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Fino a che punto può giungere la criminalità di un governo contro i propri cittadini?


Teheran, studentesse nei giardini dell’Università degli Studi (foto anni ’70 del secolo scorso, Corriere della Sera)

Quanto sta accadendo in Iran ormai da troppo tempo è sotto gli occhi del mondo.

Il potere teocratico si regge sul sangue e sul disprezzo dei diritti civili dei cittadini iraniani.

Bambini, donne, uomini. Giovani, anziani.

Fino a quando?

Stefano Deliperi, Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

da RAI News, 27 dicembre 2022

Proteste antigovernative.

Iran, Raisi: “Nessuna misericordia per i nemici. Le proteste? Un disturbo”.

Il presidente iraniano si scaglia contro i manifestanti. La polizia ha confermato l’uccisione della piccola Saha di 12 anni. Il ministro Tajani convoca l’ambasciatore designato.

“Non mostreremo misericordia ai nemici”. Il presidente iraniano Ebrahim Raisi, nel corso di una cerimonia, ha usato parole dure riferendosi alle proteste antigovernative nel Paese e ha definito “un disturbo” le manifestazioni in risposta alla morte di Mahsa Amini mentre era sotto la custodia della polizia morale. Invece, ha aggiunto, “le braccia della nazione sono aperte a tutti coloro che sono stati ingannati”.

Iran, l’altalena della speranza

L’agenzia di stampa iraniana degli attivisti per i diritti umani (Hrana) ha stimato oggi che 507 manifestanti hanno perso la vita durante le proteste, mentre il numero dei detenuti è compreso tra 14.000 e 16.000. 

“Chiediamo il rilascio incondizionato di tutte le persone imprigionate in Iran per aver esercitato pacificamente le loro libertà”, ha twittato il portavoce del Dipartimento di Stato americano Ned Price auspicando la liberazione di chi è in carcere per aver partecipato a proteste contro il governo. Price ha aggiunto che la comunità internazionale continua a sostenere le “coraggiose donne iraniane” con l’espulsione dell’Iran dalla Commissione delle Nazioni Unite sullo status delle donne (CSW).

La polizia spara e uccide la piccola Saha

Ancora un bambino vittima della violenta repressione scatenata dal regime iraniano contro le proteste in corso da mesi in Iran. Il comandante in capo delle forze di polizia iraniane ha confermato la notizia della morte della piccola Saha Etebari, di 12 anni, rimasta uccisa quando agenti in borghese hanno sparato contro l’auto a bordo della quale viaggiava con la famiglia nella provincia di Hormozgan.

Una dinamica identica a quella che lo scorso 16 novembre ha portato alla morte di Kian Pirfalak, di 9 anni ucciso dagli agenti che hanno sparato contro l’auto della famiglia, ferendo in modo grave il padre del piccolo.

Roma convoca l’ambasciatore designato

Il ministro degli esteri italiano, Antonio Tajani, ha convocato per domani 28 dicembre alle 12 l’ambasciatore designato iraniano. Il diplomatico non ha ancora presentato le credenziali al Quirinale, ma la gravità della situazione in Iran – viene riferito dalla Farnesina – ha indotto il governo a fare questo passo.

da Il Fatto Quotidiano, 19 dicembre 2022

Iran, “14enne stuprata fino alla morte perché si era tolta il velo”: Masooumeh e la brutalità del regime.

Il caso della giovane riportato dal New York Times. La madre aveva dichiarato di volere denunciare, ma è sparita nel nulla. Intanto la Repubblica Islamica prosegue sulla linea di una repressione durissima e insiste nell’esecuzione delle condanne a morte.

(foto da Il Corriere della Sera, disegno S.D., archivio GrIG)

  1. Donatella Mercatelli
    dicembre 29, 2022 alle 10:45 PM

    Chiunque crede in un Dio non lo può pensare come un carnefice, lo desidera e lo vuole accanto come un consolatore, un potere chiamato teocratico non può essere che un inganno

  2. gennaio 5, 2023 alle 10:30 PM

    A.N.S.A., 5 gennaio 2023
    Orrore in Iran, condannato a morte un 22enne disabile.
    Teheran chiude istituto francese dopo le vignette Charlie Hebdo, sito hackerato: https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2023/01/05/disabile-di-22-anni-condannato-a-morte-in-iran-denunciano-gli-attivisti_403e13e5-f20f-4140-b0f8-119b9455ce42.html

  3. gennaio 6, 2024 alle 6:54 PM

    A.N.S.A., 6 gennaio 2024
    Nuovo orrore in Iran, 74 frustate per il rifiuto del velo.
    La storia di Roya, a capo scoperto anche in tribunale. (Eloisa Gattinaro) (https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2024/01/06/nuovo-orrore-in-iran-74-frustate-per-il-rifiuto-del-velo_28b5588d-d592-4923-94bf-6df83d4400c5.html)

    “Non ho contato i colpi: cantavo in nome della donna, in nome della vita”.

    Roya Heshmati, 33 anni, descrive così sulla sua pagina facebook gli interminabili minuti in cui sulla sua schiena, sui glutei, sulle gambe si abbattevano le frustate comminate da un tribunale iraniano come punizione per non aver indossato l’hijab, il velo islamico: 74 staffilate inflitte con un nerbo di cuoio nero che l’ufficiale incaricato di eseguire la pena “si è avvolto due volte attorno alla mano” perché la presa fosse più sicura, più ferma, più dolorosa.

    Era il 3 gennaio, lei non ha pianto e non ha urlato, si è concentrata su quella stanza, “una camera di tortura medievale”, per raccontare al mondo che cosa accade nella repubblica islamica, nella migliore delle ipotesi, alle sventurate che rivendicano il diritto elementare di scegliere che cosa indossare. “La porta di ferro si è aperta cigolando, rivelando una stanza con pareti di cemento. In fondo un letto dotato di manette e fasce di ferro saldate su entrambi i lati. Al centro della stanza un dispositivo di ferro simile a un grande cavalletto, completo di alloggiamenti per le manette e una legatura di ferro arrugginito al centro”. Su quel letto, nella prima sezione della Procura del settimo distretto a Teheran, Roya è stata fatta sdraiare dopo essere stata ammanettata e dopo che una donna in chador, una dipendente del tribunale, le ha messo a forza sulla testa quell’hijab che neppure per sottoporsi alle frustate aveva voluto indossare. E proprio per questo ostinato rifiuto ha rischiato una nuova condanna ad altre 74 frustate.

    L’attivista era stata condannata anche a un anno di reclusione con la sospensione della pena e al divieto di lasciare il Paese per tre anni. Una beffa, visto che il giudice incaricato dell’esecuzione della sentenza, racconta ancora Roya, le ha suggerito di “vivere all’estero per una vita differente” e si è sentito rispondere con la riaffermazione dell’ “impegno per la resistenza” contro il regime degli ayatollah e contro la negazione dei diritti umani, per le donne in primo luogo, di cui l’obbligo dell’hijab è il simbolo. A settembre un’altra donna, l’ingegnere Zaynab Kazemi, si era tolta il velo in pubblico per protesta durante un evento organizzato degli ingegneri di Teheran. E il video, divenuto virale, era costato anche a lei una condanna a 74 frustate con la pena sospesa per cinque anni in assenza della reiterazione del reato. La scure della legge si abbatte anche sulle “attrici che sono apparse in pubblico, togliendosi l’hijab” alle quali “e’ vietato il lavoro”, aveva annunciato in ottobre il ministro della Cultura e dell’Orientamento Islamico, Mohammad Mehdi Esmaili.

    Donne fortunate, in un sistema in cui sotto i colpi della polizia morale sono cadute decine, forse centinaia di donne.
    Mahsa Amini, morta a ventitrè anni nel settembre 2022 per le percosse dopo l’arresto perché non indossava correttamente il velo, o Armita Geravand, spirata a 17 anni nell’ottobre 2023 dopo 28 giorni di coma per un trauma cranico subito nella metropolitana di Teheran nella quale era entrata senza velo provocando l’ira – secondo testimoni – della polizia morale che l’ha spintonata con violenza facendola cadere a terra. A rappresentarle tutte Nerges Mohammadi, Nobel per la Pace 2023 e icona della campagna contro l’obbligo dell’hijab. Il premio non ha potuto ritirarlo perché rinchiusa nella prigione di Evin, Al suo posto, nel municipio di Oslo, una sedia vuota. Sullo sfondo un suo ritratto: il volto incorniciato da folti riccioli scuri. Senza velo, ovviamente.

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