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Salviamo il Bel Paese, no alla proposta di legge Realacci-Lupi per il sacco del territorio!


Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Buon Governo, Siena (1338-1339)

Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Buon Governo, Siena (1338-1339)

anche su Il Manifesto Sardo (“Salviamo il Bel Paese dalla proposta di legge Realacci-Lupi”), n. 148, 16 giugno 2013

 

 

 

Non c’è da meravigliarsi della disinvoltura con cui si gioca con termini e parole, anche e soprattutto nei testi legislativi, per far apparire bianco ciò che è nero e viceversa.

L’Italia di questi tempi è un emblematico laboratorio in proposito.

Uno degli esempi più evidenti è l’operazione messa in campo dalla trasversalissima alleanza cementata fra Maurizio Lupi, deputato P.d.L. e oggi Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ed Ermète Realacci, deputato P.D., Presidente dell’VIII Commissione permanente “Ambiente” della Camera dei Deputati e presidente onorario di Legambiente, per giungere a una nuova normativa che – sotto le mentite spoglie della sbandierata salvaguardia del territorio – consenta nel concreto le più nefaste speculazioni immobiliari.

Cabras, penisola del Sinis

Cabras, penisola del Sinis

Il metodo seguito non cambia: “l’obiettivo dichiarato” è quello di “limitare il consumo del suolo”, ma in realtà si tratta di “un aumento del consumo del suolo a esclusivo vantaggio dei costruttori”.

Lo dice chiaramente l’art. 2 della proposta di legge: si può consumare il suolo, purché si “paghi un contributo per la tutela del suolo e la rigenerazione urbana”, così per ristrutturare le aree urbane devono esser date ai costruttori altre aree libere e integre. Con tale contributo – cioè il corrispettivo del consumo di altro suolo – si  rende possibile la ristrutturazione urbana: “il contributo di cui al comma 1 si applica in tutto il territorio nazionale con riferimento ad ogni attività di trasformazione urbanistica ed edilizia che determina un nuovo consumo di suolo” (art. 2, comma 2°, della proposta di legge).

E come si determina il “contributo”? Semplice, “è legato alla perdita del valore ecologico ambientale e paesaggistico, che esso determina”. In parole povere, sarà determinato da un accordo fra amministratori comunali e speculatori immobiliari, alla faccia dell’ambiente e dei cittadini.   Oppure “il contributo può essere sostituito, previo accordo con i comuni, da una cessione compensativa di aree a finalità di uso pubblico, per la realizzazione di nuovi sistemi naturali permanenti quali siepi, filari, prati, boschi, aree umide e di opere per la sua fruizione ecologica e ambientale, quali percorsi pedonali e ciclabili” (art. 2, comma 3°, della proposta), senza minimamente specificare se la titolarità delle aree vada ai Comuni o rimanga ai costruttori, né chi paghi le opere da realizzare.

Si prosegue addirittura con la previsione di “uno strumento finanziario da parte della Cassa depositi e prestiti SpA, anche garantito da beni demaniali, che prevede…..condizioni finanziarie e tassi di interesse vantaggiosi per l’investimento dei privati.  Una vera e propria follìa oltre che un’aberrazione giuridica: la garanzia per le agevolazioni in favore dei costruttori è costituita da “beni demaniali”, cioè i beni del demanio nazionale, della collettività, che per legge sono “inalienabili, inusucapibili ed in espropriabili” (art. 823 cod. civ.).

Roma, Colonna Traiana e Chiesa del SS. Nome di Maria al Foro Traiano

Roma, Colonna Traiana e Chiesa del SS. Nome di Maria al Foro Traiano

Per non parlare dei diritti edificatori generati dalla perequazione urbanistica, commerciabili senza limiti, neanche temporali (art. 7 della proposta di legge), nonché incrementati da ulteriori “premialità, compensazioni e incentivazioni” (art. 9 della proposta di legge), quando la giurisprudenza ha giustamente detto chiaramente che tali diritti edificatori non esistono (vds. sentenza Cons. Stato, sez. IV, 21 dicembre 2012, n. 6656).

Oppure la previsione di “comparti edificatori” (art. 5 della proposta di legge), costituiti anche solo dai  proprietari che detengono la maggioranza assoluta dei beni immobili in base al loro valore imponibile ai fini dell’applicazione dell’IMU per la trasformazione dell’intera area interessata attraverso strumenti attuativi, anche in danno dei proprietari non aderenti, che possono esser sostituiti da “un soggetto imprenditoriale selezionato” dal Comune territorialmente competente.

Questi sono solo alcuni dei punti qualificanti (in negativo) della proposta di legge presentata dall’on. Realacci e da numerosi altri deputati del P.D. che riprende, senza nemmeno molta fantasia, la proposta di legge Principi in materia di governo del territoriopresentata dall’on. Lupi nel 2005 e stoppata da una durissima opposizione da parte di urbanisti, associazioni ecologiste e culturali.

Castell'Azzara (GR), colline

Castell’Azzara (GR), colline

Ancora ritornano.     Ancora una volta dobbiamo fermarli.

Il disegno di legge del Governo Monti per la tutela del paesaggio agricolo era un buon punto di partenza, dimenticato anche dal proponente allora Ministro dell’agricoltura Mario Catania, oggi deputato sottoscrittore della proposta Realacci, al pari di tal Ilaria Carla Anna Borletti Dell’Acqua coniugata Buitoni, più comunemente Ilaria Borletti Buitoni, già presidente del F.A.I. e Sottosegretaria ai beni e attività culturali.

Sotto il profilo della strategia parlamentare, potrà avere scarsa efficacia anche il buon testo proposto dal MoVimento 5 Stelle, visto che il testo base sarà quello Realacci e più.

C’è bisogno di tattiche parlamentari dilatorie, di una durissima opposizione diffusa da parte di associazioni, comitati, personalità e di contro-proposte nette e chiare.

Ottima quella predisposta da Vezio De Lucia, Paolo Berdini, Luca De Lucia, Antonio di Gennaro, Edoardo Salzano, Giancarlo Storto, da sottoscrivere e sostenere.

Sembrerebbe da inserire unicamente un ulteriore comma, il 5°, all’articolo 2 (territorio urbanizzato): “Non è consentito alcun intervento di trasformazione del territorio, a qualsiasi titolo, qualora il Comune sia sprovvisto di strumento di pianificazione urbanistico-territoriale di carattere generale”.

dune, ginepri, spiaggia, mare

dune, ginepri, spiaggia, mare

Sono, infatti, ancora numerosi i Comuni dove vige il Far West urbanistico in assenza di piani regolatori generali o piani urbanistici.

Coraggio, la guerra per la tutela del Bel Paese sarà durissima.

Stefano Deliperi, Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

anatre_in_voloqui la proposta di legge P.D. on.li Realacci e più Norme per il contenimento dell’uso di suolo e la rigenerazione urbana, depositata il 15 marzo 2013

 

anatre_in_voloqui la proposta di legge MoVimento 5 Stelle on.li De Rosa e più Norme per il blocco del consumo del suolo e la tutela del paesaggio, depositata il 27 maggio 2013

 

Carloforte, Stagno e miniera della Vivagna

Carloforte, Stagno e miniera della Vivagna

proposta di legge De Lucia, Berdini, di Gennaro, Salzano, Storto per la salvaguardia del territorio non urbanizzato.

Relazione.
Ricerche convergenti evidenziano come ogni anno, in Italia, si urbanizzano 35.000 ettari di suolo agricolo e forestale, una superficie pari a 4 volte quella di una città come Napoli (MIRAF, 2012). I tre quarti della crescita urbana interessano le pianure fertili del paese: si tratta di aree strategiche per la sicurezza alimentare della nazione (il tasso di auto approvvigionamento alimentare dell’Italia è attualmente, secondo i dati forniti dal MIRAF, intorno all’80-85%), a più elevata capacità produttiva, sovente caratterizzate da aspetti rilevanti di rischio idraulico e di fragilità ambientale. Un aspetto preoccupante del fenomeno, quando analizzato alla scala geografica nazionale, è che se da un lato la crescita urbana tende a concentrarsi, in termini di valori assoluti, nelle regioni a più elevato tasso di urbanizzazione (Lombardia, Emilia Romagna, Campania, dove si è prossimi o si è superato il valore del 10% della superficie territoriale), i tassi più alti di crescita urbana si riscontrano invece in regioni “insospettabili”, nelle quali il territorio e il paesaggio rurale si presentano più integri, come per esempio la Basilicata e il Molise (ISTAT, 2012), dove appaiono particolarmente attive le dinamiche di dispersione insediativa.

Il ritmo vertiginoso della nuova edificazione in territorio agricolo e nello spazio aperto è stato determinato in particolare da due fattori: da una parte, l’abbandono di un patrimonio sempre più vasto di immobili (privati e pubblici) dismessi, sottoutilizzati, variamente degradati; dall’altra, la realizzazione di nuovi insediamenti a bassa e bassissima densità. Basta citare alcuni dati relativi al comune di Roma, dove ammonta a circa 15 mila ettari, un quarto della città costruita, la stima della superficie urbanizzata da rigenerare (G. Caudo, 2013), e dove sono state realizzate nuove espansioni con densità insediative irrisorie (13 abitanti ad ettaro, W. Tocci, 2008), da borgo rurale e non da città europea.

La presente proposta intende contrastare questa drammatica situazione attraverso rigorose norme statali, immediatamente efficaci, che consentano di bloccare il consumo del suolo, avviando contemporaneamente un’azione a vasta scala di recupero e rigenerazione del patrimonio immobiliare abbandonato e di miglior uso delle aree edificate a bassa densità. È appena il caso di chiarire che la strategia proposta non va confusa con il cosiddetto sviluppo zero. Siamo pienamente consapevoli che i bisogni da soddisfare in Italia sono ancora enormi, anche se diversi da luogo a luogo, e sarebbe insensato pensare di limitarli: le disponibilità di spazio all’interno del territorio urbanizzato consentono di far fronte tranquillamente a ogni necessità.

Le norme che proponiamo non attengono alla materia “governo del territorio” di cui all’art. 117, comma 3, della Costituzione, disposizione che affida la potestà legislativa alle regioni, riservando allo Stato la sola determinazione dei principi fondamentali: un percorso inadatto a raggiungere risultati soddisfacenti in tempi ragionevoli. Altrettanto incerti sarebbero stati i risultati facendo riferimento, per salvaguardare il territorio non urbanizzato, a una apposita categoria da aggiungere a quelle ex lege Galasso, il che avrebbe comportato l’assoggettamento ai tempi e alle determinazioni della pianificazione paesaggistica, che lo Stato e quasi tutte le Regioni hanno di fatto accantonato.

È apparso invece opportuno e convincente indicare – all’art. 1 della proposta – che la salvaguardia del territorio non urbanizzato, in considerazione della sua valenza ambientale e della sua diretta connessione con la qualità di vita dei singoli e delle collettività, costituisce parte integrante della tutela dell’ambiente e del paesaggio. In quanto tale, la relativa disciplina rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione. Questo cambio di prospettiva, che si traduce in una significativa compressione delle competenze legislative delle regioni, è giustificato dal valore collettivo che tali porzioni di territorio hanno assunto non solo per i singoli e le collettività di oggi ma, in una logica di solidarietà intergenerazionale, anche per quelli di domani.

L’art. 2 fornisce – al comma 1 – un’essenziale definizione del territorio urbanizzato formato da centri storici ed espansioni recenti. Mentre – al comma 2 – il territorio non urbanizzato è articolato in tre segmenti: aree naturali, aree agricole, aree incolte. Il comma 3 rappresenta il nucleo centrale della proposta consentendo interventi di nuova edificazione esclusivamente nell’ambito delle aree urbanizzate. L’eccezionalità di eventuali deroghe – al comma 4 – è resa evidente dall’aver subordinato il loro assentimento ad appositi provvedimenti, caso per caso, dei consigli regionali.

L’art. 3 – al comma 1 – fissa in 120 giorni il termine entro il quale i comuni provvedono con deliberazione consiliare a perimetrare il territorio urbanizzato e stabilisce – al comma 2 – termini e procedure per l’esercizio dei poteri sostitutivi regionali in caso di inadempimento.

Infine, l’art. 4 abroga l’infelice norma del 2007 che aveva consentito di utilizzare gli oneri di urbanizzazione della legge Bucalossi anche per la spesa corrente, norma che ha operato come un formidabile impulso all’indiscriminata incentivazione dell’attività edilizia.

Articolato

Art. 1 (Tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali)

1. La salvaguardia del territorio non urbanizzato è parte della tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione.

Art. 2 (Territorio urbanizzato)

1. Il territorio urbanizzato di ciascun comune è costituito da:

– centri storici, comprendenti anche l’edilizia circostante realizzata fino alla caduta del fascismo;

– espansioni recenti edificate con continuità a fini residenziali, produttivi, commerciali, direzionali, infrastrutturali, di servizio, ivi compresi i lotti interclusi dotati di urbanizzazione primaria.

2. Non rientrano nel territorio urbanizzato:

– le aree naturali o in condizioni di prevalente naturalità;

– le aree ad uso agricolo, forestale, pascolativo;

– le aree incolte o in abbandono.

Dette tipologie di aree non rientrano nel territorio urbanizzato ancorché site all’interno di esso, o quando includenti edificato sparso o discontinuo, o borghi e piccoli insediamenti presenti nel territorio rurale.

3. A seguito della perimetrazione di cui all’art. 3, le trasformazioni insediative o infrastrutturali che comportano impegno di suolo non edificato sono consentite esclusivamente nell’ambito delle espansioni recenti come definite al comma 1.

4. Eventuali deroghe sono singolarmente autorizzate con provvedimento del consiglio regionale.

Art. 3 (Perimetrazione)

1. Entro 120 giorni dalla pubblicazione della presente legge, i comuni provvedono con deliberazione del consiglio a perimetrare il territorio urbanizzato.

2. In caso di mancato adempimento, le regioni interessate provvedono, previa diffida, nel termine dei successivi 120 giorni.

Art. 4 (Abrogazione di norme)

1. Il comma 8 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 è abrogato.

Umbria, Appennino, boschi

Umbria, Appennino, boschi

(foto E.R., S,L., S.D., archivio GrIG))

  1. max
    giugno 19, 2013 alle 7:36 am

    mi pare in linea con la strategia di svendita o se vogliamo in affitto di tutto cio’ che e’ italiano.
    badiamo bene; le direttive non giungono da bruxelles ma da molto piu’ lontano ( bruxelles e’ solo un’associazione di maggiordomi tesi a rendere fattibile ciascuno nel territorio di competenza i desideri dei governanti del mondo che sono alcune famiglie “storiche”).
    quando poi ascolto don letta ( o padre letta), insomma quel bravo prete con incarico di primo ministro, provo un alternanza di sentimenti a seconda del momento ( irritazione o depressione) per i proclami del faremo. e berlusconi plaude ( ma la gente si chiede perche’ berlusconi plaude?). riscontro che il voto ci porta poco lontano. proviamo con le proteste ( civili) anche perche’darebbero l’occasione per ripristinare la macelleria messicana.
    quindi sempre all’erta; consci dei propi limiti ma determinati a rendere questo pianeta un luogo migliore.
    lo dobbiamo a noi stessi, alle generazioni future e a chi ci ha creato ( non necessariamente un dio).

  2. Mara
    giugno 19, 2013 alle 8:00 am

    E poi c’è ancora chi non capisce perché il M5s NON DOVEVA e non dovrà allearsi con il PD.

    • max
      giugno 19, 2013 alle 9:16 am

      voglio illudermi che se grillo non avesse fatto la vergine ritrosa o il talebano forse oggi governerebbe con il pd costretto a governare con il pdl e prendere odini da berlusconi preparandone il terreno x le prox elezioni.
      quindi forse una situazione meno peggio dell’attuale.
      chi scrive ha votato sel comunque.

      • Mara
        giugno 19, 2013 alle 10:44 am

        Ok per SEL, per il resto….il PD avrebbe tentato di fagocitare i grillini come sta facendo anche oggi, riuscendoci in parte, ahimé. Finché non ci sarà un ricambio completo della classe dirigente, il PD (secondo me) è una schifezza (vedi TAV & Co.) Comunque Berlusconi ha un piede e mezzo dentro la fossa, finalmente.

  3. Shardana
    giugno 19, 2013 alle 10:22 am

    Il meno peggio ci ha portato allo sfascio attuale,concordo con Mara con le scelte delM5s.Per non parlare di legambiente e dei suoi presidenti onorari e non ,legati al PD-L ,in sardegna sempre presenti nei salotti ma non nelle lotte.Per poi prendersi i meriti delle battaglie portate avanti da altri.

  4. giugno 19, 2013 alle 3:00 PM

    bella risposta da parte del Governo Letta alla proposta di legge “Realacci-Lupi” 😉

    dal sito web istituzionale del Governo Italiano
    fra i provvedimenti approvati durante la riunione del Consiglio dei Ministri del 15 giugno 2013 (http://www.governo.it/Governo/ConsiglioMinistri/dettaglio.asp?d=71680)

    Ddl “suolo”

    Il Consiglio ha approvato, su proposta dei Ministri delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Nunzia De Girolamo, per i Beni e le Attività Culturali, Massimo Bray, dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Andrea Orlando, e delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi, un disegno di legge, che verrà sottoposto al parere della Conferenza unificata, per il contenimento del consumo del suolo ed il riuso del suolo edificato. L’intervento normativo è finalizzato al contenimento del consumo di suolo, alla valorizzazione del suolo non edificato, alla promozione dell’attività agricola che sullo stesso si svolge o potrebbe svolgersi, nonché alla valorizzazione del suolo come risorsa da tutelare anche ai fini di mitigazione prevenzione del rischio idrogeologico.
    La salvaguardia della destinazione agricola dei suoli e la conservazione della relativa vocazione naturalistica rappresentano, infatti, un obiettivo di primaria importanza, soprattutto alla luce dei dati statistici acquisiti, dai quali risulta la progressiva «cementificazione» della superficie agricola nazionale.
    Uno degli obiettivi prioritari del provvedimento consiste nella previsione del riuso e della rigenerazione edilizia del suolo edificato rispetto all’ulteriore consumo di suolo. In sostanza, il complessivo scopo finale della legge è quello di impedire che il suolo venga eccessivamente “eroso” e “consumato” dall’urbanizzazione e al contempo promuovere e sostenere il riuso e la rigenerazione di aree già interessate da processi di edificazione.

    ————————————————

    Testo del provvedimento

    Disegno di legge – Contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato.

    Art. 1.
    (Finalità e ambito della legge)
    1. La presente legge detta princìpi fondamentali dell’ordinamento ai sensi degli articoli 9 e 117 della Costituzione per la valorizzazione e la tutela del suolo non edificato, con particolare riguardo alle aree e agli immobili sottoposti a tutela paesaggistica e ai terreni agricoli, al fine di promuovere e tutelare l’attività agricola, il paesaggio e l’ambiente, nonché di contenere il consumo di suolo quale bene comune e risorsa non rinnovabile che esplica funzioni e produce servizi ecosistemici e che va tutelato anche in funzione della prevenzione e mitigazione degli eventi di dissesto idrogeologico.
    2. La priorità del riuso e della rigenerazione edilizia del suolo edificato esistente, rispetto all’ulteriore consumo di suolo inedificato, costituisce principio fondamentale della materia del governo del territorio. Salve le previsioni di maggiore tutela delle aree inedificate introdotte dalla legislazione regionale attuativa, il principio della priorità del riuso comporta almeno l’obbligo di adeguata e documentata motivazione, in tutti gli atti progettuali, autorizzativi, approvativi e di assenso comunque denominati relativi a interventi pubblici e privati di trasformazione del territorio, circa l’impossibilità o l’eccessiva onerosità di localizzazioni alternative su aree già interessate da processi di edificazione, ma inutilizzate o comunque suscettibili di rigenerazione, recupero, riqualificazione o più efficiente sfruttamento.
    3. Le politiche di tutela e di valorizzazione del paesaggio, di contenimento del consumo del suolo e di sviluppo territoriale sostenibile sono coordinate con la pianificazione territoriale e paesaggistica.
    4. Le politiche di sviluppo territoriale nazionali e regionali perseguono la tutela e la valorizzazione della funzione agricola attraverso la riduzione del consumo di suolo e l’utilizzo agroforestale dei suoli agricoli abbandonati, privilegiando gli interventi di riutilizzo e di recupero di aree urbanizzate.

    Art. 2.
    (Definizioni)
    1. Ai fini della presente legge, si intende:
    a) per «superficie agricola»: i terreni qualificati tali dagli strumenti urbanistici nonché le aree di fatto utilizzate a scopi agricoli indipendentemente dalla destinazione urbanistica e le aree, comunque libere da edificazioni e infrastrutture, suscettibili di utilizzazione agricola;
    b) per «consumo di suolo»: la riduzione di superficie agricola per effetto di interventi di impermeabilizzazione, urbanizzazione ed edificazione non connessi all’attività agricola.

    Art. 3.
    (Limite al consumo di superficie agricola)
    1. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d’intesa con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il Ministro per i beni e le attività culturali e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, tenuto conto della deliberazione di cui al comma 2 e dei dati di cui al comma 3, acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, e sentito il Comitato di cui al comma 7, è determinata l’estensione massima di superficie agricola consumabile sul territorio nazionale, nell’obiettivo di una progressiva riduzione del consumo di superficie agricola.
    2. Con deliberazione della Conferenza unificata sono stabiliti i criteri e le modalità per la definizione dell’obiettivo di cui al comma 1, tenendo conto, in particolare, delle specificità territoriali, delle caratteristiche qualitative dei suoli e delle loro funzioni ecosistemiche, delle produzioni agricole in funzione della sicurezza alimentare, della tipicità agroalimentare, della estensione e localizzazione dei suoli agricoli rispetto alle aree urbane e periurbane, dello stato della pianificazione territoriale, urbanistica e paesaggistica, dell’esigenza di realizzare infrastrutture e opere pubbliche, dell’estensione del suolo già edificato e della presenza di edifici inutilizzati nonché dell’esposizione del territorio alle calamità naturali di cui alla legge 24 febbraio 1992, n. 225. Sono stabiliti, altresì, i criteri e le modalità per determinare la superficie agricola esistente e per assicurare il monitoraggio del consumo di essa. Qualora la deliberazione non sia adottata dalla Conferenza unificata entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.
    3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di tre mesi dall’adozione della deliberazione di cui al comma 2, inviano al Comitato di cui al comma 7 i dati acquisiti in base ai criteri indicati dal comma 2. In mancanza, il decreto di cui al comma 1 può comunque essere adottato.
    4. Il decreto di cui al comma 1 è adottato entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge ed è sottoposto a verifica ogni dieci anni, fermo restando l’obiettivo della progressiva riduzione del consumo di superficie agricola, di cui all’art. 3 comma 1.
    5. Con deliberazione della Conferenza unificata, da adottare nel termine di sei mesi dalla data del decreto di cui al comma 1, la superficie agricola consumabile sul territorio nazionale è ripartita tra le diverse regioni, tenuto conto di quanto previsto dai commi 2 e 3 e nel rispetto delle previsioni della pianificazione paesaggistica vigente.
    6. Qualora la Conferenza unificata non provveda entro il termine di cui al comma 5, la deliberazione ivi prevista è adottata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentito il Comitato di cui al comma 7 e acquisito il parere della Conferenza unificata.
    7. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d’intesa con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, e acquisita altresì l’intesa della Conferenza unificata, è istituito, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, un Comitato con la funzione di monitorare il consumo di superficie agricola sul territorio nazionale e l’attuazione della presente legge. Il Comitato opera presso la Direzione generale per la promozione della qualità agroalimentare del Dipartimento delle politiche competitive, della qualità agroalimentare e della pesca del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e le funzioni di segreteria sono svolte dalla Direzione medesima nell’ambito delle ordinarie competenze. Alle spese di funzionamento del Comitato si fa fronte nei limiti delle risorse finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. La partecipazione al Comitato è a titolo gratuito e non comporta l’attribuzione di alcuna indennità neanche a titolo di rimborso spese. Il Comitato redige, entro il 31 dicembre di ogni anno, un rapporto sul consumo di suolo in ambito nazionale, che il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali presenta, entro il 31 marzo successivo, al Parlamento.
    8. Il decreto di cui al comma 7 è adottato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
    9. Il Comitato di cui al comma 7 è composto da:
    a) due rappresentanti del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
    b) due rappresentanti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;
    c) due rappresentanti del Ministero per i beni e le attività culturali;
    d) due rappresentanti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
    e) un rappresentante del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
    f) un rappresentante dell’Istituto nazionale di statistica;
    g) sette rappresentanti designati dalla Conferenza unificata, di cui due rappresentanti dell’Unione delle province italiane (UPI) e due rappresentanti dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI).
    10. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano stabiliscono, entro il limite di cui al comma 1 e con la cadenza temporale decennale di cui al comma 4, l’estensione della superficie agricola consumabile a livello provinciale e determinano i criteri e le modalità per la definizione dei limiti d’uso del suolo agricolo nella pianificazione territoriale degli enti locali, fatti salvi i diversi sistemi di pianificazione territoriale regionale. Il limite stabilito con il decreto di cui al comma l rappresenta, per ciascun ambito regionale, il tetto massimo delle trasformazioni edificatorie di aree agricole che possono essere consentite nel quadro del piano paesaggistico, ferma restando la possibilità che tale strumento, nella definizione di prescrizioni e previsioni ai sensi dell’articolo 135, comma 4, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, e in attuazione, in particolare, di quanto previsto dalla lettera c) del medesimo comma 4 dell’articolo 135, determini possibilità di consumo del suolo complessivamente inferiori.
    11. Se le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano non provvedono entro il termine di sei mesi dall’adozione della deliberazione di cui al comma 5, le determinazioni di cui al comma 10 sono adottate, in attuazione e nel rispetto del principio di leale collaborazione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole ambientali e forestali, sentito il Comitato di cui al comma 7 e acquisito il parere della Conferenza unificata. Il Consiglio dei ministri delibera, in esercizio del proprio potere sostitutivo, con la partecipazione dei Presidenti delle regioni o delle province autonome interessate.

    Art. 4.
    (Priorità del riuso)
    1. Al fine di attuare il principio di cui all’art. 1, comma 2, i Comuni, nell’ambito dell’espletamento delle proprie ordinarie competenze e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, procedono al censimento delle aree del territorio comunale già interessate da processi di edificazione, ma inutilizzate o suscettibili di rigenerazione, recupero, riqualificazione; procedono altresì, all’interno delle aree censite, alla costituzione e alla tenuta di un elenco delle aree suscettibili di prioritaria utilizzazione a fini edificatori di rigenerazione urbana e di localizzazione di nuovi investimenti produttivi e infrastrutturali.
    2. Il censimento e la formazione dell’elenco di cui al comma 1 sono effettuati entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge e l’elenco è aggiornato annualmente. I Comuni vi provvedono anche attraverso gli sportelli unici per le attività produttive e gli sportelli unici per l’edilizia, avvalendosi della collaborazione delle Camere di commercio e dei Consorzi delle aree di sviluppo industriale e stipulando appositi accordi di collaborazione con le associazioni imprenditoriali del territorio.
    3. Decorso il termine di cui al comma 2 senza che il censimento sia stato concluso o senza che l’elenco sia stato redatto, è vietata la realizzazione, nel territorio del Comune inadempiente, di interventi edificatori, sia pubblici che privati, sia residenziali, sia di servizi che di attività produttive, comportanti, anche solo parzialmente, consumo di suolo inedificato.

    Art. 5
    (Divieto di mutamento di uso delle superfici agricole)
    1. Ferme restando le vigenti disposizioni di legge in materia di urbanistica e pianificazione del territorio, le superfici agricole in favore delle quali sono stati erogati aiuti di Stato o aiuti europei non possono essere utilizzate per uno scopo diverso da quello agricolo per almeno cinque anni dall’ultima erogazione. Sono comunque consentiti, nel rispetto degli strumenti urbanistici vigenti, gli interventi strumentali all’esercizio delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile, ivi compreso l’agriturismo, fatte salve le disposizioni contenute nell’articolo 10 della legge 21 novembre 2000, n. 353, e successive modificazioni.
    2. Negli atti di compravendita dei terreni di cui al comma 1 deve essere espressamente richiamato il vincolo indicato nel comma 1 pena la nullità dell’atto.
    3. Fatto salvo quanto previsto dalle disposizioni previste dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, nel caso di violazione del divieto di cui al comma 1 si applica al trasgressore la sanzione amministrativa non inferiore a 5.000 euro e non superiore a 50.000 euro e la sanzione accessoria della demolizione delle opere eventualmente costruite e del ripristino dello stato dei luoghi.

    Art. 6.
    (Misure di incentivazione)
    1. Ai comuni e alle province che avviano azioni concrete per localizzare le previsioni insediative prioritariamente nelle aree urbane dismesse e che procedono al recupero dei nuclei abitati rurali mediante manutenzione, ristrutturazione, restauro, risanamento conservativo di edifici esistenti e della viabilità rurale e conservazione ambientale del territorio, è attribuita priorità nella concessione di finanziamenti statali e regionali eventualmente previsti in materia edilizia.
    2. Il medesimo ordine di priorità di cui al comma 1 è attribuito ai privati, singoli o associati, che intendono realizzare il recupero di edifici e delle infrastrutture rurali nei nuclei abitati rurali, mediante gli interventi di cui al comma 1.
    3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per le finalità di cui all’articolo 1, possono individuare misure di semplificazione, e misure di incentivazione, anche di natura fiscale, per il recupero del patrimonio edilizio esistente.

    Art. 7.
    (Registro degli enti locali)
    1. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, presso il medesimo Ministero è istituito, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un registro in cui sono indicati, su richiesta, i comuni che hanno adottato strumenti urbanistici in cui non è previsto nessun ampliamento delle aree edificabili o in cui è previsto un ampliamento delle aree edificabili inferiore al limite di cui all’articolo 3, comma 10.

    Art. 8.
    (Destinazione dei proventi dei titoli abilitativi edilizi)
    1. I proventi dei titoli abilitativi edilizi e delle sanzioni di cui all’articolo 5, nonché delle sanzioni di cui al citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono destinati esclusivamente alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, al risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici, a interventi di qualificazione dell’ambiente e del paesaggio, anche ai fini della messa in sicurezza delle aree esposte a rischio idrogeologico.

    Art. 9
    (Disposizioni transitorie e finali)
    1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino alla adozione del decreto di cui all’articolo 3, comma 1, e comunque non oltre il termine di tre anni, non è consentito il consumo di superficie agricola tranne che per la realizzazione di interventi già autorizzati e previsti dagli strumenti urbanistici vigenti, nonché per i lavori e le opere già inseriti negli strumenti di programmazione delle stazioni appaltanti e nel programma di cui all’articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443.
    2. Sono fatte salve le competenze attribuite in maniera esclusiva alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano.
    3. La presente legge costituisce legge di riforma economica-sociale ed è attuata dalle regioni a statuto speciale e dalle province autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto dei relativi statuti e delle disposizioni di attuazione.

  5. giugno 19, 2013 alle 3:01 PM

    da Eddyburg, 17 giugno 2013
    Sulle proposte di legge in materia di contenimento del consumo di suolo presentate alla Camera e al Senato nell’attuale (XVII) legislatura nazionale. (Anna Marson, Assessore all’Urbanistica, Pianificazione del territorio e paesaggio della Regione Toscana dal 2010; Ordinario di Pianificazione del territorio, IUAV di Venezia)

    Un utile confronto tra alcuni testi di legge sul consumo di suolo (Realacci-Catania, Causi, Lanzillotta, Stefano, Catania-Realacci): cercando di fare chiarezza in un panorama confuso, dove buone intenzione pronunciate e perverse intenzioni praticate ambiguamente s’intrecciano.

    Il 15 marzo sono state presentate contemporaneamente alla Camera le proposte di legge AC 70 e AC 150, primi firmatari rispettivamente Realacci e Catania per la prima (AC70) e Causi per la seconda (AC 150) con due titoli leggermente diversi (Norme per il contenimento dell’uso di suolo e la rigenerazione urbana la prima; Norme per il contenimento del consumo del suolo e la rigenerazione urbana la seconda) ma con testi identici.
    Lo stesso 15 marzo la medesima proposta di legge è comunicata alla presidenza del Senato (AS 129) dalla senatrice Lanzillotta.
    Il 3 maggio è comunicata alla presidenza del Senato una nuova proposta, a firma Stefano (AS 600), relativa a Norme in materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo del suolo. Il 15 maggio alla Camera sempre Catania e Realacci (in questo caso a firme invertite) depositano invece quali primi firmatari una proposta (AC 948) di Legge quadro in materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo di suolo.

    Il cosiddetto “consumo di suolo”, ovvero la progressiva e incrementale erosione del territorio rurale a opera di nuove urbanizzazioni è l’esito del combinato-disposto di norme nazionali non soltanto in materia di governo del territorio, ma anche relative alla fiscalità locale[1], piuttosto che alla fiscalità d’impresa[2] o ai condoni edilizi che si sono succeduti negli anni, e delle norme regionali in materia di governo del territorio e urbanistica.
    Pur rimanendo alla radice del problema il fatto che la nostra legislazione statale non ha mai voluto o saputo affrontare in modo organico il nodo del rapporto tra diritto di proprietà e diritto di edificazione, lasciando alla prassi interpretativa il compito di definire il labile confine tra ciò che il privato può esigere in nome del diritto di proprietà individuale e ciò che gli enti territoriali possono invece limitare e determinare in nome dell’interesse collettivo, una legge nazionale che si proponga oggi di contenere realmente il consumo di suolo dovrebbe da un lato affrontare in modo sistematico e coordinato le diverse cause del problema, e dall’altro trattare adeguatamente la concorrenzialità tra Stato e Regioni in materia di governo del territorio[3]. Le proposte presentate invece non considerano come punto di partenza lo stato dell’arte delle legislazioni regionali vigenti in materia, e di come in particolare affrontino il tema del consumo di suolo[4]. Non si pongono peraltro nemmeno il problema di una chiara definizione di cosa si intenda per consumo di suolo, e quindi quale sia il territorio da considerarsi già urbanizzato o consumato[5].

    Partiamo dalla proposta Catania (AC 948), che seppur ultima come data di presentazione (15 maggio 2013) riprende tale e quale la proposta a suo tempo presentata da Catania, già direttore generale del Mipaf, in veste di ministro delle politiche agricole del governo Monti (DDL fine 2012), a suo tempo dibattuta in sede di coordinamento delle Regioni con la produzione di un complesso lavoro emendativo[6] L’ex Ministro Catania, senza tener minimamente conto di questo lavoro, ripropone un articolato di legge che, per citarne soltanto i contenuti più critici:
    prevede che il Ministero delle politiche agricole e forestali determini con decreto “l’estensione massima di superficie agricola consumabile sul territorio nazionale”, da ripartirsi tra le regioni;
    prevede quale incentivo ai comuni e alle province virtuose la ”concessione di finanziamenti statali e regionali eventualmente previsti in materia .edilizia”, finanziamenti di fatto irrilevanti;
    fino all’adozione del decreto che fissa la superficie consumabile, e comunque non oltre tre anni, non è consentito il consumo delle superfici agricole fatti salvi gli interventi già “previsti dagli strumenti urbanistici vigenti”.
    Nella congiuntura economica e immobiliare attuale, fare salvi tutti i vecchi piani sovradimensionati, aggiungendo la previsione di nuovo suolo agricolo consumabile da ripartirsi fra le regioni, rischia di promuovere alla grande il contrario di ciò che si dichiara di voler perseguire, ovvero un nuovo consumo di suolo.
    La proposta che invece, va dato atto, recepisce i principali emendamenti richiesti dal coordinamento delle regioni, è quella presentata dal senatore Stefano (AS 600), ex referente del coordinamento delle regioni sull’agricoltura, che rispetto alle criticità della proposta Catania sopra esposte:
    prevede che venga definito “l’obiettivo nazionale in termini quantitativi di riduzione del consumo di suolo agricolo”;
    prevede quale incentivo a comuni, province e regioni virtuose la “priorità nella concessione di finanziamenti dell’Unione europea, statali e regionali”;
    per tre anni non è consentito il consumo di superficie agricola, fatte salve le previsioni degli strumenti urbanistici con contenuti conformativi della proprietà”.

    E veniamo invece alle proposte Realacci (AC 70), Causi (AC 150), Lanzillotta (AS 129), di fatto aventi il medesimo contenuto.
    Nulla da dire in merito ai principi, totalmente condivisibili, introdotti dall’art.1, che tra l’altro prevedono, all’opposto della proposta Catania (che firma tranquillamente entrambe le proposte), che “gli obiettivi di contenimento quantitativo da perseguire su scala pluriennale nella pianificazione territoriale e urbanistica” siano definiti nell’ambito del Rapporto annuale alle Camere sul consumo di suolo e sui processi di crescita dell’urbanizzazione.
    Nel concreto, contraddittoriamente con l’obiettivo di contenere il consumo di suolo, il consumo viene monetizzato con uno specifico “contributo” a carico delle nuove urbanizzazioni in “aree naturali, seminaturali o agricole”. Tale contributo, monetario oppure sostituibile con la cessione di aree compensative, avrebbe secondo i proponenti l’obiettivo di contenere il consumo di suolo e, allo stesso tempo, promuovere la rigenerazione urbana, aggiungendosi agli oneri di urbanizzazione con destinazione vincolata a finalità d’uso pubblico.
    Questa destinazione di scopo, da tempo negata anche per gli oneri di urbanizzazione[7], nelle attuali condizioni di bilancio degli enti territoriali di diverso livello, rischia di fare la stessa fine. Anzi, paradossalmente, rischia di tradursi in un incentivo, per i comuni, a promuovere nuovo consumo di suolo per poter disporre di finanziamenti destinabili al recupero delle aree già edificate, spesso di proprietà pubblica, che oggi altrimenti rischiano di non avere mercato.
    E’ comunque sugli ambiti di rigenerazione urbana, obiettivo non solo condivisibile ma sinergico al blocco del consumo di suolo, che si concentrano gran parte dei dispositivi, finanziari e non, previsti dalla proposta di legge. Oltre alla possibile destinazione dei fondi vincolati derivanti dall’ulteriore consumo di suolo, sono infatti previste al fine di promuovere la rigenerazione urbana: aliquote IMU ridotte, attribuzione di diritti edificatori in loco e in altre aree, imposte di registro minime per i trasferimenti immobiliari, uno strumento finanziario dedicato da parte della Cassa depositi e prestiti Spa, perequazioni anche extra comparto, la possibilità per la maggioranza della proprietà di un comparto di presentare al comune un piano urbanistico attuativo di propria iniziativa, e nei casi di minore entità, la possibilità di procedere direttamente tramite un permesso di costruire convenzionato[8].
    L’insieme delle misure previste, se da un lato accoglie molte delle proposte formulate in questi anni dall’ANCE[9], e prova complessivamente a costruire un pacchetto di incentivi in grado di rendere fattibili molti interventi che oggi stentano a trovare attuazione, dall’altro non garantisce una sufficiente partecipazione dei diretti interessati, abitanti dell’area, cittadini, e persino proprietari di minoranza, alla procedura di definizione degli interventi di trasformazione, anche per la possibilità di prevedere spostamenti di crediti edilizi da un’area a un’altra.
    Le trasformazioni urbanistiche dovrebbero infatti rispondere, anche in contesti di rigenerazione urbana, a principi ed esiti di utilità collettiva[10]. La libertà d’iniziativa lasciata ai privati, sia pur in parte mitigata rispetto a quanto previsto dal disegno di legge Lupi approvato dalla Camera nel 2005, accompagnata da un insieme di incentivi per i promotori senza chiare contropartite, non garantiscono l’utilità collettiva[11].

    Infine, nel confrontarsi con proposte che:
    -ripropongono tali e quali proposte già oggetto di una intensa attività emendativa da parte delle Regioni, senza tenerne alcun conto;
    -non si pongono il problema di superare le contraddizioni fra i diversi ministeri;
    -non considerano ciò che le regioni, in quanto soggetti che esercitano in materia di governo del territorio una competenza concorrente, potrebbero proporre,
    si configura un quadro che consente di trattare i problemi specifici che alcuni comuni si trovano ad affrontare, dimostrando a sindaci, imprenditori e cittadini che le soluzioni possono essere trovate più agevolmente saltando le regioni o relegandole comunque a un ruolo secondario (secondo il modello già testato con il CIPU, comitato interministerale per le politiche urbane che eroga finanziamenti in un rapporto diretto con i singoli Comuni e le loro proposte progettuali), e di rafforzare alleanze politiche con alcuni settori imprenditoriali.
    Se si ritiene la concorrenza di competenze tra Stato e regioni in materia di governo del territorio elemento da rivedere, si abbia il coraggio di mettervi mano con una modifica costituzionale. Altrimenti, ci si attenga a questa concorrenza anche nella formazione delle leggi nazionali, tanto più in una fase in cui la costituzione del Senato delle regioni è all’ordine del giorno delle riforme costituzionali.
    Le attuali proposte di legge nazionale rischiano invece di vanificare le norme regionali di contrasto al consumo di suolo. Innanzitutto perché le disposizioni in esse contenute, dietro un apparente rispetto della legislazione nazionale che viene richiamata e fatta salva, non si limitano a dettare principi, ma introducono norme dettagliate, auto applicative e limitanti la possibilità di ulteriori interventi regionali al riguardo. La giurisprudenza della Corte Costituzionale ha chiarito che l’intesa Stato regioni è essenziale nel caso di competenze concorrenti, ma va ricordato che non tutte le regioni italiane hanno legislazioni così robuste, né stanno rafforzandole come la Regione Toscana si appresta a fare.
    In materia di contenimento del consumo di suolo si rischia pertanto di indebolire i dispositivi della legislazione regionale, ove presenti, senza sostituirli peraltro con norme statali capaci di trattare efficacemente il problema.

    —————————————————————–

    [1] La possibilità per i Comuni, ad esempio, di utilizzare i proventi degli oneri di urbanizzazione anche per finanziare la spesa corrente.
    [2] Sono ben noti gli effetti di promozione del consumo di suolo prodotti ad esempio dalla norma introdotta in finanziaria dall’allora ministro Tremonti che consentiva di detrarre dall’imponibile delle imprese la spesa per nuovi capannoni, indipendentemente dal fatto che questi fossero necessari all’attività produttiva, anzi in una fase di massiccia delocalizzazione delle attività verso paesi con minori diritti dei lavoratori e tutele ambientali del nostro.
    [3]Dalla fine degli anni ’70 del secolo scorso, sono infatti le regioni a statuto ordinario (all’epoca di recente istituzione) ad assumere il ruolo centrale nella disciplina urbanistica (materia di loro esclusiva competenza). Negli anni più recenti, alcune fra queste regioni si sono spinte oltre, introducendo nella propria legislazione anche principi e dispositivi riferibili all’esercizio delle attività di governo del territorio.
    [4] La Regione Toscana, in particolare, con la legge n.1/2005 Norme per il governo del territorio, ha inteso trattare anche il tema del consumo di suolo, perlomeno a livello di principio, definendo che:
    “Nessuna delle risorse essenziali del territorio …può essere ridotta in modo significativo e irreversibile” (art.3, comma 3) e che, “nuovi impegni di suolo a fini insediativi e infrastrutturali sono consentiti esclusivamente qualora non sussistano alternative di riutilizzazione e riorganizzazione degli insediamenti e delle infrastrutture esistenti” (art.3, comma 4).
    Nel 2011, alla luce dell’esperienza applicativa, la giunta regionale su mia proposta ha non soltanto reso più accurato il monitoraggio dei dati di consumo di suolo, ma altresì avviato la procedura di revisione della legge 1 per renderne più efficaci le misure di contrasto al consumo di suolo, in particolare accompagnando le enunciazioni di principio con dispositivi operativi che ne assicurino l’effettiva applicazione. Da gennaio 2013 è al lavoro un tavolo tecnico che, con le rappresentanze degli enti locali, ha perfezionato la proposta di revisione, prossima ad essere approvata dalla giunta e trasmessa al consiglio regionale.
    [5] A questo riguardo, la proposta di revisione della legge 1/2005 attualmente in discussione introduce per la prima volta una definizione di ciò che si intende per territorio urbanizzato, al fine di poter differenziare le procedure per le trasformazioni che insistono all’interno di questo rispetto a quelle che interessano il territorio agricolo: Il territorio urbanizzato è costituito da: i centri storici, le aree residenziali edificate con continuità dei lotti, gli insediamenti produttivi, commerciali, direzionali, le attrezzature e i servizi, i lotti interclusi dotati di opere di urbanizzazione primaria. Non sono considerate territorio urbanizzato le aree che presentano caratteri riconoscibili di ruralità, ancorché incluse al suo interno, così come i singoli edifici, l’edificato sparso discontinuo nonché i borghi presenti nel territorio rurale.
    [6] I punti salienti degli emendamenti proposti dalle Regioni riguardavano: la fissazione di obiettivo di riduzione del consumo di suolo anziché la distribuzione fra le regioni di quote di ulteriore consumo ammesso; la previsione di incentivi reali per gli enti territoriali virtuosi nell’assegnazione di finanziamenti; la salvaguardia delle sole previsioni urbanistiche conformative della proprietà.
    [7] E’ di questi giorni la conferma, per i Comuni, della possibilità di utilizzare fino al 75% degli introiti derivanti dagli oneri di urbanizzazione per la spesa corrente.
    [8] Come di fatto sta avvenendo nei meccanismi attuativi dell’urbanistica fiorentina.
    [9] Associazione nazionale costruttori edili.
    [10] Uso di proposito il termine collettivo, e non pubblico, in quanto quest’ultimo tende a confondersi con la razionalità, anche finanziaria, dell’agire dei singoli soggetti pubblici. Razionalità ovviamente importante, ma a volte potenzialmente conflittuale con l’interesse collettivo degli abitanti e utenti di una città o di un territorio.
    [11] Ad esempio, in relazione all’utilità collettiva, la Regione Toscana ha introdotto nel 2011 nella legge 1/2005 una procedura per la rigenerazione urbana che prevede che siano i comuni a fissare obbligatoriamente criteri e parametri in base ai quali i privati possano presentare proposte progettuali, da sottoporre alla discussione pubblica.

  6. Occhio nudo
  1. giugno 22, 2013 alle 1:10 am

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