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Andarsene via, così.


Romulea ligustica

Lucio Magri, “rivoluzionario”, giornalista, parlamentare, apparentemente pieno d’interessi, ha deciso di andarsene via, così.  Fa notizia perché noto, ma è solo uno dei tanti.  Uno dei misteri della vita, non solo.

Stefano Deliperi

A.N.S.A., 29 novembre 2011

E’ morto Lucio Magri, suicidio assistito in Svizzera. Aveva 79 anni, fu tra i fondatori del Manifesto:  http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2011/11/29/visualizza_new.html_12257162.html

FOCUS Altri italiani nella clinica della morte. Assistiti in 20 nel 2010, 2 per depressione: http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2011/11/29/visualizza_new.html_12188990.html

Scheda: eutanasia e suicidio assistito, dove si può: http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2011/11/29/visualizza_new.html_12167785.html

Lucio Magri e Luciana Castellina

da La Repubblica, 29 novembre 2011

Il suicidio assistito di Lucio Magri, l’addio ai compagni: “Ho deciso di morire”. Il fondatore del Manifesto morto in Svizzera ha deciso tutto con lucidità; dalla fine alla sepoltura vicino alla sua Mara. Gli amici hanno tentato di dissuaderlo ma lui era depresso per la morte della moglie. Simonetta Fiori

E alla fine la telefonata è arrivata. Sì, tutto finito. Ora si rientra in Italia. Alle pompe funebri aveva provveduto lo stesso Lucio Magri, poco prima di partire per la Svizzera. Era il suo ultimo viaggio, così voleva che fosse. Non ce la faceva a morire da solo, così il suo amico medico l’avrebbe aiutato. Là il suicidio assistito è una pratica lecita, anche se poi bisogna vedere nei dettagli, se ci sono proprio le condizioni. Ma ora che importa? Che volete sapere? Non fate troppi pettegolezzi, l’aveva già detto qualcun altro ma in questi casi non conta l’originalità. S’era raccomandato con i suoi amici più cari, quelli d’una vita, i compagni del Manifesto. Non voglio funerali, per carità, tutte quelle inutili commemorazioni. Necrologi manco a parlarne. Luciana si occuperà della gestione editoriale dei miei scritti. Per gli amici e compagni lascio una lettera, ma dovete leggerla quando sarà tutto finito. Sì, ora è finito. La notizia può essere resa pubblica. Lucio Magri, fondatore del Manifesto, protagonista della sinistra eretica , è morto in Svizzera all’età di 79 anni. Morto per sua volontà, perché vivere gli era diventato intollerabile.
 A casa di Lucio Magri, in attesa della telefonata decisiva. È tutto in ordine, in piazza del Grillo, nel cuore della Roma papalina e misteriosa, a due passi dalla magione dove morì Guttuso, pittore amatissimo ma anche avversario sentimentale. Niente sembra fuori posto, il parquet chiaro, i divani bianchi, i libri sulla scrivania Impero, la collezione del Manifesto vicina a quella dei fascicoli di cucina, si sa che Lucio è un cuoco raffinato. Intorno al tavolo di legno chiaro siede la sua famiglia allargata, Famiano Crucianelli e Filippo Maone, amici sin dai tempi del Manifesto, Luciana Castellina, compagna di sentimenti e di politica per un quarto di secolo. No, Valentino non c’è, Valentino Parlato lo stiamo cercando, ma presto ci raggiungerà. In cucina Lalla, la cameriera sudamericana, prepara il Martini con cura, il bicchiere giusto, quello a cono, con la scorza di limone. Cosa stiamo aspettando? Che qualcuno telefoni, e ci dica che Lucio non c’è più.
Da questa casa Magri s’è mosso venerdì sera diretto in Svizzera, dal suo amico medico. Non è la prima volta, l’aveva già fatto una volta, forse due. Però era sempre tornato, non convinto fino in fondo. Ora però è diverso. Domenica mattina rassicura gli amici: “Ma no, non preoccupatevi, torno domani”. La sera il tono cambia, si fa più affannato, indecifrabile, chissà. Il lunedì mattina appare sereno, lucido, determinato. Ha scelto, e dunque il più è fatto. Bisogna solo decidere, e poi basta chiudere gli occhi. L’ultima telefonata nel pomeriggio, verso le sedici. Poi il silenzio.
Una depressione vera, incurabile. Un lento scivolare nel buio provocato da un intreccio di ragioni, pubbliche e private. Sul fallimento politico – conclamato, evidentissimo – s’era innestato il dolore privato per la perdita di una moglie molto amata, Mara, che era il suo filtro con il mondo. “Lucio non sapeva usare il bancomat né il cellulare”, racconta una giovane amica. Mara che oggi sorride dalle tante fotografie sugli scaffali, vestita color ciclamino nel giorno delle nozze. Un vuoto che Magri riempie in questi anni con le ricerche per il suo ultimo libro, una possibile storia del Pci che certo non a caso titola Il sarto di Ulm, il sarto di Brecht che si sfracella a terra perché non sa volare. Ucciso da un’ambizione troppo grande, così almeno appare ai suoi contemporanei. Anche Magri voleva volare, voleva cambiare il mondo, e il mondo degli ultimi anni gli appariva un’insopportabile smentita della sua utopia, il segno intollerabile di un fallimento, la constatazione amarissima della separazione tra sé e la realtà. Così le ali ha deciso di tagliarsele da sé, ma evitando agli amici lo spettacolo del sangue sul selciato.
Aspettando l’ultima telefonata, a casa Magri. Lalla, la cameriera peruviana, va a fare la spesa per il pranzo, vi fermate vero a colazione? E’ affettuosa, Lalla, ha ricevuto tutte le ultime disposizioni dal padrone di casa. No, non ha bisogno di soldi per il pranzo, ci sono ancora quelli vecchi che lui le ha lasciato. È stata lei ad assistere Mara nei tre anni di agonia per il brutto tumore, e poi ha visto spegnersi lui, sempre più malinconico, quasi blindato in casa. Ogni tanto qualche amico, compagno della prima ora. Ma dai, reagisci, che fai, ti lasci andare proprio ora? Ora che esce l’edizione inglese del tuo libro? E poi quella argentina, e quella spagnola? Dai, ripensaci, c’è ancora da fare. Ma lui non era convinto. Non poteva fare più nulla. Lucido e razionale, fino alla fine. E poi s’era spenta la sua stella, così scrive anche nell’ultima lettera ai compagni.
Sembra tutto surreale, qui in piazza del Grillo, tra squilli di telefono e porte che si aprono. Arriva Valentino, invecchiato improvvisamente di dieci anni. Lo accolgono con calore. No, non sappiamo ancora niente. Aspettiamo. Ricordi privati e ricordi pubblici, lui grande giocatore di scacchi, lui grande sciatore, lui politico generoso che preparava i documenti e nascondeva la sua firma. Ma attenzione a come ne scrivete, non era un vanesio, non era un mondano. Dalle fotografie sui ripiani occhieggia lui, bellissimo e ancora giovane, un’espressione tra il malinconico e il maledetto. Dietro la foto più seducente, una dedica asciutta. “A Emma, il suo nonno”. Neppure Emma, la bambina di sua figlia Jessica, è riuscito a fermarlo.
Poi la telefonata, quella che nessuno avrebbe voluto mai ricevere. Ora davvero è finita. Le pompe funebri andranno a prelevarlo in Svizzera, tutto era stato deciso nel dettaglio. L’ultimo viaggio, questo sì davvero l’ultimo, è verso Recanati, dove sarà seppellito vicino alla sua Mara, nella tomba che lui con cura aveva predisposto dopo la morte della moglie. Luciana Castellina s’appoggia allo stipite della porta, tramortita: “Non avrei mai immaginato che finisse così”. Il tempo dell’attesa è concluso, comincia quello del dolore

Umbria, paesaggio appenninico

da Tiscali Notizie, 29 novembre 2011

Suicidio assistito di Lucio Magri, Don Gallo: “Non giudico ma gli avrei chiesto di non morire”.  Paolo Salvatore Orrù

“Di fronte a una decisione di questo tipo non si possono dare giudizi: si può solo riflettere sul mistero della vita”, don Andrea Gallo, fondatore e animatore della comunità di San Benedetto al Porto di Genova, è stato un grande amico di Lucio Magri, l’ex dirigente della DC e del PCI, uno dei fondatori del Manifesto che ha deciso di trasferirsi in una clinica Svizzera per porre fine alla sua esistenza con il suicidio assistito. Un decisione estrema, che ripropone il drammatico dilemma dell’eutanasia.

Don Gallo, Lucio Magri è stato un politico fino in fondo: con il suo gesto estremo ha riproposto un tema drammatico come quello dell’eutanasia.

“Di recente ho parlato con Lucio, un uomo con una storia eccezionale, un cattolico con un percorso travagliato: lui veniva dai gruppi giovanili della DC di Bergamo. L’ho conosciuto lì con Valentino Parlato, con Luciana Castellina e molti altri del Manifesto: credo di essere stato uno dei primo ad aver comprato la rivista. Lui veniva da una cammino di riflessione: era vicesegretario regionale della DC in Lombardia, quando fu espulso dal partito di Don Sturzo a causa delle sue idee anticapitaliste. Fu allora che cominciò ad avvicinarsi, con qualche remora, al PCI, dove subì la seconda espulsione. Che dire, lo conoscevo bene, se mi avesse chiesto un consiglio gli avrei consigliato di rispettare la sua grande vita. Oltretutto, ha lasciato esterrefatti i parenti, gli amici, la sua nipotina. L’avrei esortato a non compiere un gesto così drammatico”.
Lei, ovviamente, non pensa che un uomo possa dire: adesso basta.

“Lucio, come l’altro grande mio amico Mario Monicelli, hanno tutto il mio rispetto. Lucio, forse, per timidezza non ha voluto che il suo sangue macchiasse un selciato. Mi sarebbe piaciuto parlargli. Lo lascio nelle mani del Grande Amore, l’Amore che non giudica, l’Amore che ama. Non giudico neppure io: non spetta ad un uomo e nemmeno a un sacerdote dare giudizi”.

La vita a volte diventa insopportabile.

“Mi ricordo di mia mamma, quando ha lasciato la vita terrena aveva 99 anni, non era malata. Un giorno chiamò mio fratello e me e disse: ho deciso parto. Stava male, ci chiese di non chiamare nessun medico e stette lì con il rosario in mano per qualche giorno. Un giorno mi chiamò mio fratello: “La mamma si è ficcata in letto”, mi informò. Noi siamo andati da lei, lei ci ha salutato tutti. Le chiesi: vuoi acqua o preferisci un goccio di moscato. “Moscato”, rispose. Dico questo, perché lascio Lucio nelle mani del Dio Amore. L’uomo deve rispettare tutti. Per queste mie convinzioni sono stato richiamato dai vescovi, quando in tivù detto le stesse cose per Mario Monicelli. La laicità è questa, mica è quella della senatrice Binetti. Sono sicuro che Lucio era consapevole che ci avrebbe lasciato nel dolore. Ma io dico: dobbiamo lottare per la vita”.

(foto da www.superstock.com, S.L., S.D. archivio GrIG)

  1. Avatar di mtb
    mtb
    novembre 30, 2011 alle 5:15 PM

    Ho sempre pensato che un bambino dia grande forza.Non è così.Molti invidiano i ricchi ed i famosi.Eppure,ma non so perchè,mi sembra che la loro solitudine sia più forte di quella dei poveri.Forse perchè anche negli amici non trovano amicizia.

  2. novembre 30, 2011 alle 8:41 PM

    da Il Foglio on line, 30 novembre 2011
    Lucio Magri . Non può essere andata così, la socializzazione della morte non è una ricetta per l’aperitivo. (Annalena Benini): http://www.ilfoglio.it/soloqui/11376

    dal blog di Luca Telese (e su Il Fatto Quotidiano), 30 novembre 2011
    Lucio Magri comunista e intellettuale: http://www.lucatelese.it/?p=5669

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