In memoria degli Anfibi dei Colli Euganei.
Gli Anfibi vengono divisi in tre ordini: Apodi (privi di zampe), Urodeli (con la coda, come le salamandre) e Anuri (privi di coda, come i rospi).
Semplificando possiamo dire che sono vertebrati ectotermi (temperatura corporea dipendente dall’ambiente esterno), che conducono la propria vita in parte in acqua dolce (fase larvale con respirazione branchiale… ma le branchie possono essere mantenute per tutta la vita, come nel caso del proteo, un anfibio urodelo) e in parte sopra la superficie terrestre (fase adulta, dopo la metamorfosi, con respirazione polmonare, pulmocutanea o esclusivamente cutanea).
Nonostante l’adattamento all’ambiente terrestre, la riproduzione rimane legata ad ambienti acquatici (o ad elevata umidità) e la fecondazione può essere esterna (rospo comune o rana verde minore, ad esempio) oppure interna (salamandra pezzata) esigendo, così, l’assunzione di spermatofore (massa di spermatozoi riuniti insieme) da parte della femmina.
Nel rospo comune, ad esempio, si osserva spesso la poliandria (più maschi per una sola femmina) per avere la certezza della fecondazione delle uova.
Negli Anfibi Anuri le femmine depongono uova in masse, strati, schiume, gruppi, tubi o cordoni gelatinosi (molteplici modalità di deposizione delle uova!) e la larva che si sviluppa, il girino, è erbivora, mentre allo stadio adulto rane e rospi sono carnivori e si nutrono di vermi, insetti e altri invertebrati (attenzione: è una generalizzazione sullo spettro alimentare che può essere molto più ampio a seconda delle specie!). Allo stadio adulto un anfibio urodelo, come la salamandra pezzata, si ciba indifferentemente di vermi, lumache, crostacei, ragni e piccoli insetti.
Negli Anfibi Urodeli le uova possono sì essere deposte (oviparità) in ambiente acquatico ma, in taluni casi, si sviluppano nel corpo della madre che partorisce piccoli vivi solitamente senza relazione nutritiva con l’organismo materno (ovoviviparità).
Ma oviparità e ovoviviparità non sono le uniche strategie riproduttive degli Anfibi: in Tanzania, nel Borneo e in altre parti del Mondo possiamo perfino trovare rospi vivipari ad esempio, in cui l’embrione viene nutrito dal corpo materno (come avviene nell’uomo), e viene partorito un rospo già formato di dimensioni ridotte! (http://www.ufficiostampa.provincia.tn.it/ultimo_numero/pagina41.html)
Insomma, le strategie e le modalità riproduttive, così come lo spettro alimentare (l’alimentazione degli individui più grandi di rana verde maggiore può comprendere anche topi, salamandre e pesci!) ed il comportamento possono mutare sia tra le diverse specie che all’interno della stessa; addirittura possono mutare al variare delle condizioni ambientali, e le possibilità e le combinazioni sono moltissime e molto spesso inaspettate (il che dovrebbe, forse, spingere l’uomo ad essere più umile e cauto e meno presuntuoso di fronte all’enormità e alla complessità della natura.)
Durante l’ultimo periodo riproduttivo tutt’ora in corso, iniziato circa a metà febbraio 2015 sui Colli Euganei, i volontari impegnati nei salvataggi lungo le strade hanno potuto osservare rospi comuni, rospi smeraldini, qualche rana dalmatina e rana verde minore, episodiche salamandre pezzate. Segnalate, ma non ancora osservate dai volontari lungo le strade o nelle immediate vicinanze degli stagni non lontani dalla sede stradale, sono invece la minacciata rana di lataste e la raganella italiana. Tritone alpestre, tritone crestato italiano, tritone punteggiato e l’ululone dal ventre giallo risultano, ormai, un’araba fenice a tutti gli effetti.
A tutt’oggi mancano studi specifici. Pare che le uniche pubblicazioni esistenti a cui si può fare riferimento per i Colli Euganei e le aree limitrofe siano quelle di Arrigoni degli Oddi (1894) e di Richard et al. (1996) e forse c’è stata, negli anni, qualche rara indagine erpetologica di cui non si ha notizia.
Perfino del rospo comune si dice che sia in via di rarefazione da almeno un paio di decenni, soprattutto negli ambienti di pianura, ove se ne osserva anche la locale estinzione (Semenzato, 1994).
E’ molto inquietante leggere dell’andamento del Tritone crestato italiano negli anni: «Scarpa, 1874: “è il più comune dei nostri Tritoni, trovasi ovunque” → Pomini, 1936: “è la più diffusa delle salamandre acquaiole e non v’ha zona del Veneto in cui detta specie non si rinvenga” → Bonato et al., 2007: “in pericolo sui rilievi”» o dell’Ululone dal ventre giallo «Scarpa, 1874: “è comunissimo per ogni luogo” → Pomini, 1936: “si può rinvenire qua e là in pianura” → Bonato et al., 2007: “vulnerabile sui rilievi”».
La causa di tutte queste scomparse e gravi diminuzioni di densità è l’uomo che, attraverso costruzioni e strade, traffico veicolare, agricoltura intensiva, inquinamento agricolo e industriale, taglio degli alberi dei boschi, sfalci, diserbi e arature, utilizzo di biocidi, interramento di fossati, prosciugamento di terreni paludosi per renderli idonei agli insediamenti umani e all’agricoltura, sottrazione di specie rare e introduzione di fauna estranea (il classico “pesce rosso” da boccia, ad esempio), modifica l’ambiente con gravissime e spesso irreparabili conseguenze.
Ed in tutto questo, si è costretti ad assistere al balletto della politica e agli inutili, formali, rituali degli enti che sarebbero preposti alla tutela dell’ambiente e che, invece, ritardano da anni azioni necessarie, tirando fuori scuse ed attenuanti in genere riassumibili in un “non ci sono soldi”.
L’indifferenza degli uomini verso alcune problematiche è ormai tipica dell’epidemia: più impegnati a stringere tra le mani il cellulare all’ultimo grido che a vivere.
Qualche “scienziato”, rifiutando l’impegno socio – politico, disprezzandolo o persino ostacolandolo, dall’alto del proprio elitarismo accademico, non nasconde un perfido compiacimento all’idea di lasciare qualche lista rossa all’umanità futura, solo perché se ne possa dire: “ecco, lui l’aveva già capito…”.
A tutti noi la scelta: difendere la Terra o aspettare che essa si difenda da sola.
Michele Favaron
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus – Veneto
la mia regione, posti e argomenti che conosco
Consiglio, se già non l’avete fatto, la lettura dell’Atlante Italiano degli anfibi e rettili d’Italia, una bibbia per chi si occupa di erpetofauna: http://www.polistampa.com/php/sl.php?bc=41&idlibro=3627
Purtroppo in Sardegna ci sono tante zone carenti di dati. L’augurio è che la ricerca scientifica possa colmare queste lacune.