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Le normative di inedificabilità costiera (ove esistono) si applicano nei confronti di chiunque.


Domus de Maria, baia di Piscinnì

La Corte costituzionale ha recentemente ribadito che – nelle regioni dove sussistono – i vincoli di inedificabilità costieri sono applicabili nei confronti di chiunque, siano essi soggetti pubblici che soggetti privati.

La presenza di vincoli di inedificabilità costiera appare necessaria per arginare fenomeni di speculazione immobiliare che andrebbero a degradare una primaria risorsa ambientale, paesaggistica e territoriale che, sul piano giuridico, i soli vincoli paesaggistici individuati con provvedimenti ex art. 136 del decreto legislativo n.42/2024 e s.m.i. nonchè ex lege, ai sensi dell’art. 142, comma 1°, lettera a, del medesimo decreto legislativo n.42/2024 e s.m.i. non possono evitare.

rustico edilizio

La Corte costituzionale, con la recentissima sentenza n. 72 del 23 maggio 2025, ha confermato la legittimità dell’applicazione immediata anche alle strutture di proprietà privata del vincolo di inedificabilità della fascia dei 150 metri dalla battigia marina di cui all’art. 15 della legge regionale Sicilia n. 78/1976 e s.m.i., poste in dubbio dal Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana con ben diciotto ordinanze di remissione degli atti alla Corte.  

Secondo il Giudice delle Leggi, la disposizione contestata prevede il divieto di edificabilità dei terreni nella fascia costiera dei 150 metri dalla battigia marina ed è direttamente e immediatamente efficace nei confronti dei soggetti privati: i giudizi pendenti davanti al Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana sono tutti inerenti provvedimenti comunali di diniego di domande di condono edilizio concernenti opere abusive entro la fascia dei 150 metri dal mare nel periodo compreso fra il 31 dicembre 1976 (entrata in vigore della legge) e l’1 ottobre 1983, data entro cui tali opere dovevano esser terminate per beneficiare del condono edilizio previsto dalla legge regionale Sicilia n. 37/1985 e s.m.i., conseguente alla legge-quadro nazionale n. 47/1985 e s.m.i.

Domus de Maria, Piscinnì, demolizione degli abusi edilizi (1999)

La Corte costituzionale ha avviato il suo percorso logico interpretativo “dal testo dell’art. 15, primo comma, lettera a), della legge reg. siciliana n. 78 del 1976, ai sensi del quale «[a]i fini della formazione degli strumenti urbanistici generali comunali debbono osservarsi, in tutte le zone omogenee ad eccezione delle zone A e B, in aggiunta alle disposizioni vigenti, le seguenti prescrizioni: a) le costruzioni debbono arretrarsi di metri 150 dalla battigia; entro detta fascia sono consentite opere ed impianti destinati alla diretta fruizione del mare, nonché la ristrutturazione degli edifici esistenti senza alterazione dei volumi già realizzati»”.   Secondo la Corte, la formulazione del testo originario poteva esser fonte di dubbi interpretativi (“La sua formulazione non è chiara”) sull’applicabilità ai soli Comuni, titolari della potestà di pianificazione urbanistica, ovvero direttamente anche ai privati, per cui “la disposizione del 1991 ha interpretato autenticamente quella del 1976, chiarendo ciò che, rientrando comunque tra le sue possibili varianti di senso, poteva risultare non chiaro nel testo originario dell’art. 15, primo comma, lettera a), ovvero che il divieto di costruire entro i 150 metri dalla battigia vale anche per i privati fin dal 1976. Nella scelta del legislatore regionale del 1991 ha prevalso l’intento di sottrarre il bene protetto dal rischio che, sulla base di una diversa interpretazione della norma, l’inerzia delle amministrazioni comunali comportasse una tutela ridotta, irrazionalmente limitata al territorio costiero dei comuni che si fossero attivati, ingenerando in tal modo anche disparità di trattamento fra i consociati.”.

Inoltre, non risulta leso alcun legittimo affidamento dei privati sulla possibilità di conseguire un provvedimento di sanatoria edilizia, in quanto la legge regionale sul condono del 1985 ha riproposto le medesime espressioni delle leggi regionali successive a quella del 1976 in merito a eventuale condonabilità: i proprietari delle opere abusive, dunque, non potevano vantare alcun ragionevole affidamento.   Infatti, “in epoca anteriore all’introduzione della legge reg. siciliana n. 37 del 1985, il legislatore regionale era già intervenuto per determinare i limiti della sanabilità di opere edilizie irregolari, comprese quelle realizzate in agglomerati sorti non solo «senza licenza o concessione o in difformità» da esse, ma anche «senza […] gli strumenti urbanistici generali o esecutivi».Di conseguenza, l’inammissibilità della sanatoria prevista dal citato art. 3, primo comma, lettera e), colpiva anche le costruzioni realizzate entro i 150 metri dalla battigia nei comuni che, essendo privi di strumenti urbanistici, ovviamente non avevano ancora recepito il vincolo di inedificabilità assoluta.”.

La pronuncia della Corte costituzionale interviene su un tema di grande rilevanza, non solo a livello locale.

Si ricorda che in Sicilia l’abusivismo edilizio è un fenomeno fortemente radicato, nonostante drammatiche tragedie connesse (come quella di Casteldaccia, avvenuta nel 2018), soprattutto per la scarsa volontà di contrasto da parte delle amministrazioni pubbliche competenti e i pesanti interessi elettoralistici propri da un’ampia parte della classe politica: ben 46 edifici su 100 sono abusivi in tutto o in parte e i reati connessi sono aumentati del 25,7% nel 2022 (vds. Rapporto Openpolis, 2023).    Si stima che le strutture abusive tuttora presenti nella fascia costiera di salvaguardia integrale siano ben 30 mila sui 250 mila abusivi e insanabili presenti nell’Isola (Gela risulta fra le capitali dell’abusivismo edilizio in Italia in rapporto alla popolazione con più di un migliaio di casi assolutamente insanabili).

Oltre alla Regione Siciliana anche la Regione autonoma della Sardegna ha adottato fin dagli anni ‘70 del secolo scorso vincoli di inedificabilità costiera nella fascia dei 150 metri dalla battigia marina con la legge regionale Sardegna n. 11/1976 e s.m.i. (art. 11), successivamente estesi alla fascia dei 300 metri dalla battigia marina con l’art. 2 della legge regionale Sardegna n. 23/1993, che ha integrato e innovato l’art. 10 bis della legge regionale Sardegna n. 45/1989 e s.m.i.

piano paesaggistico regionale (P.P.R.), Baratz e Porto Ferro

Tali norme di salvaguardia costiera sono state ritenute dalla giurisprudenza amministrativa in regime di continuità, in quanto “il quadro ordinamentale (leggi regionali Sardegna n. 10/1976, n. 17/1981, n. 45/1989, n. 23/1993, n.d.r.) … evidenzia la sostanziale continuità del vincolo di inedificabilità di cui sopra, in relazione al quale le disposizioni normative che si sono succedute, nell’attesa del perfezionarsi di definitivi assetti della materia, pur con talune variazioni in ordine all’ampiezza della fascia di inedificabilità assoluta, hanno sempre evidenziato l’intento del legislatore regionale di salvaguardare il territorio costiero da interventi suscettibili di pregiudicarne l’integrità paesaggistica” (T.A.R. Sardegna, Sez. II, 12 aprile 2012, n. 366; vds. anche T.A.R. Sardegna, Sez. II, 13 gennaio 2012, n. 18).  Sono state, inoltre, ritenute immediatamente cogenti nei confronti degli atti di pianificazione urbanistica e dei privati, perchè “le esigenze di tutela ambientale (in particolare, nella fattispecie in esame, concretizzate nella inedificabilità ‘dei territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare’: art. 142 d.lgs. n. 42 citato) hanno, nella graduazione degli interessi coinvolti e nella stessa ratio della norma, evidente e assoluta preminenza sulle difformi aspettative dei soggetti privati, anche ove la legge che tale tutela conforma è successiva alla disciplina urbanistica comunale” (Cons. Stato, Sez. VI, 5 agosto 2013, n. 4066).

Cabras, Torre di S. Giovanni di Sinis e Tharros

Le misure di conservazione integrale dei litorali sono state, inoltre, trasposte nella pianificazione paesaggistica, esecutiva con D.P.RAS n. 82 del 7 settembre 2006 (P.P.R. – 1° stralcio costiero) e più volte riconosciute costituzionalmente legittime (es. Corte cost. n. 151/2024; Corte cost. n. 24/2022).

Si tratta, quindi della “disciplina della fascia costiera, bene paesaggistico assoggettato a rigorosa tutela, per la peculiarità delle caratteristiche naturali e ambientali“ (Corte cost. n. 24/2022), cogente e applicabile nei confronti di ogni soggetto pubblico e privato dell’Ordinamento.

dott. Stefano Deliperi, Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

Italia, tipologie di paesaggio (cartografia I.S.P.R.A.)

(foto J.I., S.D., archivio GrIG)

  1. Avatar di floridanicolai8@gmail.com
    floridanicolai8@gmail.com
    Maggio 28, 2025 alle 11:19 am

    Caro Stefano,

    qual è la normativa in Toscana? Ti chiedo questo perché, anche negli ultimissimi anni, sono stati costruiti sulla spiaggia, sia ex novo si ampliando quanto già c’era, stabilimenti balneari che sono autentiche strutture recettive, in cemento e carrarmato, per non parlare di “capannonia2 sempre più grandi e invasivi costruiti da The Italian Sea Group, il padrone indiscusso, ormai, di Marina che “detta leggi” anche per far abbattere pini per costruire parcheggi per i suoi dipendenti. Ma questo è un altro discorso.

    Grazie per quanto mi potrai dire.

    Florida

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