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Spiagge in svendita e pessimi affari per lo Stato.


dune, ginepri, spiaggia, mare

anche su Il Manifesto Sardo, (“Mares serrados a muru“), n. 98, 16 maggio 2011

Il Ministro dell’economia Giulio Tremonti dovrebbe imparare dal premier conservatore britannico David Cameron.

David Cameron, il premier britannico, è un sano conservatore, non è un cretino.    Ne ha dato prova nel febbraio scorso cambiando idea sul contestatissimo progetto del suo governo di vendita della  metà delle foreste demaniali per…risanare in perdita il deficit pubblico nonostante fosse uno dei punti principali del programma governativo.       Si è reso conto dell’assurdità e dell’impopolarità del progetto e ha confermato che non vede l’ora di dimenticarsene.  Bravo.   

Il Ministro dell’economia Giulio Tremonti, invece, ricorda proprio uno di quei bambini tremendamente saccenti e duttili come un paracarro che un po’ tutti noi abbiamo conosciuto nelle aule scolastiche.    Il vincitore della battaglia di Poitiers (732) è stato Carlo Martello, ma se il piccolo so-tutto-io è convinto che i vincitori siano stati gli arabi andalusi non c’è alcuna speranza di convincerlo.

Il nostro ministro, anello di congiunzione fra il premier Berlusconi e la Lega Nord, è un profeta della deregulation demaniale per favorire le peggiori speculazioni su demani e patrimoni pubblici in favore dei soliti noti.

Ha dato gran prova del suo talento con le sciagurate operazioni di cartolarizzazione e di svendita di beni pubbliciviste nel recente periodo. Finora hanno guadagnato soltanto i grandi immobiliaristi (Caltagirone, Pirelli RE, Ligresti, ecc.) e lo Stato ci sta rimettendo.

Cagliari, sede Corte dei conti – Sezione controllo

A puro titolo di esempio, l’immobile di Via Lo Frasso, a Cagliari (sede della Corte dei conti – Sezione di controllo per la Sardegna e dell’Agenzia del Demanio), è stato trasferito al F.I.P. (Fondo Immobili Pubblici, fondo comune di investimento immobiliare) gestito dalla Investire Immobiliare SGR s.p.a. con decreto del Ministero dell’economia del 23 dicembre 2004 (decreto-legge n. 351/2001 convertito nella legge n. 410/2001) e successivamente a un lotto di immobili gestiti dalla Pirelli & C. Real Estate SGR s.p.a.

Il valore di conferimento (decreto Direttore Agenzia demanio 19 luglio 2002, allegato A) è stato di soli 6.478.952,00 euro.  Una follìa per un edificio nel pieno centro di Cagliari (zona urbanistica “B”), dove i prezzi di mercato – in casi simili – si aggirano almeno sui 20 milioni di euro.

Dal conferimento lo Stato paga l’affitto per l’utilizzo di immobili già suoi e ceduti a infimo valore.

Eppure il nostro Ministro-bambino saccente (per non pensar male) non ha imparato nulla.

Domus de Maria, Capo Spartivento, faro

Dopo l’annuncio dei mesi scorsi relativo a fari e caserme, dopo l’hard discount del c.d. federalismo demaniale, ora è la volta delle spiagge in concessione per 90 anni.

Non solo.   Nel testo originario del decreto-legge sullo “sviluppo” (mai termine è stato così abusato: “sviluppo” per chi?) c’era una sostanziale privatizzazione delle spiagge, trasformando la concessione in diritto di superficie per la bellezza di 90 anni e rendendo trasferibili fra privati gli immobili costruiti su di esse, senza alcun coordinamento con la normativa demaniale vigente.   Inoltre, si modificava il codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) e il testo unico dell’edilizia (D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i.), sanando abusi edilizi vari.

Erano anche presenti numerose e disparate modifiche di ulteriori normative (piano casa, Vigili del fuoco, acqua, ecc.), il tutto in palese contrasto con le finalità costituzionali (casi straordinari di necessità ed urgenza) della decretazione d’urgenza (art. 77, comma 2°, cost.), con le competenze regionali costituzionalmente garantite (art. 117, commi 3° e 4°, cost.), con il principio costituzionale della tutela del paesaggio/ambiente (art. 9 cost.), soprattutto con privatizzazione dei beni ambientali demaniali.

Buggerru, Portixeddu, dune e spiaggia

Per non parlare della violazione del principio della concorrenza in sede comunitaria (parte III, Trattato CE) e della direttiva n. 2006/123/CE sui servizi nel mercato interno (la c.d. direttiva Bolkestein).

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha esercitato i suoi poteri-doveri, portando al testo definitivo del decreto-legge contenente la riduzione a “soli” 20 anni la durata del nuovo diritto di superficie, ma avrebbe dovuto darsi da fare e punire il nostro Ministro-bambino saccente stracciandogli il pessimo compito svolto.          Non vi sono altre scelte, se si vuol mantenere lo Stato di diritto e le casse pubbliche.

Teulada, Tuerredda, chiosco e stabilimento balneare

Per la svendita delle spiagge, comunque, la Regione autonoma della Sardegna s’è già data da fare fin dal 2009, con la deliberazione Giunta regionale n. 24/24 del 19 maggio 2009 l’Amministrazione Cappellacci ha emanato le nuove norme di indirizzo per il rilascio delle concessioni demaniali con finalità turistico-ricreative o il rinnovo delle esistenti in favore delle strutture ricettive ed ha avviato la peggiore privatizzazione delle spiagge della Sardegna.  Potenzialmente più di 40 mila ettari di spiagge sarde potranno finire in concessione a strutture ricettive.

Non hanno vergogna né limiti.   Ogni giorno in più che governano questo Paese è un giorno di troppo.

Gruppo d’Intervento Giuridico

 P.S.   ormai in 4.796 abbiamo firmato la petizione per la difesa della pubblicità delle spiagge in Sardegna: tu che cosa aspetti?

 

(foto S.D., archivio GrIG)

  1. psomma
    Maggio 16, 2011 alle 7:48 PM

    Tremonti, con la sparata che se ne frega delle spiagge, si e’ rivelato in tutta la sua immensa arroganza.Dovrebbe chiedere scusa a tutti gli italiani e ricordarsi che non e’ il padrone dell’Italia ma soltanto un amministratore pro tempore di beni pubblici che appartengono a tutti gli italiani. Si capisce che non gliene freghi niente delle spiagge e degli altri beni pubblici, altrimenti non avrebbe fatto una porcata di legge come questa, 90 anni, poi “ridotti” a 20 anni.
    Sono molto, molto deluso dal fatto che Napolitano abbia firmato questa grande porcata, non dimostra certo di avere a cuore la tutela del paesaggio italiano che dovrebbe essere uno dei temi ispiratori della costituzione. 20 anni di diritto di superficiee quindi con diritto in pratica di costruire sugli arenili, bene pubblico, e’ una follia distruttiva e se una persona cui spetta il compito di prendere decisioni non ne capisce la gravita’, peggio non gliene frega niente del merito, significa che e’ indegna dell’incarico che ricopre.
    Dopo il referendum sull’acqua pubblica propongo di chiedere un referendum sulle spiagge pubbliche

  2. Elena Romoli
    Maggio 16, 2011 alle 8:08 PM

    Da Ilaria Agostini, urbanista presso l’Università di Firenze:

    Un non breve aggiornamento sul decreto sviluppo (quello che regala per il secolo a venire le spiagge ai gestori dei bagni, tanto per intendersi, e che vara il nuovo piano casa per le aree degradate), già firmato dal Napolitano. Sul secondo punto (aree degradate) le regioni hanno 120 giorni per attrezzarsi con leggi specifiche, altrimenti precipitano senza protezione nel calderone della semplificazione urban-pianificatoria.

    1. il cosiddetto decreto sviluppo” lo trovate qui:
    http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/decreto_sviluppo/

    2. si è svegliato anche l’INU:

    Fai clic per accedere a LInu%20contro%20il%20decreto%20sviluppo.pdf

    3. più in sintonia, l’articolo di Alberto Ziparo dal manifesto (12.5.2011):

    Il paesaggio è un bene costituzionale
    di Alberto Ziparo

    Fanno bene ambientalisti e movimenti di difesa del territorio a chiedere a Giorgio Napolitano di non firmare il Decreto Sviluppo, visti i contenuti espliciti di apertura alla privatizzazione ed alla cementificazione di un bene paesaggistico primario quale la fascia costiera. Va ricordato infatti che il paesaggio è tutelato ai sensi dell’articolo 9 della Costituzione ed è compreso nel Titolo I, in quanto «principio fondativo» dell’ordinamento statale. Questa assunzione non fa una “ubbia culturalista” dei costituenti, ma il riconoscimento dell’esistenza di una legislazione sulla tutela di beni culturali e ambientali assai avanzata, di riferimento per tutti gli stati occidentali, che aveva – ancora prima della Costituzione – già segnato dettati normativi importanti con le leggi sui beni culturali e il paesaggio del 1909, del 1922 (qualche mese prima della Marcia su Roma) e soprattutto con i due provvedimenti del 1939.

    L’Italia è stata infatti la prima nazione al mondo a “costituzionalizzare” il paesaggio – sottolinea Salvatore Settis – ricordando così che la citata normativa post-unitaria e prima le tante leggi che avevano contrassegnato le diverse entità istituzionali che contrassegnarono l’Italia preunitaria – dallo Stato Pontificio a Firenze, dal Regno borbonico a quello savoiardo – sancivano «l’acquisizione sociale e culturale» del patrimonio paesaggistico quale categoria da tutelare ex legge, in quanto «espressione identitaria degli italiani nel loro costituirsi come cittadinanza».

    Oggi il Codice (Decreto Urbani del 2004 e successive) dichiara che tra gli elementi fondamentali del patrimonio paesaggistico statale, tra i «temi paesaggistici» «di primario interesse nazionale», c’è la fascia costiera che «per i 300 metri dalla linea di battigia» (molte Regioni hanno esteso tale area di rispetto) viene tutelata integralmente. Il Codice ha sancito la necessità di salvaguardia assoluta di un bene, anche perché lo stesso era già largamente compromesso: il nostro paesaggio costiero è infatti abbrutito ed imbruttito da abusi, costruzioni in deroga, possibilità di esulare dai vincoli nei centri urbani, situazioni preesistenti alla norma. Tuttavia la legge ha inteso negli anni ribadire l’esigenza di salvaguardia «almeno degli ambiti non compromessi» e di recupero «dei brani già alterati» di paesaggio costiero, richiamandone la valenza costituzionale. Una censura del Presidente della Repubblica, prima degli inevitabili ricorsi alla Consulta, sarebbe quindi atto dovuto, più che giustificato.

    Il Decreto sullo sviluppo, espressione tipica della dittatura dell’ignoranza che contraddistingue i nostri anni, pretende di risolvere, con modi superficiali quanto volgari, una delle maggiori querelle di politica dei suoli nazionale: il nodo storicamente critico tra diritti «di proprietà e di superficie» che ha sovente problematizzato fino all’ingestibilità l’urbanistica italiana. Il riformismo territoriale ha infatti assunto quanto stabilito dalla legislazione “progressista” fin dal 1967: «Il titolo di proprietà non da’ diritto di disporre della destinazione d’uso di un suolo, in quanto i diritti di superficie sono stabiliti dallo strumento urbanistico, rappresentante dei superiori interessi della collettività». Questa norma è stata oggetto di contenziosi e conflitti infiniti, anche prima del 1980, quando la Corte Costituzionale, proprio sottolineando che il territorio – a differenza del paesaggio – non è inserito tra i «fondamenti» dell’ordinamento statale (la Costituzione ne tratta all’articolo 117), non legittima la supremazia della tutela dello stesso «quale interesse collettivo» superiore a quelli legati alla proprietà. Di qui la rimessa in discussione degli stessi vincoli urbanistici e previsioni dei piani, «in attesa di una prossima riforma generale del regime dei suoli», eternamente di là da venire.

    Oggi il nostro ineffabile esecutivo risolve questo nodo al contrario: il diritto di superficie può essere differito da quello di proprietà, ma non «per superiori interessi collettivi», bensì per «superiori interessi speculativi», nella fattispecie di operatori turistici e costruttori. Se l’ambito in questione è inserito in distretti turistici da “valorizzare” può essere edificato o trasformato; al di là di qualsiasi tutela paesaggistica e destinazione urbanistica. Siamo al delirio.

    Nel merito della questione, se i nostri ministri leggessero le statistiche sul consumo di suolo, sull’edilizia vuota ed inutilizzata, e sul fatto che – a dispetto della cementificazione delle spiagge – ormai in molte località gli hotel non si riempiono nemmeno a ferragosto, forse rifletterebbero sull’insensatezza delle loro proposte.

  3. giugno 14, 2011 alle 3:24 PM

    e il Governo Berlusconi, intelligentemente, si cala le braghe, almeno un po’ 😉

    A.N.S.A., 14 giugno 2011
    Sviluppo: salta la norma sulle spiagge. Governo accoglie gli emendamenti soppressivi: http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2011/06/14/visualizza_new.html_817559624.html

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