Assalto tecnologico al promontorio di Porto Pino.
Per i consiglieri regionali proponenti l’art. 27[1] della legge regionale sarda n. 8/2015 serve soltanto a risolvere “problemi” in alcuni quartieri di Quartu S. Elena (CA)[2].
Purtroppo, come facilmente prevedibile, non è così.
Pubblichiamo in merito l’intervento del Comitato per la Tutela di Porto Pino.
Naturalmente cercheremo in ogni modo di neutralizzare gli effetti negativi della norma scempia-stagni.
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus
Una delle conseguenze dell’articolo 27 della Legge Regionale 8/2015 (a ragione dal GrIG definita “norma scempia-stagni“) – che ha eliminato per le sole zone umide (sic!), la fascia di rispetto di 300 mt dal limite cartografico – è stata quella di rimettere Vodafone nelle condizioni di ri-presentare il proprio progetto di una torre di oltre 25 metri nel bel mezzo del promontorio di Porto Pino!
Dove eravamo rimasti?
Il Comitato Tutela Porto Pino, spontaneamente formatosi dopo che in tutta fretta e nel silenzio invernale (primi mesi del 2015) era stato dato il via libera al progetto che avrebbe irrimediabilmente sfregiato il profilo del promontorio di Porto Pino (incluso con decreto ministeriale tra le aree di notevole interesse pubblico CA116_D1-1_AT45, in quanto bellezza naturale), oltreché potenzialmente minacciare l’habitat protetto dalla natura di Sito di Importanza Comunitaria nel cui perimetro è localizzata la torre in progetto (ITB040025), era riuscito a far annullare in autotutela l’autorizzazione (già rilasciata) proprio in forza del vincolo dei 300 metri dalla zona umida che era stato completamente violato dalla Vodafone!
Lo stesso TAR Sardegna, attivato dalla Vodafone con propria ordinanza del 28 luglio 2015, non aveva potuto che constatare che lungo il procedimento amministrativo di rilascio dell’originaria autorizzazione tale vincolo (poi abrogato dalla “norma scempia-stagni”) era in vigore ed era stato violato dalla Vodafone (ovviamente in ciò ben interessata – perchè sicuramente soccombente – a non coinvolgere il Servizio di Tutela Paesaggistica per la valutazione della compatibilità della torre con il profilo paesaggistico del promontorio di Porto Pino!).
Nonostante nel frattempo il Comune abbia adottato il proprio regolamento per l’installazione di impianti di telecomunicazioni e radiotelevisivi (sotto vari profili confliggenti nelle sue previsioni con il progetto della Vodafone), nonostante la stessa Vodafone abbia ottenuto un’altra autorizzazione per la realizzazione di una SRB in co-siting con la Wind, che ha già in esercizio da tempo una propria antenna presso l’ex campeggio comunale di Sant’Anna Arresi (soluzione che nella nostra comprensione richiederebbe investimenti in apparati più potenti ed ergo costosi), nonostante il Comitato abbia invitato la Vodafone a prendere atto di aver sbagliato e di contribuire con le proprie risorse a preservare Porto Pino per le future generazioni, anche a fronte di iniziative di sponsorship di cui certamente Vodafone è abile promotore e utilizzatore (senza ricevere alcuna risposta se non l’impugnazione al TAR dell’annullamento), siamo di nuovo qui a far sentire la nostra voce a tutte le istituzioni che hanno il potere di intervenire: noi del Comitato Tutela Porto Pino e si spera le altre associazioni (tra cui il GrIG che per noi è un preziosissimo riferimento ed esempio), nonché tutti coloro che vogliono ancora ammirare e far ammirare alle future generazioni la bellezza naturale del promontorio di Porto Pino, ci opporremo in tutte le sedi a questo ennesimo tentativo di sfregio delle bellezze paesaggistiche della Sardegna!
Comitato Tutela Porto Pino
______________________________________
[1] Testualmente:
“ Art. 27 – Estensione del vincolo paesaggistico.
- Sono beni paesaggistici le zone umide di cui all’articolo 17, comma 3, lettera g) delle Norme tecniche di attuazione del Piano paesaggistico regionale, individuate e rappresentate nella cartografia di piano nella loro dimensione spaziale. Il vincolo paesaggistico non si estende, oltre il perimetro individuato, alla fascia di tutela dei 300 metri dalla linea di battigia, riferita ai soli laghi naturali e invasi artificiali.”
[2] “Le zone umide come Molentargius restano puntualmente definite e non si estendono dentrol’edificato urbano. Con un emendamento mio e del collega Solinas il Consiglio regionale ritorna alla lettura originale del piano paesaggistico, che protegge le zone umide da qualsiasi intervento edilizio individuandone con precisione il perimetro. Infatti, una interpretazione distorta delle regole aggiungeva alla zona protetta un ulteriore limite di 300 metri. A Quartu, dove il limite di zona umida già comprende zone dell’abitato, aggiungere 300 metri significa comprendere da Pizzeserra a Santo Stefano sino al centro storico, rendendo molto difficile anche la banale sostituzione di una finestra. Queste distorsioni burocratiche sono il peggiore servizio che si possa fare alla cultura della tutela. Rimettere le cose a posto significa far valere il buon senso e mettere le regole al servizio dell’ambiente e non l’ambiente al servizio delle regole.” (pagina Facebook dell’on. Gigi Ruggeri, 31 marzo 2015).
(foto e simulazioni Comitato Tutela Porto Pino)
Ma se il problema è Molentargius per Quartu Sant’Elena, non potevano legiferare in deroga al PPR e risolvere quello specifico problema senza crearne altri?
Tornando a Sant’Anna Arresi Porto Pino, oltre la torre sul promontorio, con la cancellazione del vincolo dei 300 m attorno agli stagni, si rischia di veder rinascere nuove “domixeddas” a Corrumanciu.
E visto che la toponomastica lo permette, non credo di essere volgare nel dire che hanno partorito proprio una legge del menga.
bastava una circolare d’indirizzo della Direzione generale pianificazione urbanistica e vigilanza edilizia, visto che si trattava di un’interpretazione.
Appunto.
E ora che la legge ha armato la mano degli speculatori, prepariamoci al peggio