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Lettera aperta ai Candidati alla carica di Presidente della Regione autonoma della Sardegna: risponde Michela Murgia (Sardegna Possibile).


Sardegna, paesaggio agrario

Sardegna, paesaggio agrario

In seguito alla lettera aperta inviata ai Candidati alla carica di Presidente della Regione autonoma della Sardegna sono pervenute le risposte di Michela Murgia (coalizione Sardegna Possibile).

Eccole di seguito.

In precedenza sono pervenute le risposte di Francesco Pigliaru (coalizione Cominciamo il Domani, Centro-Sinistra), pubblicate qui, di Pier Franco Devias (Fronte Indipendentista Unidu), pubblicate qui, e di Michelangelo Serra (Movimento “Onestà e Progresso”), ma la lista considerata vicina ai grillini non è stata ammessa alla competizione elettorale (in ogni caso, eccole qui).

Ugo Cappellacci (coalizione di centro-destra), Mauro Pili (coalizione Unidos), Gigi Sanna (movimento Zona Franca) non hanno finora fatto pervenire alcuna risposta.

In seguito pubblicheremo integralmente le risposte che eventualmente giungeranno dagli altri Candidati.

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

 

Oxalis pes-caprae

Oxalis pes-caprae

 

 

Cari amici e amiche del Gruppo di Intervento Giuridico,

vi ringrazio per aver sollecitato questo dialogo con la lettera aperta ai candidati presidenti. La vostra esperienza di resistenza sui territori è una scuola civica che ben conosco e che in questi ultimi anni ha spesso dovuto prendere il posto abbandonato da chi avrebbe dovuto esercitare il controllo critico sull’azione politica dei nostri amministratori e invece non l’ha fatto. Avete richiamato la stampa alla vigilanza, gli studiosi alla verifica scientifica, gli intellettuali alla critica e i sindacati alla rappresentanza. Voi ci siete stati e noi, attraverso l’attività politica di difesa dei territori dalle nuove e antiche servitù, siamo stati molte volte al vostro fianco. Nel ringraziarvi per tutto il lavoro svolto da ciascuno dei comitati che compongono il coordinamento, con molto piacere rispondo dunque alle vostre sacrosante sollecitazioni.

Capoterra, alluvione (2008)

Capoterra, alluvione (2008)

1) il territorio sardo rivela un diffuso rischio idrogeologico, che anche recentemente ha determinato, in concomitanza con eventi atmosferici intensi, l’ennesima calamità innaturale in Gallura, nel Nuorese, nel Campidano, con nuovi lutti e danni materiali.  Analogamente le reti idriche isolane attualmente perdono circa l’85% dell’acqua trasportata (dati Ordine dei Geologi, ottobre 2011).   Non ritiene che la Regione debba impegnarsi nei prossimi anni in un vero e proprio new deal nel campo del risanamento idrogeologico e della distribuzione idrica, con il sostegno dei fondi comunitari 2014-2020, così anche da fornire occasioni di lavoro per imprese, professionalità, maestranze di ogni livello?

gemme, acqua, bosco

gemme, acqua, bosco

I due problemi che vengono sollevati sono intimamente interconnessi e si influenzano a vicenda ma hanno natura e origine profondamente diverse e di conseguenza le proposte di soluzione sono differenti.

Il disastro delle reti idriche è un problema concettualmente “semplice” trattandosi di mancanze tecnologiche ed organizzative, sulle quali investendo adeguate risorse economiche si può incidere significativamente. Per questo Sardegna Possibile si adopererà per raccogliere la maggior quantità di risorse atte alla realizzazione di interventi strutturali sulle reti di distribuzione e di depurazione.

Tuttavia il problema dell’acqua in Sardegna non è solo legato alle infrastrutture, ma è ben più ampio.

Poiché l’acqua per noi rappresenta un bene comune e una risorsa strategica, non solo non deve essere sprecata, ma deve essere gestita nel miglior modo: abbiamo alcune idee.

● Innanzitutto è necessaria la revisione degli ambiti territoriali ottimali ;

● è urgente la riorganizzazione di Abbanoa e dei servizi erogati a livello territoriale e funzionale, nonché dei rapporti economici con il fornitore delle risorse (ENAS);

● la revisione delle funzioni di ENAS tenendo conto dei comparti agricoli serviti e della reale domanda territoriale distinta in ogni zona fra irriguo, potabile e industriale;

● l’applicazione dei piani già esecutivi elaborati dall’ENAS per lo sfruttamento a fini energetici dei bacini artificiali e la riorganizzazione delle concessioni di gestione degli invasi in coordinamento con il Piano Energetico Regionale ed il nuovo Piano Regolatore Regionale delle Acque.

Solo un economia di gestione razionale ed efficiente può assicurare nel tempo l’indispensabile manutenzione agli impianti di distribuzione. A questi provvedimenti si devono accompagnare:

● la gestione locale delle risorse sorgive e della distribuzione su piccole reti;

● l’incentivazione al consumo dell’acqua di rete per uso alimentare e all’installazione di sistemi domestici per il recupero delle acque piovane e per la fitodepurazione;

● il finanziamento di politiche di formazione al risparmio e all’uso corretto della risorsa.

Se la gestione dell’acqua è un tema prevalentemente tecnico e organizzativo oltre che economico, il tema del dissesto idrogeologico può essere interpretato invece come “complesso” perché oltre che tecnico, riguarda il ripensamento del rapporto tra l’uomo e l’ambiente e il modello di sviluppo economico della nostra società. Non sottovalutiamo il fatto che interi quartieri siano costruiti in aree a rischio idrogeologico e, quindi, che tante persone rischino la vita stando a casa, ne che vi siano opere di ingegneria ambientale urgenti e indispensabili e neanche che, probabilmente, siano stati commessi reati amministrativamente e penalmente rilevanti in materia urbanistica. Pensiamo che questi, come lo spopolamento delle aree collinari e montane dove si dovrebbe fare la prima manutenzione, siano solo gli effetti della rescissione del legame tra la nostra società e il territorio. È un problema innanzitutto culturale, ecco perché “complesso”.

Se crediamo che la tecnologia ci dia strumenti per consentirci di costruire ovunque, se pensiamo che la manutenzione idrogeologica si faccia con un esercito di manutentori della Regione, non risolveremo mai niente.

Occorre capire che se un versante collinare terrazzato frana o se un torrente esonda, non sono problemi della natura, che troverà un suo nuovo equilibrio ecologico e idrogeologico, ma un problema nostro.

Occorre quindi, secondo Sardegna Possibile, scrivere un nuovo patto costituente di uso e cura del Territorio a cui daremo il nome di Legge Urbanistica Regionale e che dovrà essere scritto con la più ampia partecipazione dei Sardi per diventare poi strumento condiviso di un nuovo modello di sviluppo sostenibile.

Garzetta (Egretta garzetta)

Garzetta (Egretta garzetta)

In questo contesto si deve inserire la volontà forte di Sardegna Possibile di investire nella prevenzione del dissesto idrogeologico attraverso l’attuazione di un nuovo Piano di Assetto Idrogeologico che, insieme alla nuova Legge Urbanistica e al PPR, dovrà essere integrato e completato dal nuovo Piano di Protezione Civile Regionale, che finora non è mai stato approvato.

Il Piano di Protezione Civile regionale è vitale perché contiene il coordinamento delle attività di prevenzione (le cosiddette attività “in tempo di pace”) in base alle quali la RAS può ottenere e spendere i fondi per la prevenzione, che invece non sono utilizzati, per milioni di euro. Sarebbero i fondi per comprare mezzi anfibi, ruspe, ambulanze, cucine da campo, tende, container, attrezzature di soccorso, brande, radio da campo e tante altre dotazioni; sarebbero i soldi per fare le simulazioni, i piani di intervento, per informare le persone prima dell’emergenza su come comportarsi, per opere di messa in sicurezza degli alvei, pulizia dei bacini, formazione degli operatori, formazione dei soccorritori, organizzazione del coordinamento e della rete operativa dei volontari, e molte altre attività. I fondi ci sono, sono disponibili e devono essere usati subito.

La spesa attualmente programmata dalla RAS per la protezione civile e interventi contro il dissesto è del tutto insufficiente: per la realizzazione delle opere immediatamente cantierabili, per la realizzazione di interventi urgenti di mitigazione del rischio idrogeologico elevato nei territori comunali perimetrati dal PAI, la finanziaria regionale stanzia 5 milioni di Euro per il 2012 e 6 milioni di Euro per gli anni 2013 e 2014. Per farsi un’idea, questi soldi sarebbero sufficienti giusto a costruire 800 metri di strada asfaltata a due corsie.

Per l’allestimento e l’organizzazione dei servizi della protezione civile è autorizzata nell’anno 2012 la spesa di euro 500.000, che però non si spende perché manca il Piano Regionale.

La politica finora ha preferito gestire i richiami dei grandi e piccoli speculatori edilizi senza regole precise e talvolta con scelte profondamente errate, creando le condizioni che hanno permesso di mettere a rischio la nostra vita.

La politica regionale oggi, purtroppo, continua su questa linea:

● dando lustro alla propria immagine stanziando fondi straordinari (tra l’altro in quantità risibili) sull’onda emotiva dei morti per poi sprecarli in appalti da affidare fuori dal contesto normativo standard e quindi con alta incidenza di corruzione;

● invocando presunti eventi eccezionali per nascondere le proprie inadempienze, dimostrando di non conoscere la storia della terra che dice di voler governare, il lungo elenco dei morti, la periodicità stringente e prevedibile degli eventi che “eccezionali” non sono affatto;

● ignorando i dati e gli studi scientifici, gli ammonimenti degli ordini professionali sardi che si occupano di territorio, delle associazioni e dei comitati tecnici, le richieste degli enti locali, la rabbia e il dolore dei cittadini.

Sardegna Possibile ha la stesura, l’approvazione e il finanziamento del Piano di Protezione Civile come priorità assoluta. A ciò accompagnerà la realizzazione degli interventi e delle opere pubbliche necessari a garantire la sicurezza delle persone.

Governare e guidare un popolo significa anche sapere di doverlo difendere a ogni costo, garantirne sempre e in ogni luogo l’incolumità. Garantire che i beni, le case, le imprese, gli ovili, i frutti di fatiche che durano generazioni, siano e rimangano intoccabili dagli speculatori e dagli eventi catastrofici naturali.

Dentro Sardegna Possibile abbiamo elaborato regole ferree in materia di protezione della popolazione civile e queste saranno applicate senza eccezioni e senza incertezza. I cittadini vanno protetti e informati. I volontari vanno formati, finanziati, coordinati, preparati. Le istituzioni devono essere coordinate tra loro, consapevoli dei loro rispettivi ruoli, doveri, compiti operativi. Deve essere fatta prevenzione in modo serio e costante. Devono essere spesi subito i fondi che ci sono e devono esserne stanziati di nuovi.

La sicurezza del territorio è fondamento irrinunciabile dello sviluppo democratico della società, della crescita economica e sociale, del benessere individuale e collettivo.

dune costiere con vegetazione mediterranea

dune costiere con vegetazione mediterranea

2) il piano paesaggistico regionale (P.P.R.) è una delle migliori realizzazioni scientifico-amministrative nel campo della tutela del territorio a livello nazionale, con ampi apprezzamenti anche all’estero.  Pur necessitando di rettifiche e modifiche, l’impianto dell’atto di pianificazione consente la salvaguardia delle parti più pregiate della Sardegna e non bisogna dimenticare che l’ambiente e le coste costituiscono anche la prima attrattiva turistica isolana. Lo scempio edilizio in corso sulle dune di Badesi dimostra a quali nefaste conseguenze può portare l’assenza di un’adeguata tutela.  Lo stravolgimento recentemente attuato, insieme alle disposizioni del “piano casa”, costituiscono un pericolo per la tutela ambientale e la sicurezza pubblica nelle aree a maggior rischio idrogeologico: quali iniziative concrete attuerà in proposito.

Badesi, cantiere edilizio in area dunale (marzo 2013)

Badesi, cantiere edilizio in area dunale (marzo 2013)

Chiariamo subito che il proposto PPS di Cappellacci e i successivi e sistematici attacchi al territorio portati con strumenti legislativi vanno immediatamente neutralizzati per la loro portata distruttiva e per gli effetti deleteri sui beni comuni.

Merita invece un attento approfondimento il PPR del 2006.

Da un punto di vista disciplinare la sua natura meramente vincolistica, se da un lato è stata l’argine necessario e urgente alla perdita per distruzione del paesaggio, dall’altro ne è stata il principale limite. Il territorio è un ecosistema frutto del concorso tra azione naturale e umana, l’agire dell’uomo entro i limiti della simbiosi è la forza che conserva il paesaggio. Se, quindi, il vincolo non è accompagnato da un sostegno alla buona pratica territoriale, il paesaggio non si perderà per distruzione, ma per degrado e abbandono. Volendo fare un esempio: è correttissimo limitare gli interventi ammissibili nel centro storico, ma se contemporaneamente non promuoviamo il restauro, la manutenzione e il riuso, le case in centro storico cadranno in rovina per abbandono e il paesaggio urbano storico sarà comunque compromesso. Lo stesso vale per il paesaggio agrario, costiero e interno. A tale proposito Sardegna Possibile crede che il PPR debba essere reso più elastico e coerente con le più moderne concezioni urbanistiche di conservazione e gestione del territorio e poi rapidamente esteso agli ambiti non costieri, i quali, seppure soggetti a minore pressione speculativa hanno la stessa dignità di quelli costieri. Le norme urbanistiche devono includere non solo esigenze di tutela, ma anche di utilizzo a fini economici secondo la direttrice che permea ogni aspetto del nostro programma: l’approccio sostenibile.

Riteniamo, per chiarire meglio il concetto, che sia necessario ad esempio coordinare il PPR al Piano di Sviluppo Rurale, perché la vera tutela del paesaggio agrario è fatta dai contadini. Più in generale, ogni vincolo dovrà essere coordinato con misure di sostegno per chi opera per mantenere vivo e produttivo il paesaggio. Lo stesso dicasi per il Piano Strategico del Turismo Sostenibile che dovrà stimolare e accompagnare gli imprenditori e i vari portatori di interesse verso la “cura” del territorio attraverso buone pratiche di gestione sostenibile, in parte già presenti (ne sono un esempio le forme di ospitalità diffusa attuate con successo dai GAL) e altre da individuare attraverso la sperimentazione di micromodelli.

Un altro limite metodologico riconosciuto nel PPR del 2006 è stato il mancato coinvolgimento degli abitanti dei territori nella pianificazione paesaggistica. Il paesaggio è un bene collettivo identitario, appartenente innanzitutto ai suoi stessi abitanti. Questo errore, unito a un quadro di assenza di certezza normativa, ha comportato l’insostenibilità politica del PPR che infatti ha visto pochissimi comuni conformarsi. Un’ultima considerazione, di carattere più squisitamente normativo, va fatta sull’ipertrofia del PPR: è ormai indispensabile una semplificazione affiancata dalla scrittura di un’adeguata (e partecipata) Legge Urbanistica che fissi in forma di legge, e non di norme di attuazione di piano, alcuni principi del governo del territorio e allo stesso tempo ordini, coordini e limiti l’eccesso di pianificazioni di settore.

Riteniamo, inoltre, di dover rivedere l’aspetto meramente burocratico della struttura procedurale e autorizzativa in materia di paesaggio per rendere gli iter di servizio al cittadino e all’impresa più adeguati agli standard temporali e qualitativi europei, ferma restando la certezza del vincolo.

campo di mais

campo di mais

3) in assenza di un piano energetico regionale, la Sardegna è diventata un vero e proprio far west, dove i progetti per centrali eoliche, centrali solari termodinamiche, centrali a biomassa, ricerche energetiche, lungi dal soddisfare reali necessità di energia “pulita” da fonti rinnovabili (in Sardegna il fabbisogno locale è ampiamente soddisfatto), sono divenuti un drammatico rischio per migliaia di ettari di terreno agricolo e per intere comunità locali esclusivamente per speculare sugli incentivi per le rinnovabili, avendo già prodotto la compromissione di vaste aree interne di elevato pregio ambientale e paesaggistico: che cosa farà in concreto in proposito?

centrale eolica

centrale eolica

Sardegna Possibile pone tra le sue priorità il nuovo Piano Energetico Regionale poiché riteniamo che da ormai troppo tempo in molti settori i governi regionali abbiano abdicato a un ruolo essenziale che è quello di programmare e pianificare. La mancanza di programmazione nell’energia come nei trasporti ha determinato un colpevole vuoto normativo in cui si è insediata stabilmente la speculazione, in spregio ai territori e alle popolazioni interessate. I dati ci parlano di una produzione di energia che supera il fabbisogno della Sardegna di quasi il 30%. Nonostante tale entità di energia prodotta ed “esportata” non godiamo dei benefici di tale sforzo produttivo. Il problema non è, quindi, la produzione, ma il prezzo, che penalizza, insieme guarda caso al costo dei trasporti, le nostre attività produttive. Entrando nel merito Il Piano Energetico Regionale di Sardegna Possibile ha come principio cardine l’abbandono graduale e totale dell’uso delle fonti fossili (e delle cosiddette assimilate alle rinnovabili) in Sardegna. Nella costruzione dello scenario energetico futuro della Sardegna il Piano Energetico Regionale tiene conto del fatto che il fabbisogno elettrico effettivo delle utenze in Sardegna, al netto delle imprese energivore in chiusura prossima, è molto più basso di quello attuale. Il Piano punta decisamente sulle più moderne politiche e misure di risparmio energetico, generazione distribuita da fonti rinnovabili di piccola e piccolissima taglia (fotovoltaico su strutture già realizzate, minidroelettrico, microeolico), di riqualificazione energetica dell’edificato esistente, con previsioni di risparmi sulla generazione termica molto consistenti, nonché sull’applicazione di moderne tecnologie di produzione e conservazione dell’energia.

Il Piano Energetico di Sardegna Possibile affronta la fase di transizione verso l’abbandono totale delle forme di produzione da fonti fossili proponendo diversi scenari transitori possibili che prevedono – a seconda della efficacia misurata e monitorata degli interventi di cui sopra – il ricorso alla generazione da solare termodinamico (nei territori già compromessi e senza sacrificare altro terreno agricolo sano) e da idroelettrico che possono funzionare da subito come validi sostituti per alcune delle funzionalità di compensazione e stabilizzazione assolte dalle centrali a gas o a olio combustibile fossile o vegetale.

Il Piano esclude investimenti per la costruzione di metanodotti o altre infrastrutture fisse per il trasporto del gas verso la Sardegna o dentro la Sardegna stessa; esclude e vieta attività di ricerca ed estrazione del gas e di altre fonti fossili dal sottosuolo sardo;

Il Piano propone l’immediato avvio di sei micromodelli sperimentali in aree limitate, sei piccoli comuni, che realizzino un sistema di cogenerazione misto basato esclusivamente sulla microgenerazione distribuita da fonti rinnovabili (microidroelettrico, solare termico e fotovoltaico, microeolico, biogas per le aziende zootecniche) che escluda da subito il ricorso alle fonti fossili. Le sei aree serviranno dunque come modello replicabile ed estensibile al resto del territorio sardo. Il Piano finanzia fortemente la ricerca su forme moderne e già mature di generazione elettrica da fonti rinnovabili col fine di attrarre conoscenze e risorse in Sardegna rendendola polo europeo di sperimentazione dell’energia pulita anche per quel che riguarda il moto ondoso marino e l’uso dell’idrogeno.

Il Piano punta decisamente alla implementazione delle Smart Grid, coerentemente al riordino complessivo della gestione della produzione, trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica in Sardegna.

Il Piano prevede l’abbandono graduale e totale di generazione di energia da TAR o da combustione e incenerimento di rifiuti solidi o liquidi.

Più in generale la Legge Regionale sull’energia proposta da Sardegna Possibile e il nuovo Piano Energetico:

– vieteranno qualsiasi tipo di sfruttamento delle risorse energetiche fossili, limitate e inquinanti presenti nel sottosuolo sardo;

– vieteranno trivellazioni profonde per qualsiasi fine di sfruttamento energetico, anche termico.;

– vieteranno il consumo di suolo agricolo produttivo o potenzialmente produttivo per fini di generazione di energia e le installazioni a terra in aree agricole o a potenziale uso agricolo di impianti di generazione di energia elettrica e termica;

– vieteranno operazioni speculative di installazione di impianti di generazione di energia elettrica e termica che non siano integrate con le linee programmatiche del Piano e quindi slegate da effettivi fabbisogni di generazione, dalle esigenze di sviluppo armonico del territorio e delle comunità;

– regolano regoleranno in modo chiaro e preciso lo sfruttamento delle risorse naturali come vento, sole(fotovoltaico ma anche termodinamico), biomasse, geotermia e acqua da parte di entità private in modo che i benefici economici derivanti dal loro sfruttamento siano a vantaggio delle comunità locali, e non più solo di singoli concessionari;

– promuoveranno lo sviluppo sostenibile e la gestione integrata del territorio imitando l’installazione di impianti di generazione di energia a quelli esclusivamente finalizzati all’autoconsumo, basati sulle fonti rinnovabili e sempre di taglia limitata, con particolare attenzione al divieto di consumo di suolo fertile, e all’aderenza delle installazioni alle reali esigenze delle comunità e agli effettivi fabbisogni elettrici.

Arborea, S'Ena Arrubia (foto Raniero Massoli Novelli)

Arborea, S’Ena Arrubia (foto Raniero Massoli Novelli)

Il Programma di Sardegna Possibile in tema di energia prevede l’immediata costituzione dell’Agenzia Sarda per l’Energia con competenza di gestione integrata delle produzioni, controllo reti, gestione degli investimenti e degli incentivi pubblici, dotata di uno Sportello delle Energie Rinnovabili che funzioni da interfaccia con le piccole e medie imprese del territorio e gestisca in modo organico l’applicazione del Piano Energetico.

L’obiettivo generale del Piano è dunque la progressiva acquisizione della massima sovranità energetica al fine di ridurre drasticamente i costi sostenuti dai sardi, fermare immediatamente e definitivamente qualsiasi intervento speculativo ai danni delle comunità locali, degli ecosistemi, del paesaggio, ripristinare ove possibile lo stato dei luoghi già compromessi e riportarli alle condizioni originarie.

Il Programma prevede inoltre una forte incentivazione delle riqualificazioni energetiche degli edifici pubblici e privati attraverso interventi di bioedilizia e bioarchitettura e l’utilizzo di materiali a km 0, provenienti da filiere di produzione sarde e la sostituzione del parco elettrodomestici energivori.  Il Programma prevede l’immediata approvazione e l’avvio del Piano Regionale di Mobilità Elettrica con il passaggio progressivo dai carburanti fossili per autotrazione a quelli puliti attraverso l’attrazione di investimenti europei e privati, in collaborazione con gli istituti di ricerca.

Il Programma prevede inoltre la mappatura e la quantificazione dell’inquinamento chimico, elettromagnetico e atmosferico al fine di pianificare e avviare le necessarie bonifiche dei siti industriali e militari dismessi attraverso l’azione coordinata degli istituti di ricerca, delle aziende locali e degli interventi europei.

Il Programma prevede l’approvazione e l’avvio del Piano Regionale delle Bonifiche che contiene l’analisi complessiva e approfondita dello stato attuale in termini di concentrazioni di inquinanti, di esposti, di rischio e la pianificazione degli interventi classificati per fattibilità e urgenza. Le bonifiche, anche al fine di aumentarne l’effettiva fattibilità economica, sono intese non solo come interventi di recupero e ripristino ma anche come opportunità di lavoro ed estrazione dagli scarti di nuove materie prime da immettere sul mercato e innesco di filiere locali di lavorazione.

Siamo ben consapevoli, anche in questo caso, che la sfida non sia meramente vincolistica e che se dicessimo solamente, come affermiamo e ribadiamo con chiarezza, mai più trivelle, mai più campi fotovoltaici, mai più centrali eoliche avremmo forse compiaciuto qualche ambientalista superficiale, ma non avremmo affrontato la sostanza del problema che è la redditività del suolo agricolo. Troviamo inammissibile che alcune imprese private offrano qualche migliaio di euro ai proprietari di fondi agricoli per impiantare pale eoliche. Sardegna Possibile crede che il paesaggio ed il suolo fertile siano il nostro tesoro per produrre cibo di alta qualità e per implementare il turismo sostenibile.

Sarroch, raffineria gruppo Saras

Sarroch, raffineria gruppo Saras

4) retaggio delle attività minerarie e industriali, in Sardegna c’è la maggiore estensione nazionale di siti contaminati: complessivamente 447.144 ettari rientrano nei due siti di interesse nazionale (S.I.N.) per le bonifiche ambientali del Sulcis-Iglesiente-Guspinese (D.M. n. 468/2001) e di Sassari-Porto Torres (L.n. 179/2002), mentre l’Arcipelago della Maddalena è stato riclassificato (31 gennaio 2013) quale sito di interesse regionale (S.I.R.). Nel silenzio quasi generale a Sarroch bambini presentano alterazioni del d.n.a., mentre a Portoscuso deficit cognitivi a causa del piombo nel sangue. A Porto Torres, invece, sono gli adulti a presentare un campionario di tumori non invidiabile. Che cosa intende fare in concreto per raggiungere una completa bonifica ambientale e affrontare l’evidente emergenza sanitaria?

Sardegna Possibile durante l’ascolto dei cittadini sardi nei momenti partecipativi organizzati ha accolto le segnalazioni forti e le problematiche riguardanti la salute minata nei territori inquinati da attività industriali e/o oggetto di servitù militari. Sardegna Possibile condivide da tempo le istanze della popolazione sarda, soprattutto di quella parte dei movimenti che si battono da anni per la difesa dell’ambiente, per stimolare i soggetti interessati alla bonifica ambiente dei territori inquinati.

Noi condividiamo anche l’analisi emersa riguardo alla non diffusa consapevolezza da parte della popolazione sul grave problema dell’inquinamento ambientale e delle sue gravi ripercussioni sulla salute nonostante la dimostrata elevata incidenza di patologie tumorali nelle aree in prossimità dei poligoni e delle basi militari. Condividiamo anche la fragile compromissione del mondo culturale e accademico sardo nel non supportare sempre in maniera efficace gli studi epidemiologici pur numerosi. Condividiamo anche l’analisi su una certa dipendenza di parte della popolazione e parte degli amministratori locali da quella che considerano una industria militare che crea una illusione di lavoro stabile e duratura e un ipotetico sviluppo socio economico che sviluppo non è . Gli interessi radicati sui poligoni militari sono di largo raggio e inglobano soggetti istituzionali e privati tali da far naufragare ogni tipo di vertenza sociale sul versante della smilitarizzazione: le basi sono definite come “i gioielli della corona” che generano elevati introiti per lo stato italiano dato dall’affitto delle basi per le esercitazioni militari . Il segreto militare imposto sulle basi aggrava la situazione nonostante si sia accertato il danno provocato sulla salute delle persone e della comunità ma dell’intero ambiente fisico naturale del quale la popolazione locale si nutre socialmente.

Sardegna Possibile non solo condivide in pieno tutte queste preoccupazioni ma ritiene che sia giunta l’ora perché le istituzioni si facciano carico in maniera realistica e pragmatica del problema nella sua complessità e si vada oltre le promesse elettoralistiche e le finzioni di accordi non rispettati con le popolazioni locali. Al riguardo intendiamo impegnarci fin da ora su alcuni versanti:

– la salute delle persone, la bonifica dei siti, la riconversione delle attività inquinanti in innovative attività di sviluppo economico. Intendiamo dotarci del Piano Integrato di Sviluppo della Salute nei siti inquinati Comunitario che preveda indagini sanitarie ed epidemiologiche, nonché i monitoraggi ambientali, continui, efficaci, trasparenti e pubblici soprattutto quando si riferiscono a dubbi sanitari per la popolazione e ad aree di rilevante interesse ambientale; la dismissione di attività altamente inquinanti,

– smilitarizzazione graduale del territorio che preveda diverse fasi a partire dallo smantellamento e/o, smilitarizzazione graduale dei poligoni, fase di bonifica dei siti e fase di riconversione degli stessi. Sarà opportuno aprire una vertenza istituzionale con i responsabili del disastro sia che siano industrie e potentati privati multinazionali sia che si tratti dello Stato Italiano nel caso delle basi militari. Queste vertenze istituzionali saranno avviate fin da subito e si fonderanno sulle indagini epidemiologiche come base di dati per legittimare le azioni da intraprendere appoggiandosi anche ai provvedimenti della magistratura già noti. Sardegna Possibile si impegna a sostenere con forza, insieme con il Gruppo d’Intervento Giuridico, la difficile attività della Procura della Repubblica presso il Tribunale finalizzata alla ricerca della verità compresa la presentazione di istanza di costituzione di parte civile in un eventuale dibattimento penale.

La Regione Sardegna, con Sardegna Possibile al governo, farà ricorso a tutte le norme statutarie e leggi dello Stato Italiano che prevedono la sospensione delle attività militari nelle zone nelle quali sono state registrate patologie. All’uopo sarà creata una Commissione indipendente se possibile internazionale per la quantificazione anche dei danni economici-sociali-ambientali e sanitari complessivi. Un’indagine regionale approfondita sarà messa in atto per evidenziare i condizionamenti subiti dalle strutture preposte in materia di monitoraggi ambientali. Si cercherà di stimolare e cercare un sostegno concreto da parte della Comunità Europea , nelle sedi opportune.

La creazione di una diffusa consapevolezza civica sui danni provocati dalle industrie inquinanti e dalle basi militari sarà oggetto di una strategia azione politica continua da parte di Sardegna Possibile fino anche al sostegno di una pacifica ma serrata mobilitazione popolare.

La Regione Sardegna con Sardegna Possibile gestirà i fondi per la bonifica attraverso la realizzazione di una filiera per la creazione di nuove opportunità economiche.

Sarà avviato un concreto Piano di Bonifica Ambientale dei siti inquinati che prevederà naturalmente la messa in atto di tutti gli strumenti istituzionali per costringere i responsabili dell’inquinamento ad effettuare a proprie spese la bonifica dei siti senza ulteriori oneri a carico della Regione Sardegna. Il Piano di Bonifica Ambientale riguarderà mare e terra e sarà finalizzato anche alla creazione di competenze adeguate e nuova occupazione anche in favore delle dismissioni lavorative che l’intero Piano prevederà. La strategia a lungo termine per il recupero ambientale si accompagnerà a un programma a breve medio termine di riconversione per piccole aree cantierabili (microprogettazione) attraverso anche la sperimentazione di processi innovativi per la bonifica.

Sarà strategico il coinvolgimento diretto di diversi soggetti : Sindaci, Militari, Assessorati Regionali, Stato Italiano, Imprenditori locali, l’intera cittadinanza dei luoghi colpiti.

Portoscuso, polo industriale di Portovesme

Portoscuso, polo industriale di Portovesme

Sulle bonifiche: la complessità dei problemi posti impone, anche dal punto di vista metodologico, di costruire e/o cogliere con maggiore efficacia le dinamiche di un processo relazionale tra tutti i portatori di interesse rispetto a quanto avvenuto finora. Ciò dipende dal carattere trasversale delle tematiche, e la pervasività dei rischi che le sottendono si sono tradotte nell’aumento esponenziale del grado di complessità degli obiettivi delle politiche e nella necessità di estendere l’impegno e la responsabilizzazione di tutti gli attori sociali, che devono essere portatori attivi d’interesse della tutela ambientale e sanitaria.  Un concetto deve essere richiamato, anche se è obbligo legislativo: chi inquina paga. Anche se qualsiasi intervento genera inevitabilmente la messa in campo di risorse pubbliche. Per questo motivo, ma non solo per questo, va privilegiata la responsabilizzazione degli attori all’interno di una condivisione comune degli obiettivi.

A nostro avviso i ritardi attuali sono responsabilità delle imprese che non hanno fatto una mappa precisa dei territori inquinati, ma anche del Ministero dell’Ambiente che ha una procedura troppo lenta e farraginosa nella valutazione delle diverse situazioni.

Con queste “variabili” si è prodotta una situazione che non fa compiere avanzamenti apprezzabili e concreti.

Per questa ragione il programma di Sardegna Possibile propone la costituzione di un’Agenzia (Organismo) che ridefinisca gli approcci, le pratiche e le procedure formali – seppure dentro gli ambiti legislativi – per avere un quadro conoscitivo della reale situazione e agire con le conseguenti azioni, con l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili.

A tal proposito:

– va fatto un censimento delle discariche autorizzate, e di quelle che non lo erano, e delle aree inquinate con adeguati piani di “caratterizzazione”;

– va realizzata una “banca dati” per le componenti aria e rifiuti su cui formulare precisi criteri di valutazione e definire gli obiettivi delle politiche ambientali;

– va adottato un “regolamento attuativo” per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale delle aree inquinate;

– va perseguito uno snellimento delle procedure, consapevoli che il sistema incrocia diverse competenze ministeriali (Ambiente; Sanità; Sviluppo Economico), con la finalità di accelerare il processo decisionale;

– va imposta una rapida presentazione dei progetti di bonifica da parte delle imprese responsabili dell’inquinamento, e avviati i lavori per la loro realizzazione.

A elaborare con me queste risposte sono stati i gruppi di lavoro tecnici e gli Assessori di Sardegna Possibile. Rimango a disposizione per qualsiasi chiarimento e mi permetto di abbracciarvi idealmente, da sarda e da compagna solidale delle vostre lotte.

Michela Murgia

(foto A.N.S.A., R.M.N., S.D., archivio GrIG)

  1. Andrea
    febbraio 14, 2014 alle 2:45 am

    La Murgia poteva e doveva sfruttare meglio tutta la sua fama per denunciare i problemi e le speculazioni in Sardegna. Comunque, quello che ha fatto le fa onore. Capisco che è molto pompata dai media, e che infatti non è proprio perfetta come leader da studio televisivo. Però ha Progres al suo fianco, con un ragazzo che contro il progetto Eleonora ha dato l’anima, ora non ricordo il nome, mi pare Paolo Piras. La Murgia andò anche ad una riunione della Saras, c’era pure Giampaolo Diana a rappresentare il PD. Del PD solo Solinas prese posizione. Era uno scandalo di proporzioni enormi a mio avviso, una notizia da prima pagina dei giornali regionali, altro che lo scandalo Mario Diana e Sisinnio Piras (tutti si dimenticano le decine di consiglieri del centro”sinistra” ovviamente, come se Cappellacci fosse il solo male), un tradimento della “sinistra” al popolo sardo. Perchè la “sinistra”, o meglio il PD, nulla ha detto di tutti gli altri progetti. Nulla. Zero. Pigliaru in campagna elettorale ha camminato appeso a un filo, abile nel non prendere posizione, fumoso, diciamo che ha capito cosa deve fare un leader del centro”sinistra”. Strapompato dai media, tanto la gente mica conosce Devias, Zuncheddu (ma perchè con SEL che ride su Taranto?), Paolo Piras, ed altri, Conosce mister figlio di Pigliaru, l’economista che però pur essendolo non dice come farà a trovare i soldi, che rilancerà l’economia sarda non si sa come, e soprattutto che salvaguarderà l’ambiente e la salute non si sa ancora come, quello che non prende posizione su nulla, e che ovviamente parla come se fosse da solo, perchè sa che dietro di lui c’è gente che lo sta usando per bene, diciamo un volto nuovo per un ladrocinio vecchio. queste elezioni non ammettono “gli dò l’ultima possibilità”. la politica si fa in squadra, uno da solo non fa un bel nulla. se la squadra ha fatto schifo con malafede inoltre, non sarà un volto nuovo (per modo di dire nuovo,è su La Nuova da anni ed anni,come un profeta, il profeta del nulla, in politica pure) a cambiarla, perchè il politico nuovo deve accontentare la squadra di ladri.

  2. Shardana
    febbraio 14, 2014 alle 3:27 PM

    Sei tosto nel raccontare la realtà…….In una telefonata intercettata tra vendola e l’ex per dell’ilva archinà,il compagno si complimentava ridendo per lo scatto con il quale il servo aveva strappato il microfono al giornalista che chiedeva a riva(non il nostro Gigi)conto dei morti per tumore che crescevano in maniera esponenziale con l’inquinamento.Il sistema riva continua a godere di protezione dentro e fuori dello stabilimento come del resto avviene nel Sulcis con Enel e portovesme srl,che ne combinano di tutti i colori sulla pelle dei cittadini contando sul silenzio di istituzioni e compagni…….di merenda però.Può sembrare una calzata quella di vendola ma non lo è.Hai ragione quando dici che si dimenticano di molti e considerano altri il male……Pitticca sa cricca…..a si biri

    • Andrea
      febbraio 14, 2014 alle 4:38 PM

      la spontaneità di quella risata di vendola nella telefonata intercettata dice tutto su Vendola. La sua felicità nel mettersi a disposizione dei Riva, come lui dice proprio nella telefonata stessa, è una cosa orrenda, io non so cosa avrei fatto se fossi stato un tarantino con parenti morti e col mio presidente di regione che in pratica sta deridendo un giornalista che chiedeva conto di quei morti. La maggior parte dei politici sono come Vendola, ma almeno non si fanno beccare nell’esprimersi così limpidamente. e soprattutto il loro partito non contiene la parola Ecologia nel nome. per questo la Zuncheddu non la capisco, non capisco perchè proprio SEL. Ma pazienza, lei può camminare a testa alta. e spero che venga eletta comunque, a prescindere da questo.
      Lo scandalo Vendola è durato solo 2 giorni perchè comunque è grazie a lui che il PD governa e ha la maggiornaza, per una legge elettorale ingiusta che ha dato il premio di maggioranza che io definisco da dittatura, grazie a Vendola il Pd campa, per cui anche i giornalisti di regime non si mettono a alzare troppo un polverone su questa faccenda. Anche perchè Vendola è comunque utilissimo in caso di nuove elezioni come stampella solita al PD, per farli vincere. Quindi non se ne parla molto di questa cosa di Taranto, di questa telefonata. Se no, se volevano farlo fuori, De Benedetti, Scalfari, Gruber, Floris, Santoro, Formigli e tutti gli altri invece del centrodestra (perchè ricordiamoci che la casta è la casta, se Vendola serve al Pd, serve anche al PDL, e a tutti i giornalisti di regime) l’avrebbero fatto in un amen. Vendola è casta, quella risata è la risata della casta sui morti italiani quotidiani.
      saluti

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