Perché è stato reintrodotto il Lupo nel parco nazionale di Yellowstone.
Molti non sanno che sono avvenute nel tempo varie reintroduzioni del Lupo (Canis lupus), non certo in Italia, dove la ricomparsa del predatore è avvenute e avviene spontaneamente.
Il caso più noto è la reintroduzione del Lupo nel parco nazionale di Yellowstone (Wyoming, Idaho, Dakota – U.S.A.) avviata a partire dal 1977 per rimediare all’estinzione avvenuta nel 1926.
L’assenza di predatori aveva, infatti, provocato la crescita esponenziale di erbivori come il Wapiti (Cervus elaphus canadensis) e l’Alce (Alces alces), con gravi conseguenze sugli habitat naturali.
Il ritorno del Lupo ha portato a una serie di positive conseguenze sulla biodiversità nel parco nazionale.
Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)
da Geopop,10 novembre 2023
Come i lupi possono cambiare il corso dei fiumi: il caso del Parco Nazionale di Yellowstone.
Diversi studi condotti nel Parco Nazionale di Yellowstone hanno evidenziato che la presenza o meno dei lupi in un’area può portare a conseguenze importanti, tra cui un cambiamento nel corso dei fiumi. (Arianna Izzi)
Questo racconto riguarda una splendida serie di studi scientifici condotti nel Parco Nazionale di Yellowstone (l’area protetta più antica del mondo), che hanno messo in luce l’importanza ecologica del lupo grigio, appartenente alla specie Canis lupus, e che mostra quanto connesse siano le specie tra loro e con l’ambiente circostante. In particolare, dopo lo sterminio dei lupi nell’area all’inizio del Novecento si sono registrate addirittura delle variazioni nel corso dei fiumi! Questi studi sono importanti proprio perché evidenziano la complessità degli ecosistemi e le relazioni causa-effetto, talvolta inimmaginabili, che li regolano.
La caccia al lupo
Nel corso dell’Ottocento, nella zona di Yellowstone si assistette a una caccia indiscriminata al lupo grigio, una specie molto comune e da sempre presente nell’area, considerata pericolosa e nociva soprattutto dagli allevatori locali. L’ultimo branco di lupi fu ucciso nel 1926 e dalla metà degli anni ’30 sparirono anche le segnalazioni relative alla presenza di individui solitari.
Se da una parte i lupi grigi furono completamente sterminati con l’uso di armi, trappole e veleno, dall’altra si cercò di favorire altre specie presenti nell’area, tra cui i cervi, ungulati erbivori appartenenti alla specie Cervus elaphus.
Le conseguenze sul corso dei fiumi
L’assenza dei lupi grigi a Yellowstone non tardò a portare ingenti conseguenze, non solo su un largo numero di specie animali e vegetali ma, anche, sulla morfologia del territorio. Una volta eliminata la pressione selettiva che i lupi esercitavano sulle loro prede preferite, infatti, la popolazione di cervi cominciò a crescere senza limite. Pensate solamente che nella Foresta di Gallatin, che fa parte del Greater Yellowstone Ecosystem, il numero di cervi passò in circa 10 anni da 1600 nel 1919 a 2500 nel 1930; la densità aumentò da 7 a 12 cervi al km².
Un numero troppo grande di erbivori in un dato territorio porta presto al fenomeno della sovrabrucazione. I cervi, infatti, si cibano di erba, foglie, piccoli arbusti e germogli; la richiesta eccessiva di specie vegetali (su larghe aree) porta presto alla diminuzione locale delle piante. All’aumentare degli erbivori nel Parco Nazionale di Yellowstone, quindi, diminuirono numerose specie botaniche. In particolare, a risentirne furono quelle ripariali, cioè situate non lontano dai corsi d’acqua, come i pioppi, Populus spp., e i salici, Salix spp.
Potreste non averci mai pensato, ma la vegetazione ripariale è molto importante per la struttura del territorio, perché influenza la stabilità delle sponde di fiumi e ruscelli, modera i microclimi e la temperatura dell’acqua e, di conseguenza, il ciclo dei nutrienti e la correlata rete alimentare per molti animali terrestri e acquatici.
Non solo. Nel corso di eventi alluvionali, la rugosità dei tronchi, le radici e il materiale organico in eccesso (come quello costituito dalle dighe costruite dai castori, Castor canadensis, in Nord America) rallentano la velocità del flusso d’acqua e migliorano la deposizione dei sedimenti sia grossolani che fini. La perdita a lungo termine della vegetazione ripariale, dunque, favorisce l’erosione delle rive, la formazione di meandri e l’allargamento dei letti dei fiumi, soprattutto nelle zone di pianura. Con il tempo tutto questo portò inevitabilmente alla modifica della geografia dei corsi d’acqua nel Parco Nazionale di Yellowstone.
La reintroduzione del lupo a Yellowstone
Dal 1975 si iniziò a ipotizzare una reintroduzione dei lupi grigi a Yellowstone e, dopo un lungo periodo di studio e divulgazione naturalistica, il 12 gennaio 1995 tra le foreste del Parco Nazionale tornarono ad abitare i primi 8 lupi, prelevati nel vicino Canada. Molte aree vennero chiuse al pubblico e ai predatori fu lasciata la possibilità di colonizzare il territorio senza alcuna pressione umana.
In breve tempo i lupi tornarono a cacciare i cervi. Questi ultimi, abituati a pascolare senza timore nelle spoglie pianure, cominciarono ad allontanarsi per trovare rifugi migliori tra gli alberi nel bosco. La vegetazione ripariale ricominciò a crescere e, con essa, aumentò il numero di castori, lontre e animali che lungo le sponde dei corsi d’acqua vivono e costruiscono nidi e tane.
Ecco quindi che la morfologia dei corsi d’acqua cambiò nuovamente: fiumi e ruscelli ripresero gradualmente a serpeggiare meno, le loro rive si stabilizzarono e i canali, non più soggetti a erosione continua, si strinsero.
Come vedete, il ruolo ecologico di una singola specie, in un dato territorio, è delicato e fondamentale. La sua presenza o assenza determina modifiche difficili da immaginare e, per questo motivo, è molto importante salvaguardare la biodiversità degli ecosistemi che ci circondano. Un insegnamento che i lupi di Yellowstone ci hanno chiaramente mostrato.
Fonti:
Musiani M. e Paquet P.C., “The Practices of Wolf Persecution, Protection, and Restoration in Canada and the United States“
Beschta R.L. e Ripple W.J., “River channel dynamics following extirpation of wolves in northwestern Yellowstone National Park, USA“
Beschta R.L. e Ripple W.J., “Wolves, trophic cascades, and rivers in the Olympic National Park, USA“
Ripple W.J., Beschta R.L. et al., “Trophic cascades from wolves to grizzly bears in Yellowstone“
(foto Yellowstone National Park, S.D., archivio GrIG)




E’ la natura che trova l’equilibrio tra le specie, e noi umani che, per un cieco tornaconto lo stravolgiamo, per poi accorgersi dello sbaglio , cercando di tamponare il problema. E’ solo sperabile che non si tocchi il punto di non ritorno.
si vabbé ma è un parco, dove gli erbivori non vengono allevati per essere mangiati ma dove si cerca semplicemente di creare un habitat “naturale”. e va benissimo. però è diverso il caso in cui in un dato territorio insistono allevamenti di animali da mangiare, dove gli animali da mangiare costano, e costano molto agli allevatori, in termini di soldi e responsabilità, allevatori a cui tra l’altro non vengono pagati niente più che quelli allevati in stalla (quelli che in molti biasimiamo e combattiamo ad iniziate da Greta Tumberg). In realtà non possiamo pretendere di mangiare carne di qualità, allevata al pascolo brado, se non volgiamo che questa carne sia protetta dai predatori. Dove si alleva carne, anche di qualità al pascolo brado, la natura è condizionata modificata guidata dall’uomo, caso contrario non datur, su questo non c’è discussione possibile. Stefano, carissimo, da tempo volevo farti una domanda personale, se mi permetti: tu mangi carne? e se sì che carne mangi? e quanto la paghi? + dirimente perché se sei vegetariano interviene un’altra serie di ragionamenti, che caso ma sarei anche disponibile a fare, ma costretto con forza…
ciao Angelo, l’articolo parla semplicemente di uno dei casi più noti di reintroduzione di un predatore (il Lupo) in un ambiente naturale (il Parco nazionale di Yellowstone) per ricomporre equilibri biologici che l’Uomo stesso aveva deliberatamente alterato.
Infatti, il Lupo era stato sterminato per favorire l’incremento degli ungulati (in particolare il Wapiti e l’Alce), ma poi l’aumento degli erbivori stava diventando deleterio per l’ambiente naturale del Parco. Era stata superata la c.d. carryng capacity, la dimensione massima della popolazione di una specie animale che può essere sostenuta da quello specifico ambiente, dati il cibo, l’habitat , l’acqua e le altre risorse disponibili.
Ogni reintroduzione o immissione di una specie animale va attentamente studiata e valutata preventivamente in relazione al territorio dove si vorrebbe effettuare, agli equilibri ecologici, alle attività umane esistenti (es. allevamento, agricoltura).
Un esempio è dato dal rinvigorimento della popolazione del Grifone in Sardegna, sostenuta da progetti LIFE e attuata con il coinvolgimento di chi in quei territori vive e lavora, lo sai meglio di me 😉
Si deve agire in questo modo, questa è la posizione del GrIG, espressa in parecchie occasioni.
In questa sede – lo spazio web del GrIG – posso parlare delle posizioni del GrIG, non delle mie personali, che ben poco interessano: il GrIG è un’associazione ambientalista e da tempo abbiamo ritenuto che ogni socio faccia le proprie scelte personali riguardo l’alimentazione.
Buon Ferragosto!
Stefano Deliperi
si però ogni volta che si parla del “problema” lupo per gli allevatori apriti cielo. Le cose sono correlate. Allora, io sono per non demonizzare gli allevatori che subiscono e lamentano il “problema lupo” quando il lupo diventa un problema, e credo che la mia sia una posizione ambientalista. Non si possono certo avere posizioni ambientaliste CHE PRESCINDONO dalle attività umane “anche” di allevamento, specialmente quelle che prevedono l’allevamento al pascolo brado, che richiede spazi e concorrenza tra animali, e dunque tra animali gestiti dall’uomo e animali non gestiti (sulla diffusione dei quali comunque l’uomo ha ed ha avuto sempre un ruolo). Ecco, mi sembrava pertinente e ho approfittato di questo post. buon ferragosto a tutti
..veramente spesso e volentieri è la spontanea ricomparsa del Lupo in zone dov’era stato sterminato a suscitare mille proteste e polemiche, alimentate più da amministratori locali a fini elettoralistici e meno da allevatori. Basta vedere quanto accade in Provincia di Bolzano e in Provincia di Trento.
Tutto ‘sto caos non si vede dove il Lupo è una presenza consolidata, come in Abruzzo, per esempio.
Nessuno “demonizza” gli allevatori, tantomeno il GrIG.
Ci sono forti sostegni pubblici per dotarsi di tutte le precauzioni anti-Lupo (recinzioni elettrificate, Cani da guardiania, ecc.), così come indennizzi in caso di predazione di bestiame domestico.
Gli allevatori non sono certamente lasciati soli.
Un po’ di sano buon senso aiuta la convivenza Uomo-Lupo, tanto più che il Lupo è il primo fattore di contenimento del Cinghiale (il 50% della dieta).
Buon ferragosto ancora!
Stefano Deliperi