La posidonia è cattiva.
La Posidonia è brutta e cattiva e dev’essere tolta.
Sono questi i dettami del “moderno” turismo balneare e, a quanto pare, ad essi si deve sottostare. Del resto se il turista trova foglie di Posidonia sotto l’asciugamano inorridisce e sui giornali spuntano articoli tanto indignati quanto ignoranti (nel senso etimologico del termine) sulla mancata “pulizia” delle spiagge.
Pazienza se la banquette di Posidonia è una componente essenziale dell’ecosistema di spiaggia grazie alla quale le spiagge esistono e resistono (all’erosione). Pazienza se fra qualche decennio (anno?) l’ecosistema presenterà il conto: vorrà dire che la Posidonia tornerà ad essere benvenuta perché molto più morbida dei sassi che in molti casi avranno preso il posto della sabbia.
Resta il fatto che, perlomeno, gli interventi di rimozione della Posidonia dovrebbero tassativamente rispettare i criteri stabiliti ridurre al minimo i danni che essi inevitabilmente procurano agli arenili. E sulla carta così effettivamente è (determinazione D.G. Demanio e Patrimonio Regione autonoma Sardegna n. 942 del 7 aprile 2008).
Nella pratica, però, si assiste troppo spesso ad autentici scempi. Come quello compiuto nella delicata spiaggia di Cala Pira, già fortemente sotto pressione sia per l’intenso afflusso di bagnanti, sia per l’esistenza di una lottizzazione che negli anni 70-80 ha preso il posto di parte del cordone dunale.
Nel corso delle operazioni di rimozione della Posidonia si è evidentemente proceduto molto “all’ingrosso” e il risultato è stato un vero proprio saccheggio di preziosa sabbia, rimossa dall’arenile e scaricata in un angolo dello spiazzo sterrato che conduce alla spiaggia.
Un altro vasto cumulo di sabbia/posidonia è stato depositato nel bel mezzo della vegetazione pioniera, esattamente come vietato dalle prescrizioni regionali.
Resta da capire come si sia potuto procedere in modo così grossolano e deleterio senza che le autorità preposte siano intervenute per evitarlo.
Nel frattempo il lato sud della spiaggia appare già fortemente eroso. Vuoi vedere che la banquette di Posidonia ha deciso di mandare un messaggio ben preciso per segnalare che forse a qualcosa serve?
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus
(foto J.I., archivio GrIG)
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Serve un’informazione capillare. Anch’io anni fa storcevo il naso davanti alla posidonia. Penso che un’azione benefica sarebbe distribuire a TUTTI i turisti un dépliant informativo su sabbia, posidonie, cicche, fuoco ecc. In modo capillare, in tutti gli aeroporti e punti di sbarco navi. Potremmo proporlo alla Regione, sono certa che tolto il costo della pubblicazione, la Sardegna ne avrebbe grandi guadagni.
In quanto ai “locali”… cartelli informativi sulle spiagge ed educazione a scuola.
Utopia?
Chiosco, ombrelloni, cumuli di sabbia tolta per pulire l’arenile dalla posidonia !!!|!
Bel lavoro davvero, complimenti al comune di Castiadas che non ha controllato tutto questo.
I Comuni spendono un be di soldi nostri per fare danni alle spiagge.
Certo che di soldi per gli appalti se ne fanno girare.
Lasciare la posidonia dove l’ha depositata il mare significa risparmiare soldi, tutelare l’ecosistema spiaggia … Anche dell’assalto di coloro che inorridiscono all’odore di alghe in putrefazione.
Quante sono le spiagge dove ancora è possibile trovare egagropili (palle di alghe e/o di frammenti di posidonia oceanica) o conchiglie di bivalvi, murici, ossi di seppia o stelle marine spiaggiate?
Pochissime, e quasi sempre tutte con la propria banquette di posidonia a testimoniare che, senza, la spiaggia sarebbe morta ed avviata a sparire per erosione.
3mila euri a chi si porta via un po sabbia,ok.A questi quanto?
Non ci credo! E io che ogni volta che vado al mare mi scuoto i piedi dalla sabbia in maniera esagerata in modo da non portarne via nemmeno un granello! L’asporto di sabbia dagli arenili e’ un processo ben noto nelle spiagge piu frequentate, come quella di Capo Cabana a Rio de Janeiro dove ne sono andati perduti gia diversi centimetri nell’arco di meno di un secolo. Sabbia che ha impiegato milioni di anni a formarsi e ad accumularsi. Arriva una ruspa e disfa il lavoro di milioni di anni di erosione in pochi minuti. Roba da far perdere la fiducia nel genere umano. Anche peggio dei chioschi sulle dune. Bisogna spiegare a questi signori il danno che magari inconsapevolmente, causano a questo bene tanto umile quanto prezioso qual’e’ la sabbia.
Già negli anni ’80 i frequentatori de La Pelosa di Stintino si portavano via, appiccicata ai piedi e tra la trama dei teli da mare, ben 500 kg di sabbia al giorno.
Diamoci una scossa … ai piedi e ai teli!
Ah, quindi il fenomeno era gia’ noto allora. Quindi perche’ non si fa niente ancora? La maggiorparte della gente nemmeno lo sa anche se basta un po di logica per capirlo. Ma si sa che la gente usa la logica per altre cose e non per la tutela dell’ambiente che e’ l’ultimo dei pensieri per l’uomo comune.
Mi sembra comunque che rimuovere la sabbia con le alghe e depositarla a qualche distanza dalla spiaggia sia comunque, a rigor di logica, molto meno dannoso che invece portarsela a casa attaccata ai piedi e agli asciugamani e poi farla finire nelle fogne quando ci si fa la doccia o si lavano gli asciugamani. Almeno nel primo caso la sabbia resta vicino alla spiaggia dalla quale era stata prelevata e magari con un po di fortuna (e di vento) puo tornare dove era stata rimossa. Mi sbaglio?
Non è che per fare un picnic in un bosco posso pretendere che mi si tolgano le foglie secche da sotto ai piedi e provvisoriamente le si accumulino nei pressi del bosco sperando che il vento le riporti al loro posto!
È che tanti, troppi, vorrebbero stare in spiaggia come a bordo piscina.
Se tutto potesse risolversi col togliere e rimettere in situ posidonia e sabbia all’occorrenza nessuno avrebbe nulla da dire.
Purtroppo intervenire sulla e nella spiaggia con le ruspe significa danneggiare irreparabilmente la struttura ed il tessuto portanti di un ambiente dagli equilibri delicatissimi creatisi in lunghi anni e che certo non può ripristinarsi in una stagione.
La sabbia si è stratificata nel tempo in base alla propria granulometria; stratificazioni diverse potrebbero far perdere coesione tra gli strati e favorire in primis l’erosione eolica, e, nelle aree prossime all’acqua, l’intorbidimento della stessa e persino la formazione di banchi di sabbie mobili.
Asportare la posidonia spiaggiata può essere paragonato a disfare un materasso: resta il materiale informe ma, evidentemente, privo della propria funzione originaria.
Ecco, la posidonia spiaggiata, intera, sfilacciata o sminuzzata è una sorta di materasso nei cui interstizi viene depositata e trattenuta la sabbia delle nostre spiagge.
Altro danno collaterale provocato da certi interventi meccanici sulle spiagge, è sia la dispersione dei rametti spinosi che l’involontaria semina e conseguente proliferare della calcatreppola, pianta coriacea e spinosa sicuramente poco gradevole da schiacciare con le ciabatte infradito.
Tutto sommato rimuovere la posidonia non è cosa molto intelligente.
Direi che la plastica, il plankton di plastica col quale siamo costretti a nuotare e a vedere i poveri pesci che se ne nutrono per poi finire nella catena alimentare e nei nostri tumori, sono cose sulle quali riflettere. senza parlare di quei cafoni che non la smettono di lasciare spazzatura in posti meravigliosi e che nessuno pulisce, i comuni se ne fregano e io con la mia busta devo perdere tempo a raccattare e riciclare. Portatevi via la vostra spazzatura maleducati, sarebbe da mettere in cartelli sparsi ovunque. Iniziamo a multare i zozzoni e i comuni menefreghisti.
Riccardo, “rimuovere la sabbia con le alghe e depositarla a qualche distanza dalla spiaggia” è molto dannoso per la spiaggia, per i primi accumuli di sabbia immediatamente dopo e per le prime dune in fase di consolidamento. La cattura della sabbia trasportata dal vento, la posa in loco, l’imbrigliamento della massa di sabbia e il suo consolidamento, è opera di piante specialistiche (la cosiddetta vegetazione psammofila) strutturate appositamente per svolgere alle funzioni di cui sopra.
Asportare sabbia e/o Posidonia (figuriamoci poi con mezzi meccanici) interrompe il circuito descritto in maniera consistente, anche perché i sistemi dunali sono, in assoluto, gli ecosistemi più fragili del pianeta. Spesso la loro distruzione è irreversibile.
Poi magari bisogna operare interventi di “rinascimento”, come al Poetto, in Sardegna,…..
Esattamente.