Spocchia vanesia vestita di lino.
C’è chi conduce dalla nascita una vita privilegiata e nemmeno se ne accorge.
Dalla sua l’intima convinzione di essere ammorbato dalla vita comune di troppi altri esseri umani che calpestano la stessa Terra, respirano la stessa aria, bevono la stessa acqua.
Questo traspare dalle sue parole, pubblicate sul giornale di suo figlio, così come un tempo pubblicava sulla carta stampata di suo suocero.
Sì, il treno per Foggia passa da Benevento e accade che i lanzichenecchi si facciano gli affari loro, senza peraltro voler a tutti i costi ciarlare con il signore con i capelli bianchi che usa carta e penna.
Costui ha avuto lungo tempo finora per far qualcosa di positivo per la collettività e per la nostra Terra, l’unica casa comune che abbiamo.
Chiedo venia, ma non ricordo nulla in proposito.
Quei lanzichenecchi hanno il tempo per farlo e, forse, almeno uno di loro proverà a farlo.
Ecco, basta e avanza. Scenda pure dal treno.
Stefano Deliperi, Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)
da La Repubblica, 23 luglio 2023
Un gruppo di ragazzi poco educati e un signore con i capelli bianchi che usa carta e penna, legge Proust e i giornali in inglese protagonisti di questo racconto d’estate di Alain Elkann.
Sul treno per Foggia con i giovani “lanzichenecchi”. (Alain Elkann)
Non pensavo che si potesse ancora adoperare la parola “lanzichenecchi” eppure mi sbagliavo. Qualche giorno fa, dovendo andare da Roma a Foggia, sono salito su una carrozza di prima classe di un treno Italo. Il mio posto assegnato era accanto al finestrino e vicino a me sedeva un ragazzo che avrà avuto 16 o 17 anni.
T-shirt bianca con una scritta colorata, pantaloncini corti neri, scarpe da ginnastica di marca Nike, capelli biondi tagliati corti, uno zainetto verde. E l’iPhone con cuffia per ascoltare musica. Intorno a noi, nelle file dietro e in quelle davanti, sedevano altri ragazzi della stessa età, vestiti più o meno allo stesso modo: tutti con un iPhone in mano. Alcuni avevano in testa il classico cappello di tela con visiera da giocatore di baseball di colori diversi, prevalentemente neri, e avevano tutti o le braccia o le gambe o il collo con tatuaggi piuttosto grandi. Nessuno portava l’orologio.
Io indossavo, malgrado il caldo, un vestito molto stazzonato di lino blu e una camicia leggera. Avevo una cartella di cuoio marrone dalla quale ho estratto i giornali: il Financial Times del weekend, New York Times e Robinson, il supplemento culturale di Repubblica. Stavo anche finendo di leggere il secondo volume della Recherche du temps perdu di Proust e in particolare il capitolo “Sodoma e Gomorra”. Ho estratto anche un quaderno su cui scrivo il diario con la mia penna stilografica.
Mentre facevo quello, i ragazzi parlavano ad alta voce come fossero i padroni del vagone, assolutamente incuranti di chi stava attorno. Parlavano di calcio, di giocatori, di partite, di squadre, usando parolacce e un linguaggio privo di inibizioni.
Intanto il treno, era arrivato a Caserta. Non sapevo che per andare da Roma a Foggia si dovesse passare da Caserta e poi da Benevento. Pensavo di aver sbagliato treno, ma invece è così. Non ho mai rivolto la parola al mio vicino che o taceva ascoltando musica o si intrometteva con il medesimo linguaggio nella conversazione degli altri ragazzi.
A un certo punto, poco dopo Benevento, mentre erano sempre seduti o quasi sdraiati ai loro posti, ammassando nei vari cestini per la carta straccia lattine di Coca Cola o tè freddo, uno di loro ha detto: «Non è che dobbiamo stare soli di sera: andiamo a cercare ragazze nei night».
Un altro ragazzo più piccolo di statura e con il viso leggermente coperto di acne giovanile ha detto: «Macché night! Credetemi, ho esperienza. Bisogna beccare le ragazze in spiaggia e poi la sera portarle fuori e provarci. La spiaggia è il posto più figo e sicuro per beccare».
Quella conversazione sulle donne da trovare era andata avanti mentre io avevo finito di scrivere sul mio quaderno ed ero immerso nella lettura di Proust. Loro erano totalmente indifferenti a me, alla mia persona, come se fossi un’entità trasparente, un altro mondo.
Io mi sono domandato se era il caso di iniziare a parlare col mio vicino, ma non l’ho fatto. Lui era la maggioranza, uno nessuno centomila, io ero inesistente: qualcuno che usava carta e penna, che leggeva giornali in inglese e poi un libro in francese con la giacca e i pantaloni lunghi.
Per loro chi era costui?
Un signore con i capelli bianchi, una sorta di marziano che veniva da un altro mondo e che non li interessava. Pensavano ai fatti loro, parlavano forte, dicevano parolacce, si muovevano in continuazione, ma nessuno degli altri passeggeri diceva nulla.
Avevano paura di quei ragazzi tatuati che venivano dal nord, lo si capiva dall’accento, o erano abituati a quel genere di comportamento?
Arrivando a Foggia, mi sono alzato, ho preso la mia cartella. Nessuno mi ha salutato, forse perché non mi vedevano e io non li ho salutati perché mi avevano dato fastidio quei giovani “lanzichenecchi” senza nome.
(foto da mailing list ambientalista, M.F., S.D., archivio GrIG)




L’articolo di Elkann Senior è a mio avviso sommamente istruttivo. Andrebbe letto e fatto leggere con la più vasta diffusione possibile.
Rende infatti evidente e chiaro, nel modo più esaustivo , lo scarto incolmabile tra la visione del mondo e di sé, di certa classe dirigente e di tutto il resto del “popolo”.
Mi sono chiesto come mai la Repubblica , giornale di famiglia del nostro autore di lino vestito, abbia pubblicato una simile autoconfessione da ancien regime. Forse confidavano del fatto che nessuno o quasi legge piu i giornali e tantomeno le articolesse delle pagine “culturali”. Ben venga dunque la reazione indignata di molti e speriamo pure che tra gli indignati qualcuno/a rifletta a se sia ancora accettabile un mondo suddiviso tra aristocratici e plebe.
Non si possono chiamare “plebe” i “ragazzi”(?)vestiti “firmati”, che vestono e si comportano come la moda vuole, che viaggiano in prima classe; la Plebe è un’altra cosa;
nemmeno si può chiamare “aristocratico” un uomo, vestito con pantaloni lunghi e camicia , che viaggia in prima classe.
Non mi appare così distante la loro realtà; in Italia hanno gli stessi doveri e gli stessi diritti, sono dei pari.
La suddivisione su questa povera Terra tra gli uomini, in Italia e in tutto il Mondo, mi pare essere purtroppo evidente, senza bisogno di articoli.
Fuori dal mondo, ha avuto anche il coraggio di scrivere ai giornali e non se ne vergogna nemmeno. Muoia Sansone e tutti i Filistei! Altro che Lanzichenecchi, ai quali, gente come lui, ma anche come tutti noi, ha/abbiamo apparecchiato una tavola molto molto pericolosa, brutta da vedere e devastante da sopportare. Sono enormemente dispiaciuta di non poter fare niente o quasi niente per loro. Grazie Stefano Deliperi.
Segnalo, sulla vicenda in questione, un intervento di Giuseppina La Face pubblicato ieri sul sito online de ‘Il Fatto Quotidiano’ (https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/07/27/elkann-una-cosa-giusta-lha-detta-la-maleducazione-dilaga/7242242/).
La prof.ssa La Face sottolinea che l’articolo di A. Elkann , al di là di alcuni passaggi criticabili o addirittura risibili, richiama l’attenzione su un punto importante: la maleducazione dilagante.
I ragazzi presi di mira da Elkann viaggiavano in prima classe su un treno ‘Italo’ e stavano presumibilmente andando a divertirsi in Puglia: non credo si trattasse di sottoproletari!
Come scrive la prof.ssa La Face il problema è un altro: “la maleducazione va montando, l’ignoranza dilaga, il cattivo gusto impera…Il bersaglio di Elkann è invece un altro, ed è giustissimo: ossia la maleducazione che straripa, penetra in ogni dove e danneggia tutti noi, persone comuni, e, a maggior ragione, i poveracci.”
Qualcuno dovrebbe farsi carico di spiegare ai ragazzi del treno per Foggia il valore, inestimabile, del silenzio, e l’importanza di rispettare la tranquillità altrui, chiunque esso sia, in un luogo pubblico e densamente frequentato, sia esso un mezzo di trasporto, un parco, una spiaggia, una piazza ecc. o anche in un luogo privato dove convivono una pluralità di individui (ad es. un palazzo condominiale)
Colgo infine l’occasione per porre una domanda a Stefano, le cui iniziative seguo da alcuni anni e al quale ribadisco tutta la mia stima e il mio supporto: non sarebbe il caso di dedicare più attenzione all’inquinamento acustico in tutte le sue forme e ai danni che produce all’ambiente e alla salute umana?
..sul valore dell’educazione e del silenzio siamo assolutamente d’accordo, tuttavia non conosciamo la versione dei pretesi “lanzichenecchi” e, forse, non sapremo mai come sono andate le cose nella realtà.
Resta l’evitabilissima infelice prosa di Elkann.
Quanto all’inquinamento acustico, una delle sciagure dei nostri tempi, ce ne siamo occupati nei casi concreti che è capitato di affrontare nel corso del tempo, non molti, per la verità. Abbiamo anche illustrato le posizioni espresse dalla giurisprudenza.
Il contenuto numero dei casi dipende anche dal fatto che spesso si tratta di casi in cui è necessaria l’azione diretta delle persone che han visto ledere il loro diritto alla salute. E non tutti, per varie ragioni, sono disponibili ad esporsi in prima persona.
Buona serata!
Stefano Deliperi
El can ha defecato in treno? dalla bocca… dite!? ah no, dalla stilo. E i ragazzi? …non hanno detto nulla!? nemmeno, qualcosa come: “che puzza!”. Comunque la cacca è stata raccolta e ritirata: bene. E di ragazzotti che viaggiano in prima classe? saranno mica anch’essi il prodotto di altri cani? (che già qualcosa d’analogo si sarebbe visto: saranno mica cani dello stesso canile?).
Bau