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La Giunta regionale del Veneto se ne frega della Corte costituzionale per favorire i cacciatori.


Castelgomberto, altana di caccia

Castelgomberto, altana di caccia

Con la recente sentenza n. 139 del 13 giugno 2013, la Corte costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità della legge regionale 6 luglio 2012, n. 25 nelle parti in cui esenta gli appostamenti per la caccia (capanni, altane) dall’ottenimento dell’autorizzazione paesaggistica (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) e dal titolo abilitativo urbanistico-edilizio (D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i.).

Che cosa fa allora la Regione Veneto?

Rispetta la sentenza?         Ma quando mai?

Pur di favorire i cacciatori è disposta a tutto e, con deliberazione Giunta regionale n. 1393 del 30 luglio 2013, dispone che “gli appostamenti di caccia in assenza di titolo abilitativo edilizio non possono essere allestiti prima del 1.08.2013 e devono essere rimossi entro e non oltre il 28.02.2014”, con ciò autorizzandoli in palese contrasto con il quadro normativo vigente in materia e con quanto deciso proprio dalla sentenza della Corte costituzionale n. 139/2013.

Monte di Malo, località Cima, altana di caccia

Monte di Malo, località Cima, altana di caccia

L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus ha pertanto inviato (16 agosto 2013) un esposto a tutti i Procuratori della Repubblica del Veneto (Venezia, Bassano del Grappa, Vicenza, Treviso, Belluno, Padova, Verona, Rovigo) perché sia valutato sotto il profilo della liceità penale il contenuto della deliberazione citata e siano verificate eventuali attività di realizzazione di altane e capanni di caccia in violazione della legge.

Come si ricorderà, il ricorso governativo alla Corte costituzionale avverso la legge regionale veneta salva-altane di caccia è stato effettuato su istanza (18 luglio 2012) dell’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus nell’ambito della campagna effettuata nel Vicentino e nel Trevigiano per verificare la legittimità urbanistica e paesaggistica di numerose postazioni venatorie con strutture fisse (altane, capanni in muratura e legno).

Hanno impegnato il loro tempo libero per mesi i coraggiosi volontari dalla L.A.C. e dall’E.N.P.A., sezioni di Vicenza, in collaborazione con il Gruppo di Intervento Giuridico veneto, per verificare la legittimità urbanistica e paesaggistica di numerose postazioni venatorie con strutture fisse (altane, capanni in muratura e legno).

Malo, altane di caccia

Malo, altane di caccia

Sono stati più di un centinaio le altane di caccia e i capanni-bunker rinvenuti nei boschi e nelle campagne della Provincia di Vicenza e di Treviso, successivamente segnalati alle amministrazioni pubbliche e alla magistratura competenti per gli accertamenti del caso.

Il risultato ha fatto emergere una realtà di abusivismo e sprezzo dell’ambiente di proporzioni colossali, le postazioni rilevate sono centinaia, ricomprese nei territori da Breganze a Salcedo, da Mason Vicentino a Marostica, da Bassano del Grappa passando per Campolongo sul Brenta a Romano d’Ezzelino, salendo sul massiccio del Grappa per arrivare fino a Liedolo in provincia di Treviso.

I rilievi effettuati hanno permesso di portare alla luce altane, torrette e capanni serviti abusivamente ed illegittimamente per massacrare centinaia di migliaia di altri animali.

Marostica, bossoli bruciati nel bosco

Marostica, bossoli bruciati nel bosco

I seguaci di Diana non hanno esitato a costruire le torrette in prossimità delle strade, nonostante la legge preveda delle distanze ben precise per praticare l’attività venatoria, non c’è stata alcuna esitazione nemmeno a tagliare grossi rami ed alberi per aprirsi il fronte, e pertanto, la possibilità di avere una linea di tiro a 360 gradi, tutto ciò togliendo al paesaggio importanti parti di natura che costituiscono un patrimonio di tutti, compresi turisti ed escursionisti che annualmente visitano i boschi della Provincia, come pure non c’è stato nessun indugio a lasciare centinaia di bossoli e di borrette abbandonati sul suolo.

Decine e decine le irregolarità di natura urbanistica e paesaggistica rilevate dalle autorità territorialmente competenti, Carabinieri del G.T.A. di Treviso, il Corpo Forestale dello Stato, gli uffici urbanistici dei vari Comuni e, per gli aspetti di competenza, le varie Procure attivatesi a seguito degli esposti effettuati dalle associazioni animaliste e ambientaliste.

Arzignano, capanno di caccia sottoposto a sequestro penale

Arzignano, capanno di caccia sottoposto a sequestro penale

Irregolarità riscontrate anche nei confronti dell’ambiente circostante come il ritrovamento nelle prime colline di Marostica (VI) di centinaia di bossoli bruciati per terra, i quali, hanno sprigionato nell’aria pericolose tossine derivanti dalla bruciatura della plastica di cui sono costituiti, tutto ciò in spregio della salute dei cittadini residenti nelle vicinanze.

Ecco quindi che, dopo i comuni del nord-ovest vicentino, nei quali le costruzioni censite sono risultate, nella quasi totalità, completamente prive di autorizzazioni urbanistico-edilizie e paesaggistiche, si scopre che anche il nord-est della provincia non è immune da tanto scempio.

Le torrette e altane rinvenute, vere e proprie postazioni sopraelevate alte anche 20-30 metri dal suolo, erano realizzate dai cacciatori, con ferro, legno, plastica, lamiere e teli, costruite sia sui boschi, per la caccia ad ungulati e cinghiali, sia sui crinali dove si concentra la migrazione dei passeriformi; decine le vecchie postazioni abbandonate nel più totale degrado con pezzi pericolosamente arrugginiti e penzolanti.

altana di caccia nel Vicentino

altana di caccia nel Vicentino

Grazie al preciso e certosino lavoro effettuato dai volontari delle associazioni ambientaliste ed animaliste, ora tutto quello scempio non esiste più, nei confronti dei proprietari delle costruzioni e ai proprietari dei terreni su cui sorgevano sono stati, infatti, avviati procedimenti per l’irrogazione di sanzioni per violazioni urbanistiche ed edilizie, e se per molti il reato si è estinto con la rimessione in ripristino delle aree soggette a vincolo paesaggistico, diversa è la sorte toccata a chi dovrà rispondere di reati di natura penale.

Il Consiglio regionale del Veneto, su proposta della Giunta e richiesta insistente da parte del mondo venatorio, ha con arroganza puntato alla legalizzazione del far west di altane e capanni di caccia alla faccia dei basilari principi giuridici di tutela ambientale e del territorio.

La risposta del Giudice costituzionale è stata chiara e netta: la leggina regionale veneta salva-altane è illegittima e, ora, non è certo un atto amministrativo (la deliberazione della Giunta regionale) che può legalizzare questi veri e propri abusi edilizi.

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

Arsiero, Via Maso, altana di caccia

Arsiero, Via Maso, altana di caccia

(foto M.Z., archivio GrIG)

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  1. agosto 17, 2013 alle 9:08 am

    E intanto Don Bizzotto inizia lo sciopero della fame…

  2. capitonegatto
    agosto 17, 2013 alle 1:33 PM

    Ma se a un condannato definitivo , a cui si permette di stare fuori e vivere alla grande ( rinchiuso nel suo fortino e guardato da almeno 4 carabbinieri ,molto affaccendati, e pagati dai contribuenti ), e che con tante scuse gli si e’ tolto solo il passaporto……. ora qualcuno vorrebbe che questa gente rispettasse una sentenza della c.c. ? Ma x favore. Gli esempi contano, e quelli negativi li paghiamo tutti.

    • Marina Marino
      agosto 21, 2013 alle 8:00 PM

      Certo, l’onestà è onestà sempre ma il rischio di confusione e sopratutto di grado di responsabilità è molto elevato e, non abbiamo bisogno di questo che già c’è un sacco di gente e da tanto tempo che confonde il privato con il pubblico compresa la ricchezza. Dare l’esempio è importante ma non determinante, è molto meglio sapere cosa è corretto fare e cosa no a prescindere dalle istituzioni e dagli altri in generale, Infatti si potrebbe riflettere sul concetto : “gli uomini che uccidono le donne sono immaturi”, ma di sicuro non significa che gli immaturi uccidano le donne …e nemmeno che le uccidano perchè manca una legge specifica..
      Il mancato rispetto della sentenza della corte costituzionale da parte della Regione Veneto è l’espressione di una visione feudale della politica leghista,tant’è che la Regione ha anche deciso che i “padani” sono genti forti , nascono, crescono,invecchiano e muoiono stando nel proprio villaggio e nella propria casa. La chiamano cultura della domiciliarità e di civiltà, ( chiusura di ospedali , di centri residenziali e riabilitativi, graduatorie del diritto alla cura) come quella che devi dimostrare che sei povero per far valere il diritto di non pagare due volte il servizio sanitario

  3. agosto 27, 2013 alle 2:55 PM

    da Veneto Jus, 22 agosto 2013
    C’è chi ama i “casoti da cacia” e chi no. La Regione Veneto evidentemente ama i casoti (o, più probabilmente, gli elettori che li costruiscono). (Dario Meneguzzo): http://venetoius.it/permesso-di-costruire/ce-chi-ama-i-casoti-da-cacia-e-chi-no

    da TVIWEB
    CACCIA, 20 MILA CASOTTI FUORILEGGE: E’ RIVOLTA: http://www.tviweb.it/caccia-20-mila-casotti-fuorilegge-e-rivolta

  4. settembre 19, 2013 alle 5:58 PM

    da verificare.

    da Big Hunter, 19 settembre 2013
    Appostamenti caccia: in Veneto emendamento che ne permette l’utilizzo. (http://www.bighunter.it/Caccia/ArchivioNews/tabid/204/newsid730/13602/Default.aspx)

    Appostamenti fissi di caccia. Il Consiglio regionele del Veneto ha approvato martedì scorso un emendamento con il quale si autorizzano i cacciatori veneti a tornare a utilizzare i capanni per la caccia senza rischiare la denuncia per abuso edilizio e presunto abuso paesaggistico. Ne rende merito il consigliere Costantino Toniolo, dopo l’approvazione della proposta di legge 376 “rideterminazione del termine di validità del piano faunistico venatorio regionale approvato con legge del 5 gennaio 2007, n. 1, illustrata dal presidente Davide Bendinelli.
    “L’emendamento della Giunta che permette di superare i limiti della vecchia legge in materia di appostamenti – precisa Toniolo – è incentrato sulla precarietà di tali strutture. Per gli appostamenti che vengono rimossi a fine giornata non c’è bisogno di alcuna comunicazione. Una semplice comunicazione al Municipio riguarda invece le strutture che vengono rimosse entro 90 giorni. A questo si aggiunge però la necessità dell’autorizzazione paesaggistica semplificata (qualora ricadano nelle aree di tutela previste dal decreto legislativo del 22 gennaio 2004 n. 42)”.
    “Infine – precisa il consigliere del PdL – se la struttura viene lasciata tutta la stagione, deve essere presentata la DIA (Denuncia di inizio attività) al Comune e per conoscenza alla Provincia, accanto comunque all’autorizzazione paesaggistica semplificata. I comuni potranno determinare le modalità costruttive per gli appostamenti di caccia nel rispetto della vigente normativa in materia edilizia. In tutti i casi – conclude Toniolo – per evitare denunce per abuso edilizio e presunto abuso paesaggistico, è importante che la struttura sia considerata un’opera precaria e agevolmente rimovibile e quindi raccomando agli amici cacciatori di non indugiare a rimuoverla nel momento in cui non serve più”.

  1. agosto 26, 2013 alle 10:12 am

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