Le leggi regionali “salva-altane di caccia” vanno davanti alla Corte costituzionale.
Mentre in seguito a specifici esposti (12 giugno 2012) del Gruppo d’Intervento Giuridico onlus e della Lega per l’Abolizione della Caccia riguardo gli ennesimi capanni e altane di caccia giunge l’ennesima risposta – questa volta da parte del Comune di Monte di Malo (nota n. 4110 dell’11 luglio 2012) – relativa alla mancanza di autorizzazioni paesaggistiche e urbanistiche per appostamenti fissi di caccia nel Vicentino, il G.U.P. del Tribunale di Ancona, con ordinanza del 7 maggio 2012, ha chiesto il pronunciamento della Corte costituzionale riguardo la legittimità della normativa regionale delle Marche che esenta tali strutture dall’ottenimento dei necessari titoli abilitativi.
Si ricorda, infatti, che la Corte costituzionale, nell’interpretazione del principio della riserva di legge in materia penale (art. 25, comma 2°, cost.), ha costantemente affermato il “monopolio” del legislatore statale (es. Corte cost. n. 487/1989).
Sono così avvertite tutte le Regioni che intendano sostenere le pretese venatorie di impunità per capanni e altane di caccia, come la Regione Veneto, che recentemente ha legiferato in tal senso: in questi giorni il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus chiederà al Governo nazionale di impugnare la legge regionale 6 luglio 2012, n. 25 davanti alla Corte costituzionale per palese violazione delle competenze statali costituzionalmente garantite (art. 127 cost.).
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus
qui la legge regionale Veneto 6 luglio 2012, n. 25
G.U.P. Tribunale Ancona, ord. 7 maggio 2012.
Urbanistica. Appostamenti di caccia e normativa edilizia.
Norme della Regione Marche. Esercizio venatorio da appostamento fisso e temporaneo. Previsione che gli appostamenti fissi di caccia autorizzati dalle Province in conformita’ alle disposizioni della legislazione venatoria aventi determinate caratteristiche dimensionali non siano soggetti al rilascio dei titoli abilitativi edilizi – Contrasto con i principi fondamentali stabiliti dalla legislazione statale in materia – Violazione della competenza legislativa concorrente statale in materia di governo del territorio – Violazione della competenza legislativa statale esclusiva in materia di ordinamento penale. – Legge della Regione Marche 5 gennaio 1995, n. 7, art. 31, comma 1, terzo periodo, lett. c), come modificato dall’art. 22 della legge della Regione Marche 15 novembre 2010, n. 16 e dall’art. 18 della legge della Regione Marche 28 dicembre 2010, n. 20. – Costituzione, art. 117, commi secondo, lett. l), e terzo.
Il testo dell’ordinanza è reperibile qui: http://lexambiente.it/urbanistica/136/8286-urbanistica-appostamenti-di-caccia-e-normativa-edilizia.html
(foto P.B., M.Z., archivio GrIG)
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COMUNICATO STAMPA
Cacciatore genovese condannato a otto mesi per abuso edilizio.
Otto mesi di reclusione, pena sospesa e non menzione sul casellario giudiziario in quanto incensurato, è la sentenza emessa dal Giudice Monocratico del Tribunale di Genova, dott. Lepri, nei confronti di un cacciatore sessantenne genovese che aveva costruito un appostamento di caccia fisso.
Nel 2007 il cacciatore aveva realizzato un appostamento fisso di caccia agli uccelli migratori, con richiami vivi, in località Grignolo nel comune di Masone in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi del D.M. 24 aprile 1985. La struttura era chiusa sui quattro lati, provvista di tetto, porta di accesso ed era stata costruita con pali e tavole di legno, rivestita di lamiera zincata ed all’interno era stata collocata una stufa in ghisa con canna fumaria. Le guardie giurate del WWF avevano proceduto agli accertamenti, anche mediante la consultazione delle foto aree della Regione Liguria, e l’appostamento di caccia era risultato realizzato senza permesso di costruire e sprovvisto di autorizzazione paesistica. Nel maggio 2007 il cacciatore aveva provveduto alla demolizione a seguito di ingiunzione del comune di Masone. La demolizione della struttura aveva “estinto” il reato edilizio ma non il reato ambientale, previsto dall’articolo 181 1° BIS lett. A del D.L.gs 42/04 meglio conosciuto come Codice Urbani. Guglielmo Jansen, coordinatore regionale delle Guardie del WWF Italia dichiara: “è una sentenza importante, in linea con i pronunciamenti di altri Tribunali e della Suprema Corte di Cassazione penale che con numerose sentenze ha sempre dato una corretta lettura del Codice Urbani, affermando che il reato paesaggistico non decade con la demolizione della costruzione abusivamente realizzata”. La difesa dell’imputato è stata impostata sul fatto che la struttura era stata autorizzata dalla Provincia di Genova e che non era in zona vincolata, entrambe le tesi non hanno avuto riscontro positivo da parte del Giudice in quanto l’autorizzazione rilasciata al cacciatore dalla Amministrazione Provinciale ha il solo valore ai fini venatori e tutta l’area è soggetta a vincolo paesistico.
Genova, 18 luglio 2012
da Vicenza Today, 18 luglio 2012
La legge veneta sulle altane di caccia alla Corte Costituzionale
Altane di caccia, la legge regionale va in Corte Costituzionale
In questi giorni il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus chiederà al Governo nazionale di impugnare la legge regionale 6 luglio 2012, n. 25 davanti alla Corte costituzionale per palese violazione delle competenze statali: http://www.vicenzatoday.it/cronaca/caccia-altane-veneto-corte-costituzionale.html
da Cacciapassione.com, 19 luglio 2012
Caccia: Veneto, legge sulle altane al vaglio della Corte Costituzionale: http://www.cacciapassione.com/notizie/associazioni-venatorie/3956-caccia-veneto-legge-sulle-altane-al-vaglio-della-corte-costituzionale.html
comunicato stampa del 23 luglio 2012
Esposto al Governo contro gli abusivismi dei cacciatori
Il Gruppo d’Intervento Giuridico denuncia al Governo l’incostituzionalità della Legge regionale del Veneto 12/2012, salva capanni.
L’Eurodeputato IdV, Andrea Zanoni ha affermato: «Appoggio in pieno l’iniziativa, scriverò a Mario Monti per attivare il Governo»
Con la Legge Regionale 25 del 6 luglio 2012, il Consiglio Regionale ha modificato la legge sulla caccia 50 del 1993, liberalizzando gli interventi edilizi finalizzati all’attività venatoria. Ha previsto semplificazioni delle procedure amministrative, richiedendo solo una comunicazione al Comune per le cosiddette altane di caccia che in realtà sono manufatti permanenti.
Già il Gup del Tribunale di Ancona, con ordinanza del 7 maggio 2012, ha chiesto il pronunciamento della Corte Costituzionale sulla legittimità della normativa regionale delle Marche che esenta tali strutture dall’ottenimento dei necessari titoli abilitativi.
Il 12 giugno 2012 il GRIG (Gruppo di Intervento Giuridico) e la LAC (Lega per l’Abolizione della Caccia) hanno presentato specifici esposti per capanni e altane di caccia nel Comune di Monte di Malo (VI) sottolineando la mancanza di autorizzazioni paesaggistiche ed urbanistiche per detti appostamenti fissi a scopo venatorio.
Negli scorsi giorni il GRIG ha inviato una richiesta al Governo Monti affinché faccia ricorso alla Corte Costituzionale. Nel documento, l’associazione ha evidenziato che le disposizioni venete sono in contrasto con l’articolo 127 della Carta Costituzionale per lesione delle competenze legislative statali costituzionalmente garantite.
L’Eurodeputato IdV, Andrea Zanoni ha affermato «Il Consiglio Regionale Veneto nel modificare la legge sulla caccia ha dimenticato che in materia penale è competente solo lo Stato: esiste una riserva di legge sancita dall’articolo 25 comma 2 della Costituzione, perciò la Regione non poteva depenalizzare a vantaggio di nessuno il reato di abusivismo edilizio. Si sono messe nero su bianco, inoltre, semplificazioni procedurali per interventi edilizi in violazione di competenze statali anche in materia di tutela ambientale e paesaggistica». Non solo l’onorevole Zanoni ha manifestato il pieno appoggio all’esposto dell’associazione ecologista, ma ha annunciato: «Scriverò al Presidente Mario Monti chiedendo di ascoltare le ragioni di GRIG e invitando il Governo ad impugnare questa vergognosa normativa veneta voluta da Lega e Pdl su pressioni della lobby venatoria».
Ufficio Stampa On. Andrea Zanoni
Email stampa@andreazanoni.it
Tel (Bruxelles) +32 (0)2 284 56 04
Tel (Italia) +39 0422 59 11 19
Sito http://www.andreazanoni.it
Twitter Andrea_Zanoni
Poche settimane fa in Appennino, in giro per lavoro, mi sono dovuto scontrare con un problema antipatico e frequente: le zecche. Se vai in giro nei boschi ti assaltano, fitte come mosche.
No, non vengono dagli animali domestici (che peraltro in zona non vengo fatti più pascolare); vengono essenzialmente dagli ungulati selvatici. Quelle belle bestiole che stanno distruggendo praticamente ogni cosa: ormai non è quasi più possibile allevare un giovane albero da frutto o raccogliere una patata. Evidenti anche i danni inferti dai cinghiali che scavano nei prati stabili.
Questi problemi sono divenuti evidenti con il declino della caccia: attendono risposta. Nel paesaggio agrario occorre equilibrio. Se gli ungulati sono troppi, quale sarebbe la soluzione? Fa differenza per essi lasciare che se li mangi un lupo o che se li mangi un vecchietto?
è la prima volta in assoluto che sentiamo che zecche e ungulati selvatici andrebbero a “distruggere” sistematicamente patate e alberi da frutta.
Un po’ di obiettività, per favore.
Qui qualcosa di sensato sulle zecche: http://www.epicentro.iss.it/problemi/zecche/zecche.asp .
La presenza degli ungulati selvatici è a macchie di leopardo in Italia (vds. http://www.museonaturalistico.it/rivista/2007/Art32-07.pdf).
In particolare, il Cinghiale europeo – ben differente dalla sottospecie maremmana o da quella sarda – è stato introdotto proprio a scopo venatorio da associazioni venatorie in moltissime zone.
Non sono equilibri che si sistemano con il piombo.
Non mi pare di avere associato nel commento le zecche ai danni alle piante; ribadisco che le colture le rovinano gli ungulati. Il tema è arcinoto dalle mie parti, ma attenzione: è noto a chi vive e/o lavora nei campi. Agli altri pare interessare poco, e logicamente se ne parla più che altro tra addetti ai lavori e familiari.
Al momento ci ritroviamo con la solita marea di richieste di risarcimento danni da parte degli agricoltori delle aree collinari. Recentemente un mio amico agronomo mi ha segnalato il fatto che sta curando parecchie relazioni attorno a questo genere di contenzioso. Mica un problema piccolo, dato che le Province (che dovrebbero gestire la cosa) si stanno letteralmente dissolvendo.
E’ solo banale vita quotidiana nei campi e tra i monti dell’Emilia; lo dice uno che ha mosso reti metalliche per anni per difendere delle vigne, ed eran solo lepri attorno a casa mia. Non so davvero come potremmo rimediare con un branco di cinghiali!
i Cinghiali possono arrecare danni alle colture e in gran parte dei casi possono essere evitati con adeguate recinzioni.
Altrimenti, in casi di danni comprovati, possono essere richiesti indennizzi: ora vengono erogati dalle Province (e in qualche caso dalle Regioni), in futuro molto probabilmente continueranno a esser erogati dalle Province, in base all’attuale d.d.l. Monti.
La gestione delle popolazioni faunistiche ha bisogno di programmazione e – soprattutto – di evitare quelle autentiche follìe che negli anni scorsi sono stati rappresentati dai “lanci” di Cinghiali europei (più grandi e più prolifici di quelli nostrani) da parte di amministrazioni pubbliche (soprattutto le Province) e di associazioni venatorie.
Le soluzioni proponibili sono diverse e vanno seguite dall’I.S.P.R.A. – Struttura faunistica (ex I.N.F.S.) con sede a Ozzano Taro (BO), proprio fra pianura e collina emiliana.
Che brutto parlare per sentito dire…soprattutto perché non solo si danno risposte tecnicamente sbagliate, ma anche perché si svela la propria natura di “non esperti” e soprattutto di faziosi. L’ISPRA, appunto ex INFS, non è ad Ozzano Taro, frazioncina di Collecchio in provincia di Parma, bensì ad Ozzano Emilia, alle porte di Bologna.
L’ISPRA, inoltre, è l’Autorità preposta ad indicare la corretta DAF, cioè la corretta Densità AgroForestale della selvaggina compatibilmente con le attività antropiche, cioè la presenza dell’uomo. La presenza dell’uomo non è solo dovuta ad attività agricole, bensì attiene anche la sicurezza della viabilità. Evocare ripopolamenti scorretti (veri o presunti perché nessuno sa se siano stati cacciatori o ambientalisti) non cambia nulla nella situazione attuale.
Il piombo non sistema le cose è bella frase che nulla dice se non un vuoto di proposte. Obbligare a recintare centinaia di ettari sì che non risolve nulla, perché i cinghiali sfondano tutto, inoltre fa spendere molto soldi.
Le zecche sono un problema conseguente alla grande quantità di ungulati,ma fin quando state in un ufficio a scrivere stupidaggini per Voi non è un problema. Tranquilli. Quelli che invece si devono spostare, abitando in zone di campagna o collinari, e che rischiano tutti i giorni di investire degli ungulati che se ti va bene ti distruggono il mezzo e a volte ci lasci anche la vita, si arrangeranno, vero? Grazie di questa sensibilità ambientale senza senso e sconsiderata, dove si abbraccia un buonismo di comodo, ma soprattutto se ne infischia dei problemi dei propri simili, cioè gli uomini. Salviamo i poveri cinghialetti, dai su tutti insieme che poi si va a mangiare la fiorentina di vitello…tanto chissenefrega dle vitello…
da Il Giornale di Vicenza, 31 agosto 2012
Capanni abusivi, cacciatori indagati. (http://www.ilgiornaledivicenza.it/stories/Home/402858_capanni_abusivi_cacciatori_indagati/?refresh_ce)
IL CASO. La procura ha avviato indagini su alcune decine di appassionati dell’arte venatoria. L’ipotesi è di violazioni edilizie e ambientali. I sequestri sono una quindicina. Prime conferme dal Riesame. La legge regionale cambierebbe però il quadro della situazione
I capanni da caccia sono abusivi? È la domanda alla quale sta cercando di rispondere la procura di Vicenza, che ha avviato un’indagine a vasto raggio sulle costruzioni di legno, rami e lamiera che campeggiano sui colli vicentini e che sono particolarmente diffuse sui Lessini e sulla Pedemontana vicentina. Il pubblico ministero Antonella Toniolo ha messo sotto inchiesta alcune decine di cacciatori, ipotizzando a loro carico l’abuso edilizio in zone paesaggisticamente tutelate; una quindicina di “casotti” sono finiti sotto sequestro. Una misura che finora il tribunale del Riesame ha confermato. E c’è fermento nel mondo venatorio berico, a poche settimane dall’apertura della stagione, anche perchè una legge regionale potrebbe cambiare le carte in tavola.
GLI ESPOSTI. Gli accertamenti della procura erano scattati in seguito all’invio a palazzo Negri di numerosi esposti firmati da associazioni ambientaliste o contro la caccia. I magistrati avevano voluto vederci chiaro ed avevano affidato l’indagine al Corpo forestale, che finora ha proceduto ai sigilli su ordine proprio del pm. Particolarmente interessata la zona di Valdagno e Recoaro, ma anche la val Leogra, la valle del Chiampo e il Thienese.
LE ACCUSE. Il nucleo centrale della questione casotti è legato alle autorizzazioni a costruire. Quelle strutture, che nascono in radure o in mezzo al bosco, dove c’è passaggio di uccelli, non sarebbero infatti autorizzate: non c’è permesso, non c’è Dia, non c’è alcun documento a supporto. Pertanto, sono stabili abusivi a tutti gli effetti, è il ragionamento degli inquirenti, che hanno vinto una battaglia in tribunale quando un cacciatore – assistito dall’avv. Piero Zuin – ha chiesto il dissequestro del suo capanno. Trattandosi di abusi la procura ritiene che i cacciatori possano finire a processo; in caso di condanna, potrebbe essere chiesta loro dal giudice la demolizione del manufatto edificato senza rispettare le leggi. Il problema è infatti che quelle strutture, seppur utilizzate qualche mese l’anno, non sono temporanee ma definitive.
LE DIFESE. Molti dei cacciatori indagati sono assistiti dagli avv. Francesco Rucco e Andrea Balbo, i quali con ogni probabilità chiederanno il dissequestro dei capanni al tribunale Riesame in settembre. Le difese sottolineano come quelle strutture siano edificate da decenni, in forza di concessioni comunali. Ogni anno – o ogni quinquennio – i cacciatori chiedono all’amministrazione la possibilità di utilizzare quel “casotto” nel periodo di caccia, e la ottengono. Pertanto, non ci può essere alcun reato in capo ai singoli indagati, i quali si trovano nella spiacevole situazione di dover fronteggiare in prima persona, senza conoscerne le problematiche, ad un vuoto normativo che la legge regionale votata in luglio – e che potrebbe entrare in vigore dal 10 settembre – dovrebbe colmare. Se i Comuni, è il ragionamento dei difensori, danno l’ok al singolo cacciatore di utilizzare una struttura
talmente datata che non è possibile risalire alla data di costruzione, come è possibile accusare quegli stessi cacciatori di abuso edilizio? Fra l’altro, per quel genere di violazioni i cacciatori rischiano sanzioni piuttosto elevate.
LA NUOVA NORMA. La Regione Veneto ha predisposto una norma per la difesa di quei casotti. Sostanzialmente, si tratta di una deroga che, dopo aver indicato le caratteristiche standard della struttura, “salva” quelle esistenti. Il confronto si riaprirà a metà settembre. D.N.
riceviamo e pubblichiamo volentieri.
Comunicato stampa del Coordinamento Protezionista Vicentino ( CPV ) del 3 settembre 2012
CACCIA, LA GIUNTA REGIONALE DEL VENETO “PERDE LA BUSSOLA” E APPROVA L’ENNESIMA MODIFICA ALLA LEGGE 50/93 IN NETTO CONTRASTO CON DUE LEGGI DELLO STATO, I PROTEZIONISTI HANNO FORMALMENTE CHIESTO L’INTERVENTO DELLA CORTE COSTITUZIONALE PER RISTABILIRE IL DIRITTO.
Altane e capanni abusivi, la giunta regionale del Veneto come pubblicato nel BUR del 13/07/2012, ha modificato per l’ennesima volta la legge regionale 50/93 sulla protezione della fauna selvatica.
Le modifiche apportate permetterebbero ai cacciatori, di eludere due pilastri che regolamentano le costruzioni, la richiesta di titolo edilizio e il vincolo paesistico.
Per queste motivazioni i protezionisti C.P.V. e Gruppo di Intervento Giuridico hanno formalmente richiesto l’intervento del governo per ristabilire il diritto, il termine ultimo per l’impugnazione da parte dello stato scade il 13 settembre.
Nel frattempo, continuano i rilevamenti e le segnalazioni di postazioni abusive, in pratica tutte quelle strutture fisse e a volume chiuso che non sono state autorizzate dai comuni di competenza.
Trattamento diverso per le strutture elevate ( torrette e altane ) costruite senza rispettare le più elementari norme di sicurezza e le direttive di riferimento, per attrezzature/strutture di lavoro e sportive.
La verifica e la relazione di un tecnico abilitato, che segnalerà al sindaco e al prefetto la non idoneità e la pericolosità della struttura farà scattare la denuncia e la demolizione.
Samantha Tistoni del CPV ha dichiarato : Io non capisco per quale motivo i politici a servizio della lobby venatoria, non spiegano ai cacciatori come devono fare i capanni, anziché danneggiare gli altri cittadini modificando le leggi. Se il problema dei capanni è il volume chiuso e le colate di cemento, si usano i materiali naturali a perdere, e la costruzione deve essere aperta, mi pare semplice.
Renzo Rizzi del CPV ha aggiunto : La legge 50/93, è la più bersagliata d’Europa, subisce una media di una modifica per stagione venatoria, sempre in danno alla fauna selvatica.
Derivata dalla legge quadro nazionale 157/92, si poteva considerare innovativa, in quanto stabiliva che la tassa regionale pagata dal cacciatore, venisse in buona parte restituita alla provincia di residenza, in pratica un federalismo fiscale prima dell’avvento del Senatur.
I quattrini dovevano fungere da rimborso al capitale danneggiato dalla caccia e quindi, per i ripristini ambientali, per i centri di recupero della fauna selvatica, per ripopolamenti intelligenti, per la semina di colture a perdere per aiutare la fauna selvatica in migrazione nelle rigide temperature invernali, per creazione di oasi e spazi di sosta.
Quei soldi invece, vengono spesi per l’immissione sconsiderata di centinaia di migliaia di animali “pronta caccia” per le catture degli uccelli da richiamo, per corsi dei cacciatori, per le fiere e sagre paesane dei cacciatori, per i dannosissimi assessorati alla caccia, veri centri di potere delle lobby venatorie, che propongono sempre e solo sterile caccia.
Ma vengono spesi anche per le semine tardive, salvo poi autorizzare i cacciatori a costruirci i capanni all’interno, così che possano sterminare agevolmente i poveri animali affamati in migrazione.
Questa è la realtà oggi in Veneto, una regione in mano alle lobby che ricattano la politica, che subisce, mi pare volentieri, spero almeno non fossero questi i sogni dei veneti fautori di “paroni a casa nostra”.
Portavoce CPV Renzo Rizzi 348 9952822
meno male che ci sei tu a spiegare com’è fatto il mondo.
Va bene, è un refuso, è proprio Ozzano Emilia e proprio in Provincia di Bologna (BO) la sede dell’I.S.P.R.A. (ex I.N.F.S.). ma questo non cambia molto i termini del problema.
I ripopolamenti di cinghiali non li fanno certo gli ambientalisti, ma sono stati fatti da amministrazioni pubbliche e/o da associazioni/gruppi di cacciatori a fini venatori: non nascondiamoci dietro un dito.
Così come i tanti ripopolamenti “pronta caccia” (di mini-lepri, di fagiani, di pernici, ecc.) costati un bel po’ di soldi pubblici.
Ma di questo non si vuole mai parlare e si preferisce addebitare tutto alla “sensibilità ambientale senza senso e sconsiderata”.
Ma sì, sparacchiamo a tutto quello che si muove, non sia mai che ci rovini il paraurti…