Il paesaggio agricolo sardo in mano agli speculatori delle energie rinnovabili.
anche su Il Manifesto Sardo (“Il paesaggio agricolo sardo in mano agli speculatori delle energie rinnovabili”), n. 159, 16 dicembre 2013
Sembra impossibile, ma ogni giorno che passa pare proprio che la produzione di energia da fonti rinnovabili sia l’alibi per massacrare il paesaggio agricolo sardo per fini puramente speculativi.
Altro che ecologiche e utili, le energie rinnovabili stanno vampirizzando sempre più ambiente e fondi pubblici. Come tutte le cose, dipende sempre da come si utilizzano.
Basti pensare che cosa sta accadendo da tempo nelle campagne di Vallermosa, piccolo centro agricolo del Cagliaritano.
La Sardinia Green Island s.r.l., fra le varie società del Presidente della Confindustria della Sardegna meridionale Alberto Scanu, ha in progetto una centrale solare termodinamica, ma non intende minimamente svolgere alcun procedimento di valutazione dell’impatto sull’ambiente, in quanto afferma di aver presentato la richiesta di autorizzazione qualche giorno prima dell’emanazione della deliberazione Giunta regionale n. 34/33 del 7 agosto 2012 + allegati che ha disposto la procedura di V.I.A. anche per gli impianti al di sotto della soglia di 50 MW di potenza. L’impianto in progetto a Vallermosa dichiara 49,9 MW di potenza.
Mille forme di pressione, fra cui un contenzioso giurisdizionale, coinvolgendo i dipendenti, in buona parte assorbiti da altre realtà industriali in crisi e attualmente in cassa integrazione e non reimpiegati in altre attività.
Non basta. Dopo dichiarazioni pubbliche in tal senso nei mesi scorsi da parte dell’Assessore regionale dell’industria Antonello Liori, comunque mai tradotte in fatti concreti, è stata addirittura presentata la proposta di legge regionale G. Diana (P.D.) – E. Tocco (P.d.L.) n. 536/A del 23 luglio 2013, approdata in aula nei giorni scorsi, ma poi congelata, per escludere dalle procedure di valutazione di impatto ambientale tutti quei progetti….che rientrano nelle caratteristiche di quello della Sardinia Green Island.
Una proposta di legge regionale ad impiantum, insomma.
In realtà, se approvata, condurrebbe dritti dritti a molto probabile impugnazione da parte del Governo nazionale davanti alla Corte costituzionale (l’ennesima) e all’apertura di una procedura di infrazione da parte dell’Unione europea, con tutte le conseguenze del caso.
Infatti, La direttiva n. 97/11/CE sulla valutazione d’impatto ambientale, vigente al momento della presentazione dell’istanza di autorizzazione unica (art. 12 del decreto legislativo n. 387/2003 e s.m.i.) per la realizzazione della centrale solare termodinamica a concentrazione Sardinia Green Island prescrive per tutti gli “impianti industriali per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda” non compresi nell’allegato I (cioè quelli per cui è immediatamente obbligatoria la procedura di V.I.A.) lo svolgimento della preventiva e vincolante procedura di verifica di assoggettabilità (allegato II, punto 3, lettera a).
La direttiva doveva avere esecuzione all’interno degli Stati membri, fra cui l’Italia, entro il 14 marzo 1999, pena il possibile avvio di una procedura di infrazione, con una serie di conseguenze negative per l’Italia e la Sardegna in particolare, che trovi descritte in questo articolo.
In più, è intervenuta la recente sentenza Corte cost. n. 93/2013, che ha ricordato come “la VIA non può essere esclusa sulla semplice base della soglia di potenza, …. una norma del genere, che esclude del tutto un livello procedimentale di tutela ambientale in precedenza previsto e di origine comunitaria”, dev’essere “applicata, proprio in base al principio di precauzione proprio del diritto Comunitario, con particolare prudenza. Come è noto, il principio di cui all’art. 191 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea prevede che ‘la politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni della Comunità. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio chi inquina paga’.”
Le direttiva comunitarie sulla valutazione di impatto ambientale (n. 85/337/CEE, n. 97/11/CE, n. 2011/92/UE) sono state introdotte nell’ordinamento italiano con il decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i. e a livello regionale con la legge regionale n. 1/1999 (art. 31) e s.m.i. A livello regionale le procedure sono contenute nelle deliberazioni Giunta regionale n. n. 5/11 del 23 aprile 2008 + allegati e, in seguito, n. 43/33 del 7 agosto 2012 + allegati.
La Sardinia Green Island aveva già presentato un progetto di centrale, assoggettato alla prevista procedura di verifica di assoggettabilità conclusa con la deliberazione Giunta regionale n. 34/22 del 18 agosto 2011, che aveva indicato la successiva e vincolante procedura di valutazione di impatto ambientale.
Al di là degli obblighi di legge, per quale motivo la Sardinia Green Island non vuole sottoporre il proprio progetto alle procedure di valutazione dell’impatto sull’ambiente? Se il progetto è così positivo, come dice, non dovrebbe incontrare problemi. Oppure le cose non stanno in questi termini?
Ma non finisce qui. C’è molto di più.
Non c’è solo la Qatar Holding, il fondo sovrano del Qatar, pronto a investire un miliardo di euro per rimettere a nuovo la Costa Smeralda con mezzo milione di metri cubi di nuove volumetrie immobiliari, anche se finora di concreto ci sono 24 ristrutturazioni di altrettanti stazzi in base al c.d. piano per l’edilizia.
Ci sono anche altre perline colorate da distribuire ai sardi in cambio della Terra.
Il Gruppo Angelantoni in sinergia con la giapponese Chiyoda Corporation hanno avviato il progetto Archimede Solar Energy (ASE), società che si propone la realizzazione di ben quattro centrali solari termodinamiche a concentrazione per complessivi 389 Megawatt termici: a Flumini Mannu, fra Villasor e Decimoputzu (55 MW elettrici di potenza, 237 ettari interessati), a Campu Giavesu, in Comune di Cossoine (50 MW elettrici di potenza, 160 ettari interessati), nei terreni agricoli fra Giave e Bonorva (50 MW elettrici di potenza, 235 ettari interessati), nelle campagne di Gonnosfanadiga (50 MW elettrici, 211 ettari interessati).
Anche in questo caso c’è l’ormai consueto miliardo di euro di investimenti e 5 mila posti di lavori diretti e indiretti sbandierati.
In realtà, tutti questi progetti di centrali solari termodinamiche a concentrazione sono già stati sottoposti a rispettiva procedura di verifica di assoggettabilità (direttiva n. 2011/92/UE, art. 20 del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i., art. 31 della legge regionale n. 1/1999 e s.m.i., deliberazione Giunta regionale n. 34/33 del 7 agosto 2012, allegato B) di competenza regionale, su proposta di soggetti imprenditoriali diversi (soprattutto la EnergoGreen Renewables s.r.l., controllata dalla Fintel Energia Group s.p.a.).
Tutte le rispettive procedure di verifica di assoggettabilità si sono concluse con la decisione di far svolgere, con i dovuti approfondimenti, la successiva e vincolante procedura di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.), sempre di competenza regionale, proprio per il pesante impatto sull’ambiente e le risorse del territorio interessato.
Complessivamente quasi 900 ettari di terreni agricoli o con pascoli alberati interessati. Se i proprietari non cederanno i loro terreni con le buone, l’intenzione è quella di procedere con l’esproprio per ragioni di (preteso) interesse pubblico.

Cossoine – Bonorva, impatto cumulativo centrale eolica (esistente) + centrale solare termodinamica (in progetto)
Ora, viene proposta un’interpretazione abbastanza singolare: visto che c’è un (nuovo) soggetto proponente unico, allora si fa un unico procedimento di V.I.A., di competenza nazionale, visto che così prevede il Codice dell’ambiente (decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.) per le centrali termiche a combustione superiori a 300 Megawatt termici.
E il mega-progetto è già partito.
Il 29 novembre 2013 è stato pubblicato l’avviso relativo all’avvio del procedimento di V.I.A. però curiosamente limitato alla sola centrale solare termodinamica Flumini Mannu, fra Villasor e Decimoputzu (CA), già oggetto della deliberazione Giunta regionale n. 5/25 del 29 gennaio 2013 con cui il procedimento di verifica di assoggettabilità era stato concluso con la decisione di svolgere il successivo e vincolante procedimento di V.I.A.
Altrettanto curiosamente appare quale soggetto proponente la Flumini Mannu ltd, con sede legale a Londra (Bow Road, 221) e sede fiscale a Macomer (Corso Umberto I, 226).
Se si tratta di un progetto unico, deve necessariamente svolgersi un procedimento di V.I.A. unico, se si tratta di un programma comprendente più progetti, deve svolgersi invece preventivamente la procedura di valutazione ambientale strategica (V.A.S.).
Ma, al di là degli aspetti giuridici, fondamentali in casi come questo, la domanda impellente è questa: a chi serve una speculazione energetica di così grande entità ai danni di centinaia e centinaia di ettari di terreno agricolo e pascolativo sardo?
Non alla Sardegna, che già oggi produce molta più energia di quanto abbia bisogno e non ha alcuna garanzia che tale produzione da fonte rinnovabile sostituisca quella tradizionale di origine fossile.
Considerati i forti incentivi per la produzione di energia da fonte rinnovabile, il minimo sarebbe l’ubicazione di tali impianti in aree industriali, già infrastrutturate e prive di valore ambientale.
Questa è una battaglia campale per la nostra Terra. E la combatteremo fino in fondo.
Stefano Deliperi, Gruppo d’Intervento Giuridico onlus
(foto da mailing list ambientaliste, da La Nuova Sardegna, C.B., S.D., archivio GrIG)
D’accordo su tutta la linea. Oltrettutto gli impianti di questo tipo sono efficienti anche con taglie inferiori (dai 5 MW in su) più facilmente inseribili in contesti degradati nei quali gli spazi necessari e disponibili non sono nell’ordine di centinaia di ettari.
Una battaglia sacrosanta
Prepararsi a battaglia dopo battaglia perchè è su questo fronte, quello della falsa energia verde dell’eolico, del solare termodinamico e del fotovoltaico che c’e’ già una guerra che si combatte per salvare la nostra identità ovvero quel che ancora un po’ ci resta come Sardi cioè il nostro paesaggio! Finito quello non ci resterà neppure la nostra dignità perchè con esso sarà volata anche quella. E tutto per il business, per Sardegna 20.20.20, con l’energia che non serve ne ai Sardi e neppure al loro paesaggio ma soltanto alle multinazionali “verdi” come lasciapassare “certificato” ad ogni tipo di investimento, solo per loro ben remunerato! Speriamo che GRIG e i tanti Sardi ancora di buona volontà riescano a far capire dove ci sta portando questa folle politica che deve essere contrastata democraticamente ma contrastata per una Sardegna migliore!
Essendo un biotecnologo industriale, non posso non affermare che il futuro della Sardegna sia nell’energia rinnovabile. Dopo le varie politiche che si sono susseguite negli anni nell’edilizia, nel petrolchimico, nell’industria e nelle minerie, abbiamo ottenuto solamente povertà e inquinamento. Chi veramente è ingrassato sulle nostre spalle sono stati politici e mulinazionali. In cambio ci hanno lasciato montagne perforate come gruviere, pascoli avvelenati e caseggiati e capannoni laddove un tempo il pastore pascolava le sue pecore. Noi dobbiamo riuscire a produrre la nostra energia, per le nostre imprese, le nostre attività e il nostro fabbisogno. L’unico modo compatibile per non rovinare ulteriormente la nostra terra è il rinnovabile, ma dobbiamo stare attenti, molto attenti, perché anche questo se non verrà gestito da noi sardi, in modo da tutelare noi e la nostra terra porterà ulteriore povertà, e chi ingrasserà alle nostre spalle saranno sempre gli stessi.
da Cagliari Globalist, 19 dicembre 2013
Il paesaggio agricolo sardo in mano agli speculatori delle energie rinnovabili.
Sembra impossibile, ma ogni giorno che passa pare proprio che la produzione di energia da fonti rinnovabili sia l’alibi per massacrare il paesaggio agricolo sardo: http://cagliari.globalist.it/Detail_News_Display?ID=93583&typeb=0
Ragazzi fatemi capire…..no petrolio, no carbone, no energie rinnovabili, a favore di una politica che, a vostro dire, sia a maggior tutela del territorio; a parte che sono a favore delle energie rinnovabili, però forse dimentichiamo quanto grande sia l’inquinamento da noi generato con la nostra politica consumistica, ad esempio o l’energia che usiamo per i trasporti (troppa gente usa ancora l’auto in città al posto dei mezzi pubblici), per riscaldare le nostre case poco efficienti termicamente, o addiritura potremo parlare dei telefonini che cambiamo ogni paio di anni e dei problemi che producono per il loro smaltimento a causa dei metalli pesanti in essi contenuti (a proposito, dove vengono smaltiti? in qualche paese sottosviluppato?); ah dimenticavo….per non parlare dello sfruttamento dei lavoratori che producono cellulari in Asia, pagati una miseria a favore delle multinazionali! Ci pensate a queste cose? Forse dovremo anzitutto imparare a consumare di meno per avere un ambiente maggiormente pulito, ricordandoci inoltre che le risorse della Terra non sono infinite!
hai perfettamente ragione, è proprio quello che sosteniamo anche noi. Da anni.
La prima fonte di energia rinnovabile è il risparmio energetico.
Stefano Deliperi
Se continuiamo a stare fermi ti dò ragione sardo,è tutta una presa per il culo…….rubano l’impossibile (li chiamano cialtroni)2 o 3 giorni di gazzosa tv e quotidiani,anzi quotidiano U S e poi si godono i frutti delle loro rapine…….
Così come è atterrata finora e continua ad atterrare in Sardegna la cosidetta “energia rinnovabile” è la “falsa” energia verde dell’eolico, del solare termodinamico e del fotovoltaico che ogni giorno che passa sta massacrando il paesaggio agricolo (e non solo) della nostra Isola in cambio di forti interessi che si assicurano in pochi!
da La Nuova Sardegna, 21 dicembre 2013
Termodinamico, nuovo no da Bonorva. Affollato consiglio comunale congiunto con Giave e Cossoine. Il territorio pronto a ulteriori iniziative contro il progetto. (Emidio Muroni)
BONORVA. «No al termodinamico». È la sintesi della volontà espressa ancora una volta, durante un’affollata assemblea, dagli abitanti del territorio contro il mega progetto nella piana. «Dobbiamo batterci per il diritto di sovranità e per difendere la dignità di sardi, vogliamo decidere noi del nostro territorio e, per questo dobbiamo fare fronte comune», ha affermato il sindaco Giammario Senes nel chiudere l’incontro straordinario congiunto fra i consigli comunali di Bonorva, Cossoine e Giave. Un incontro che ha visto i rappresentanti dei tre paesi uniti per respingere l’assalto delle multinazionali, decise a occupare gli spazi migliori e i terreni più fertili del territorio con l’impianto delle megastrutture del termodinamico. Un mare di specchi parabolici e strumentazioni, secondo i numerosi contrari infruttuose per gli abitanti, ma atte a distruggerne la storia e cancellare i segni di un’antica civiltà e cultura. Assenti giustificati i consiglieri regionali e i parlamentari del Sassarese, l’incontro è servito a sancire la volontà delle amministrazioni di opporsi al progetto. A destare la preoccupazione dei sindaci è stata la mossa a sorpresa, (annunciata da un quotidiano nazionale), del passaggio del progetto del termodinamico dalla Regione al ministero per l’Ambiente, per la Valutazione d’impatto ambientale. Un passaggio che, ha osservato Alfredo Unali, sindaco di Cossoine, pare non corrisponda comunque a verità. «Dobbiamo vigilare – ha affermato Giuseppe Deiana, sindaco di Giave – perché non siano messi a repentaglio quasi ottocento ettari di terreno fertile, che sarebbero sottratti alla comunità, e far riportare i progetti su un tavolo di valutazione regionale». A favore dell’impegno delle amministrazioni si sono espresse numerose associazioni di categoria. «C’è un disegno preciso per affossare l’agricoltura, e con essa l’economia rurale dei nostri paesi – ha osservato Fabio Chessa, della Cia – senza tener conto del ruolo sociale che svolge e del contributo che da alla valorizzazione dell’ambiente. Si vogliono finanziare, con spese in bolletta a nostro carico, megastrutture che non creano occupazione ma aumentano la crisi ed il disagio sociale». Altri, pur non essendo contro le fonti d’energia rinnovabile, ne contestano la tipologia, che non rispetta le attività economiche esistenti. Anche il WWF, con Mauro Gargiulo, ha messo in dubbio il passaggio dei progetti all’esame del ministero, ritenuto illegittimo, e da verificare. I fantomatici cinquemila posti di lavoro, annunciati dalla multinazionale, sono considerati una promessa inverosimile e facilmente confutata dalla verifica di altri interventi nei quali, com’è stato detto, è stato utilizzato personale esterno alla Sardegna sin dall’inizio dei lavori per assumere pochi operai al termine, con sole funzioni di custodia. Con l’intervento di Carlo Usai, un consulente tecnico del comitato di Cossoine, è stato dato spazio al discorso sulla tecnologia utilizzata e altri hanno posto l’accento anche sui pericoli che ne potrebbero derivare.
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ALFREDO UNALI. «Nei faldoni solo i documenti del piano di Flumini Mannu». (Mario Bonu)
COSSOINE. Iniziano a diradarsi le nebbie sul contenuto dei 24 scatoloni di documenti che le società del termodinamico hanno depositato al ministero dell’Ambiente. Nel suo intervento a Bonorva, il sindaco di Cossoine Alfredo Unali ha riferito di un incontro avuto giovedì a Cagliari con l’assessore all’Ambiente Andrea Biancareddu e con il direttore generale dello stesso assessorato. Quest’ultimo – che fa parte della commissione che istruisce la “Via” nazionale – avrebbe confermato che della documentazione sarebbe effettivamente arrivata al ministero, ma che riguarderebbe solo l’impianto di Flumini Mannu, nei comuni di Villasor e Decimoputzu, per cui la “Flumini Mannu Ltd” ha pubblicato l’avviso di avvio della procedura di valutazione di impatto ambientale. Non sarebbero invece mai arrivate a Roma le pratiche riguardanti gli altri tre progetti ubicati nei comuni di Cossoine e Giave, Bonorva e Giave, Gonnosfanadiga e Guspini. Questo sembra smentire le notizie, date per certe da Gianluigi Angelantoni, presidente di Ase (Archimede solar energy) e amministratore delegato di Angelantoni Group, che davano per avvenuto il passaggio delle competenze sui quattro impianti sardi dalla Regione allo Stato. Allarme rientrato, dunque? «Certo che no – ha proseguito Unali – perché i comuni sono gli anelli deboli della catena, e se non tengono alta la guardia rischiano di soccombere». Ma un altro risultato sarebbe stato ottenuto a Cagliari: il chiaro pronunciamento dell’assessore Biancareddu a sostegno delle rivendicazioni dei comuni. «Abbiamo concordato una posizione comune – ha aggiunto il sindaco di Cossoine – e da ora in poi l’assessorato sarà schierato al nostro fianco a difesa del territorio». Posizione che dovrebbe confluire nel nuovo Piano energetico regionale, che l’assessore si sarebbe impegnato ad accelerare. Anche se la cosa ha raccolto più di un commento scettico, considerata anche la ristrettezza dei tempi prima delle elezioni regionali.
parole sacrosante, quelle degli anziani di Bonorva.
da La Nuova Sardegna, 2 gennaio 2013
Termodinamico, gli anziani del paese: «Non ci provate». Bonorva, scalda gli animi il megaprogetto nella piana. «Provarono già nel ’45 a portarci via la terra e fallirono». (Emidio Muroni)
BONORVA. Parlare con gli anziani del paese di produzione di energia pulita, di termodinamico, di specchi parabolici, di collettori, di centrali d’accumulo, è solo tempo perso. «Per costruire un futuro migliore, secondo il solco tracciato dall’esperienza degli antichi saggi, osservano, è necessario non ripudiare il passato, né stravolgerlo, ma attingere a quanto di buono ci ha proposto». È il principio fondamentale sostenuto da tanti anziani che s’incontrano nella sede sociale che l’amministrazione ha messo a loro disposizione per trascorrervi alcune ore in libertà. Hanno amato fortemente la terra, con la quale hanno condiviso lunghe ore di fatica e sudore in un contatto che ha indurito le ossa e la pelle ma che, con la generosa produzione di alimenti copiosi e genuini li ha sempre ricompensati. Anche la storia dà loro ragione. L’Angius, nel suo “Dizionario geografico, storico, statistico e commerciale degli statuti di S.E. il Re di Sardegna”, ricorda che il paese era impegnato nelle attività agricole, la cultura fondamentale era il grano e la pastorizia. Un’altra parte del lavoro riguardava la coltivazione dell’orzo, delle fave, delle altre leguminose e degli ortaggi, la cui produzione era favorita dalla presenza di sorgenti che scorrevano abbonanti e per la gran parte perenni. Altra attività era la viticoltura, che contava su una notevole produzione di vini, seppure di media qualità, e di numerosa varietà di frutta. Uno spaccato delle attività passate che è interessante ripercorre seguendo il filo della memoria di chi per tanti anni ha consumato gli anni per costruire una famiglia ed operato a stretto contatto con la terra. «Una terra che abbiamo riconquistato all’utilizzo originale, con sacrifici enormi, ha osservato un vecchio contadino. A molti di noi è costata anche l’esperienza del tavolaccio di una prigione». Una lotta per la difesa di un terreno da coltivare e dal quale trarre il sostentamento per la famiglia e che oggi invece potrebbe essere affidato, con troppa faciloneria, a società che vogliono lucrare su un bene che la natura ci ha donato, con i suoli fertili che, fino a qualche anno fa, grazie alle copiose messi che vi si producevano, avevano meritato titolo di “granaio della Sardegna”. La notizia della richiesta di esproprio da parte di società multinazionali per uno sfruttamento, con l’uso di specchi parabolici, collettori, torri d’accumulo e mostri d’altro genere, colpisce duramente la sensibilità della gente, pronta ancora una volta a ribellarsi ad una situazione d’esproprio che sembra ripetere le vicende del 1945. «Ora come allora difenderemo con tutti i mezzi la nostra terra e la nostra autonomia di scelta – ha quasi urlato uno dei più anziani contadini -. I nostri paesani, l’avvocato Giuseppe Manai, nel 1900, i coniugi Bicchiri, (che ci regalarono anche l’ospizio attualmente abbandonato, e di cui sarebbe bene riparlare), e Nicoletta Chiara Maria Ruggiu, nel 1959, ci hanno donato, per la lavorazione, oltre trecento ettari di terreno fertile e pianeggiante che dovranno essere utilizzati per la destinazione originale, e così dovrà essere». Il ricordo più forte va proprio al 1945-46, quando i contadini erano quasi tutti affittuari, pagavano ai proprietari affitti elevati e spesso alle famiglie non rimaneva nulla da mangiare. L’esasperazione, nell’ottobre del 1946, spinse 500 persone, per la seconda volta, all’occupazione delle terre che portò ad uno scontro con i militari e all’arresto di undici persone che un anziano ci ricorda: “Serafino Muroni, Antonio Campus, Costantino Carta, Giuseppe Carta, Giuseppe Faedda, Giovanni Idili, Antonio Mura,. Giommaria Pintore, Antonio Pisanu, Giuseppe Pische e Nicolò Tidore”. Fu un periodo di grande sofferenza che si chiuse con un successo e le terre furono assegnate. Quanti hanno versato sulla terra il sudore della fronte e in essa riconoscono la possibilità di un avvenire per i propri figli, sperano che quegli avvenimenti non si ripetano, prevalga il buon senso, e si allontanino coloro che, speculando sulle necessità della gente, si mascherano da ricchi e munifici proprietari per invadere e devastare il territorio con le proprie macchine (autentici ecomostri), per un’innaturale trasformazione e annullamento dei tesori archeologici e testimonianze esistenti, perfettamente leggibili e visitabili.
sul blog di Salviamo il Paesaggio, Difendiamo i Territori, 9 gennaio 2014
Il paesaggio agricolo sardo in mano agli speculatori delle energie rinnovabili: http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2014/01/il-paesaggio-agricolo-sardo-in-mano-agli-speculatori-delle-energie-rinnovabili/
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Oramai L’Italia è stata tagliata fuori dal mercato delle centrali termosolari…Peccato…