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Il Giorno della Memoria.


Italia, negozio di ebrei, dopo le leggi razziali (1938)

Il 27 gennaio è il Giorno della Memoria.

Per non dimenticare mai quello che è accaduto, anche in Italia, quando alla  Conferenza di Wannsee (20 gennaio 1942) venne decisa dal regime nazista la soluzione finale, l’eliminazione degli ebrei dalla faccia della Terra.

E’ la prima volta nella storia che uno Stato (la Germania) decide l’eliminazione di tutti gli appartenenti a una religione o – come asserito dai nazisti – una razza, quella ebraica.

stella gialla di riconoscimento che gli ebrei dovevano obbligatoriamente portare sugli indumenti nei territori occupati dai tedeschi (1939-1945)

I risultati li conosciamo e sono storicamente inoppugnabili: più di 6 milioni di morti a cui devono aggiungersi altri milioni di avversari politici, disabili, c.d. asociali, rom e chi più ne ha più ne metta.

Tutto questo non si può sminuire o dimenticare.

Eppure a distanza di decenni l’odio permane e si diffonde, anche in Italia, a macchia d’olio, ancora in questi giorni, coinvolgendo qualsiasi ebreo in qualsiasi parte della Terra come se decidesse qualcosa sulla tragica, criminale e sanguinaria repressione condotta dal governo israeliano sui palestinesi di Gaza in risposta all’altrettanto sanguinario blitz condotto da Hamas dello scorso 7 ottobre 2023.

Odio chiama odio, sangue chiama sangue, nel tempo fra le generazioni, settanta volte sette.

Ma l’odio folle e indistinto non ha fine.

Non lo sapeva certo Luisa Levi, bambina mantovana nata il 10 novembre 1929 con la colpa di essere ebrea.

Nella sua breve infanzia felice con i genitori, la sorella e il fratello, “frequentava una scuola elementare in città, suonava il pianoforte e la fisarmonica, organizzava giochi in cortile, aveva molte amiche”.   Nel 1938, con l’entrata in vigore delle leggi razziali, Luisa “deve lasciare la scuola frequentata fino ad allora e si ritrova con gli altri bambini e bambine della sua stessa religione in un’unica classe speciale, grandi e piccoli, maschi e femmine tutti insieme”.

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e con l’inizio dell’occupazione tedesca la situazione peggiorò.

L’arresto di Luisa, insieme al padre (Enea Samuele Levi), alla madre (Elide Levi), alla sorella Silvana e al fratello Franco, avvenne il 20 marzo 1944 a Milano, dove si erano rifugiati in attesa di provare a espatriare in Svizzera.

Luisa Levi (1929-1945)

Dopo poche settimane, vennero deportati ad Auschwitz. Il padre, la madre e la sorella lì vennero uccisi, mentre Luisa venne trasferita al  campo di concentramento di Bergen-Belsen, dove morì il 31 gennaio 1945.

Si salvò soltanto il fratello Franco.  Sua figlia Silvana ha raccolto fotografie, lettere, una bambola, una canzoncina che han mantenuto il ricordo di Luisa.

Nonostante tutto l’incubo umano della shoah non è stato consegnato definitivamente al passato, come dovrebbe essere.

Tuttora continuano odio, crimini, persecuzioni, perché, come diceva Antonio Gramsci, la storia insegna, ma non ha scolari.

Stefano Deliperi, Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

qui Le leggi razziali in Italia, follìa infame.

manifesti contenenti disposizioni delle leggi razziali (1938)

Mantova, Luisa Levi, pietra d’inciampo

(foto d’epoca, Wikipedia)

  1. gennaio 27, 2025 alle 2:52 PM

    A.N.S.A., 27 gennaio 2025

    Mattarella ad Auschwitz: ‘Il mondo non vuole dimenticare’.

    Presidenti e reali alla cerimonia del luogo simbolo della Shoah: https://www.ansa.it/sito/notizie/speciali/giorno-della-memoria/2025/01/26/mattarella-ad-auschwitz-il-mondo-non-vuole-dimenticare_df61185c-deea-4107-8cef-0c7bc262b242.html

  2. gennaio 27, 2025 alle 2:54 PM

    A.N.S.A., 27 gennaio 2025

    Da Segre a Bruck, gli ultimi sopravvissuti ai campi di concentramento. (https://www.ansa.it/sito/notizie/speciali/giorno-della-memoria/2025/01/26/da-segre-a-bruck-gli-ultimi-sopravvissuti-ai-campi-di-concentramento_168d8e59-774a-4907-841f-fbe0b2167f94.html)

    Le voci degli ‘araldi della memoria’ come li chiama Liliana Segre, sono sempre meno.

    Per ragioni anagrafiche i testimoni dell’indicibile sono ormai davvero pochi.

    C’è chi ha fatto della testimonianza del campo di sterminio una missione di vita, uno sforzo immane da dedicare a chi non è sopravvissuto, documentando pubblicamente quell’esperienza, riprovando il dolore altre mille volte e poi c’è chi ha cercato di sopravvivere in silenzio.

    Non è semplice per questo tenere conto di chi in Italia uscì vivo da Auschwitz-Birkenau e dalle altre camere della morte per il più folle dei progetti: lo sterminio di una ‘razza’, dunque il genocidio, e di chi era diverso – gli omosessuali, i disabili, i rom – oltre che gli oppositori politici.

    Il 27 gennaio, il Giorno della Memoria, questa straziante condizione di sopravvissuti alla Shoah, ai campi, alle marce della morte e ai lunghi viaggi per tornare nei luoghi di origine, spinge ad un conto di chi c’è ancora. In Italia, accanto a persone instancabili in prima linea come Segre, Sami Modiano, Edith Bruck ci sono ormai pochi altri.

    Poi resteranno i libri, gli archivi, i documentari, le testimonianze registrate, in una sorta di passaggio di consegne.

    Secondo l’analisi dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane e dello scrittore e storico Marcello Pezzetti, che cura il museo di Roma, gli ebrei sopravvissuti sono ormai poco più di una decina.

    A loro si aggiungono i pochissimi sopravvissuti ex deportati non ebrei, come ricorda Dario Venegoni presidente dell’Aned Associazione Nazionale Ex Deportati nei campi nazisti, medaglia d’oro al merito civile nel 2024 e fonte importante.

    La Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea Cdec Onlus, primaria fonte italiana sul tema, ha una digital library da consultare, mentre all’estero c’è tra le altre la Shoah Foundation, supportata da Steven Spielberg

    Ecco l’elenco ‘parziale’:

    SAMI MODIANO, 94 anni (da Rodi a Birkenau all’età di 13 anni. La sua storia è nel libro di Walter Veltroni, Tana libera tutti);

    EDITH BRUCK, 93 anni (scrittrice, regista di origine ungherese, deportata a 13 anni prima ad Auschwitz e poi in altri campi di sterminio: Dachau, Christianstadt, infine Bergen Belsen);

    LILIANA SEGRE, 94 anni (senatrice a vita costretta a vivere sotto scorta per le minacce razziste, numero di matricola 75190, dei 776 bambini italiani di età inferiore ai 14 anni che furono deportati ad Auschwitz, fu tra i 25 sopravvissuti di allora);

    STELLA LEVI, come Sami Mondiano della comunità italiana a Rodi, sopravvissuta ad Auschwitz, 101 anni;

    ALBERTO ISRAEL, anche lui da Rodi, deportato ad Auschwitz a 17 anni, vive in Belgio dedicando tutte le sue energie alle giovani generazioni 97 anni;

    le sorelle di Fiume ANDRA E TATIANA BUCCI, rispettivamente 85 e 87 anni, testimoni dell’orrore più assurdo, quello degli esperimenti di Mengele;

    ARIANNA SZÖRÉNYI, 91 anni anche lei di Fiume (numero di matricola 89219, portata ad Auschwitz e poi a Bergen Belsen dalla Risiera di San Sabba ad appena 11 anni come racconta nel libro Una bambina ad Auschwitz, Mursia);

    GOTI BAUER, 100 anni (nome di nascita Agata Herskovitz, straniera di nascita, italiana d’adozione, nata in Cecoslovacchia, detenuta a Fossoli, poi deportata ad Auschwitz-Birkenau. Matricola A-5372, è da quasi 30 anni infaticabile testimone della Shoah con gli studenti di Milano dove risiede);

    GILBERTO SALMONI, 97 anni, presidente onorario di Aned Genova, ultimo sopravvissuto genovese ai lager nazisti, attivo testimone, ebreo ma deportato all’età di 16 anni a Buchenwald, come cattolico e con il triangolo rosso dei dissidenti politici;

    STELLA DANA, milanese, 87 anni, deportata nel campo di concentramento di Bergen Belsen;

    HANNA KLUGER WEISS, nata a Fiume, 96 anni, scrittrice, amica di Goti Bauer anche lei di Fiume, dal ’68 si è fatta testimone attiva anche con viaggi della memoria in Polonia, vive in Israele dove dirige un piccolo museo della Shoah a Nazareth Illit. 

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