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Fari, radar, Conservatoria delle coste: ambiguità da parte della Regione autonoma della Sardegna.


Sardegna sud-occidentale, Teulada, costa

L’annuncio è di quelli eclatanti, tanto da aver catturato l’attenzione anche della stampa nazionale (vds. la Repubblica, 30/12/2011, “I guardiani del mare diventano resort, la seconda vita dei fari in Sardegna): la Giunta regionale, con la deliberazione n. 53/26 del 23 dicembre 2011, ha affidato all’Agenzia della Conservatoria delle coste della Sardegna ben tredici “siti dove sono presenti fari, semafori, torri costiere, immobili e infrastrutture di proprietà regionale … per la loro gestione al fine di provvedere all’elaborazione di un programma dettagliato per la loro valorizzazione, oltre che per assicurare la loro gestione curando anche eventuali procedimenti pubblici per l’affidamento in concessione degli immobili”.     Tra gli immobili concessi in gestione alla Conservatoria delle Coste spiccano i fari di Santa Maria e Razzòli (La Maddalena), Capo d’Orso (Palau), Capo Mannu (San Vero Milis), Torregrande (Oristano) e le ex stazioni segnali e semaforiche di Punta Scorno (Isola dell’Asinara), Capo Sperone (Sant’Antioco), Capo Sant’Elia (Cagliari), Testiccioli (La Maddalena), Capo Figari (Golfo Aranci). 

Le intenzioni della Regione sembrano chiare: puntare alla “valorizzazione” di fari e stazioni parzialmente o completamente dismesse dall’originario utilizzo militare per favorire la realizzazione di strutture ricettive, probabilmente resort di lusso. 

Domus de Maria, faro di Capo Spartivento (prima della "trasformazione")

Il modello appare proprio quel Luxury Guest House Faro di Capo Spartivento realizzato dall’imprenditore Alessio Raggio nella parte non più in uso alla Marina Militare dell’omonimo faro (Domus de Maria), previa locazione pluriennale da parte dell’Agenzia del Demanio.     Il direttore generale dell’Agenzia Alessio Satta smentisce ed è sicuramente in buona fede, ma quel che non convince è la linea di politica ambientale perseguita in questi anni dall’Amministrazione Cappellacci (basti pensare al c.d. piano per l’edilizia, al tentativo di smantellamento del piano paesaggistico regionale, alla legge sul golf).

Un dubbio pesante riguarda la sostanziale privatizzazione che deriverebbe dalla concessione a qualsiasi titolo a privati dei fari e stazioni di segnalazione: si abbia il coraggio di dire apertamente che la Regione vuol “fare cassa” e attirare quel turismo d’alto livello (e dal portafoglio gonfio) già presente al “Capo Spartivento”. Non faccia dichiarazioni quali “gestire in modo oculato il nostro ricco patrimonio, vuol dire permettere ai sardi di godere delle incontaminate bellezze della nostra terra” (Nicola Rassu, Assessore regionale dell’urbanistica), perché lo stragrande numero dei sardi vedrà fari e stazioni trasformati in hotel esclusivi solo da lontano, con il binocolo.  

Teulada, Tuerredda, cantiere S.I.T.A.S. s.r.l.

Realtà ben distante da quanto dovrebbe costituire l’obiettivo di quella Conservatoria delle coste nata nel 2005-2006 per finalità molto diverse.

Proposta e sostenuta con forza proprio dalle associazioni ecologiste Amici della Terra e Gruppo d’Intervento Giuridico all’Amministrazione Soru (che l’ha istituita ma non resa pienamente efficace) sul modello del francese Conservatoire du Littoral (che gestisce quasi 140.000 ettari di coste, oltre 600 siti naturali ed è il fiore all’occhiello della politica ambientale francese di ogni colore) per l’acquisizione e la gestione dei tratti più importanti delle coste sarde, non le è mai stato consentito di svolgere a fondo il proprio compito, finora non gestisce tratti significativi di coste, addirittura è stata a rischio di chiusura e, talvolta, vien quasi ridotta a “piazzista” o “veicolo di immagine”. 

Cosa pensare, infatti, ad esempio, di concorsi per ragazzi o degli incarichi per la realizzazione di una procedura aperta per la gestione di un’attività di ristorazione tipica nel borgo di Cala d’Olivao per indire un bando per la progettazione di un centro turistico-velico all’Asinara?   Si dirà che si tratta di “incarichi legati a iniziative di sviluppo sostenibile ed è vero, ma tali iniziative dovrebbero essere il contorno rispetto all’ attività centrale di acquisizione e gestione dei gioielli ambientali dei litorali isolani.   Attività centrale, però, decisamente marginale (i siti costieri di Is Mortorius – Quartu S. Elena e di Mangiabarche – Calasetta).  

Soprattutto nessun tratto di costa a rischio di speculazione è stato salvato, basti pensare a Malfatano-Tuerredda (Teulada), a puro titolo di esempio.

Cagliari, S. Elia, Torre dei Segnali, radar VTS Guardia costiera

Se il consuntivo è comunque rilevante, il programma di attività  della Conservatoria delle coste è decisamente importante e ambizioso, merita sicuramente sostegno, ma il dubbio è sempre il medesimo: sarà lasciata in grado di agire liberamente e di svolgere pienamente la sua missione?  Basti considerare l’intervento di salvaguardia della Pinna nobilis nel Golfo di Palmas…però pesantemente interessato dal progetto di gasdotto Galsi s.p.a. sostenuto dalla stessa Regione autonoma della Sardegna.

Sorgono, poi, ulteriori problemi e perplessità.  

La Regione finge di non sapere che il suo lassismo ha consentito la predisposizione di un piano apparentemente unitario della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza per la realizzazione di reti integrate di radar comprendenti una quindicina di impianti.  Uno di quelli già operativi – a cui si dovrebbe aggiungere analogo impianto della Guardia di Finanza – è ubicato proprio presso il faro–stazione di Capo S. Elia.  La Giunta Cappellacci pensa forse che qualcuno voglia “fare turismo” con due bei radar subito fuori le finestre? 

C’è molto da rivedere nella politica ambientale della Regione e l’intento ecologista sarà quello di prevenire ogni speculazione.  Con ogni mezzo, of course.

Gruppo d’Intervento Giuridico e Amici della Terra

 

le Domaine de La Palissade

P.S.   ecco che cosa dovrebbe fare l’Agenzia della Conservatoria delle coste: un comunissimo esempio del Conservatoire du Littoral, Le Domaine de la Palissade, 702 ettari nella Camargue, in Comune di Arles (Bouches-du-Rhône), zona umida costiera con cordone dunale, ricchissima di avifauna acquatica (ardeidi, fenicotteri, anatidi, ecc.), anfibi, cavalli, gestita da un consorzio fra Conservatoire ed Enti locali, visitata ogni anno da turisti, appassionati di natura, scolaresche…

 

Domus de Maria, faro di Capo Spartivento (prima della trasformazione)

da La Nuova Sardegna, 8 gennaio 2012

«I fari? Siti culturali con punti di ristoro, bookshop e locande».  Pier Giorgio Pinna

 SASSARI. Fase 2 per i fari. Mentre cresce l’attesa. Soprattutto sui tempi. Varata la delibera regionale, arriva il momento delle scelte sul campo. «Prima ci saranno lo studio e la stima dello stato di conservazione o di degrado, poi si troverà per ciascuno di loro la destinazione e un uso specifico, d’accordo con tutte le amministrazioni interessate», spiega Alessio Satta, direttore della Conservatoria delle coste. Satta intrattiene spesso contatti con sindaci e presidenti dei parchi. E di recente ha avuto un pubblico confronto con lo scrittore Giorgio Todde proprio su fari e ruolo dell’ente per la tutela dei litorali.  L’agenzia, nata nel 2007 con lo scopo di salvaguardare gli ecosistemi lungo le coste, dovrebbe dare sufficienti garanzie agli ambientalisti. Dal fronte naturalista sono infatti giunti altri appelli a evitare cemento e speculazioni, inviti già lanciati anni fa di fronte a misure prese su scala nazionale in questo stesso ambito. Stavolta l’input parte dall’esecutivo guidato dal governatore Ugo Cappellacci. Riguarda le sole parti del vasto patrimonio effettivamente passato dallo Stato al Demanio sardo. Si parla all’incirca di un terzo dell’intera lista di beni storici e monumentali che dall’Ottocento fanno della Sardegna una delle zone più guarnite di queste meravigliose finestre aperte su passato e presente. Le aree interessate sono quindi limitate alle 15 con le corrette caratteristiche per interventi immediati. «L’idea di fondo è far sorgere un club con un’offerta integrata per un nuovo genere di prodotti – spiega Alessio Satta – Ci sarà spazio per gli imprenditori privati. Ma è bene precisare che nessuno pensa di ricavare esclusivi resort o alberghi per pochi eletti. No, il principio-base sarà del tutto opposto». «Insomma, la fruizione dovrà essere di tipo didattico-culturale: vogliamo far scoprire alla gente il mondo del mare e della navigazione con un circuito regionale collegato al proprio interno, finora inesistente in Sardegna – puntualizza il direttore – Per esempio, con progetti per accogliere gli studenti delle nostre scuole. Con punti per la ristorazione e possibili locande. Qui verranno poi installati bookshop e concepite altre iniziative d’accordo con i Comuni. Mai e poi mai, comunque, le strutture da rilanciare saranno tagliate fuori dal contesto nel quale si trovano da decenni o da secoli». Oltre ai fari, l’elenco comprende diverse stazioni semaforiche: ossia i centri usati in passato per le comunicazioni da terra alle navi attraverso bandiere e segnali luminosi, di colore differente a seconda dei pericoli. «Né gli uni né le altre a ogni modo verranno trasformati in fortini accessibili solo a persone facoltose come succede oggi in tante parti della Costa Smeralda», aggiunge Satta. Tra gli immobili concessi in gestione alla Conservatoria, spiccano i fari di Santa Maria e Razzoli (due isole dell’arcipelago della Maddalena). Quest’ultimo è stato il primo a venire costruito in Sardegna, nel 1843. Seguono quelli di Capo d’Orso a Palau, Capo Mannu a San Vero Milis, Torregrande nell’Oristanese. Ci sono poi le ex postazioni semaforiche di Punta Scorno all’Asinara, Capo Sperone a Sant’Antioco, Capo Sant’Elia (realizzato nel 1860) a Cagliari, Capo Ferro (1858) ad Arzachena, Punta Falcone a Santa Teresa, Testiccioli ancora alla Maddalena e il complesso dove operò Guglielmo Marconi a Capo Figari, che ricade nel territorio comunale di Golfo Aranci. Altrove dal dopoguerra i programmi tesi a dare nuovi scopi a questi magnifici edifici a picco sul mare hanno prodotto buoni risultati. Ottimi, in particolare, lungo i litorali e le isole della Croazia, in Bretagna, in Inghilterra. «L’intenzione della Conservatoria delle coste è seguire il modello francese Le phaire des baleines – conclude il direttore dell’agenzia sarda – I fari potranno così diventare librerie, boutique, caffetterie. Con ricadute non solo locali ma sull’intera regione: in un circuito, lo ripeto, integrato e aperto a tutti». 

 

Carloforte, faro di Capo Sandalo

«Giusto aiutare la rinascita». Parla l’ultimo fanalista dell’Asinara.

 PORTO TORRES. Lui non lo sa, ma qualcuno l’ha ribattezzato Santiago, come il protagonista del racconto Il vecchio e il mare. E oggi, a 78 anni, Gianfranco Massidda, l’ultimo guardiano del faro, ha tratti che ricordano la tenacia del pescatore cubano descritto da Hemingway. La stessa volontà di ferro che, «da fanalista assunto per concorso», gli ha consentito di vivere dal 1965 al 2000 con moglie e figlia nella splendida solitudine di Punta Scorno, estremo lembo nordorientale dell’ex Cajenna del Mediterraneo. Una caparbietà che non gli ha impedito di soppesare i cambiamenti. E che adesso lo porta a osservare il futuro da un altro angolo visuale: «Ma sì: i tempi sono cambiati, è giusto favorire la rinascita, lo facciano pure un centro d’accoglienza per le visite in quella parte dell’Asinara. Gli spazi e le possibilità ci sono. L’importante è che risistemino tutto con cura, dalle strade alle scale di lavagna e alle enormi cisterne, senza danni per l’ambiente». «Già, perché d’inverno laggiù fa freddo, il vento è fortissimo e c’è il pericolo dei fulmini, ma in primavera e in estate è un paradiso», non si stanca di ripetere Santiago-Massidda nella sua casa di via Balai, fronte mare, neppure a dirlo, e naturalmente con vista sull’Asinara, che da questo punto di Porto Torres dista 15 miglia. Appesi alle pareti, foto e quadri sulle stagioni a Punta Scorno. Mai come ora che si parla di ristrutturare l’antica stazione per le segnalazioni e più in là di trasformare in residenza il faro, ancora statale, appare evidente un fatto. Il destino di quest’oasi (per oltre un secolo abitata solo da guardie e carcerati, lontana da Cala d’Oliva 9 km di pessime strade sterrate) s’incrocia col parco naturale. E con le prospettive avviate per ridare smalto ai grandi complessi costruiti a metà Ottocento con lo scopo di guidare le rotte di carghi e mercantili. Crocevia che nel Novecento ha visto in primo piano la famiglia Massidda, i cui antenati arrivarono all’Asinara nel 1888. Lì la nonna dell’ultimo fanalista, dopo la morte del marito, tra le due guerre mondiali si è trasformata in donna manager. Occupandosi dello spaccio, di due forni per il pane, della macellazione della carne. E gestendo i rapporti con gli uomini – liberi e detenuti – in un mondo a parte, tra sorprese e avventure. Gianfranco Massidda, figlio di un impiegato del telegrafo a Cala d’oliva, non è nato lì ma a Porto Torres, nel 1933. «Però 4 giorni più tardi, in fasce, ero già all’Asinara», afferma con orgoglio. Nella casa di via Balai invece è andato a vivere solo nel 2001: in pensione, non appena ha smesso di lavorare a Punta Scorno. «Ma là è rimasto il mio cuore», spiega. E lo dice senza retorica. «Quando siamo partiti, ho inchiodato tutte le 25 finestre – racconta – Poi ho saputo che il portone si è rotto e i turisti per fare le foto dentro hanno sfasciato gli infissi: adesso il maestrale spazza le stanze, e tutto è in rovina». Tra i frammenti di memoria s’affollano storie minime, episodi inediti, aneddoti lontani. Sfuggito con la solita tenacia alle mire della nonna manager che lo voleva prete, Gianfranco Massidda si è dedicato per 35 anni, anima e corpo, al «suo» faro, solo dall’inizio del terzo millennio affidato ad automatismi tecnologici con l’aiuto di pannelli solari. La famiglia del guardiano viveva al secondo piano della torre: «Ogni camera era grande 5 metri per 5, le volte altissime: se fatte bene, da lì verrebbero fuori una ventina di stanze d’albergo più i servizi», dice la moglie Pina Secchi, 73 anni. «Di sicuro dovranno lavorare parecchio per sistemare al meglio», aggiungono poi, insieme. Dal suo punto d’osservazione il fanalista ha reso possibili tanti salvataggi. «La lampada è a 85 metri sul livello del mare e la torre, costruita dai genovesi, oscilla apposta per resistere meglio alle bufere», spiega. I marinai, poi, potevano contare sulle segnalazioni dalla stazione: «Di giorno con le bandiere – puntualizza il fanalista – La notte con le luci: rossa per il tempo cattivo, bianca per il sereno, verde così così». «In genere abbiamo vissuto serenamente: solo negli anni di piombo le guardie temevano lo sbarco di terroristi per far evadere i compagni e al minimo rumore sospetto nell’oscurità sparavano raffiche di mitra sulle spiagge», spiega.  «Il 20 ottobre 1974 aiutai l’equipaggio di una motonave cipriota quasi affondata durante una tempesta – ricorda – E prima ancora il marito dell’attrice Virna Lisi, colpito da malore in canotto». Una volta è stato lui invece a vedersela brutta: «Un fulmine penetrò nel faro e fuse la pedana di metallo sulla quale mi trovavo. L’altro fanalista era al piano di sotto. Scappò terrorizzato pensando fossi morto. Ritornò con tanta gente. Ma io ero sopravvissuto, e tutti rimasero sorpresi». «Di quel giorno rammento solo un’intensissimo chiarore azzurro», si limita ad aggiungere. Non era certo la stessa luce che nelle notti tropicali guidava a terra il pescatore solitario di Hemingway. Ma questo, in fondo, a Santiago-Massidda importa poco.

 

Portland (Maine, U.S.A.), faro

Il complesso in concessione a Capo Spartivento. Hotel a 5 stelle, esempio che non sarà imitato. Un paradiso da salvaguardare ma c’è il pericolo dei fulmini: io stesso sono sopravvissuto per caso a una scarica.

CHIA. Uno dei pochi fari dell’isola già destinato a residenza per turisti è quello di Capo Spartivento. Sulla sommità di un promontorio sul litorale sud-occidentale, diversi anni fa è stato dato in concessione dal demanio statale a un privato, l’architetto e imprenditore cagliaritano Alessio Raggio. Di fatto, almeno in Sardegna, questo è così l’unico complesso storico del genere finora trasformato in esclusivo albergo a cinque stelle. Come si può apprezzare sul sito internet della struttura o, meglio ancora, andandoci di persona, il faro si compone di una serie di alloggi per clienti di alto livello, chiaramente disposti a spendere. Ma questa luxury guest house – dotata di piscina, diving, centro fitness e altri ambienti iper raffinati che hanno richiesto notevoli investimenti privati – è molto lontana dalla destinazione d’uso che la Regione e la Conservatoria delle coste intendono dare ai 13 siti inseriti nell’elenco appena varato.

 

Domus de Maria, Torre costiera di Piscinnì

da La Nuova Sardegna, 6 gennaio 2012

«Sarà un progetto di tutela». La Conservatoria delle coste spiega la filosofia dell’interventoAlessio Satta (direttore generale dell’Agenzia della Conservatoria delle coste)

Vorrei iniziare con un ringraziamento sincero a Giorgio Todde per due ragioni precise. La prima è che mi permette di spiegare ai lettori i principi ispiratori dell’azione della Conservatoria delle Coste. La seconda per avermi concesso l’occasione di parlare di fari. Prima di continuare vorrei fare una precisazione all’articolo di Giorgio Todde. Un lettore inebriato dalle parole del nostro scrittore potrebbe aver inteso, tra le righe, che il progetto di restauro della torre del Finocchio a Torre delle Stelle sia stata opera della Conservatoria delle Coste. Su questo vorrei rassicurare Giorgio Todde. La torre non appartiene al patrimonio della Regione Sardegna ed il progetto di restauro non è della Conservatoria delle Coste. Per conoscere l’approccio metodologico al restauro della Conservatoria delle Coste è possibile consultare il progetto relativo al recupero conservativo di nove torri costiere della Sardegna disponibile sul sito sardegnacoste.eu. Ma torniamo a quei “luoghi di meraviglia” che sono i fari. Quella dei fari è una storia affascinante che si perde nella notte dei tempi e va di pari passo con la storia della navigazione. Fin dall’antichità l’uomo ha imparato ad andare per mare limitandosi però a navigare durante il giorno e lungo le coste. La necessità di potersi muoversi sempre più spesso lo porta a navigare anche di notte obbligandolo a orientarsi con le stelle e con rudimentali strumenti nautici. Le insidie rappresentate da scogli affioranti, banchi di sabbia e altri natanti hanno reso improrogabile la necessità di illuminare la notte con i primi “fari”, veri e propri falò situati nei luoghi più pericolosi delle coste. Omero nel XIX libro dell’Iliade paragona lo sfavillio dello scudo del guerriero Achille a uno di quei fuochi che dalle alture rendono sicura la via ai naviganti. Tornando ai giorni nostri, una nuova storia sta per essere scritta per i fari del Mediterraneo. In Francia, il Conservatoire du Littoral, istituzione nazionale, nata nel 1975 con oltre cento funzionari e un bilancio annuale di trenta milioni di euro, si appresta a prendere in gestione circa 60 fari del paese del Camembert. In Sardegna, la Conservatoria delle Coste, agenzia regionale nata nel maggio 2007 e operativa solo due anni dopo (con l’entrata in servizio dei primi, e ultimi, nove funzionari), nel 2012, con un bilancio di due milioni di euro si appresta a prendere in gestione 15 tra fari, postazioni semaforiche e vedette della terra del pecorino sardo. Come terminerà la competizione con i nostri amici d’oltralpe? La spunterà il team dei quattro mori partito 34 anni più tardi e composto da giovani architetti ed ingegneri autoctoni o l’esperienza trentennale dei conservatori francesi? Ai posteri l’ardua sentenza. Una cosa è certa, tutte e due le istituzioni concorreranno con gli stessi principi incisi a caldo nelle loro leggi istitutive e nei loro regolamenti. Chiunque vinca la singolar tenzone, il Conservatoire du Littoral e la Conservatoria delle Coste condivideranno il processo di valorizzazione dei fari costituendo un gruppo di lavoro internazionale. Il processo è appena iniziato e nei mesi a venire la Conservatoria delle Coste darà l’avvio al coinvolgimento di amministrazioni comunali, parchi, università, associazioni e cittadini.  Ma quale significato ha per la Conservatoria delle Coste il termine “valorizzazione” che popola gli incubi rosa confetto di Giorgio Todde? Questo termine, per spiegarlo attraverso le parole di Eddy Salzano, ha un significato ambiguo e viene adoperato in due accezioni sostanzialmente alternative. Da un lato, sempre citando Eddy Salzano, si parla di “valorizzazione” come trasformazione/gestione di qualcosa al fine di ricavarne un vantaggio economico (interpretazione che mette l’accento sullo sfruttamento economico anziché sulla qualità del bene) e dall’altro lato, si parla di “valorizzazione” come “messa in valore” delle qualità proprie del bene (interpretazione che mette l’accento sulla necessità di scoprire, di tutelare e di evidenziare il valore intrinsecamente già presente nel bene, prioritariamente rispetto a qualsiasi obiettivo economico). Mentre nell’uso corrente di questo termine prevale la prima accezione, l’approccio metodologico adottato dalla Conservatoria delle Coste è quello della “messa in valore” dei beni a essa affidati dove l’esigenza di conservare il valore intrinseco del bene è prioritaria rispetto a qualsiasi obiettivo economico. I fari, una volta visti, non saranno perduti e attraverso la loro “messa in valore” diventeranno, per la prima volta, patrimonio di tutti, sardi e non sardi, ambientalisti e “valorizzatori”. L’impegno della Conservatoria delle Coste è rendere possibile che i fari continuino a essere visti in tutta la loro forza evocativa e, sottratti alle minacce del tempo, proseguano a illuminare il nostro cammino di viaggiatori evocato splendidamente dalla scrittrice Virginia Woolf nel romanzo «Gita al faro» (1927): “Il faro era allora una torre argentea, nebulosa, con un occhio giallo che si apriva all’improvviso e dolcemente la sera”.

 

Maracalagonis, Torre delle Stelle, Torre de su Fenugu (dopo il "restauro")

da La Nuova Sardegna, 5 gennaio 2012

Sui fari e le torri costiere è caduto l’occhio rapace dei soliti «valorizzatori». Dietro il progetto della Conservatoria il rischio di un nuovo scempio.  Giorgio Todde (scrittore)

Nessuna coscienza o misura reale di noi stessi, nell’isola. E quando qualcuno ci ha indicato la bellezza dei luoghi, noi, sentendoci scaltri, li abbiamo subito offerti in saldi. E tanto più era bello ciò che possedevamo, tanto più, in spaventosa proporzione, lo abbiamo venduto e annientato. Questa l’amara, necessaria premessa.  Una delibera regionale affida alla nostra Conservatoria delle coste la gestione dei più bei fari dell’isola che il funzionario chiama «simboli della forza naturale del mare». I fari dovranno essere recuperati e destinati a usi «culturali e economici». La delibera tira in ballo anche la competitività. I fari sardi saranno, dicono, competitivi. E riconosciamo con un sussulto il linguaggio dei «valorizzatori». La manutenzione e il recupero dei bei fari sarebbero possibili, utili e opportuni. Ma le parole «recupero, conservazione, valorizzazione» hanno da noi assunto un significato sinistro e annunciano rovina. Daranno in concessione i fari per alcune decine d’anni a privati per fini «culturali e economici». Su quel «culturali» nutriamo dubbi. Sulla parola «economici» no. Essa ha un solo indubitabile significato. Gli infelici fari stanno per essere «valorizzati». «Valorizziamo» è il grido di guerra sviluppista. I fari delle nostre coste sono tanti e, ovviamente, situati in zone solitarie, aspre e belle. E qua sta il punto. La parola «restauro» non dovrebbe far paura, anzi. Ma quello che accadrà ai fari dell’isola – dove una «valorizzazione» dopo l’altra, il paesaggio si è perduto – ci preoccupa perché sino a oggi, quello che è stato avvistato dai «valorizzatori» è finito distrutto. La Conservatoria delle coste della Sardegna, nata nel 2007 non è mai stata messa nelle condizioni di agire. Basta un’occhiata a quello che ha fatto in trentacinque anni di attività «le Conservatoire» francese nella sorella Corsica per comprendere che qua mal funziona e non salva neppure polpi e ricci in estinzione. Osservate la foto della torre aragonese di Torre delle Stelle in questa pagina: sembra una casa d’appuntamento a buon prezzo. Sfigurata, con il permesso della sovrintendenza, da un cattivo gusto «en rose» epidemico e mortale. Tutto, però, secondo le regole. L’hanno «valorizzata» e trasformata nell’unica torre rosa confetto del Mediterraneo. Osservate, per non fare torto alle zone interne, la torre di Ghilarza, sventrata dal cemento armato. Ecco i nostri restauri e le nostre valorizzazioni. Credevamo che i fari fossero salvi, belli sino a che nessuno li ha guardati, sino a quando erano dimenticati. Sì, perché l’unica forma di conservazione di cui siamo capaci è l’oblio o l’abbandono. Sino a che non appaiono i «valorizzatori», sempre animati dalla stessa ossessiva idea. Sempre lo stesso anche il vocabolario. I fari volàni dello sviluppo, la crescita passa per i fari, lo sviluppo sostenibile dei fari da trasmettere alle generazioni successive, quelle che non riconosceranno la Sardegna nelle foto di pochi anni fa. E non perché sarà diventata più bella.
 La vista è il più peccaminoso e dannoso dei sensi. Sì, perché una volta visti, i fari sono perduti, destinati alla valorizzazione, diventeranno come la torre rosa di Torre delle Stelle. Un bel libro sui nostri fari è stato dato alle stampe, compriamolo perché i fari come sono non li vedremo più. Anche i fari, tra restauri rosati e competitività, sono destinati a perdere ogni fascino e faranno la fine dei nostri centri storici, ricoperti da una crosta fasulla e uniforme che ha reso uguale ogni paese, di pietra o di ladiri che fosse.  Noi speriamo, speriamo d’avere finalmente torto perché questa vittoria «del brutto e del finto» e del finto che è peggio del brutto, genera una duratura e radicata povertà. Ma se chi cerca nell’isola il «bello e l’autentico» troverà cemento dappertutto, foreste di pale eoliche, colline di pannelli fotovoltaici, pianure di campi da golf, paesi dai colori postribolari, un «paesaggio falso» dappertutto, perfino nelle rocche dove i fari resistevano ai «valorizzatori», be’, quel viaggiatore fuggirà inorridito.

Cabras, Torre di S. Giovanni di Sinis

(foto Conservatoire du Littoral, da mailing list ecologista, per conto GrIG, J.I., S.D., archivio GrIG)

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  1. pa
    gennaio 9, 2012 alle 1:27 PM

    diceva Loche nella “TV delle ragazze”: truffa truffa ambiguità………

  2. gennaio 9, 2012 alle 11:35 PM

    E per completezza di informazione occorre aggiungere che la Conservatoria delle Coste gestisce il patrimonio dell’Asinara (52km2) e si appresta a gestire diverse centinaia di ettari delle ex-aree SBS a Castiadas, Capo Ferrato, Cala Domestica e Porto Conte. Il modello è proprio quello indicato sul blog e la cartellonistica per le aree di conservazione costiera è già pronta.

    • gennaio 9, 2012 alle 11:56 PM

      consentite di ricordare che l’Asinara è – fortunatamente – già parco nazionale e da anni (fin dall’Amministrazione regionale Soru) le aree costiere ex S.B.S. dovevano passare in gestione alla Conservatoria delle coste, insieme a parecchie altre di titolarità regionale e, non ultima, il “gioiello” inestimabile di Scivu, la cui donazione era stata annunciata dall’allora Presidente Soru.
      Quando questo accadrà ne saremo insieme parecchio felici 😛

  3. gennaio 9, 2012 alle 11:39 PM

    Noi della Conservatoria delle Coste crediamo che sia proprio bisogno del sostegno di tutto per rendere più incisiva la nostra azione quotidiana e che l’Agenzia non venga mai lasciata sola come è già successo. Per quanto riguarda i fari come ha spiegato il nostro direttore non esiste nessuna possibilità che diventino resort esclusivi perchè questo andrebbe contro il mandato stesso dell’Agenzia. Se la Giunta avesse voluto procedere in questa direzione non avrebbe trasferito i fari alla Conservatoria delle Coste. I fari che non sono mai stati accessibili ai sardi grazie alla Conservatoria delle Coste ridiventeranno accessibili a tutti sardi e non sardi.

    • gennaio 9, 2012 alle 11:52 PM

      noi lo speriamo proprio e sosterremo quest’obiettivo, ma – viste le “perle” in materia di politica ambientale di questa Amministrazione regionale – consentite il beneficio del dubbio 😉

  4. gennaio 10, 2012 alle 12:07 am

    dubito ergo sum… allo stesso tempo sebbene questa Giunta esista da oltre due anni la Conservatoria non ha mai deviato dal suo tracciato. Mai. Credo che bisogna imparare a valutare le cose reali e non fare i processi ex-ante perchè a volte si rischia di bloccarli questi processi. Chi ha scritto il commento ha sottovalutato le attività che l’Agenzia svolge su Asinara siminuendole. Io credo che vada ricordato quanto segue:
    – la Conservatoria ha riportato la legalità sull’Isola ripristinando il codice della strada sull’asse viario principale e mettendo in sicurezza la strada nell’interesse della vita di tanti visitatori e bambini che viaggiano sugli autobus dell’isola autorizzati dal parco da tanti anni
    – la Conservatoria ha attivato un processo di evidenza pubblica, rispettando per la prima volta la legalità, per l’affidamento degli immobili in pieno stato di degrado e per dare avvio a quanto indicato al piano del Parco e per valorizzare le produzioni locai
    – la Conservatoria insieme al Comune di Porto Torres ha attivato la mobilità sostenibile e la raccolta differenziata di rifiuti inesistente fino al suo arrivo
    e potrei continuare a lungo.
    Purtroppo il nostro lavoro quotidiano fatto di sacrifici enormi non viene conosciuto ne riconosciuto e noi siamo giovani pieni di passione che lottano per lo sviluppo sostenibilie di questa isola. A ognuno il suo mestiere. Fa bene Grig a fare ottimamente il suo ruolo di ambientalista. Noi conserviamo il patrimonio e creiamo opportunità di sviluppo attraverso l’uso sostenibile di questo. Inoltre non è possibile lasciar avanzare il degrado di questi immobili. Per oltre dieci anni tutti si sono confrontati con Asinara e nessuno è mai riuscito a fare nulla. Lo dico con orgoglio e con quello dei miei colleghi. Noi abbiamo mosso le montaghe all’Asinara.
    Non mi piace sentire nemmeno le parole “piazzista” e “veicolo di immagine” perchè questo non è mai accaduto fino ad oggi. La Conservatoria organizzava il Coast Day al quale ha sempre partecipato anche Amici della Terra e Gruppo di Intervento Giuridico ma proprio per non dare nessuno spazio a chi voleva usare questo contenitore mediatico per altri usi questo evento non è stato piu organizzato.
    La Conservatoria deve essere valutata per quello che già ha fatto oltre che per quello che potrà fare e sapendo bene che nel 1978 a tre anni dalla sua fondazione il Conservatoire du Littoral non gestiva ancora nulla e non aveva chiaro il suo mandato come ci hanno raccontato i nostri amici del Conservatoire. Quindi ben vengano i paragoni ma iniziamo ad apprezzare una volta tanto i successi già raggiunti. un saluto a tutti

    • gennaio 10, 2012 alle 12:33 am

      timeo Danaos et dona ferentes…..nessuno disconosce quanto sia stato fatto dal personale della Conservatoria delle coste e quanto di positivo sia già raggiunto (all’Asinara e altrove, come in queste pagine web è ampiamente testimoniato), si tratta – semplicemente – di considerare elementi fondamentali della realtà che vive oggi la Sardegna.
      Realtà fatta di piani per l’edilizia, di tentativi smaccati di smantellare il piano paesaggistico regionale, di “farcire” l’Isola di campi da golf come alibi per interventi immobiliari.
      Nessuno più di noi – che l’abbiamo proposta e sostenuta – vuole una Conservatoria delle coste efficace e autorevole. Almeno quanto chi ci lavora.
      Ed è nostro compito, quali associazioni ecologiste, spingere e sostenere l’obiettivo della piena efficacia del suo ruolo.
      Questo accadrà quando tratti sempre più ampi di coste sarde saranno sottratte alla speculazione e al degrado. Sarà un bel risultato del quale saremo tutti parecchio soddisfatti.

  5. gennaio 10, 2012 alle 9:07 am

    In realtà è proprio questo il punto. Spiegando le cose in questo modo si rischia di confondere le idee dei lettori. Una cosa è l’azione politica della Giunta Regionale criticabile per tutti i maldestri tentativi di mettere mano al PPR, per la legge sul Golf, per il Piano Casa e per tante altre diavolerie un’altra è l’operato della Conservatoria delle Coste che non ha competenze in materia urbanistica ma in gestione integrata delle aree costiere e tutela e conservazione dei beni ad essa affidati. Sollevando il dubbio che la Conservatoria delle Coste possa prestarsi alla speculazione attraverso la gestione dei fari o addirittura facendo da “piazzista” si indebolisce la sua azione solitaria ma sempre ben chiara e ispirata dai principi che tutti noi condividiamo. Io credo che occorra sostenerla senza se e senza ma parlando dei difficili progetti che porta avanti ogni giorno e qualora deviasse dal suo ruolo per un solo istante vada criticata aspramente. Fino ad oggi ha portato avanti il suo lavoro in silenzio e con grande efficacia. Da una settimana se ne parla per la questione dei fari e su questo argomento si sono sollevate voci che fino ad adesso avevano sempre tacciuto (es. Giorgio Todde) per insinuare dubbi e in realtà attaccare la Giunta Regionale. Credo che chi vuole attaccare la Giunta Regionale lo debba fare liberamente senza utilizzare la Conservatoria strumentalmente, senza nessun argomento preciso, con il risultato di confondere tutte le persone che non ne conoscono le attività come nell’articolo di Giorgio Todde dove si lasciava intendere che la torre di Torre delle Stelle fosse stata opera dell’Agenzia.

    • gennaio 10, 2012 alle 4:31 PM

      veramente è detto piuttosto chiaramente che le “debolezze” verso la speculazione immobiliare e gli usi “incongrui” riteniamo siano tutte della Regione e non della Conservatoria.
      Basti pensare alla vicenda emblematica della rete di radar costieri.
      Ed è nostro compito chiedere e “pretendere” che la Conservatoria delle coste possa esplicare pienamente il suo compito istituzionale: va bene riconoscere quanto di buono è stato fatto, ma non si può riposare sugli allori!

  6. gennaio 10, 2012 alle 9:24 am

    Probabilmente si sta sopravvalutando il pericolo. Dubito che la Conservatoria voglia distruggere o cementificare questi patrimoni. Piuttosto credo che sia abbastanza inefficace. Da poco hovisto sul sito la documentazione della gara di progettazione per il centro velico di Trabuccato nell’Asinara, indetto dalla stessa Conservatoria.
    A me il livello sembra piuttosto basso….senza offesa per il progettista, lo stesso direttore Satta. Ma poi i titoli ce li ha, insomma è architetto?
    Piuttosto c’è da chiedersi se queste operazioni su fari & co , non siano l’ennesima occasione di distribuzione di potere e ricchezze per mantenere in piedi certi equilibri politici e non…. mah! Che ne dite?

  7. Occhio nudo
    gennaio 10, 2012 alle 12:11 PM

    A me pare che in questi anni l’attività della Conservatoria sia stata un po’ rilassata, poco dinamica, come scrive Silvia “inefficace”, a prescindere da aree e poteri conferiti. Si possono fare delle buone cose anche con pochi mezzi, come fanno tantissime associazioni culturali o ambientaliste. Anche la questione dei fari, che non condanno a priori, sembra più un’iniziativa della Regione che della Conservatoria, attendiamo gli sviluppi.

  8. G.F.
    gennaio 10, 2012 alle 8:16 PM

    Quanta confusione… Conservatoria: Ente regionale (quindi regione) dotato di autonomia contabile economica ecc… quindi struttura pubblica che deve sottostare alle leggi nazionali e regionali, per realizzare quanto previsto nel suo statuto-mandato. La lentezza-velocità con cui essa opera può essere paragonata con gli altri servizi o strutture della stessa regione. Invito tutti a vigilare su quanto e cosa riesce a fare (come anche per gli altri enti regionali comunali ecc…) con i fondi e con il personale che ha a disposizione. I bilanci sono pubblici e liberamente consultabili tra gli allegati alle delibere di giunta. Fate un po di confronti circostanziati e giudicherete meglio. In ogni caso si tratta di un organo pubblico regionale e non potrà che muoversi in due direzioni possibili: o secondo precisa volontà politica (quindi su preciso ordine) oppure secondo gli spazi consentiti dal volere politico (facendo quanto gli è possibile).
    Valorizzatori, conservatori, restauro…certo che se si entrasse nel merito di ognuna di queste parole usate da Todde si potrebbero aprire altrettanti dibatti e convegni… mi soffermo solo su alcuni aspetti del concetto di valorizzazione, cercando di non divagare dagli aspetti più pragmatici per il caso della conservatoria. Essendo un Ente pubblico porta con se l’handicap-garanzia che si deve muovere lungo i binari della piena leggittimità: handicap inteso come soggetto ai rallentamenti causati dalla BUROCRAZIA (grossa piaga per l’economia nazionale) che dilata i tempi; garanzia in quanto non ci sono “maneggiamenti” per favorire tizio, caio o tale imprenditore.
    Dare valore ad un bene culturale attraverso la sua conservazione nel tempo è una cosa complessa: richiede almeno 4 (non tre) livelli di progettazione con relative fasi di approvazione di diversi enti che tutelano determinati aspetti (natura, paesaggio, sicurezza idrogeologica e idrauli… territori locali), richiede programmazione, richiede il reperimento dei fondi, richiede personale con svariate competenze che possa occuparsi dei vari aspetti (e quando non sono interne ad una struttura pubblica devono essere banditi dei concorsi o gare per la loro selezione…). Per fare questo ci vuole tanto tempo e del personale… La conservatoria non ha ancora avuto ne l’una (esiste in forza da circa 2 anni) e ne l’altra cosa, in quanto ampiamente sotto organico!
    Valorizzare significa, forse, anche realizzare progetti (che dovranno essere approvati dai portatori di interesse) che permettano di far “lavorare” le persone su quei beni, perchè se Ri-abbandonati, Ri-tornano all’oblio dell’abbandono e degrado. Esempio delle torri costiere: le ultime sono state abbandonate dopo gli usi della 2a guerra mondiale e da allora nessuno più le ha manutenute… e da allora si stanno perdendo. Un progetto molto lungo e complesso di 2,5 Milioni di fondi europei, ne stà recuperando 9, per un uso puramente culturale. Il periodo delle vacche grasse è finito! Poichè Stato Regione Comuni ecc. non hanno fondi, una delle poche alternatialternative è quella di utilizzare fondi privati che garantiscano il recupero dei beni dall’oblio dei troppi decenni di trascuratezza. In queste circostanze economiche il ruolo della conservatoria, a mio avviso, è se mai quello di fissare le regole, i paletti e perchè no le PENALI(!!!!!!) in caso di inadempienze, sull’uso di questi beni a quei privati che mettono il proprio denaro per salvare un bene i quali, ovviamente, dovranno poter recuperare gli investimenti ed avere il ritorno economico dallo sfruttamento “compatibile” di quel bene. Bene che dovrà rimanere di proprietà pubblica e che dovrà creare lavoro nel territorio locale. Questo dobbiamo pretendere con forza e senza sconti dalla conservatoria e da tutte le strutture pubbliche!

    • gennaio 10, 2012 alle 8:48 PM

      solo un’osservazione: recentemente la Giunta regionale ha dovuto “rimodulare” il P.O.R. Sardegna FESR 2007-2013 rinunciando, nelle settimane precedenti, a ben 380 milioni di euro di quota comunitaria in quanto la Regione autonoma della Sardegna (soggetto titolare del piano) non sarebbe stata in grado di spendere tutti i fondi programmati entro il 31 dicembre 2011, data prevista per il disimpegno automatico da parte dell’Unione Europea.
      Al di là dei tecnicismi, la sostanza è che la Regione non è stata in grado di fare “buona programmazione”.
      Per quale motivo non destìna – attraverso uno specifico programma sostenuto con fondi comunitari – 20/30 milioni di euro annui per acquistare terreni costieri di rilevante valore ambientale a rischio speculazione immobiliare, affidandone il compito proprio all’Agenzia della Conservatoria delle coste?
      Sarebbe la soluzione ideale, i fondi comunitari sarebbero spesi bene (e non andrebbero persi) e in pochi anni sarebbe costituito un vero e proprio “demanio costiero” dove realizzare anche interventi nell’ottica dello “sviluppo sostenibile”.
      Lo potrebbe fare l’attuale Amministrazione Cappellacci, se ne avesse voglia.
      L’avrebbe potuto fare la precedente Amministrazione Soru, se ne avesse avuto voglia.
      La pura verità è che è mancata finora la volontà politica di far svolgere fino in fondo alla Conservatoria i compiti per cui è stata proposta e istituita.
      Per il resto, concordo sostanzialmente con te.
      Stefano Deliperi

  9. G.F.
    gennaio 10, 2012 alle 11:40 PM

    Che fantastiche domande! Credo siano in tanti ad attendere risposte…(non tantissimi a dire il vero). Quella che indichi come pura verità potrebbe esserne realmente una parte.
    Anzi… proviamo ad essere cattivi per un attimo, osando perfino con qualche fantasticheria vittimista… Proviamo a pensare, solo per un attimo, che tagliare le ali ad un ente privandolo di fondi e personale, che ha dimostrato in più occasioni di fare tanto con il poco a sua disposizione, sia il miglior modo di non far sfigurare “altri” e mantenere per facciata un ente vocato alla “conservazione” del bene “coste”. C’è, come scrivono loro, da supportare pubblicamente, e con forza, il ruolo dell’ente contro i ricorrenti tentativi di smantellare la mission della conservatoria.
    Sappiamo che il bene coste fa gola a tanti. Il positivo è che fino ad ora la conservatoria ha resistito agli scossoni e alle spallate dei “portatori di interessi” (privati) contrastanti con gli interessi pubblici e di pubblica fruibilità attraverso la tutela ambientale, del bene culturale e identitario.
    Personalmente sono convinto che fino a quando gli enti, come la conservatoria, operano in questo modo, debbano essere sostenuti e, a loro volta, tutelati e difesi dalla collettività contro gli attacchi di chi vuole usare-sfruttare il territorio (e i beni in esso contenuti e che lo connotano) per fini esclusivamente privatistici e puramente economici senza riversare nello stesso almeno una parte dei benefici. Si pensi, ad esempio allo scempio della bomba ecologica delle cave abbandonate di furtei.

    • gennaio 10, 2012 alle 11:49 PM

      potrei essere personalmente molto più “cattivo”, ma mi attengo ai fatti. E i fatti bastano e avanzano.
      Stefano Deliperi

  10. gennaio 11, 2012 alle 1:27 PM

    Caro GF, che tu sia un dipendende o forse il dirigente della Conservatoria , questo è manifesto. Nessuno vuole “azzannare” la mission della Conservatoria, nè mettere i bastoni fra le ruote di un carro che avanza già con le difficoltà proprie della PA, inclusa l’assenza di una valida programmazione ed implementazione degli obiettivi.
    Per quel che è noto, non risulta che a quest’agenzia siano stati tagliati fondi o personale, bensì è stata data fiducia al suo direttivo, certo non senza un valido motivo.
    Tuttavia non è questo il nocciolo della riflessione che si vuole fare ed è inutile sviare.
    L’invito della stampa e di chi scrive è proprio alla riflessione e alla maturazione di un meno ingenuo senso ambientale, maturazione che deve riguardare tutti, anche e maggiormente un’ agenzia che ha nella sua mission le finalità di tutela ambientale. Perchè non capiti di credere, ripeto “ingenuamente” – non vogliamo pensare che certi apologismi siano delle mere coperture propagandistiche per azioni più che altro di ….”conservazione di mandato”- che basti servirsi di un certo lessico, e pronunciare le parole “tutela, messa in valore, riuso, sviluppo sostenibile” etc. etc. per far sì che tutto ciò diventi effettivo.
    La qualità e la capacità di perseguimento dei fini è tutta un altra cosa…. e bisogna lavorarci seriamente, usando intelligenza e discrezionalità, accettando anche stimoli che sul momento indispongono un pò, e perdendo l’abitudine di stare dietro il paravento, come dici, di una ” precisa volontà politica, (preciso ordine)”, che già si commenta da sè.

  11. Alessio Satta
    gennaio 12, 2012 alle 10:10 am

    Gentile Silvia,
    ho l’abitudine di firmare le cose che scrivo e soprattutto non ho l’abitudine di nascondermi dietro pseudonimi.
    Per provare a diradare la nebbia dei dubbi che lei esprime sulla nostra efficacia e sui non trasparenti obiettivi di “conservazione dl mandato”, mi piacerebbe incontrarla negli uffici della Conservatoria delle Coste per mostrarle personalmente come funziona l’Agenzia in tutte le sue attività tecniche e amministrative. Se ritiene che un confronto “de visu” possa aiutarla a fare maggiore chiarezza su tutti gli argomenti da lei sollevati può scrivermi alla mia email: alesatta@regione.sardegna.it o chiamarmi sul mio numero di telefono diretto : 070.6065558.
    un cordiale saluto
    Alessio Satta

  12. Occhio nudo
    gennaio 12, 2012 alle 12:49 PM

    Silvia for President 😀

  13. Mario
    gennaio 12, 2012 alle 2:26 PM

    @Silvia gli hai stesi… qualcuno si è sentito toccato
    continua così!!!

  14. gennaio 12, 2012 alle 3:53 PM

    Gentile Alessio, le ho solo chiesto di contribuire alla dibattito in modo sereno e non ingenuo e lei non lo ha fatto : ha mostrato che stava già seguendo la discussione e che avevo ragione; ha simulato di voler uscire allo scoperto fornendo riferimenti che tutti possono ricavare dal sito, e chiedendo nel contempo – che strano!- di riportare la discussione “a porte chiuse” anzichè in un blog in cui tutti si può stare a sentire. E’ vero sui blog possono esserci imprecisioni, ma fa parte del gioco…
    Se non ha tempo sufficiente per stare sull’argomento pubblicamente la capisco: ha ben altro a cui pensare. E d’altra parte anche io, visto che qui non si riesce ad intavolare una discussione sul paesaggio. La saluto e buon lavoro ben pagato con i nostri soldi!
    Ciao GF!

  15. Alessio Satta
    gennaio 12, 2012 alle 11:10 PM

    Credo molto nello strumento del blog cosi come in tutti gli strumenti dove si possono esprimere le opinioni liberamente, senza censura, anche quando queste sono negative. Credo anche che un ente pubblico come la Conservatoria debba utilizzare tutti i mezzi possibili, anche quelli meno istituzionali come questo, per comunicare le sue attività e per raccogliere commenti e critiche per trarne informazioni utili per la sua azione. Allo stesso tempo, cosi come in un dibattito pubblico reale, è fondamentale conoscere e riconoscere le persone che intervengono al dibattito affinché tutto il processo sia completamente trasparente. Per questa ragione stiamo predisponendo un blog dedicato ai fari e ai semafori trasferiti alla Regione Sardegna con l’auspicio che le energie dimostrate in questo, come in altri blog, si possano riversare in modo costruttivo in una forma di gestione partecipata e condivisa dei beni gestiti e tutelati dalla Conservatoria delle Coste. Ringrazio Stefano Deliperi per aver iniziato questo interessante e acceso dibattito e a lui chiederò di dare massima diffusione al nostro blog che verrà messo in rete a brevissimo.
    Un saluto a tutti
    Alessio Satta

    • gennaio 13, 2012 alle 11:11 PM

      certamente, Alessio. Daremo ampio risalto, come sempre, a quanto farà la Conservatoria delle coste. E’ potenzialmente una delle cose migliori di questa nostra Regione e deve giungere ai livelli più alti. Con l’aiuto di tutti si può fare!
      Stefano Deliperi

  16. G.F.
    gennaio 12, 2012 alle 11:31 PM

    Cara Silvia, o qualunque sia il tuo nome, permetti anche a me una sola frase di polemica sterile, purtroppo non sono il dirigente (penso soprattutto al suo stipendio), e non sono neppure un dipendente della conservatoria e ciò che pare manifesta è la tua cantonata nell’attriburmi altra identità. Tuttavia ho conosciuto la Conservatoria per vie traverse e ne seguo, da lontano, le attività perchè credo che il suo mandato (liberamente cliccabile sul sito della regione) sia degno di esser sostenuto.
    Concordo con Deliperi che invita a sfruttare la disponibilità di un soggetto istituzionale ad aprirsi al dialogo esterno (cosa che personalmente non ho visto realizzarsi da nessuna parte non ostante la mia età). Siate invece costruttivi.
    Sono d’accordo con te sulla necessità di maturazione del concetto ambiente… ma se si fa il gioco di certi politicanti, che spinge la critica fino a svuotare di significato termini complessi eterogenei e per forza di cose tanto sintetici quanto tecnici perchè abusati da tanti, si sprecano energie e si uccide il dibattito.
    Quando li si usa senza ipocrisie, sono termini che contengono ricchissimi significati e dovrebbero portare a fatti reali molto conreti. Sono termini che vanno arrichiti di nuovi significati-sfaccettature e non svuotati o ridicolizzati tanto da non esser più citati nei post successivi per timore di esser ridicolizzati da atteggiamenti tutt’altro che utili.
    Saluti

  17. gennaio 13, 2012 alle 2:48 PM

    da L’Unione Sarda, 13 gennaio 2012
    San Vero Milis. Comune. «Cara Regione, giù le mani dal nostro faro»: http://www.regione.sardegna.it/documenti/1_146_20120113091036.pdf

  18. gennaio 24, 2012 alle 2:53 PM

    da La Nuova Sardegna, 24 gennaio 2012
    Sul futuro dei fari incombe la speculazione. alla Regione un atteggiamento ambiguo, gli ecologisti vigileranno: http://www.consregsardegna.it/rassegnastampa/pdf/48309_Sul_futuro_dei_fari_incombe_la_speculazione.pdf

  19. Maggio 8, 2012 alle 7:36 PM

    fari in vendita? Non diciamo fesserie.

    da L’Unione Sarda on line, 8 maggio 2012
    In vendita 15 fari della Sardegna.
    In un blog sondaggio su come utilizzarli. I beni del patrimonio marittimo-costiero della Sardegna sono stati affidati all’Agenzia per essere messi in vendita: http://www.unionesarda.it/Articoli/Articolo/272103

    qui il blog aperto dall’Agenzia della Conservatoria delle coste sarde: http://sardegnafari.wordpress.com

  20. ottobre 3, 2013 alle 4:03 PM

    GENTILISSIMI TUTTI,
    SONO DECISAMENTE AFFASCINATO E INTERESSATO A QUESTA CONVERSAZIONE E MI CHIEDEVO SE IL SIGNOR SATTA FOSSE DISPOSTO AD UN’ INCONTRO ANCHE CON ME..
    GRADIREI ESSERE MAGGIORMENTE A CONOSCENZA DELLE VARIE DINAMICHE CHE SI POTREBBERO MANIFESTARE PER LE GARE D’APPALTO, ED EVENTUALMENTE COSA BISOGNEREBBE FARE PER POTERVICI PARTECIPARE…
    CORDIALI SALUTI,
    NICOLA PAU…

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