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Il T.A.R. Sardegna conferma il blocco della speculazione immobiliare sul litorale di Villa Rey.


dune

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Il T.A.R. Sardegna, con le sentenze Sez. II, 25 febbraio 2014, n. 171 e 5 marzo 2014, n. 201, ha respinto i ricorsi n. 967/2012 e n. 536/2013 della società immobiliare romana Le Palme s.r.l. riguardo i dinieghi di autorizzazione paesaggistica in sanatoria degli organi periferici del Ministero per i beni e attività culturali all’ampliamento del complesso turistico-edilizio “La Villa del Re”(già Hotel Villa Rey), sul litorale di Castiadas (CA), in base alla legge regionale n. 4/2009 e s.m.i. (il c.d. piano per l’edilizia).

L’intervento ad opponendum effettuato dall’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus grazie al prezioso operato dell’avv. Rosalia Pacifico del Foro di Cagliari, è stato ritenuto inammissibile per le discrasie con la tempistica delle notifiche e del deposito di legge (artt. 28, comma 2°, e 50 del decreto legislativo n. 104/2010), come d’altra parte preventivabile.

Castiadas, litorale di Villa Rey

Castiadas, litorale di Villa Rey

Tuttavia la difesa di quel tratto di costa di grande valore paesaggistico ne meritava il rischio.

Il T.A.R. Sardegna ha riconosciuto la legittimità e la sussistenza di adeguata motivazione dei vari pareri negativi espressi in sede di conferenza di servizi (6 dicembre 2012) presso il S.U.A.P. di Castiadas dal Servizio tutela paesaggistica di Cagliari della Regione autonoma della Sardegna e degli Organi periferici del Ministero per i beni e attività culturali sotto il profilo della compatibilità paesaggistica delle opere edilizie, in parte già realizzate in assenza di autorizzazione.

In particolare, il Giudice amministrativo sardo ha ritenuto opportunamente motivati i dinieghi di compatibilità paesaggistica in sanatoria da parte della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici (determinazione prot. n. 4229 dell’11 luglio 2012) per i lavori abusivi relativi allo sbancamento di mq. 517 di ambiente dunale per la realizzazione di una piscina con locali tecnici di servizio, pur parzialmente interrati “…in quanto è noto che l’interesse tutelato dalla norma non si riferisce solo all’aspetto esteriore del paesaggio ma considera fondamentale l’intero complesso ambientale dell’area sottoposta a tutela paesaggistica e devono quindi essere valutati anche gli effetti di opere non immediatamente percepibili…”.

Si deve ricordare, poi, come evidenziato durante l’udienza T.A.R. del 5 febbraio 2014 dall’Avvocato dello Stato Giandomenico Tenaglia, la sussistenza di del procedimento penale in corso relativo ai lavori del cantiere edilizio avviato alcuni anni or sono.

Castiadas, cantiere ristrutturazione e ampliamento Hotel Villa Rey (2007)

Castiadas, cantiere ristrutturazione e ampliamento Hotel Villa Rey (2007)

Infatti, varie ipotesi di reato sono contestate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari all’ex Soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici di Cagliari Gabriele Tola, al dirigente del Servizio comunale urbanistica Giuseppe Floris, al presidente del Consiglio di amministrazione e legale rappresentante della società committente Le Palme s.r.l. Stefano Gagliardi, al direttore dei lavori Luigi Giglio, al procuratore dell’impresa esecutrice Cepram s.r.l. Innocenzo Zaccheddu.  Oltre all’accusa inerente le violazioni paesaggistiche e urbanistiche, il tecnico comunale Floris dovrà rispondere di abuso d’ufficio e il procuratore Zaccheddu di violazione di sigilli.       La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari, in seguito alle indagini svolte dal N.I.P.A.F. del Corpo forestale e di vigilanza ambientale, aveva ottenuto il sequestro preventivo (marzo 2008) tuttora vigente di parte del cantiere del complesso turistico-edilizio “Villa Rey”, sul litorale di Castiadas (CA).

Le associazioni ecologiste Amici della Terra e Gruppo d’Intervento Giuridico avevano inoltrato in relazione ai lavori edilizi a due passi dal mare due specifici esposti (28 giugno 2007, 12 settembre 2007) inviati anche alle amministrazioni pubbliche e alla magistratura competenti.     Tale intervento immobiliare risulterebbe fornito di aumento di volumetrie in deroga con deliberazione Consiglio comunale n. 20 del 13 marzo 2006 e di permesso di costruire n. 49 del 24 maggio 2006.

Castiadas, ex Hotel Villa Rey, fronte spiaggia

Castiadas, ex Hotel Villa Rey, fronte spiaggia

In proposito, il Servizio tutela del paesaggio di Cagliari aveva comunicato (nota prot. n. 863/RE del 10 agosto 2007) di non aver “rilasciato alcuna autorizzazione paesaggistica per i lavori” di ristrutturazione del complesso turistico-edilizio “Villa Rey”, precisando che “l’ufficio con nota prot. n. 1819 del 25/01/2007 in merito al progetto in questione ha espresso parere sfavorevole”.

L’area è tutelata con specifico vincolo paesaggistico (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), in quanto fascia costiera con ambiti dunali e macchia mediterranea, mentre la fascia dei mt. 300 dalla battigia marina è tutelata anche con vincolo di conservazione integrale (legge regionale n. 23/1993).         Nel piano paesaggistico regionale – P.P.R. (deliberazione Giunta regionale n. 36/7 del 5 settembre 2006) l’area appare ricompresa nell’ambito di paesaggio costiero n. 26 “Castiadas” (art. 14 delle norme tecniche di attuazione) ed è classificata, pro parte, “area naturale e sub naturale”, “campi dunari e sistemi di spiaggia” e “insediamenti turistici”.  Pur essendo il Comune di Castiadas provvisto di P.U.C. definitivamente approvato ed in vigore, si applicano per tale ambito di paesaggio costiero le disposizioni cautelari provvisorie (art. 1 della legge n. 1902/1952 e successive modifiche ed integrazioni) di cui all’art. 15, comma 3°, delle norme tecniche di attuazione del P.P.R.

L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus ritiene molto importante il pronunciamento del T.A.R. Sardegna in proposito, in quanto appare fuori luogo qualsiasi pretesa edificatoria in area di massima salvaguardia ambientale in presenza di un procedimento penale in corso e di provvedimenti cautelari adottati.

 Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

L'Unione Sarda, 13 marzo 2014

Castiadas, ex Hotel Villa Rey, pineta retrodunale

Castiadas, ex Hotel Villa Rey, pineta retrodunale

N. 00171/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00967/2012 REG.RIC.

 Stemma Repubblica Italiana

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 967 del 2012, proposto da:
Società Le Palme srl, rappresentata e difesa dagli avv.ti Alessandro Pallottino e Anna Ingianni, con domicilio eletto in Cagliari presso lo studio di quest’ultima, via Salaris n. 29;

contro

il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro p.t.,
il Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna, in persona del legale rappresentante p.t.;
la Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Storici,Artistici e Etnoantropologici per le Province di Cagliari e Oristano, in persona del legale rappresentante p.t.;
rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, e domiciliati in Cagliari, presso gli uffici della medesima, via Dante n. 23;
la Regione Autonoma della Sardegna, in persona del Presidente p.t., non costituita in giudizio;

per l’annullamento

– della determinazione prot. n. 4229 dell’11.7.2012 a firma del Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna, con la quale si esprime parere negativo sull’istanza pos. RAS 70155 di compatibilità paesaggistica ex art. 167, comma 5, D.lgs n. 42 del 2004, con riguardo a volumi tecnici totalmente interrati destinati ad accogliere gli impianti tecnologici di una piscina in loc. Su Cannisoni del Comune di Castiadas; e contestualmente si sospende l’esame della istanza medesima con riguardo al parziale arretramento della piscina stessa rispetto al fronte mare, in quanto pendente un procedimento penale sull’autorizzazione paesaggistica originariamente assentita;

– del parere (di estremi e contenuto ignoti) espresso dall’Ufficio Ispettivo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, compulsato dalla Direzione Regionale ma non menzionato nel provvedimento impugnato, sebbene verosimilmente acquisito e verosimilmente assunto a presupposto del provvedere;

– di ogni altro atto precedente, coevo, successivo e comunque connesso, ed in particolare, solo laddove da interpretarsi come preclusivi all’ottenimento della richiesta compatibilità paesaggistica e proprio in tal senso richiamati nella determinazione di cui sopra;

– della determinazione della Direzione Generale della Pianificazione Urbanistica, Servizio Tutela Paesaggistica della Regione Sardegna – Assessorato degli Enti Locali, Finanze ed Urbanistica, prot. 32472 del 29.1.2010, con la quale si esprimeva, invece, parere positivo al rilascio del provvedimento di compatibilità paesaggistica, atteso che i locali tecnologici della piscina, seppur hanno sottratto massa sabbiosa-terrosa utile all’apparato radicale della vegetazione dunaria …. appaiono tuttavia sostenibili paesaggisticamente dal contesto interessato in quanto interrate e tali da non richiedere l’applicazione della rimessa in pristino;

– del Decreto del Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali 11.2.1976, che aveva assoggettato a vincolo la zona in cui ricade l’area oggetto della struttura alberghiera, vincolo emanato proprio ai sensi dell’art. 1 della legge n. 1497/39 il quale svolge la sua funzione nella sola tutela e valorizzazione del paesaggio;

– del Piano Paesistico Regionale della Sardegna, approvato con Delibera della Giunta Reg. Sardegna n. 36/7 del 5.9.2006, seppur diretto (art. 17 delle N.T.A.) alla tutela della fascia costiera, campi dunari e sistemi di spiaggia costituenti l’assetto ambientale disciplinato dal Piano stesso, esaurisce la sua funzione nella tutela e valorizzazione del paesaggio (art. 1 delle NTA), quale mero valore estetico degli ambiti di paesaggio, beni e componenti (art. 6 della NTA), coerente con la classificazione di cui all’art. 136 del D.Lgs n. 42 del 2004, che difatti ignora le cose che non hanno alcuna rilevanza estetica;

– nonché per il risarcimento del danno ingiusto, conseguente al ritardo nella conclusione della pratica e alla adozione del provvedimento negativo e soprassessorio come sopra meglio indicato;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Amministrazione statale intimata;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 febbraio 2014 il dott. Tito Aru e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La società Le Palme srl ha rilevato la struttura turistico-ricettiva denominata “Villa Rey”, situata in località “Su Cannisoni”, comune di Castiadas, abbandonata da molti anni e in stato di avanzato degrado.

Ottenute le necessarie autorizzazioni, compreso il nulla osta paesaggistico, rilasciato dalla competente Soprintendenza il 13.12.2005, dava inizio alle opere di recupero e valorizzazione del predetto fabbricato, destinato a struttura alberghiera.

Il progetto della sistemazione delle aree esterne all’edificio prevedeva, tra l’altro, la realizzazione di una piscina “a sfioro” sul fronte dunario, verso il mare, inglobando un manufatto precedentemente destinato a ricovero per imbarcazioni.

Nel corso dei lavori si rendevano necessarie alcune sostanziali varianti al progetto originario, sicché la ricorrente richiedeva ed otteneva, tra l’altro, un nuovo nulla osta paesaggistico (nell’esposizione della ricorrente, in tale variante la piscina restava confermata nella sua originaria collocazione).

In sede di ulteriore avanzamento dello stato dei lavori, si rendeva necessario il parziale arretramento (per 7 metri) della piscina rispetto al fronte dunario, con mantenimento di una sovrapposizione per il residuo 60%.

Per la realizzazione di opere cementizie di rinforzo, e per la sistemazione dei necessari impianti tecnologici di funzionamento della piscina, venivano realizzati, intorno alla piscina, dei locali interrati, con accesso al gazebo-bar.

In relazione a tali opere la società ricorrente inoltrava al Comune di Castiadas richiesta per accertamento di conformità ex art. 36 DPR n. 380/2001, e alla Regione Sardegna richiesta per il parere di compatibilità paesaggistica ex art. 167 del D,Lgvo n. 42/2004.

Con determinazione n. 32472 del 21 settembre 2010 la Direzione regionale della Pianificazione Urbanistica, Servizio tutela paesaggistica della Regione Sardegna, pur evidenziando talune criticità, esprimeva parere sostanzialmente positivo alla compatibilità paesaggistica delle opere realizzate.

Tali conclusioni venivano trasmesse alla Soprintendenza per il parere di competenza.

All’esito dell’istruttoria, esperita nel rituale contraddittorio procedimentale e previo invio, ex art. 10 bis della legge n. 241/1990, del c.d. preavviso di rigetto, il Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna adottava l’impugnata determinazione prot. n. 4229 dell’11.7.2012, con la quale esprimeva parere negativo di compatibilità paesaggistica con riguardo ai volumi tecnici destinati ad accogliere gli impianti tecnologici della piscina e, contestualmente,

sospendeva l’esame della medesima istanza con riguardo al parziale arretramento della piscina stessa rispetto al fronte mare in quanto pendente un procedimento penale sull’autorizzazione paesaggistica originariamente assentita.

Con il ricorso in esame la società ricorrente ha impugnato tale determinazione negativa deducendo le seguenti censure:

1) Violazione per falsa ed errata applicazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990, violazione del principio di economicità, di efficacia e di partecipazione sancito dalla stessa legge n. 241/1990 – Eccesso di potere per palese contraddittorietà, per omessa completa istruttoria e per conseguente difetto di motivazione; per illogicità, per errore e difetto dei presupposti, per sviamento: in quanto il

Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna, dopo aver avviato il confronto procedimentale con la società Le Palme srl, si sarebbe sottratto a successive e reiterate richieste di incontro addivenendo all’adozione del provvedimento negativo senza completare, di fatto, l’istruttoria che pure si era impegnato a svolgere;

2) Violazione reiterata dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990 – Violazione dell’art. 167, commi 4 e 5 del D.Lgvo n. 42/2004 – Eccesso di potere per manifesta illogicità: per mancata coerenza tra quanto dedotto nel preavviso di diniego e quanto successivamente posto a fondamento del provvedimento impugnato, tenuto anche conto del lungo periodo di tempo trascorso tra i due atti e delle articolate controdeduzioni presentate nel corso dell’istruttoria;

3) Violazione reiterata, per falsa ed errata applicazione, dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990 – Violazione dell’art. 167, commi 1 e 5 del D.Lgvo n. 42/2004 – Violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 per falsa motivazione anche con riguardo all’insufficiente istruttoria svolta – Violazione degli artt. 135 e 136 del D.Lgvo n. 42/2004 e dei principi in materia di beni paesaggistici e del PPR della Regione Sardegna, approvati con Deliberazione della Giunte regionale n. 37/7 del 5.9.2006 – Violazione per omessa applicazione dell’art. 149 del D.Lgvo n. 42/2004 – Incompetenza – Eccesso di potere per travisamento dei fatti e contraddittorietà con atti riferibili allo stesso potere esercitato in precedenza e con atti presupposti: in quanto né il DM del 1976, né il PPR della Regione Sardegna, finalizzati entrambi alla tutela e alla valorizzazione del paesaggio, potrebbero giustificare il diniego alla compatibilità paesaggistica di opere totalmente interrate, non visibili dall’esterno, ricomprese al di sotto di un piancito in laterizio già in precedenza approvato. Inoltre, trattandosi di locali destinati a integrare i servizi tecnologici, non sarebbe neppure necessaria l’autorizzazione paesaggistica ex art. 149 del D.Lgvo n. 42/2004 laddove le stesse non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto ulteriore degli edifici. Ancora, il richiamo al parere dell’autorità regionale sarebbe solo parziale e fuorviante, giacché quest’ultimo sarebbe nella sostanza favorevole al mantenimento delle opere. Sarebbe infine irrilevante l’argomento secondo il quale la piscina non costituirebbe oggetto del nulla osta paesaggistico del 2009, in quanto la piscina a sfioro era già stata autorizzata fin dal 2005.

4) Violazione dell’art. 2 della legge n. 241/1990 in relazione all’art. 167, comma 5, del D.Lgvo n. 42/2004 – Eccesso di potere per falsità dello scopo e palese contradditorietà – Sviamento: in quanto lo svolgimento e la conclusione di un procedimento amministrativo, con adozione di un conclusivo provvedimento espresso, non potrebbe interrompersi in ragione della pendenza di procedimenti penali; e ciò tanto più nel caso di specie, in cui il Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna ha esercitato il potere in via sostitutiva per incompatibilità del Soprintendente su quel medesimo procedimento penale. Inoltre non vi sarebbe tra il procedimento penale pendente e la traslazione della piscina alcuna inscindibile connessione.

5) Violazione reiterata, sotto altro profilo, dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990 – Violazione per falsa applicazione dell’art. 167, comma 5, del D.Lgvo n. 42/2004 – Eccesso di potere per travisamento dei fatti – Reiterato sviamento di potere: in quanto malgrado la disponibilità ripetutamente manifestata dalla ricorrente in sede istruttoria in ordine alla individuazione di opere di mitigazione da concordare con l’amministrazione, quest’ultima, negandosi ad ogni ulteriore incontro in sede procedimentale, ha chiuso il procedimento con l’atto negativo impugnato senza offrire alcun argomento contrario alle proposte della ricorrente.

Concludeva quindi la società Le Palme srl chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato con vittoria delle spese del giudizio.

Contestualmente alla domanda caducatoria la ricorrente ha chiesto la condanna dell’amministrazione intimata al risarcimento del danno conseguente alla ritardata messa in esercizio della struttura alberghiera, nella misura da quantificarsi in corso di causa.

Per resistere al ricorso si è costituita l’amministrazione per il beni e le attività culturali che, con articolate difese, ne ha chiesto il rigetto, vinte le spese.

In vista dell’udienza di trattazione le controparti hanno depositato scritti difensivi con i quali hanno insistito nelle rispettive conclusioni.

Alla pubblica udienza del 5 febbraio 2014, sentiti i difensori delle parti,la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente il Collegio ritiene non necessario acquisire, ai fini del decidere, la documentazione (concernente gli atti del procedimento penale in corso per la vicenda in esame, tra cui la relazione del CTU, in quella sede nominato, illustrativa delle caratteristiche dei locali tecnici della piscina) che all’odierna udienza di trattazione la difesa pubblica, incontrando peraltro l’opposizione della ricorrente, ha reso disponibile.

Le circostanze di fatto sulle quali il Collegio è chiamato a pronunciarsi, infatti, non sono contestate e, dunque, non necessitano di ulteriori accertamenti.

Quanto al merito del ricorso, può anzitutto osservarsi che le censure proposte dalla ricorrente possono essere sostanzialmente articolate in tre distinti capitoli:

censure procedurali per violazione, sotto diversi profili, del contraddittorio procedimentale (motivi n. 1,2 e 5);

censure avverso il diniego di compatibilità paesaggistica dei locali tecnici interrati (motivo 3);

censure avverso il mancato pronunciamento sull’istanza di arretramento della piscina a sfioro (motivo n. 4).

Ragioni di ordine sistematico inducono il Collegio a prendere le mosse dall’esame delle censure sub A).

A.1 Sostiene anzitutto la ricorrente che il Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna, dopo aver avviato un corretto confronto procedimentale, si sarebbe sottratto a successive e reiterate richieste di incontro, addivenendo, infine, all’adozione del provvedimento negativo senza completare, di fatto, l’istruttoria che pure si era impegnato a svolgere.

La censura della ricorrente tende, in particolare, a contestare la legittimità dello svolgimento dell’istruttoria procedimentale non già sotto il profilo formale (riconoscendosi che l’amministrazione procedente ha ritualmente proceduto all’invio del c.d. preavviso di rigetto ex art. 10 bis della legge n. 241/1990), bensì sotto quello sostanziale, sostenendosi che il direttore regionale si sarebbe, in concreto, sottratto ad un effettivo contraddittorio non consentendole di illustrare adeguatamente le proprie ragioni.

L’argomento è privo di pregio.

Ai sensi dell’art. 5 della legge 7 agosto 1990 n. 241, la responsabilità dell’istruttoria procedimentale incombe sul responsabile del procedimento che, ai sensi del successivo art. 6, “…b) accerta di ufficio i fatti, disponendo il compimento degli atti all’uopo necessari, e adotta ogni misura per l’adeguato e sollecito svolgimento dell’istruttoria. In particolare, può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e può esperire accertamenti tecnici ed ispezioni ed ordinare esibizioni documentali…”.

Rientra dunque nella discrezionalità del predetto responsabile l’individuazione e la delimitazione delle attività istruttorie necessarie al fine del decidere, non potendosi pretendere, da parte dell’istante, né di dilatare i tempi dell’istruttoria oltre quelli da quest’ultimo ritenuti necessari, introducendo reiteratamente nuove richieste di incontri e di produzioni documentali, né, tanto meno, di pretendere, nella sostanza, da parte dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, di addivenire ad un diretto intervento sulla progettazione dell’opera sottoposta alla sua valutazione al fine di renderla assentibile.

Orbene, nel caso di specie, dopo l’invio del cd preavviso di rigetto (nota n. 5421 dell’11 agosto 2011), la ricorrente ha presentato motivate osservazioni e, successivamente, in un incontro tenutosi a Cagliari il 27 ottobre 2011 presso la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna, “…alla presenza del Direttore, di un tecnico del suo ufficio, del Legale della Società e di un ingegnere della stessa Società…” (pag. 7 del ricorso), ha ulteriormente illustrato, anche con nuovi elaborati grafici, le proprie ragioni.

Risulta dunque per tabulas che l’Autorità procedente ha dato ampio spazio alle istanze illustrative e chiarificatrici della ricorrente, non costituendo di per sé motivo di illegittimità della determinazione finale assunta la circostanza che, dopo aver esperito le anzidette attività istruttorie, quest’ultima, ritenendo non necessarie ulteriori acquisizioni, abbia soprasseduto alle ulteriori richieste di incontro da parte della ricorrente.

Non è superfluo sul punto precisare che per la giurisprudenza prevalente la disciplina generale sulla partecipazione nel procedimento amministrativo, contenuta nella legge n. 241 del 1990, non prevede l’imprescindibile diritto alla discussione orale davanti all’Autorità che adotta la decisione conclusiva del procedimento (cfr: Cons. Stato, Sez. III, n. 2241 del 22 aprile 2013; idem, n. 3136 del 28 maggio 2012).

Di qui, senza necessità di ulteriori argomentazioni, la reiezione del motivo.

A.2 Sostiene ancora la ricorrente che non vi sarebbe coerenza tra le scarne argomentazioni contenute nel c.d. preavviso di rigetto e la motivazione del provvedimento finale.

Neanche tale argomento è meritevole di pregio.

La menzionata nota n. 5421 dell’11 agosto 2011 (recante il preavviso di rigetto) contiene la seguente motivazione:

“…Considerato che le opere realizzate in difformità del parere rilasciato dalla Soprintendenza BAPSAE, hanno profondamente alterato l’originaria morfologia dei luoghi contribuendo in questo modo all’evidente e irreversibile depauperamento paesaggistico dell’area…

Preso atto della negativa incidenza paesaggistica delle opere realizzate rispetto al contesto tutelato…”.

La determinazione prot. n. 4229 dell’11.7.2012, recante il provvedimento negativo impugnato, richiamando – seppur parzialmente, come si vedrà – le argomentazioni dell’Ufficio regionale di Tutela paesaggistica, ha rilevato che le opere in questione hanno arrecato un pregiudizio ai valori paesaggistici tutelati dal vincolo per via degli scavi effettuati per la realizzazione degli spazi tecnici, che hanno sottratto massa sabbiosa – terrosa utile allo sviluppo dell’apparato radicale della vegetazione dunaria, caratterizzata da un ambiente sensibile alle dinamiche morfoevolutive, che rende non facile l’insediamento della vegetazione e la sua stabilizzazione.

In relazione al tenore letterale di cui sopra non vi è chi non veda come le argomentazioni poste a fondamento del provvedimento finale negativo costituiscano sviluppo logico e specificazione di quelle sinteticamente indicate nel preavviso di rigetto, restando conseguentemente priva di riscontro l’argomentazione critica proposta dalla ricorrente.

A.3 Con il 5° motivo la ricorrente lamenta il fatto che malgrado la disponibilità ripetutamente manifestata in sede istruttoria in ordine alla individuazione di opere di mitigazione da concordare con l’amministrazione, quest’ultima, negandosi ad ogni ulteriore incontro in sede procedimentale, ha chiuso il procedimento con l’atto negativo impugnato senza offrire alcun argomento contrario alle proposte della ricorrente.

Neppure tale profilo di censura merita accoglimento.

Si è già detto, con riguardo alla precedente censura, della discrezionalità che connota l’attività istruttoria del responsabile del procedimento, al quale la legge affida ogni valutazione in ordine all’adeguatezza e alla sufficienza dei mezzi istruttori da esperire, restando confinati a livello di proposta e apporto collaborativo le ulteriori istanze avanzate dalle parti private del procedimento che, peraltro, incontrano il loro limite obiettivo non solo nella ragionevolezza e nella loro funzionalità rispetto al fine perseguito, ma anche nella impossibilità di procrastinare sine die la durata del procedimento.

Ed è altrettanto pacifico che la motivazione dell’atto finale non implica la confutazione puntuale di tutte le osservazioni svolte in sede istruttoria dagli interessati, essendo sufficiente che il provvedimento amministrativo sia corredato da una motivazione che renda nella sostanza comunque percepibile la ragione del mancato accoglimento delle deduzioni difensive del privato.

Di qui la reiezione anche di tale censura.

Può quindi passarsi all’esame della censura sub B (3° motivo), con la quale la ricorrente lamenta l’illegittimità del diniego di compatibilità paesaggistica opposto alla conservazione dei locali tecnici interrati nell’assunto che gli stessi non sarebbero comunque visibili dall’esterno e, dunque, non arrecherebbero alcun pregiudizio ai beni tutelati.

Nemmeno tale rilievo merita accoglimento.

Non può, invero, porsi in dubbio l’incisivo impatto ambientale del progetto elaborato dalla società istante che prevede, oltre a consistenti opere di superficie, la realizzazione di un vani tecnici a supporto della piscina, seppure interrati, con sbancamento anche dell’area dunale per 517 mq..

Ed invero, anche a prescindere dal rilievo che, allo stato, non risulta documentato che tutto l’apparato piscina-locali tecnici – plancito in laterizio con gazebo-bar sia stato autorizzato paesaggisticamente nel 2005 (di tali interventi, infatti, non vi è traccia nella relazione tecnica allegata alle tavole progettuali, nelle quali, peraltro, al di là non univoche rappresentazioni grafiche, manca una puntuale indicazione di tali opere), la particolare delicatezza del sito da un lato, e l’ampiezza dello scavo e del conseguente sbancamento dall’altro lato, hanno determinato una profonda modificazione del suolo e del sottosuolo.

In proposito lo stesso servizio tutela paesaggistica per le Province di Cagliari e Carbonia-Iglesias presso l’Assessorato regionale EE.LL., Finanze e Urbanistica, con parere n. 32472 del 21 settembre 2010, precisava che le opere realizzate in difformità hanno “…arrecato pregiudizio ai valori paesaggistici tutelati dal vincolo per effetto degli scavi effettuati per la realizzazione degli spazi tecnici che hanno sottratto massa sabbiosa – terrosa allo sviluppo dell’apparato radicale della vegetazione dunaria, caratterizzata da un ambiente sensibile alle dinamiche morfoevolutive che rende non facile l’insediamento della vegetazione e la sua stabilizzazione…”.

Va detto, come evidenziato dalla ricorrente, che tale parere, richiamato anche dal provvedimento impugnato, malgrado il suo contenuto fortemente critico in ordine agli interventi realizzati, concludeva nel senso di ritenerli “…sostenibili paesaggisticamente dal contesto interessato in quanto interrate e tali d non richiedere l’applicazione della rimessa in pristino…”.

L’amministrazione statale preposta alla tutela del vincolo ha tuttavia disatteso tali conclusioni, ritenendole non condivisibili “…in quanto è noto che l’interesse tutelato dalla norma non si riferisce solo all’aspetto esteriore del paesaggio ma considera fondamentale l’intero complesso ambientale dell’area sottoposta a tutela paesaggistica e devono quindi essere valutati anche gli effetti di opere non immediatamente percepibili…”.

Il Collegio ritiene corrette le argomentazioni della Direzione regionale del Ministero.

Come affermato dalla giurisprudenza, “non appare dubbio, invero, (che) alla luce dell’individuazione dei beni paesaggistici contenuta ….(negli artt. 136 e segg. del d.lgs. n. 42 del 2004) con il termine paesaggio il legislatore abbia inteso designare una determinata parte del territorio che, per le sue caratteristiche naturali e/o indotte dalla presenza dell’uomo, è ritenuta meritevole di particolare tutela, che non può ritenersi limitata al mero aspetto esteriore o immediatamente visibile dell’area vincolata, così che ogni modificazione dell’assetto del territorio, attuata attraverso qualsiasi tipo di opera, è soggetta al rilascio della prescritta autorizzazione” (Cass. Pen., Sez. III, 16 febbraio 2006, n. 11128).

Tale nozione ampia di paesaggio coincide, peraltro, con la definizione contenuta nella Convenzione europea sul paesaggio, firmata a Firenze il 20 ottobre 2000 e ratificata con la legge 9 gennaio 2006, n. 14, secondo la quale il termine paesaggio “designa una determinata parte del territorio, così come percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni” (Cass. Pen., Sez. III, 16 febbraio 2006, n. 11128).

Osserva il Collegio che dalla predetta definizione di paesaggio deriva che il vincolo ambientale-paesaggistico si palesa operante anche con riferimento alle opere realizzate nel sottosuolo, in quanto anche queste ultime implicano una utilizzazione del territorio idonea a modificarne l’assetto, specie quando, come nel caso in esame, si tratti di opere di rilevante entità (cfr: Cass. pen., Sez. III, 16 gennaio 2007, n. 7292).

Quanto esposto risulta confermato, in primo luogo, dal contenuto dell’art. 181 del d.lgs. n. 42 del 2004, che vieta l’esecuzione di lavori “di qualsiasi genere” su beni paesaggistici senza la necessaria autorizzazione o in difformità da essa ed, in secondo luogo, dalla giurisprudenza che – da un lato – ha ritenuto che il divieto di incremento dei volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, preclude qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume, siano essi interrati o meno (Cons. Stato, Sez. IV, 12 febbraio 1997, n. 102), e – dall’altro – che il vigente art. 167, comma 4, del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42 del 2004) preclude il rilascio di autorizzazioni in sanatoria, quando siano stati realizzati volumi di qualsiasi natura (anche ‘interrati’), pur quando ai fini urbanistici-edilizi non andrebbero ravvisati volumi in senso tecnico (Sez. VI, 20 giugno 2012, n. 3578).

Il quadro normativo sopra delineato ben sostiene, dunque, l’impugnata determinazione dell’amministrazione intimata, anche avuto riguardo alla particolare ampiezza ed estensione dei lavori interrati realizzati dalla ricorrente, che, si ricorda, pretende di qualificare volumi tecnici gli spazio realizzati estesi, come detto, per 517 mq.

Di qui, pertanto, la reiezione della censura.

L’ultima censura sub C (4° motivo), è proposta dalla ricorrente avverso il mancato pronunciamento sull’istanza di arretramento della piscina a sfioro, giustificato dall’amministrazione intimata col rilievo che tale determinazione inciderebbe su un contesto attualmente all’esame dell’Autorità giudiziaria.

Sotto questo profilo il ricorso è fondato.

L’esistenza di dubbi sulla legittimità dei titoli in base ai quali la società ricorrente ha avviato e in gran parte realizzato i lavori per cui è causa, e l’indagine su di essi in corso da parte dell’Autorità giudiziaria, non può comunque esimere l’Amministrazione comunale dall’osservanza della disposizione, di cui all’art. 2 della legge 7 agosto 1990 n. 241, che impone di concludere il procedimento amministrativo con un provvedimento espresso.

L’eventuale sussistenza di vizi di precedenti provvedimenti amministrativi, cioè, può soltanto giustificare un intervento in autotutela su di essi al fine di eliminare le eventuali illegittimità riscontrate, ma non può giustificare decisioni soprassessorie o dilatorie dell’azione amministrativa.

Il motivo va pertanto accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato, nella parte in cui sospende ogni determinazione in ordine all’istanza della società Le Palme srl di compatibilità paesaggistica dell’arretramento della piscina a sfioro, fatti salvi naturalmente gli ulteriori provvedimenti di competenza dell’Amministrazione comunale.

L’infondatezza del corpo centrale del ricorso comporta, di conseguenza, la reiezione anche della domanda risarcitoria.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, tenuto conto della parziale soccombenza dell’amministrazione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di quanto precisato in motivazione, respingendolo per il residuo.

Condanna la società Le Palme srl al pagamento in favore dell’Amministrazione intimata delle spese del giudizio che, tenuto conto della parziale soccombenza dell’amministrazione, liquida in euro 2500,00 (duemilacinquecento//00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 5 febbraio 2014 con l’intervento dei magistrati:

Alessandro Maggio, Presidente FF

Tito Aru, Consigliere, Estensore

Antonio Plaisant, Consigliere

 

 

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 19/02/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Castiadas, Villa Rey, macchia mediterranea

Castiadas, Villa Rey, macchia mediterranea

N. 00201/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00536/2013 REG.RIC.

 Stemma Repubblica Italiana

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 536 del 2013, proposto da:
Società Le Palme srl, rappresentata e difesa dagli avv.ti Alessandro Pallottino e Anna Ingianni, con domicilio eletto in Cagliari presso lo studio di quest’ultima, via Salaris n. 29;

contro

il Comune di Castiadas, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Costantino Murgia, con domicilio eletto in Cagliari presso lo studio del medesimo legale, viale Bonaria n. 80; il SUAP istituito presso il Comune di Castiadas, in persona del legale rappresentante p.t., non costituito in giudizio;
il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro p.t.,
il Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna, in persona del legale rappresentante p.t.;
la Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Storici,Artistici e Etnoantropologici per le Province di Cagliari e Oristano, in persona del legale rappresentante p.t.;
il Ministero dell’Interno, Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco, Ufficio Prevenzione di Cagliari, in persona del legale rappresentante p.t.;
rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, e domiciliati in Cagliari, presso gli uffici della medesima, via Dante n. 23;
la Regione Autonoma della Sardegna, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Alessandra Camba e Roberto Murroni, con domicilio eletto in Cagliari presso l’Ufficio legale della Regione Sarda, viale Trento n. 69;
l’Asl n. 8 di Cagliari – Sevizio Igiene Sanità Pubblica, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio;

e con l’intervento di

ad opponendum:
Gruppo d’Intervento Giuridico Onlus, rappresentato e difeso dall’avv. Rosalia Pacifico, con domicilio eletto in Cagliari presso lo studio del medesimo legale, via Cervi n.16;

per l’annullamento

del provvedimento SUAP di Castiadas n. 1/2013 prot. 2517/VIII/4 dell’8.4.2013, di diniego dell’autorizzazione edilizia richiesta dalla ricorrente con DUAAP prot. n. 2701 del 27.3.2013 per ampliamento di una struttura ricettiva in loc. Su Cannisoni del Comune di Castiadas (CA) ai sensi della L.R. 4 del 23.10.2009 (c.d. Piano Casa Regionale);

– del verbale della Conferenza dei Servizi SUAP prot. 9898/VIII/4 del 6.12.2012, allegato al provvedimento di cui sopra, nel corso della quale Conferenza sarebbe stata espressa (ed acquisita) la prevalente posizione contraria all’accoglimento di quella DUUAP;

– dei pareri contrari esplicitamente espressi o confermati dai vari partecipanti nella seduta di quella stessa Conferenza dei Servizi, ed in particolare: a) del parere contrario espresso dal rappresentante della Regione Autonoma della Sardegna – Ufficio Tutela Paesaggistica di Cagliari Oristano e – con esso – del parere scritto in tal senso già espresso dal medesimo Ufficio nella relazione tecnica prot. 39331 del 30.7.2012; b) del parere contrario espresso dal rappresentane della Direzione Regionale per Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna e – con esso – dei pareri scritti in tal senso già espressi dalla Soprintendenza BB.AA.PP.S.A.E. con nota prot. 11634 dell’11.7.21012 (mai acquisita agli atti del procedimento SUAP e dunque non meglio conosciuta) e dal MIBAC con nota prot. n. 4849 dell’1.8.2012 (anche questa mai acquisita agli atti del procedimento SUAP e dunque non meglio conosciuta); c) del parere contrario espresso dal rappresentante del Comando dei VV.FF. Ufficio Prevenzione di Cagliari e – con esso – del parere scritto in tal senso, espresso con note prot. nn. 5439 del 16.4.2012 e 18739 del 5.12.2012; d) del conseguente parere contrario espresso dal rappresentante del Servizio Tecnico del Comune di Castiadas, Presidente della Conferenza dei Servizi;

– di ogni altro atto, precedente coevo e successivo e comunque connesso a quelli di cui sopra, ivi compresi, se ed in quanto occorrer possa: della nota interlocutoria della Regione Autonoma della Sardegna – Servizio Tutela paesaggistica di Cagliari ed Oristano prot. 23138 del 20.4.2012; della nota interlocutoria della ASL di Cagliari – Servizio Igiene e Sanità Pubblica, prot. n. 6453 del 9.5.2012;

nonché per il risarcimento del danno ingiusto, conseguente all’illegittimo e comunque tardivo provvedimento SUAP di diniego del richiesto ampliamento della struttura ricettiva in applicazione del c.d. Piano Casa Regionale: danno che sarà meglio quantificato nel corso del giudizio in relazione all’ormai certa perdita della stagione estiva 2013, oltre quella già perduta del 2012.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Castiadas, della Regione Sardegna e delle Amministrazioni statali intimate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 febbraio 2014 il dott. Tito Aru e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La società Le Palme srl ha rilevato la struttura turistico-ricettiva denominata “Villa Rey”, situata in località “Su Cannisoni”, comune di Castiadas, abbandonata da molti anni e in stato di avanzato degrado.

Ottenute le necessarie autorizzazioni, compreso il nulla osta paesaggistico, rilasciato dalla competente Soprintendenza il 13.12.2005, dava inizio alle opere di recupero e valorizzazione del predetto fabbricato, destinato a struttura alberghiera.

La soluzione progettuale originariamente approvata prevedeva, al piano di copertura, un pergolato semicoperto sistemato tra due corpi di fabbrica in sopraelevazione, da destinare alla ristorazione all’aperto degli ospiti dell’albergo.

In virtù di sopravvenute esigenze di distribuzione degli spazi, a seguito dell’entrata in vogare della legge regionale n. 4/2009 (cd piano casa), che consente un ampliamento volumetrico del 10% della preesistenza, la ricorrente presentava un nuovo progetto che comportava la chiusura di quel pergolato con prefabbricato leggero (senza aumento dell’altezza complessiva della struttura) e il parziale riutilizzo di alcuni volumi interrati.

Il tutto con compensazione dell’impatto visivo del complesso attraverso la rimozione di due scale antincendio esterne, posizionale ai lati del fabbricato.

La richiesta di approvazione del nuovo progetto veniva presentata al SUAP di Castiadas il 27 marzo 2012.

In data 6 dicembre 2012 si concludevano i lavori della conferenza di servizi con esito negativo per la ricorrente che, poi, riceveva da parte dell’amministrazione comunale (nota n. 1/2013 prot. 2517/VIII/4 dell’8.4.2013) anche il definitivo provvedimento di diniego della sua istanza.

Avverso tali provvedimenti la società Le Palme srl ha proposto il ricorso in esame, affidato ai seguenti motivi:

Violazione dell’art. 1, comma 25, legge regionale n. 3/2008 in relazione agli artt. 2 e 14 ter della legge n. 241/1990 e all’art. 38 del D.L. n. 112 del 2008 e al DPR n. 160/2010, con riguardo ai tempi di svolgimento dell procedura SUAP- Eccesso di potere per irragionevolezza e palese inadeguatezza – Sviamento di potere – Violazione per omessa applicazione dell’art. 20 DPR n. 380/2001, come sostituito dall’art. 5 del D.L. n. 70/2011 e integrato dall’art. 13 del D.L. n. 83/2012 in tema di sportello unico, di conferenza di servizi e di silenzio assenso: in quanto non sarebbe stata rispettata la scansione temporale prevista dalla legge per lo svolgimento dell’istruttoria, la conclusione della conferenza di servizi e l’adozione del provvedimento finale.

Violazione dell’art. 14 ter della legge n. 241/1990 e 1, comma 25, Legge regionale n. 3/2008 – Eccesso di potere per travisamento e falsità dei presupposti – Violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 per errore nell’istruttoria e conseguente errore nella motivazione: in quanto in sede di conferenza di servizi si erano espressi favorevolmente al progetto di ampliamento presentato dalla ricorrente la maggioranza dei partecipanti;

– Eccesso di potere per travisamento, falsità dei presupposti, contraddittorietà e difetto di istruttoria – Sviamento di potere e/o violazione per rifiuto di applicazione della legge regionale n. 4/2009 (cd piano casa) – Violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 per difetto o errore nella motivazione – Violazione dell’art. 146 del D.Lgvo n. 42/2004 – Violazione del DPR n. 151/2011 – Violazione dell’art. 1, comma 25, legge regionale n. 3/2008 in relazione all’art. 14 ter, comma 8, della legge n. 241/1990: sarebbero illegittimi, per violazione delle anzidette disposizioni, tutti i pareri negativi espressi in sede di conferenza di servizi.

Contestualmente alla domanda caducatoria la ricorrente ha chiesto la condanna dell’amministrazione intimata al risarcimento del danno conseguente alla ritardata messa in esercizio della struttura alberghiera, nella misura da quantificarsi in corso di causa.

Per resistere al ricorso si è costituita l’amministrazione per il beni e le attività culturali che, con articolate difese, ne ha chiesto il rigetto, vinte le spese.

Si sono altresì costituiti in giudizio il Comune di Castiadas e la Regione Sarda che, con difese scritte, ne hanno chiesto il rigetto, con favore delle spese.

Ha proposto intervento ad opponendum il Gruppo d’Intervento Giuridico.

Alla pubblica udienza del 5 febbraio 2014, sentiti i difensori delle parti,la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente dev’essere dichiarato inammissibile l’atto di intervento ad opponendum spiegato dal Gruppo d’Intervento Giuridico con atto depositato all’odierna udienza pubblica.

Nel giudizio amministrativo, infatti, la nuova disciplina introdotta dagli artt. 28, comma 2, e 50 del d.lgs. n. 104/2010 prevede che chiunque non sia parte necessaria del giudizio principale e non sia decaduto dalle relative azioni possa intervenire accettando lo stato e il grado in cui il giudizio si trova.

Si stabilisce, inoltre, sul piano strettamente procedurale, che:

a) l’atto di intervento è proposto al giudice davanti al quale pende la controversia principale;

b) l’atto deve contenere le generalità dell’interventore, le ragioni su cui si fonda, la sottoscrizione della parte, il patrocinio del difensore e la relativa procura (ex artt. 22, comma 2, e 24, d.lgs. n. 104 cit.);

c) l’intervento è notificato a tutte le altre parti, costituite e non, nel giudizio principale;

d) il deposito dell’atto di intervento è sottoposto ad un duplice, inderogabile, limite temporale: a pena di decadenza deve essere depositato nella segreteria del giudice adito entro trenta giorni dalla notificazione e, comunque, non oltre trenta giorni prima dell’udienza fissata per la discussione del ricorso.

Resta dunque evidente l’inammissibilità dell’atto di intervento in questione, che non solo non è stato notificato alle altre parti ma non è stato neppure depositato in Segreteria nei termini di legge.

Può quindi passarsi all’esame del merito del ricorso.

Il primo motivo è infondato.

Lamenta la ricorrente che l’amministrazione procedente non avrebbe rispettato le tempistiche istruttorie e provvedimentali disciplinate, dalla vigente normativa statale e regionale, in modo stringente e perentorio al fine, tra l’altro, di assicurare il pieno rispetto delle garanzie costituzionali in materia di libertà di iniziativa economica; e ciò sia con riguardo al tempo impiegato per il completamento dei lavori della conferenza di servizi che a quello di adozione del provvedimento finale.

L’argomento è privo di pregio.

Con riguardo al profilo temporale di una procedura amministrativa, la principale distinzione è quella tra termini perentori e termini ordinatori: i primi sono quelli la cui violazione determina un vizio insanabile del procedimento, i secondi sono invece quelli la cui violazione, seppure rilevante a vari fini, non incide sulla legittimità dell’azione amministrativa.

E’ ben vero che il legislatore, soprattutto a partire dagli anni ’90, ha perseguito l’esigenza di un procedimento amministrativo improntato ai criteri della celerità e della semplificazione, informando l’azione della P.A. ai fondamentali canoni della legalità, economicità, efficienza ed efficacia, sancendo – tra l’altro – il dovere dell’amministrazione di non aggravare il procedimento “…se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria…”.

Ed è altrettanto vero che le disposizioni richiamate dalla ricorrente introducono una scansione temporale molto stringente, disciplinando, per il caso di attività da svolgersi in zone sottoposte a vincolo paesaggistico, che i lavori della Conferenza di servizi si svolgano secondo termini molto rapidi e, comunque, coerenti con l’esigenza di non ostacolare le proposte imprenditoriali dei privati.

Ciò nonostante, a fronte del dichiarato primato di un procedimento amministrativo ragionevolmente breve e dell’obbligo dell’amministrazione di concluderlo con un provvedimento espresso, la giurisprudenza amministrativa, dalla quale il Collegio non ravvisa oggi motivo per discostarsi, è sostanzialmente uniforme nell’escludere, in mancanza di esplicite qualificazioni in tal senso, la natura perentoria di tali scadenze e, dunque, nell’escludere conseguenze invalidanti della loro inosservanza.

Né si rivela corretto l’argomento secondo il quale il predetto ritardo dell’azione amministrativa avrebbe determinato il maturarsi di effetti preclusivi essendosi nelle more formato il silenzio assenso di cui all’art. 20, comma 8, del DPR 380/2001, da combinarsi con l’art. 14 ter della legge n. 241/1990 e col 6° comma dello stesso art. 20.

E’ infatti pacifico che l’art. 20 citato, nel dettare la disciplina del silenzio assenso, fa salvi i casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali in relazione ai quali tale disciplina, dunque, non si applica.

Di qui la reiezione del primo motivo.

Con la seconda censura la ricorrente sostiene che le posizioni prevalenti espresse in sede di conferenza di servizi sarebbero state nel senso di accogliere la sua istanza, sicché sarebbe illegittima l’adozione conclusiva di un parere contrario.

L’esame del verbale della conferenza di servizi non conferma il predetto assunto.

Anzitutto si rileva che il parere favorevole igienico-sanitario rilasciato dalla Asl n. 8 – Dipartimento prevenzione – n. 2428 del 6 aprile 2012 è stato seguito dalla nota n. 6453 del 9 maggio 2012 della medesima azienda sanitaria di sospensione dell’anzidetta verifica e di richiesta di chiarimenti sul progetto.

In secondo luogo, il rappresentante della RAS, Assessorato EE.LL., Ufficio tutela paesaggistica per le Province di Cagliari e Carbonia-Iglesias ha espresso parere sfavorevole.

In terzo luogo il rappresentante del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna ha espresso parere negativo;

Ancora, il rappresentante del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco ha espresso una valutazione non favorevole.

Infine, il rappresentante dell’amministrazione comunale di Castiadas ha espresso parere non favorevole.

In sostanza, l’unico parere favorevole all’intervento proposto dalla società ricorrente è stato espresso dalla Commissione regionale per il paesaggio, in punto di rispetto dei parametri urbanistico-edilizi.

Resta dunque evidente che la conclusione negativa dei lavori della Conferenza di servizi è pienamente coerente con i pareri espressi dalla maggioranza delle diverse amministrazioni ad essa partecipanti.

E tale prevalenza di posizioni sfavorevoli resiste, a prescindere da ogni indagine sulla sua fondatezza, anche all’argomento esposto dalla ricorrente secondo il quale più soggetti che siano espressione di un medesimo potere autoritativo esprimerebbero nella sostanza un’unica posizione (in particolare Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna e rappresentante della RAS, Assessorato EE.LL., Ufficio tutela paesaggistica per le Province di Cagliari e Carbonia-Iglesias ).

Anche in tale caso, infatti, resterebbero prevalenti i pareri sfavorevoli all’intervento.

Di qui la reiezione anche della seconda censura.

Con il terzo motivo la ricorrente contesta nel merito i diversi pareri negativi espressi in sede di conferenza di servizi.

Sostiene anzitutto che il parere negativo espresso dal Servizio Tutela paesaggistica della Regione Sardegna, oltre che in contrasto col parere della Commissione regionale per il paesaggio, sarebbe, da un lato, privo di adeguata motivazione e, dall’altro lato, conterrebbe la falsa dichiarazione dell’assenza di misure di mitigazione e di compensazione (in relazione a tale ultimo profilo, invece, si era proposta l’eliminazione delle scale antincendio esterne e il loro inserimento all’interno dell’edificio).

L’argomento non merita accoglimento.

La relazione illustrativa richiamata dal rappresentante dell’ufficio regionale (prot. n. 39331 del 3.7.2012) precisa, tra l’altro che:

“…il progetto proposto appare eccessivo e fuori scala rispetto al quadro paesaggistico interessato, dove la componente antropica è limitata e le vedute hanno notevoli dimensioni spaziali e abbracciano un paesaggio ben composto e delicato che comprende anche la distesa costiera. In tale contesto l’intervento induce una profonda e negativa alterazione dei rapporti prospettici con conseguente alterazione negativa del quadro tutelato;

ponendo nuovi volumi sulla sommità degli edifici si incrementano gli impatti, limitando le visuali dalla viabilità verso la costa, appesantendo il profilo della via;

sia il terzo livello fuori terra dell’edificio principale che i profili architettonici e costruttivi proposti contrastano coi caratteri che contraddistinguono l’edificato isolato locale, sia perché non si riscontrano a contorno edifici con più di due livelli fuori terra che per quanto riguarda il tetto a due falde che è dominante rispetto al tetto piano;

l’incremento dell’impatto paesaggistico della casa del custode relativo alle modifiche proposte in progetto, si pone in profondo contrasto coi caratteri paesaggistici a contorno, riconosciuti dal PPR come aree naturali e compendi sabbiosi, il volume si pone come un detrattore paesaggistico rispetto alle valenze geografiche, morfologiche, ambientali dei luoghi;

L’intervento, inoltre, risulta non conforme col D.M. 01.09.1967 poiché costituisce un aggravio del quadro paesaggistico tutelato…”.

Per quanto sopra la motivazione del parere espresso dall’ufficio regionale in punto di tutela paesaggistica del sito, tenuto conto dei limiti di insindacabilità in sede giurisdizionale del merito delle valutazioni compiute dall’autorità amministrativa, resiste alle censure di insufficienza e inadeguatezza sollevate dalla ricorrente.

Resta invero irrilevante, ai fini della decisione finale dell’ufficio regionale, la questione, pure denunciata dalla ricorrente, in ordine all’erroneità dell’affermazione di cui al punto 4) della scheda istruttoria secondo la quale non sarebbero previste opere di mitigazione né misure di compensazione (laddove, invece, il progetto di ampliamento prevedeva l’eliminazione delle scale antincendio esterne), non essendo tale elemento (l’assenza di opere di mitigazione) rientrato tra le ragioni poste a fondamento del contenuto negativo del parere.

Sostiene ancora la società Le Palme srl che sarebbe illegittimo il parere sfavorevole espresso dalla rappresentante del MIBAC – Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna (prot. n. 4849 del 1° agosto 2012).

Quest’ultimo è fondato sulle seguenti motivazioni:

“…L’intervento di progetto va ad inserirsi in un contesto particolarmente sensibile per quanto riguarda le componenti paesaggistiche meritevoli di tutela, già ben espresse nel “riconosciuto” del citato D.M. 11.02.1976 (quest’ultimo è il decreto di dichiarativo di notevole interesse pubblico della zona): […] Riconosciuto che le zone predette hanno notevole interesse pubblico per la prima zona in quanto gli aspetti più contrastanti del paesaggio si compongono armonicamente in una successione di ambienti naturali il cui significato va oltre il puro valore estetico dei luoghi, già di per sé di notevole importanza […].

Tale contesto si caratterizza, tuttora, per la sua elevata componente di naturalità, ben esplicitata anche nell’analisi degli ambiti di paesaggio del vigente PPR e come evidenziato, peraltro, anche dalla relazione paesaggistica allegata al progetto.

Ne consegue che ogni azione antropica deve essere attentamente calibrata e valutata al fine di non inserire elementi di disturbo di tale equilibrio, tanto sotto il profilo morfologico che percettivo.

Dall’esame della documentazione progettuale emerge che la soluzione proposta risulta sovradimensionata rispetto alle capacità del paesaggio (di questo paesaggio) di accogliere le trasformazioni antropiche proposte con il progetto in esame. Specificamente il progetto altera sensibilmente la percezione delle componenti naturali, introducendo sensibili variazioni dei rapporti prospettici consolidati, comportando un decremento dei valori paesaggistici che diversi provvedimenti di tutela hanno inteso salvaguardare.

Anche sotto il profilo percettivo, tanto dalla spiaggia e dal mare che dalle parti interne della fascia costiera, l’incremento volumetrico proposto si configura come un detrattore della leggibilità del paesaggio caratterizzata dalla sequenza mare-spiaggia-dune-vegetazione mediterranea-bassi rilievi e viceversa.

Ugualmente critica appare la sistemazione prevista per la “ex casa del custode”, che comporta l’alterazione di componenti paesaggistiche al contorno, oggetto di tutela specifica del vigente PPR (aree naturali, campi dunari, spiagge)…”.

In relazione a tale parere, che indica esaustivamente – come sopra testualmente riportato – le ragioni che ad avviso dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo giustificano il parere negativo con riguardo alla proposta progettuale della ricorrente, ragioni che evidenziano anche una puntuale conoscenza dello stato dei luoghi da parte dell’amministrazione, la ricorrente non introduce puntuali censure, limitandosi a riservarsi la proposizione di impugnazioni aggiuntive (in concreto non proposte) o comunque lamentando pregiudiziali atteggiamenti negativi degli organi periferici del MIBAC senza tuttavia offrire alcun utile sostegno probatorio a sostegno di tale argomento.

Di qui, senza necessità di ulteriori argomentazioni, la reiezione della censura.

Con riguardo al parere negativo dei vigili del fuoco la ricorrente sostiene che le soluzioni progettuali proposte potrebbero godere delle deroghe previste dal DPR n. 151/2011.

L’art. 7 del DPR 1° agosto 2011 n. 151 stabilisce al primo comma che “Qualora le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi di cui all’Allegato I del presente regolamento, presentino caratteristiche tali da non consentire l’integrale osservanza delle regole tecniche di prevenzione incendi vigenti, gli interessati, con le modalità stabilite dal decreto di cui all’articolo 2, comma 7, possono presentare al Comando istanza di deroga al rispetto della normativa antincendio”.

Come rileva la difesa pubblica, le modalità della deroga sono attualmente stabilite dall’art. 6 del decreto del Ministero dell’Interno del 7 agosto 2012.

Non si tratta, dunque, di una deroga che possa essere concessa d’ufficio dall’amministrazione, ma dev’essere richiesta espressamente, secondo determinate modalità e ricorrendo certe condizioni, dal soggetto interessato a beneficiarne.

Nella specie non è contestata l’affermazione della difesa dell’amministrazione secondo la quale la società ricorrente non ha presentato alcuna istanza diretta ad ottenere una autorizzazione in deroga ex art. 7 citato.

La ricorrente, inoltre, contesta, invero solo genericamente, l’affermazione del Comando provinciale dei vigili del fuoco in ordine alla non preesistenza dell’edificio all’entrata in vigore del DM 9 aprile 1994 (poi modificato con DM 6 ottobre 2003), assumendo che si tratterebbe di un progetto di recupero di un fabbricato già esistente.

L’argomento non è fondato.

Il DM 9 aprile 1994 reca la “Regola tecnica di prevenzione incendi per la costruzione e l’esercizio delle attività ricettive turistico-alberghiere”.

Tale disciplina ha lo scopo di tutelare l’incolumità delle persone e salvaguardare i beni contro i rischi dell’incendio, ed ha per oggetto i criteri di sicurezza da applicarsi agli edifici ed ai locali adibiti ad attività ricettive.

Le modalità di applicazione di tale disciplina sono differenti a seconda che l’attività sia di nuova realizzazione oppure già esistente alla data di entrata in vigore del decreto.

Per “esistente” l’art. 2 della regola tecnica in questione intende gli edifici e i locali “…già adibiti ad attività di cui al punto 1 …” (ossia adibiti ad attività ricettive turistico – alberghiere), ossia le strutture concretamente già in esercizio con autorizzazione rilasciata dall’organo amministrativo competente (cfr. Circolare 20 maggio 1994).

In tale ambito non rientra dunque la struttura in corso di realizzazione da parte della ricorrente, che pacificamente a tale data era in stato di completo abbandono e che pertanto resta interamente soggetta al rispetto delle prescrizioni dell’anzidetta decretazione ministeriale.

Di qui la reiezione della censura.

Quanto al parere della ASL n. 8, in mancanza di contestazioni, il Collegio si limita a prendere atto dell’affermazione della ricorrente di avere integrato il progetto presentato assolvendo alle prescrizioni imposte dall’amministrazione sanitaria, ma tale circostanza non è decisiva per quanto sopra detto in ordine alla prevalenza dei pareri negativi, a incidere sull’esito del ricorso.

Quanto al parere della Responsabile del Servizio Tecnico del Comune di Castiadas, anch’esso sfavorevole alla ricorrente, motivato per relationem con riguardo al contenuto dei pareri delle altre amministrazioni presenti in sede di Conferenza di servizi, la ricorrente si limita a dedurne l’invalidità derivata, che invece, come detto, attesa la legittimità degli atti richiamati, non ricorre.

Infine la società Le Palme srl lamenta, ulteriormente, la violazione del principio del contraddittorio procedimentale, affermando di non essere stata posta in grado di interloquire adeguatamente con le amministrazioni procedenti al fine di illustrare le sue ragioni.

L’argomento è privo di fondamento in punto di fatto, giacché dal verbale della conferenza di servizi prot. n. 9898/VIII/4 del 6.12.2012 (pag. 3) si ricava che ai lavori della stessa ha partecipato “…l’Ing. Danilo Pitoni – rappresentante della società Le Palme srl che interviene in virtù della Procura Speciale allegata alla pratica SUAP…”, e che a seguito dell’esposizione dei pareri “…I componenti hanno ampliamente discusso sulla pratica rimanendo fermi sulle proprie posizioni…”.

In conclusione, quindi, per le suesposte considerazioni, il ricorso si rivela infondato e va respinto anche con riguardo alla domanda risarcitoria.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidandole in euro 2000,00 (duemila//00) in favore del Comune di Castiadas, in euro 2000,00 (duemila//00) in favore della Regione Sarda, e in euro 2000,00 (duemila//00) in favore dell’Amministrazione statale intimata.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 5 febbraio 2014 con l’intervento dei magistrati:

Alessandro Maggio, Presidente FF

Tito Aru, Consigliere, Estensore

Antonio Plaisant, Consigliere

 

 

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/03/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Castiadas, Villa Rey, macchia mediterranea

Castiadas, Villa Rey, macchia mediterranea

 

L'Unione Sarda, La Nuova Sardegna, 26 marzo 2014(foto per conto GrIG, S.D., archivio GrIG)

  1. Shardana
    marzo 13, 2014 alle 9:03 am

    Scusa Grig,in 3 parole cosa è successo?Grazie

    • marzo 13, 2014 alle 3:51 PM

      è successo che una società immobiliare non contenta di dover far fronte ai provvedimenti relativi ai propri abusi edilizi ha chiesto di sanarli e di ampliare la propria struttura.
      Le autorizzazioni paesaggistiche non sono giunte e ha presentato ricorso al T.A.R. contro il diniego. Il T.A.R. ha confermato che non potevano ottenerle.

  2. capitonegatto
    marzo 13, 2014 alle 9:24 am

    E’ successo quello che doveva succedere anni fa. Basta con la speculazione selvaggia.

  3. arricardu
    marzo 13, 2014 alle 12:52 PM

    beni fatu!

  4. Shardana
    marzo 13, 2014 alle 12:53 PM

    Non sò se è come dici o forse non ho capito bene…….le condanne ci sono,ma le opere vanno giù?Grazie

  5. Nico
    marzo 13, 2014 alle 2:35 PM

    questi avevano fatto abusi edilizi e volevano costruire ancora?! faccia di c…..

  6. marzo 13, 2014 alle 3:05 PM

    da Sardinia Post, 12 marzo 2014
    Deliperi (Grig): “Tar conferma il blocco della speculazione sul litorale di Villa Rey”: http://www.sardiniapost.it/cronaca/deliperi-grig-tar-conferma-il-blocco-della-speculazione-sul-litorale-di-villa-rey/

    _____________________________

    da CagliariPad, 12 marzo 2014
    Stop al cemento a Castiadas, il Tar dà ragione agli ecologisti.
    Il tribunale amministrativo ha fermato la la lottizzazione immobiliare sul litorale di Villa Rey. Confermando i dinieghi del Ministero all’ampliamento del complesso turistico-edilizio “La Villa del Re”: http://www.cagliaripad.it/news.php?page_id=7680

  7. Shardana
    marzo 13, 2014 alle 5:04 PM

    Grig,diniego all’ampliamento ok,ma per l’esistente fanno finta di condannare i complici dentro il sistema 3M e amici come prima?Non voglio polemizzare,voglio conferme o meno al mio modo forse errato di vedere come la politica gestisce la nostra terra.Grazie è sempre Grig for president

  8. marzo 14, 2014 alle 12:32 PM

    ciao, ma sul sito risulta che il resort aprirà nel 2014..a Luglio, è possibile. Infatti rispetto alle foto su qusto articolo è bell’e finito. Ogni volta che ci son passato ho notato l’ingresso perfettamente curato, video camere e diverse auto dentro.

  9. Sergio
    marzo 14, 2014 alle 12:40 PM

    E’ incredibile, c’era semplicemente da ristrutturare un vecchio albergo. Se tutto fosse stato fatto nel rispetto del buon senso e soprattutto delle leggi la struttura sarebbe già aperta e operativa da anni, invece l’ingordigia e il dispregio delle regole porta a situazioni come questa.

  10. Shardana
    marzo 14, 2014 alle 1:00 PM

    Infatti era proprio che temevo……..

  11. M.A.
    marzo 15, 2014 alle 10:40 PM

    Per anni, dopo il 1945 l’edilizia è stata il fulcro della ripresa economica mettendo le basi del benessere. L’edilizia, ci ha permesso a molti di noi, ambientalisti e non, di avere una casa calda d’inverno e fresca d’estate, sicura e confortevole. Ciò a contribuito alla nascita del “benessere”, del “progresso” e infine della “globalizzazione”. Un muratore da solo fino a dieci anni fa campava una famiglia; l’edilizia creava posti di lavoro, e da questa dipendevano tanti altri settori. L’edilizia ha sfamato tante bocche e riempito tanti stomaci. Ha mantenuto un intera generazione.
    Tra crisi economica e quant’altro non ci son più soldi per costruire, ci sono molti più vincoli, e non c’è più occupazione. Pensare oggi ad una ripresa economica come accaduto negli anni 50-60 su questo settore è ormai improbabile, perché la nostra impronta ecologica non ce lo permette più. Ciò che doveva essere costruito ormai esiste già! La domanda più grande è: esiste un settore oggi giorno, tanto forte come l’edilizia degli anni 60 su cui puntare per far riprendere l’economia? Esiste un settore su cui possano essere “convertiti” migliaia e migliaia di ex muratori oggi disoccupati? Se si tanto meglio per noi, in caso contrario è veramente necessario distruggere per restaurare e ricostruire. Pensando a tutto ciò mi salta in testa la canzone di De Gregori, una frase in particolare.. “La guerra è bella anche se fa male..”

  12. Claudia
    novembre 19, 2014 alle 12:54 PM

    Gentilissimi, informandomi su questo nuovo hotel a Costa rey mi sono imbattuta in questo link datato a marzo di quest’anno… ora mi chiedo come è finito il discorso? l’hotel ha aperto? ha lavorato? verrà chiuso? Grazie mille

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