Il Ghiro sardo è ancora con noi!
Bella notizia per la Natura in Sardegna: il Ghiro sardo (Glis glis melonii) è stato nuovamente avvistato sul Supramonte di Urzulei (OG).
Sottospecie del Ghiro europeo (Glis glis), era stato visto l’ultima volta nel 2008, sempre nella stessa area.
Resiste ancora, nonostante la progressiva antropizzazione del territorio, la caccia (nel passato) e il bracconaggio (nel presente). Nonostante tutto.
Ne parla un documentario di Fabrizio Vella.
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus
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- direttiva n. 2009/147/CE sulla salvaguardia dell'avifauna selvatica
- V.I.A. e V.A.S. di competenza regionale (Sardegna)
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adesso prendetemi pure in giro perché mi sono messo quasi a piangere per questa notizia che ha dell’incredibile! Ci sarebbe da chiedere veramente scusa ai ghiri sardi che pensavo si fossero estinti da tempo. Il parco del Gennargentu glielo dobbiamo davvero!
Sono con te, parola per parola.
vai a spiegarlo a quelli dell’ESF! E comunque gli interventi a ceduo a detta loro interesseranno solo lo 1,7% delle foreste demaniali (vds link seguente a pagina 25:
http://www.sardegnaambiente.it/documenti/3_226_20140604191112.pdf).
Certo sarebbe meglio che quel 1,7 fosse trasformato da ceduo ad interventi di selvicoltura sistemica che coniugano molto ma molto meglio gli interessi produttivi con il rispetto dell’ecologia silvestre di quanto non lo faccia un intervento devastante come il governo a ceduo. E’ un miracolo che il giro sardo esista ancora visto le esigue foreste demaniali rimaste in Sardegna che quasi non si vedono nella cartina geografica del sito dell’ESF:
http://www.sardegnaambiente.it/index.php?xsl=152&s=256792&v=2&c=1577&t=1
😀
che tenero ..non solo il G
hiro ..anche le lacrimucce di Riccardo e le nostre pure Paola
A.N.S.A., 12 giugno 2014
Il ghiro sardo sfida l’estinzione,un video nel suo habitat.
Naturalista di Urzulei firma documentario nel Supramonte. (Maria Grazia Marilotti): http://www.ansa.it/web/notizie/canali/energiaeambiente/natura/2014/06/12/il-ghiro-sardo-sfida-lestinzioneun-video-nel-suo-habitat_6e3f1e00-f350-48a3-a5c2-241016c8465b.html
_________________________________
da L’Unione Sarda, 12 giugno 2014
Il ghiro sardo sfida l’estinzione tra i boschi del Supramonte: http://www.unionesarda.it/articolo/cronaca_sardegna/2014/06/12/il_ghiro_sardo_sfida_l_estinzione_tra_i_boschi_del_supramonte-6-372191.html
______________________________
da VIDEOLINA, 12 giugno 2014
RIAPPARE IL GHIRO SARDO: RISORSA PREZIOSA PER BOSCHI E FORESTE: http://www.videolina.it/video/servizi/65070/riappare-il-ghiro-sardo-risorsa-preziosa-per-boschi-e-foreste.html
__________________________________
da La Nuova Sardegna, 12 giugno 2014
Il ghiro sardo vive ancora nei boschi del Supramonte: un video lo racconta.
Cagliari, presentato alla Società Umanitaria il lavoro del naturalista di Urzulei Fabrizio Vella che ha documentato la presenza di un roditore anni fa ritenuto estinto: http://lanuovasardegna.gelocal.it/nuoro/cronaca/2014/06/12/news/il-ghiro-sardo-vive-ancora-nei-boschi-del-supramonte-un-video-lo-racconta-1.9409999
_________________________________
da Sardinia Post, 12 giugno 2014
Sopresa, è tornato il ghiro sardo: in un documentario le immagini in anteprima: http://www.sardiniapost.it/culture/sopresa-tornato-ghiro-sardo-documentario-mostra-immagini-in-anteprima/
e’ incredibile ma ogni volta che mi rivedo il video mi commuovo e mi scappa la lacrimuccia! Speriamo che non sia ridotto a così pochi esemplari da non esserci più abbastanza variabilità nella popolazione
Vedi Riccardo se anche a Marganai potessimo contare su un più esteso bosco d’alto fusto di leccio (e non solo su estese grandi tagliate che lo riporteranno ad un ceduo) forse la tanto sbandierata biodiversità potrebbe contare come sul Supramonte anche sull’amico ghiro e non solo sul cervo al pascolo.
ma per quelli dell’Ente Foreste Sarde la biodiversita’ si limita al cervo che guarda caso si avvantaggia del governo a ceduo che l’ente sta cercando di promuovere. Non c’e’ spazio per specie minori come il ghiro sardo o il lupo che dovrebbe essere reintrodotto per controllare i cervi. Più specie ci sono più l’ecosistema e’ stabile
Bravo Tophet, concordo pienamente con te. Biodiversità non significa meramente “più specie più ricchezza”, come sostengono all’E.F.S.
Un ecosistema ricco di una specie dominante e con poche specie, magari rare, ha un enorme valore ecologico, come sono i nostri boschi, al centro del mediterraneo.
Solo in questi contesti riescono a sopravvivere certe rarità animali e vegetali ed è nostro compito preservarle e consegnarle al futuro.
E salvaguardare questi ecosistemi dai tentativi di speculazione magari giustificati con il perpetuarsi dei cantieri o per mantenere poltrone superstipendiate.
dovresti andarci te a dirigere l’EFS cosi potresti insegnare loro cosa significhi veramente biodiversita’. Infatti come giustamente fai notare tu la biodiversita’ in un ecosistema non e’ solo avere tanti ecosistemi con maggiore biodiversita’ (sempre le stesse specie pero’) sparsi a tappeto nei boschi da ceduare. La biodiversita’ deve essere calcolata su diversi ecosistemi integrati e non sovrapposti. Cosi si capisce come il bosco ad alto fusto di lecci non sia come ha affermato il dott. Monaci e altri esponenti della selvicoltura tradizionale (tradizionale non sempre e’ sinonimo di meglio) un deserto ecologico se visto in quest’ottica allargata di più ecosistemi. Se non fosse così allora bisognerebbe impiantare delle foreste (e poi magari governarle a ceduo) anche nei deserti così aumenta la biodiversita’ ma si perderebbero tutte le poche ma rare specie che vivono solo nel deserto e che contribuiscono all’aumento della biodiversita’ globale.
Nasconditi di nuovo, caro Ghiro. Prima che l’idiota di turno ti trovi e pensi di “fare un bel carniere”.
nascondersi caro ghiro non ti basterebbe se ti tagliassero a ceduo la foreste in cui vivi
Scusami Mara ma più che dall’idiota di turno io sono preoccupato dal politico di turno,che con l’ente foreste vuole disboscare per accontentare chi lo ha votato,senza rendersi conto che questi sono i nostri veri tesori e che vorremmo lasciare alle generazioni future alle quali abbiamo già sottratto troppo
Son d’accordo con voi, amici. Allora c’è da fare questa battaglia per evitare il disboscamento. Da dove cominciamo? Se mi date elementi inizio una raccolta di firme internazionale. Da quel che ho visto finora… FUNZIONA!
Mara, avevo forse sottovalutato la gravita’ della situazione, confuso da quel 1,7% del totale dell’area gestita dal nostro caro Ente Foreste Sarde! Guardati il mio ultimo commento sotto e dimmi se c’ho ragione!
Caro Riccardo, ho letto. Con molta difficoltà, pur essendo convinta di conoscere bene la lingua italiana. Purtroppo il linguaggio tecnico-giuridico è assurdo. Ne’ ho le conoscenze approfondite per formulare un parere. Però resta una preoccupazione: non è che tutti questi discorsi dell’Ente Foreste nascondano la volontà di rifornire la Chimica Verde partita oggi con gran strombazzamento dei TG?
Io sto dalla parte del ghiro e del bosco che si autogestisce, da secoli, perfettamente. Se non interviene la mano avida dell’uomo….
Caro Riccardo, ti confesso che quel 1,7% di foreste ecc. ecc. secondo me è la preoccupazione minore, è sempre possibile un passo indietro.
Come ho cercato di far emergere in un altro intervento, secondo me l’aspetto peggiore è rappresentato sia dai contenuti didattici che l’E.F.S. divulga nelle proposte di educazione ambientale rivolti alle scuole (ceduo = maggior biodiversità), sia dai concetti acquisiti dai futuri dottori forestali che sforna l’università di …. in materia di governo forestale.
Ho l’impressione che stiamo assistendo alla gestazione di una nuova “scuola di pensiero” sulla gestione forestale, che inciderà sul futuro delle foreste sarde.
A mio avviso questi vanno monitorati e controllati costantemente prima che facciano danni.
E non parlo di fantascienza: basta pensare a cosa stava per combinare quell’altro ente regionale che, all’insaputa di tanti, pensava di cedere i geni di tenere lattughe, mentucce e altre specie endemiche a una multinazionale olandese.
Caro Ghiro, nasconditi davvero e bene, di questi tempi fra ignoranza e squadroni di cacciatori, rischi veramente molto.
Bellissimo, e complimenti al Ghiro Sardo che grandiosamente smentisce l’etichetta! 😉
Quell’1,7 % magari è anche un dato che non torna. Infatti se per esempio in una certa montagna i boschi puri di leccio sono estesi in totale 1000 ettari, ceduati per 500 non restera’ per il ghiro che il 50 % altro che il 98,3 % o no?
tophet, la percentuale dello 1,7% e’ l’ammontare totale dei tagli di riconversione a ceduo sul totale gestito dall’Ente Foreste Sarde quindi hai perfettamente ragione! Non mi ero accorto di questo dettaglio perché avevo visionato la pagina informativa dell’EFS solo di striscio. Ma dopo tu m’hai messo la pulce nell’orecchio e le cose stanno molto peggio di quello che pensavo io. La pagina giusta da controllare e’ la n. 17 del seguente link: http://www.sardegnaambiente.it/documenti/3_226_20140604191112.pdf
dove si evince che il ceduo viene fatto proprio nei boschi migliori (fustaie di leccio) che rappresentano una percentuale ben più elevata. Il dato del Marganai e di Montarbu sono particolarmente allarmanti. Nel Marganai per l’estensione degli interventi a ceduo: ben 546,8 ettari contro 692,3 ettari lasciati a fustaia di leccio mentre nel monte Arci stando ai dati l’intera compresa a leccio e’ o sara’ sacrificata a ceduo (84,4 ettari a ceduo e niente a fustaia)! Preoccupante anche la situazione nelle foreste di Montarbu e di Is Cannoneris, rispettivamente con 175,4 h a ceduo contro 55,9 h lasciati a fustaia (quindi ben 3/4 del totale a ceduo!) e 373,7 h contro 276,7 h.
Ditemi che ho interpretato male i date perché senno’ altro che le lacrimucce per il caro ghiro: qui e’ uno sfacelo! Da fermare assolutamente se siamo ancora in tempo visto che nel Marganai mi sembra sia già troppo tardi!
MERAVIGLIOSO! 🙂
Riccardo tutto vero, purtroppo, i dati li ho letti come li hai letti Tu. Il ghiro non tornerà a Marganai e neppure a Montarbu ma che vuoi che sia, solo l’1,7 % … resto mancia…
Cari amici (e nemici) del ghiro sardo, il problema e’ fondamentalmente che noi “ambientalisti” non ci fidiamo dei tecnici forestali e dell’Ente Foreste Sarde. Un’altro problema e’ che non si capisce bene da quali altre “comprese” e’ stata ricavata la compresa cosiddetta “cedui di leccio e altre sclerofille”. La mia paura e’ che questa compresa prima della recente scelta dell’Ente di ripristinare il ceduo sia stata ricavata principalmente a detrimento della compresa denominata “delle fustaie di leccio” visto che le altre comprese dove il leccio e’ presente sono più limitate e di difficile sfruttamento a causa della più difficile accessibilità e delle dimensioni dei lecci ivi presenti. Suggerirei a tutti coloro a cui stia veramente a cuore il destino delle leccete sarde di studiarsi la pagina dell’EFS dove vengono descritte le comprese al seguente link: http://www.sardegnaambiente.it/documenti/3_226_20140604191112.pdf
La descrizione delle comprese parte dalla pagina 7. Fondamentale anche la lettura della pagina 3 dove si ribadisce “l’applicazione della Selvicoltura Sistemica”, applicazione mi pare finora disattesa perche’ si e’ invece preferita l’applicazione della pratica della ceduazione (intervento di gran lunga meno rispettoso della biodiversita’ a livello esteso).
Se non si legge il documento di cui sopra non si potrà mai capire la portata reale di quel 1,7% di aree adibite a ceduo tanto sbandierato dall’Ente Foreste Sarde. Certo ci si auspicherebbe una maggiore chiarezza da parte dell’Ente in merito alla compresa del ceduo di leccio e altre sclerofille, a seguito delle ragioni che ho esposto sopra, magari con delle mappe particolareggiate che raffigurino l’estensione geografica delle aree destinate a ceduo di leccio e altre sclerofille e quindi la loro esatta ubicazione e soprattutto come erano classificate quelle stesse aree prima della riclassificazione a ceduo. Qualcuno mi sa dire se queste mappe sono già state pubblicate e disponibili la pubblico?
scoperta addirittura una nuova specie di mammifero in Italia 😀 😀 😀
A.N.S.A., 23 febbraio 2017
Scoperto in Italia nuovo mammifero, lo scoiattolo meridionale.
E’ in Calabria e Basilicata, rischia già estinzione. (http://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/animali/2017/02/23/scoperto-in-italia-nuovo-mammiferolo-scoiattolo-meridionale_a0ebfa20-dbae-4931-86a3-2acfbd0ef06a.html)
E’ tutto ‘made in Italy’ un nuovo parente stretto degli scoiattoli comuni europei scoperto in Calabria e Basilicata e che potrebbe essere già a rischio estinzione: è lo scoiattolo meridionale (nome scientifico è Sciurus meridionalis), di colore nero con ventre bianco, quindi diverso da quello europeo detto ‘scoiattolo rosso’ (Sciurus vulgaris) per la colorazione che può variare dal rosso-arancione al bruno scuro ed è presente in tutto il resto d’Italia, ad eccezione di Sicilia e Sardegna. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Hystrix the Italian Journal of Mammalogy.
Lo scoiattolo meridionale potrebbe essere ‘specie a rischio’ sia per la riduzione degli habitat, sia per la competizione con le specie di sciuridi alloctone, ossia introdotte artificialmente dall’uomo come lo scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis) di provenienza nord americana e lo scoiattolo variabile (Callosciurus finlaysonii) dal sud est asiatico, delle vere e proprie forme di inquinamento biologico incentivate dall’uomo. Con la scoperta del nuovo mammifero l”Italia conferma il suo primato di Paese europeo con la maggior biodiversità.
Grazie a un approfondito studio genetico, morfologico ed ecologico fatto da un team di ricercatori italiani, coordinato dall’Università degli Studi dell’Insubria (Varese) , si è scoperto che le popolazioni di scoiattolo presenti in Calabria e Basilicata – che già dal 1900 erano state riconosciute come “peculiari” al punto tale da considerarle come una sottospecie dello scoiattolo comune europeo – appartengono a tutti gli effetti a una nuova specie di scoiattolo.
Oltre all’Università dell’Insubria hanno partecipato al lavoro esperti di Università di Milano Bicocca, Università di Firenze, Museo La Specola, Università della Calabria, Museo di Storia Naturale della Calabria ed Orto Botanico, Cnr, Istituto per lo Studio degli Ecosistemi e dalla Società Italiana per la Storia della Fauna “G. Altobello”.
“Il lavoro in gruppo, unendo diverse competenze, approcci e capacità”, spiega Adriano Martinoli che insieme a Damiano Preatoni e Lucas Wauters opera nell’Unità di Analisi e Gestione delle Risorse Ambientali del Dipartimento di Scienze Teoriche e Applicate dell’Università degli Studi dell’Insubria, “è ormai un passaggio obbligato se si punta a ottenere risultati di buona qualità, garantendo inoltre il valore aggiunto di un continuo confronto e di fatto di un permanente controllo critico delle attività”.
“La certezza di trovarsi di fronte a una nuova specie è giunta dopo aver analizzato un grande quantitativo di dati genetici e morfologici”, raccontano Martinoli e Wauters, “che hanno consentito ai ricercatori del nostro gruppo integrato e multidisciplinare, di giungere alla pubblicazione del lavoro, per altro” aggiungono con una punta di orgoglio Martinoli e Preatoni, “su una rivista scientifica del settore teriologico (la teriologia è la scienza che studia i mammiferi), Hystrix the Italian Journal of Mammalogy, che è la quarta al mondo per importanza tra tutte le riviste che si occupano di zoologia, competendo con le riviste delle grandi multinazionali mondiali dell’editoria, certamente un ulteriore motivo di vanto per il nostro Paese e per la comunità scientifica nazionale dei teriologi e per l’Associazione Teriologica Italiana che è l’editore della rivista, completamente open access”.
“Purtroppo la scoperta della nuova specie che risulta essere un endemismo dell’Italia, ovvero una specie presente soltanto nel nostro Paese, una ‘esclusiva’ tutta italiana” spiega il professor Martinoli “ci spinge anche a evidenziare che la specie potrebbe già risultare a rischio di estinzione, sia per la riduzione degli habitat, sia per la competizione con le specie di sciuridi alloctone, ossia introdotte artificialmente dall’uomo, come lo scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis) di provenienza nord americana e lo scoiattolo variabile (Callosciurus finlaysonii) dal sud est asiatico, delle vere e proprie forme di inquinamento biologico incentivate dall’uomo”
L’Italia conferma il suo primato di Paese europeo con la maggior biodiversità ospitando più di 58.000 specie animali note, tra i quali circa 1300 di vertebrati. Di questi il 5% sono esclusivi dell’Italia come pure circa il 10% degli invertebrati italiani.
incredibile 😮
da L’Unione Sarda, 30 agosto 2018
Villacidro, nel letto del fiume spunta un Austropotamobius: http://www.unionesarda.it/articolo/cronaca/2018/08/30/villacidro-nel-letto-del-fiume-spunta-un-austropotamobius-68-764794.html
Incredibile come la natura riesca a resistere anche in posti come la Sardegna, fortemente degradati dal punto di vista degli ecosistemi. Naturalmente non e’ merito dei sardi ai quali per la maggior parte non frega niente dell’ambiente e tanto meno della biodiversita’ sia intesa come somma totale del numero di specie di tutti gli ecosistemi sia come varieta’ di ecosistemi a prescindere dal numero di specie di ciascuno.
da Greenreport, 27 giugno 2024
I ghiri sono stati introdotti nelle isole italiane per scopi alimentari?
Uno studio rivela come è avvenuta la complicata colonizzazione dei ghiri in Sardegna, Elba, Corsica, Sicilia e Salina. (Umberto Mazzantini): https://greenreport.it/news/natura-e-biodiversita/1214-i-ghiri-sono-stati-introdotti-nelle-isole-italiane-per-scopi-alimentari