloni avventizi, che sono, come già detto, meno stabili meccanicamente e meno vitali fisiologicamente.
4) Le ampie ferite da taglio sulle ceppaie (molto ampie), se effettuate con le piante già “in succhio” si ricoprono di uno strato umido di linfa molto zuccherina. Questo diviene un ottimo substrato di germinazione delle spore fungine, favorendo così il proliferare di patologie, in particolare di quelle determinate dai funghi della carie, che possono indebolire la ceppaia e, di conseguenza, l’intera pianta.
Qualora si proceda al taglio del ceduo con stadi di ripresa vegetativa avanzati, si hanno anche altri problemi “collaterali”. Tra questi:
1) Le operazioni di taglio, allestimento ed esbosco effettuate in un popolamento ormai in ripresa vegetativa, determinano un numero decisamente maggiore di ferite nelle matricine e nelle ceppaie.
Quando i tessuti del cambio sono rigonfi di linfa e i nuovi vasi che si vanno formando sono a lume molto grande e a parete scarsamente lignificata, è molto più facile il distacco della corteccia a causa di una sollecitazione meccanica (ad es. la caduta di una pianta su un’altra, l’impatto con un mezzo di esbosco, il rotolamento di pietre durante le operazioni di apertura delle piste temporanee di esbosco, ecc.). Anche queste ferite sono più soggette ad essere colonizzate da funghi patogeni e quindi determinano un indebolimento generale del popolamento.
2) Se il bosco è in ripresa vegetativa, a causa di un andamento climatico invernale più caldo, anche gli altri organismi che compongono la biocenosi sono soggetti a risveglio fisiologico. Basti pensare a tutti gli animali che svolgono il loro letargo sotto terra e che, essendo ormai fuori all’aperto, possono essere facilmente feriti e uccisi dai mezzi di esbosco impiegati nelle utilizzazioni. Anche insetti impollinatori hanno anticipato il periodo di muta allo stato adulto, di immagine, e vi sono osservazioni di anfibi che hanno cessato il periodo di riposo invernale per avviare la migrazione verso l’ambiente acquatico costituito anche da pozze temporanee di acqua piovana, per potersi riprodurre. In molti casi si assiste anche ad un anticipo delle migrazioni degli uccelli che sono perciò disturbati o, in qualche caso, uccisi dalle attività di taglio ed esbosco proprio nel periodo in cui si avvia il processo di nidificazione. Gli interventi di ceduazione interferiscono, in definitiva, col periodo di riproduzione di molte specie animali, periodo che, in genere, va dal 1 aprile a tutto luglio, ma che può anticipare, come sta avvenendo, in ragione dell’andamento stagionale.
La questione dell’anticipo dell’entrata in vegetazione delle piante forestali e della ripresa di tutte le attività naturali dell’ecosistema forestale è una questione che diventerà sempre più di attualità. Il cambiamento globale a cui stiamo assistendo (in gran parte dovuto ad un aumento delle emissioni di anidride carbonica e ad una alterazione delle superfici attive nella sua riduzione, come boschi e oceani) determina un progressivo riscaldamento del periodo invernale, che, a sua volta induce un anticipo dei processi fisiologici di ripresa.
Sulla base di quanto espresso appare ampiamente giustificata la richiesta di anticipare di un mese la chiusura della stagione silvana (anticipo peraltro autorizzato dalla norma stessa per circostanze speciali o eccezionali, e quale maggiore eccezionalità se non il cambiamento climatico?) al fine di limitare quanto più possibile i danni al soprassuolo boschivo e all’intera biocenosi.
Ricordo infine che esiste, nella stessa norma della Regione Marche, il seguente articolo:
Art. 31 c. 1 lett. a. Prescrive l’obbligo di avviamento ad alto fusto di un bosco governato a ceduo qualora i polloni che costituiscono il popolamento abbiano raggiunto l’età di almeno 40 anni e che il popolamento stesso sia composto in prevalenza da alcune specie, tra le quali faggio, querce, aceri, olmi, frassini, ecc.
Una eventuale valutazione dell’età dei polloni che rilevasse valori superiori ai 40 anni (cosa oggi molto facile) risolverebbe alla radice il problema.
Per tutti i motivi sopra esposti, di ordine silvoculturali, fitofisiologiche ed ecologiche, riteniamo che la richiesta di anticipare la chiusura delle utilizzazioni dei cedui avanzata da diverse Associazioni marchigiane di protezione della natura, sia non solo opportuna ma indispensabile per la salute e la rinnovabilità dei boschi nella situazione climatica della corrente stagione.
Il Gruppo Unitario per le Foreste Italiane (G.U.I.) aderisce pertanto a tale richiesta.
23 marzo 2020
Alessandro Bottacci professore incaricato di Conservazione della Natura all’Università degli Studi di Camerino;
Bartolomeo Schirone professore ordinario di Selvicoltura e Assestamento Forestale all’Università della Tuscia-Viterbo.
Giovanni Damiani presidente Gruppo Unitario per le Foreste Italiane – G.U.F.I.
appendice
Si riporta quanto contenuto nel volume “Selvicoltura Generale” di Mario Cappelli (Edagricole, 1977), Paragrafo 3.3.4. – STAGIONE DEL TAGLIO
“L’utilizzazione [del ceduo] deve essere eseguita sempre nel periodo intercorrente fra l’inizio e la fine del periodo vegetativo, e comunque sempre prima della ripresa vegetativa”
“Eseguendo la ceduazione durante il riposo vegetativo si ha il vantaggio di impoverire meno il terreno e di spossare meno le ceppaie”
“Il taglio durante il periodo di riposo favorisce, secondo alcuni autori, la formazione dei polloni veri (generati cioè dalle gemme proventizie), mentre il taglio effettuato durante il periodo vegetativo favorisce l’emissione di polloni falsi (generati cioè da gemme avventizie)”.
Cordiali saluti
Il Presidente
Giovanni Damiani
Ben ritrovata “G.” Maiuscolo, anche per me è un piacere “risentirla”. Purtroppo viviamo tempi duri: con il coronavirus le motoseghe avevano smesso di “cantare”. Ora siamo all paradosso: multe sanguinose ad un cittadino che fa jogging o una semplice passeggiata, ma via libera a boscaioli (irregolari) fuori stagione e magari anche ai cacciatori. Un vero manicomio.
Mi auguro che la sua araucaria possa emettere tantissimi rami e raggiungere altezze “stratosferiche”
a presto
Grazie Aldo. Quindi in Sardegna poichè l’utilizzazione del ceduo deve essere eseguita sempre nel periodo intercorrente fra l’inizio e la fine del periodo vegetativo, e comunque sempre prima della ripresa vegetativa, i periodi considerati dalla recente proposta di revisione delle PMPF possono essere rimodulati.
Mi scusi Sardo, non capisco bene; la regione vuole “rimodulare”, il parere tecnico sopraesposto dice che non è il caso e spiega perchè. La regione intende fregarsene; è questo che intende dire ?
Nella proposta di modifica delle PMPF pubblicata il 19 marzo 2020 nel sito della Regione Sardegna all’Art. 11 si propone quanto di seguito riportato:
“Epoca dei tagli per i boschi di latifoglie
1. Il taglio dei boschi di latifoglie fatte salve le eccezioni di cui al precedente art. 10 è
consentito dal 15 ottobre al 15 aprile di ogni anno. Nelle aree montane al di sopra dei 600 metri è consentito il taglio dal 1 ottobre. E’ fatto salvo quanto previsto dalle vigenti Prescrizioni regionali antincendi.
2. Qualora ricorrano circostanze o condizioni stagionali particolari, il S.T.I.R. può, con propria determinazione, anticipare o prolungare tale periodo su tutto o parte del territorio di competenza, anche per singole specie, ovvero, in presenza di particolari eventi atmosferici, sospendere i tagli anche limitatamente per singole zone.
3. Le violazioni sono punite con la sanzione amministrativa di cui all’art. 2 lett. a) della L.
950/67, fatta salva l’applicazione dell’art. 26 del R.D.L. 3267/1923.”
A mio avviso le osservazioni di Bottacci, Damiani e Schirone da Lei riportate risultano molto approfondite perciò occorrerebbe studiare maggiormente anche in Sardegna sull’Epoca dei tagli per i boschi di latifoglie riportata nella proposta suddetta affinchè le utilizzazioni dei cedui siano condotte con maggiore certezza nel periodo intercorrente fra l’inizio e la fine del periodo di riposo vegetativo che nell’Isola dovrebbe risultare più breve rispetto a quello delle Marche.
In alcune aree montane delle Marche vi sono aree in cui si conserva vegetazione relitta a carattere mediterraneo (gole calcaree con suoli fisiologicamente asciutti). Si tratta in realtà di una “pseudo macchia”, appunto a carattere relitto, piu’ povera di elementi genuinamente mediterranei rispetto a quella mediterranea propriamente detta. E’ quindi presente, in queste aree il leccio, con boschi anche estesi. Non mi risultano per le leccete trattamenti particolari, nel senso che si seguono le stesse tempistiche che per il re
sto dei boschi. Nel caso della Sardegna, nel caso, i tempi di taglio dovrebbero essere piu’ ristretti ristretti rispetto alle aree a clima non mediterraneo. Oltretutto, se non sbaglio, la primavera in SArdegna è (in tempi normali) un preludio dell’estate, cioè già secca; e questo è un ulteriore fattore limitante, immagino. Sardo, mi corregga se sbaglio….
Perfetto concordo